Da Oceanus e Exxpedition, l’impegno contro la plastica nei mari

Prosegue la campagna di Oceanus contro i sacchetti di plastica monouso che stanno compromettendo gli ecosistemi marini di tutto il mondo. E a giugno un nuovo equipaggio di ricercatrici di Exxpedition partirà per studiare le conseguenze del Pacific Trash Vortex e proporre nuovi rimedi a uno dei più gravi problemi che minaccia la salute del Pianeta. Oltre un miliardo di sacchetti di plastica monouso continuano a essere utilizzati ogni giorno nel mondo, buona parte dei quali finisce per essere smaltito (si fa per dire) nei mari. Secondo i dati più recenti, negli oceani sono presenti attualmente 8 milioni di tonnellate di plastica, una quantità impressionante che ogni anno cresce sempre di più.IMGA0909red

Foto tratta dal sito di Exxpedition

Tra le conseguenze macroscopiche più rilevanti di questo disastro ci sono sicuramente le immense isole di plastica che galleggiano sotto la superficie di tutti gli oceani. Fra queste, il Pacific Trash Vortex, nell’Oceano Pacifico, le cui dimensioni – difficilmente stimabili – sono valutate tra i 700mila e i 10 milioni di km² (ossia tra la grandezza della Penisola Iberica e quella degli USA). Secondo il rapporto The New Plastics Economy – Rethinking the future of plastics, pubblicato dalla Ellen MacArthur Foundation con il World Economic Forum, se non cambiamo abitudini nel 2050 ci sarà più plastica che pesce negli oceani. Gli effetti di questa sciagurata attività umana, che paradossalmente è anche fra le più comuni e quotidiane, non sono certamente solo estetici. Oceani e mari, infatti, producono più del 50% dell’ossigeno del pianeta, soprattutto grazie a fitoplancton (piccoli organismi acquatici vegetali) e alghe, sono i regolatori dell’atmosfera terrestre e del clima globale e sono fondamentali per la vita dell’uomo: il 60% della popolazione mondiale vive entro 60 km dalle coste e 3 miliardi di persone basano il 15-20% della loro dieta sui prodotti ittici. In un pianeta dai mari malati è pertanto a rischio la presenza stessa dell’uomo sulla Terra, oltre che quella della maggior parte delle altre specie viventi.Exxpedition

Foto tratta dal sito di Exxpedition

In questi anni l’attività di sensibilizzazione delle ONG operanti a livello internazionale per la transizione verso l’economia circolare e per la protezione dell’ambiente si è fatta sempre più fitta, a testimonianza della priorità data dal variegato mondo ecologista al problema. Tra queste iniziative, segnaliamo il progetto Exxpedition, attraverso il quale un gruppo di 24 scienziate donne, in partenza a fine giugno dalle Isole Hawaii, studierà l’isola di plastica del Pacifico per scoprire i danni che ha provocato finora e quelli che potrà portare in futuro alla Terra e alla salute degli esseri umani.27459279_10156238061617722_1214251493526704644_n

Foto tratta dalla pagina Facebook di Oceanus

Un’altra iniziativa da citare è quella di Oceanus, l’organizzazione ambientalista che promuove e divulga la ricerca scientifica e l’informazione a favore e salvaguardia degli ecosistemi marini e della salute del Pianeta. Fin dal 2009 Oceanus ha raccolto l’invito dell’Unione Europea ai suoi Stati membri di bandire le buste di plastica e ora, attraverso la campagna internazionale di sensibilizzazione ambientale “No More Plastic Bags”, lavora per sostituire gli inquinanti sacchetti di plastica con borse ecosostenibili. Laddove i soci della ONG sono maggiormente attivi, o dove, più semplicemente, le amministrazioni si mostrano accoglienti, Oceanus organizza una vera e propria distribuzione gratuita di shopper in cotone ai cittadini. Chiunque abbia un’attività commerciale può contattare support@oceanus.it per sostituire i classici shopper in plastica con quelli in tela!

