Nucleare, l’eredità e i pericoli del deposito di Saluggia

Là suta. La nostra eredità nucleare in un triangolo d’acqua di Cristina Monti, Paolo Rapalino e Daniele Gaglianone racconta Saluggia, il paese a 40 km a nord est di Torino dove sono conservate il 96% delle scorie radioattive prodotte nella stagione nucleare italiana

Saluggia, piccolo comune agricolo a 40 Km da Torino, è conservato il 96% delle scorie radioattive prodotte dalla stagione nucleare italiana. L’area si trova a ridosso del fiume Dora Baltea, tra i principali affluenti del Po, delimitata da canali irrigui che portano l’acqua alle risaie del vercellese e attraversata dalla falda acquifera che alimenta l’acquedotto del Monferrato. In questo triangolo d’acqua, a partire dal 1958, sono sorti un centro di ricerca nucleare, un reattore sperimentale ed un impianto di riprocessamento in cui si sono sviluppate – in ambito civile e militare – tecniche per recuperare uranio e plutonio dagli elementi di combustibile irraggiati. Sono così arrivate a Saluggia barre esaurite dalle centrali nucleari italiane (oltre alla vicina Trino Vercellese, anche Caorso, Latina e Garigliano) e da reattori di altre nazioni per essere sciolte e riprocessate all’interno del centro Eurex. Ancora oggi lì si trovano i residui liquidi del trattamento, le più pericolose tra le scorie, stoccati in serbatoi a pochi metri dal fiume. L’alluvione dell’autunno 2000 che causò l’esondazione della Dora Baltea e l’esondazione degli argini del canale Farini, portò a un allagamento dei siti nucleari del vercellese. Il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, all’epoca presidente ENEA, parlò di “catastrofe planetaria sfiorata”. Quattordici anni dopo e a quasi trent’anni dalla fine del nucleare in Italia, i rifiuti radioattivi sono ancora a Saluggia, dove si sta ultimando un nuovo deposito temporaneo di scorie il D2. Il Governo Italiano ha disatteso la legge 368 del 2003 che prevedeva, entro il dicembre 2008, la realizzazione di un Deposito Nazionale nel quale custodire in sicurezza i rifiuti radioattivi: non è ancora stato individuato alcun sito e la soluzione temporanea di Saluggia ha ormai assunto i connotati di un deposito permanente. Nelle scorse settimane i lavori per il deposito D2 – che sorgerà sulle rive della Dora Baltea – è stato travolto da uno scandalo tangenti. Secondo le indagini della magistratura sull’Expo l’imprenditore vincitore della gara per il Cemex, Enrico Maltauro, avrebbe ricevuto dalla cupola dell’Expo la richiesta dell’1,5% dell’appalto, vale a dire un milione 350mila euro di cui 600mila sarebbero stati effettivamente versati.

Là Suta. La nostra eredità nucleare in un triangolo d’acqua: parlano i registi

Alla storia del sito nucleare di Saluggia, dalla fine degli anni Cinquanta fino a oggi, i registi Cristina Monti, Paolo Rapalino e Daniele Gaglianone hanno dedicato Là Suta. La nostra eredità nucleare in un triangolo d’acqua, un documentario che è stato presentato a Cinemabiente, la manifestazione torinese che quest’oggi, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, si chiuderà con la consegna dei premi ai vincitori della diciassettesima edizione.

Apparentemente non c’è nulla di pericoloso. La catastrofe non è successa ed è probabile che non succederà. Quando abbiamo iniziato a lavorare a questo film ci chiedevano che senso aveva raccontare questa storia. A noi è parsa emblematica del nucleare italiano. Se voi avete in casa del materiale pericoloso e avete dei bambini che cosa fate lo lasciate a portata di mano, sparso per la casa oppure lo nascondete in un luogo sicuro? Ecco il deposito unico nazionale permetterebbe di mettere al sicuro queste scorie,

ha detto Paolo Rapalino. A lui ha fatto seguito Daniele Gaglianone:

Quello che mi ha affascinato in questa storia è stato il viaggio nel tempo, vedere come è cambiata la sensibilità rispetto all’ambiente, il modo in cui la società si racconta le cose. In una delle immagini di repertorio c’è una ripresa che nessuno, oggi, si sognerebbe mai di fare: un albero sradicato nel nome del progresso.

