British Medical Journal: “Inquinamento e cambiamenti climatici, l’OMS dichiari lo stato di emergenza”

I cambiamenti climatici rappresentano anche un problema sanitario, così rilevante che l’Oms “dovrebbe dichiarare lo stato di emergenza per la salute pubblica”. E’ l’appello lanciato dal direttore editoriale del British Medical Journal, Fiona Godlee380487

cambiamenti climatici rappresentano anche un problema sanitario, così rilevante che l’Oms “dovrebbe dichiarare lo stato di emergenza per la salute pubblica“. E’ l’appello lanciato dal direttore editoriale del British Medical Journal (BMJ), Fiona Godlee, che sottolinea come ci sia consenso scientifico sulla minaccia del riscaldamento globale sulla salute e sulla sopravvivenza del genere umano. Godlee ricorda che l’Ipcc, l’organizzazione intergovernativa sui cambiamenti climatici, ha concluso che il pianeta sta diventando più caldo e che il primo responsabile e l’attività umana. “La temperatura media globale – scrive – è aumentata di circa mezzo grado negli ultimi 50 anni. Gli effetti di questo aumento sulle condizioni meteo sono già visibili. I livelli del mare stanno aumentando, le calotte polari si stanno sciogliendo”. L’Ipcc ammonisce che anche con un taglio radicale, e quasi immediato, delle emissioni dei gas serra, il riscaldamento globale continuerebbe, mentre se le emissioni non saranno ridotte le temperature potrebbero aumentare di più di 4 gradi entro il 2100 rispetto ai livelli dell’era pre-industriale.
I benefici per la salute delle azioni di contrasto ai cambiamenti climatici, rileva Godlee, sarebbero peraltro sostanziali, se si considera, ad esempio, che l’utilizzo di combustibili fossili causa circa 7 milioni di morti premature dall’inquinamento indoor e outdoor. “I benefici di stili di vita a basso utilizzo di carbonio – sostiene il direttore editoriale del BMJ – sono tassi più bassi di obesità, diabete e tumori”. Godlee conclude con l’appello all’Oms: “le morti di Ebola, sebbene tragiche e spaventose, sembreranno insignificanti se paragonate al caos che possiamo attenderci per i nostri bimbi e nipoti se il mondo non farà nulla per controllare le proprie emissioni di carbonio”.

Fonte: ecodallecitta.it

Cancro, i rischi ambientali sono sottostimati in Francia: e in Italia?

Jean-Paul Vernant professore di ematologia all’università ha consegnato al ministro per la Salute francese il terzo Plan cancer, ossia lo studio, ricerche e raccomandazioni per prevenire il cancro dal 2014 al 2018159978713-594x350

Si legge nel rapporto Plan cancer 3:

I dati epidemiologici recenti e le stime di rischio attribuiscono alle esposizioni ambientali un numero importante di decessi per cancro. In effetti le esposizioni sono multiple e soggette a numerosi fattori che causano confusione. Solo il radon è divenuto oggetto di una legge per la tutela per la salute pubblica nel 2004, deplora il documento. Se la diagnostica è stata organizzata non lo sono state le misure di protezione, mai recensite. Il secondo Plan cancer ha esteso il controllo circa la salubrità dell’habitat e fornito informazione alle persone ma è ancora insufficiente.

Il documento ricorda che i campi elettromagnetici possono essere cancerogeni come anche il particolato emesso dai motori diesel e dunque gli autori raccomandano di diminuire le soglie tollerabili per l’esposizione e di limitare le fonti di inquinamento industriale e urbano inclusa anche una limitazione della contaminazione delle acque per elementi tossici come i pesticidi. Altro punto in discussione è la richiesta di aumento del numero di gruppi di ricerca che lavorino sui legami cancro/ambiente:

Il numero riconosciuto di cancro di origine professionale è ancora incerto, particolarmente per il cancro non legato all’amianto. Sui 1773 casi di cancro riconosciuti nel 2010 (-3,1% rispetto al 2009), 1473 risultano per esposizione all’amianto ma solamente 74 risultano causati da esposizione a polvere di legno, 63 a oli e catrame e 41 al benzene. Ciò è dovuto evidentemente a una documentazione insufficiente per cui viene proposta la dichiarazione dell’esistenza del cancro come malattia professionale.

Purtroppo nota il professore Vernant:

La messa in atto di una politica di trattamento dei siti inquinati da cancerogeni riconosciuti, ossia le bonifiche, è ancora minima.

Lo studio inoltre sottolinea i rischi più estesi di contrarre cancro come malattia professionale per i lavoratori delle classi svantaggiate, ossia più povere.

Fonte:  Actu-Environment

Si alla centrale a carbone di Saline Joniche, approvata la Via dal ministero per l’Ambiente

Il ministero dell’Ambiente approva la VIA per la centrale a carbone di Saline Jonichesaline-620x350

Dopo un inter ostacolato con ogni forma di dissenso civile è stata approvata la VIA per la centrale a carbone di Saline Joniche dal ministero per l’Ambiente. In pratica per il dicastero presieduto dal ministro Corrado Clini la centrale a carbone della SEI potrà entrare in funzione con garanzia di piani per il monitoraggio e controllo delle emissioni incluso lo zolfo che dovrà risultare al di sotto dell’1% così come la costruzione di opere di compensazione. Scrive SEI sul sito di presentazione del progetto:

La Centrale svilupperà, a pieno regime, una potenza pari a 1.320 MWe nominali e sarà in grado di rispettare la normativa italiana ed internazionale in tema di CO2.