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/03/oceanus-exxpedition-impegno-contro-plastica-mari/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Sacchetti di plastica, la Commissione Europea avvisa l’Italia

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La Commissione europea ha inviato una richiesta di parere motivato all’Italia per mancato recepimento nel proprio ordinamento della direttiva sulle borse di plastica in materiale leggero (UE 2015/720). La Commissione europea ha inviato una richiesta di parere motivato all’Italia per mancato recepimento nel proprio ordinamento della direttiva sulle borse di plastica in materiale leggero (UE 2015/720). Insieme all’Italia anche Polonia, Cipro e Grecia hanno ricevuto lo stesso avviso. La Commissione europea ha già inviato a Roma una lettera di messa in mora lo scorso gennaio, aprendo la procedura di infrazione. Con la richiesta di parere motivato si passa alla seconda fase della procedura e l’Italia ha due mesi di tempo per notificare le misure adottate. In assenza di una risposta soddisfacente la Commissione potrà deferire gli Stati membri recalcitranti alla Corte di giustizia dell’UE. Pur essendo stato il primo paese comunitario ad aver introdotto limiti molto stringenti alla vendita di sacchetti monouso in plastica, tanto da rischiare la procedura di infrazione, oggi l’Italia riceve un sollecito da Bruxelles che sa tanto di tirata d’orecchie. C’era tempo fino al 27 novembre 2016 per recepire la direttiva europea che mira a ridurre il consumo di buste di plastica e dopo 7 mesi oltre le scadenze l’Italia non ha ancora detto a Bruxelles cosa ha fatto. La direttiva 2015/720 introduce misure per ridurre la circolazione di sacchetti monouso in plastica, tra cui strumenti economici, come ad esempio imposte o l’attribuzione di un prezzo. Un’altra possibilità è l’introduzione di obiettivi di riduzione a livello nazionale: gli Stati membri devono garantire che l’uso annuale non superi 90 borse di plastica pro capite entro la fine del 2019 e 40 borse entro la fine del 2025. Entrambe le opzioni possono essere conseguite mediante misure obbligatorie o accordi con i settori economici. È anche possibile vietare le borse di plastica – fa sapere la Commissione -, purché tali divieti non vadano al di là dei limiti stabiliti dalla direttiva al fine di preservare la libera circolazione delle merci all’interno del mercato unico europeo.

Fonte: ecodallecitta.it

Israele, in un solo mese ridotto dell’80% il consumo di sacchetti di plastica monouso

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Dal 1° gennaio 2017 Israele ha messo al bando i sacchetti in plastica monouso di spessore inferiore ai 20 micron e tassando quelli fino ai 50. Secondo Channel 2 in un mese la riduzione è dell’80% .

Dal 1° gennaio 2017 anche in Israele è cominciato la lotta ai sacchetti di plastica monouso. La nuova legge prevede la messa al bando (vendita e cessione ai clienti, ndr) dei sacchetti in plastica inferiori ai 20 micron nei grandi supermercati e una tassa di 10 agorot (pari a 0,02 centesimi di euro) per tutti i sacchetti ceduti ai clienti di spessore compreso dai 20 ai 50 micron. Obbligando i supermercati ad inserire nello scontrino in numero di borse. Inoltre i supermercati dovranno presentare una relazione trimestrale al Ministero dell’Ambiente specificando il numero di borse vendute, e versando i denari raccolti con la nuova tassa. Inoltre fino allo scorso 17 gennaio in tutti i supermercati la legge prevedeva una distribuzione gratuita per i clienti di borse riutilizzabili. Secondo il canale di informazione israeliano Channel 2, nel primo mese di applicazione della nuova legge c’è già stata una riduzione dell’80% dell’uso dei sacchetti di plastica nei grandi supermercati. Rispetto alle legislazioni più severe, come quelle italiana e francese, sulla messa al bando dei sacchetti in plastica, la legge israeliana riguarda esclusivamente i i grandi supermercati e non prende in considerazione (nemmeno prevedendola durante il periodo di distribuzione gratuita) l’esistenza dei sacchetti in bioplastica compostabile.