Il film ha suscitato un lungo dibattito al quale hanno preso parte anche Gian Piero Godio e Rossana Vallino, due ambientalisti che da alcuni decenni si battono per portare alla luce le problematiche connesse al sito di Saluggia.Immagine32-620x396

Foto | Là Suta. La nostra eredità nucleare in un triangolo d’acqua

Fonte: ecoblog.it

Allarme radioattività a Saluggia: fessure nelle vasche di stoccaggio, si teme per le falde acquifere

Nell’ottobre 2012 furono riscontrate due fessure in una vasca contenente liquidi radioattivi134025468-586x365

Se i cinghiali piemontesi sono radioattivi la colpa è di Chernobyl? L’Arpa in un report radiologico pubblicato lo scorso 24 aprile smentisce l’esistenza di un rapporto di causalità e aggiunge che le tracce di Cesio 137 rilevate sulle montagne piemontesi

non modificano in alcun modo il quadro di conoscenze sulla contaminazione radioattiva in matrici ambientali e alimentari derivante dai monitoraggi effettuati dopo l’evento di Chernobyl. Tracce di contaminazione da Cs137, con fenomeni di accumulo in particolari specie vegetali e animali, persistono nella nostra regione, ma non pongono alcun significativo rischio radiologico per la popolazione. In particolare, il costante monitoraggio della radioattività ambientale (in atmosfera e nelle altre matrici ambientali e alimentari) effettuato da Arpa Piemonte e dal sistema nazionale delle Agenzie per l’ambiente, consente di affermare con certezza che, dall’epoca di Chernobyl, non vi è stato nessun altro significativo contributo ai livelli di radioattività artificiali presenti nell’ambiente.

La radioattività c’è, ma secondo l’Arpa, i valori sono 500-1000 volte inferiori ai limiti di rischio per la salute umana. In provincia la vera preoccupazione sono, piuttosto, le notizie relative alla vasca di stoccaggio dell’impianto nucleare Eurex di Saluggia (Vc). Due sono le fessure rilevate nella vasca di stoccaggio delle scorie di quello che fu il primo reattore nucleare italiano. Fra la popolazione crescono i timori per la fuoriuscita di liquido radioattivo, tanto più che la zona è – insieme alla Lomellina – la “risaia d’Italia”. Un grande problema per la Sogin, la società statale incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza di tutte le scorie radioattive presenti in Italia. A Saluggia sono presenti 230 metri cubi di scorie radioattive allo stato liquido, barre di uranio sciolte per ricavare plutonio. Nell’ottobre 2012 sono state riscontrate due perdite in due fessure della vasca WP179: l’Arpa assicura che per il momento il fenomeno sembra essere circoscritto, ma ulteriori controlli saranno in grado di rilevare eventuali ripercussioni sulla falda acquifera, ovvero se Cesio 137 e Americio 241 siano penetrati nel fondo del terreno. Le fessure sono state scoperte quando la Sogin ha avviato i lavori per evitare che la vasca si riempisse di acqua piovana, in modo da scongiurare traboccamenti. Il Ministero dello Sviluppo Economico – ma non dovrebbe essere quello dell’Ambiente il più adatto a occuparsi della faccenda? – ha dichiarato che a causa degli elevati livelli di contaminazione della vasca si dovrà procedere al recupero del suo contenuto e proseguire il trattamento di liquidi e sedimenti come rifiuti radioattivi, con un sistema dedicato. La vasca, edificata mezzo secolo fa, non era stata realizzata per ospitare le scorie e servire da centro di deposito e stoccaggio. A completare il quadro, per niente rassicurante sono la prossimità con il fiume Dora Baltea e con l’acquedotto del Monferrato che serve ben 100 comuni della zona.

Fonte: Tutto Green | Quotidiano Piemontese