SI attende ora il pronunciamento del ministero per lo Sviluppo economico a meno che non intervenga il nuovo Governo, dopo l’elezione del presidente della Repubblica a fermare la centrale di Saline.

Rispetto alle opinioni dei calabresi sulla centrale a carbone basti dire che anche l’On. Domenico Scilipoti (si proprio lui!) del PdL ha dichiarato:

La centrale a carbone di Saline Joniche è pericolosa per la salute pubblica ed ha un impatto ambientale troppo forte, è pertanto necessario trovare una valida alternativa nel campo delle energie alternative derivanti da fonti rinnovabili. E’ inaccettabile che nel 2013, mentre da un lato si parla tanto di tutela del territorio di eco-sostenibilità, dall’altro si pensi ancora a costruire una centrale a carbone.

Fonte:  Strettoweb, ntacalabria

SLOW FOOD: 14 punti per una nuova politica alimentare in Italia


slow food

 

L’associazione Slow Food entra pienamente nella campagna elettorale con quattordici proposte per una nuova politica alimentare in Italia.

Per troppo tempo l’agricoltura è stata considerata solo come un settore produttivo marginale, ma ora finalmente sta diventando uno degli snodi centrali in tema di ecologia, salute pubblica, occupazione, tutela dei diritti e, più in generale, qualità della vita.

Slow Food parla in modo innovativo di politiche alimentari anziché di politiche agricole: ovvero di un insieme di interventi organici e interconnessi: ambiente, agricoltura, educazione, salute, economia, giustizia, sviluppo, industria, beni culturali. Non esiste confine: se si fa politica per il cibo e per l’agricoltura, si fa politica su tutto e per tutti.

Questi 14 punti sono il primo abbozzo per la definizione della sovranità alimentare nel nostro paese. Le proposte sono tanto semplici, quanto radicali.

  1. Difendere il suolo, il paesaggio e il territorio: salvaguardare i suoli fertili e recuperare i suoli agricoli abbandonati. Il suolo fertile è una risorsa fondamentale per il futuro del pianeta (prova ne sia il land grabbing). Il nuovo parlamento deve approvare il disegno di legge “salvasuoli“.
  2. Difendere la legalità nei sistemi di produzione del cibo, dalle mafie al lavoro nero, anche con rapporti più stretti tra produttori e consumatori.
  3. Contrastare il cambiamento climatico, con limiti ai biofuel e norme per l’autonomia energetica delle aziende agricole.
  4. Tutelare la biodiversità, dalle sementi di varietà tradizionali e le razze autoctone, ai prodotti frutto di trasformazioni e di saperi tradizionali.
  5. Liberare il sistema alimentare nazionale dagli OGM. Gli Ogm non servono alla nostra agricoltura, non ne risolvono i problemi, anzi sostengono un modello economico, produttivo, sociale e gastronomico che è antitetico alla nostra cultura e alle grandi opportunità di un sistema alimentare fondato sulla diversità e sulle risorse locali
  6. Fornire incentivi per le giovani generazioni. Contrastare l’invecchiamento degli agricoltori con misure che rendano la vita agricola non solo redditizia ma anche socialmente attrattiva.
  7. Tutelare le risorse idriche. Ottimizzare e ridurre gli sprechi, con una gestione pubblica e partecipativa dell’acqua.
  8. Tutelare le sapienze locali e di genere e incentivare l’imprenditoria ad esse connesse. Promuovere il sapere e il saper fare a livello locale.
  9. Promuovere programmi di riduzione degli sprechi, che rappresentano lo scandalo principale del sistema alimentare dominante.  Occorre promuovere politiche per favorire il recupero e il riutilizzo, per ridurre gli imballaggi, per penalizzare sistemi produttivi inefficienti
  10. Adottare politiche fiscali adeguate e attuare la semplificazione burocratica: politiche territoriali in grado di premiare imprese agricole diversificate, appoggio alla creazione dei gruppi d’acquisto solidale e di forme di partecipazione alla produzione sul modello della community supported agriculture;
  11. Tutelare e sostenere l’agricoltura di piccola e media scala e a basso impatto ambientale, e le economie locali, con maggiore attenzione all’agricoltura biologica, eccellenza italiana a basso impatto ambientale
  12. Sostenere una PAC (politica agricola comunitaria) verde, equa e giovane, con maggiore attenzione ai piccoli agricoltori.
  13. Utilizzare la cooperazione anche come strumento di sviluppo agricolo e alimentare. Promuovere e rilanciare la cooperazione internazionale allo sviluppo coinvolgendo direttamente agricoltori, pescatori, artigiani, educatori, cuochi e ricercatori.
  14. Tornare a investire sulla scuola. Il cibo e l’educazione alimentare e del gusto sono un’opportunità per sperimentare didattiche interdisciplinari, per rieducare le nuove generazioni a scegliere il proprio cibo, imparando il piacere della tavola e di
    un’alimentazione sana.

Fonte: ecoblog