Alcuni dati sui sacchetti in Israele

Prima dell’entrata in vigore della nuova legge, il Ministeri dell’Ambiente israeliano è stato protagonista di una massiccia campagna d’informazione sui problemi ambientali creati dai sacchetti di plastica monouso, snocciolando e diffondendo alcuni dati che, a quanto pare, hanno fatto effetto sulla popolazione. Secondo il ministero il consumo annuo totale di sacchetti di plastica monouso nei supermercati israeliani è di 2,7 miliardi di sacchetti. Ogni israeliano consuma mediamente 325 sacchetti all’anno mentre i consumo medio per famiglia è di 1.200 borse. Dal punto di vista ambientale 1/4 di tutti i sacchetti di plastica vengono gettati via immediatamente dopo l’uso, costituendo il 25% del volume dei rifiuti e il 10% del loro peso pari a 15.000 tonnellate. E come recita il sito del ministero: “Questo è uguale al peso di 3.000 elefanti asiatici!” Infine il consumo di tutti i tipi di sacchetti in plastica in Israele è stato stimato nel 2016 in 5 miliardi di sacchetti.

Fonte: ecodallecitta.it

Sacchetti in plastica illegali, sequestrate 89 tonnellate nella campagna estiva condotta da Ministero e Carabinieri

I controlli della campagna condotta dai Carabinieri del Comando per la Tutela dell’ambiente hanno rilevato non conformità in 33 società, presenti soprattutto nelle aree industriali del nord Italia. Il valore complessivo dei sequestri è di 524 mila euro ma la strada è ancora lunga386313_1

Prosegue l’azione di contrasto alla diffusione di sacchetti di plastica illegali da parte del Ministero dell’Ambiente. Nel corso della campagna estiva condotta dai Carabinieri del Comando per la Tutela dell’Ambiente, in esecuzione alle direttive del ministro Gian Luca Galletti, che si è concentrata anche sul controllo degli scarichi delle acque reflue, sono state sequestrate 89 tonnellate di shoppers da asporto monouso difformi dalla norma UNI EN13432 o contraffatte con segni falsi.  Le ispezioni tra produttori e rivenditori all’ingrosso per verificare il rispetto della legge italiana, che ricordiamo vieta dal 2012 la commercializzazione di sacchetti monouso che non siano biodegradabili e compostabili, sono state 150. I Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente hanno rilevato non conformità in 33 società, presenti soprattutto nelle aree industriali del nord Italia. Il valore complessivo dei sequestri è di 524 mila euro, mentre le 38 sanzioni amministrative comminate ammontano a 183 mila euro. Un’azione importante, che arriva dopo le ultime condotte a Cagliari, Rimini, Torino, Milano, Sicilia e Calabria, ma che non è di certo sufficiente a smantellare un’economia illegale ancora molto florida. Si stima infatti che circa la metà dei sacchetti tuttora in circolazione siano illegali: un volume pari a circa 40 mila tonnellate di plastica e una perdita per la filiera legale dei veri shopper bio pari a 160 milioni di euro, 30 solo per evasione fiscale. Si tratta di un business sommerso che danneggia chi produce correttamente bioplastiche compostabili e disincentiva gli investimenti nel settore, oltre ovviamente ai gravi danni al territorio e al mare e all’aggravio dei costi di smaltimento dei rifiuti. Lo ricordiamo ancora una volta. I sacchetti usa e getta ammessi alla vendita devono avere la scritta“biodegradabile e compostabile”, con la citazione dello standard europeo “UNI EN 13432:2002” e il marchio di un ente certificatore che tutela il consumatore come soggetto terzo (Cic, Vincotte e Din Certco sono i più diffusi). Qui il testo completo del decreto 18 marzo 2013, “Individuazione caratteristiche tecniche sacchi per l’asporto merci”. Le sanzioni per gli esercenti variano dai 2.500 € ai 25.000 €. Sanzione amministrativa che può essere aumentata fino al quadruplo del massimo (quindi100.000 €), se la violazione del divieto riguarda quantità ingenti di sacchi per l’asporto oppure un valore della merce superiore al 20% del fatturato del trasgressore.

Fonte: ecodallecitta.it

Sacchetti di carta per l’umido:”Perfettamente compostabili e più adatti” | Intervista a Lorenzo Poli (Assocarta)

Assocarta: “Solo in Italia abbiamo dovuto dimostrare che la carta è tanto compostabile quanto la bioplastica. Per quanto riguarda i costi, se un sacchetto di bioplastica è in grado di reggere bene il peso di una spesa significa che costa tanto quanto la carta. Se costa di meno, finisce per rompersi”380706

Intervista a Lorenzo Poli, Presidente del Gruppo Carte da Involgere e Imballo Assocarta

Assocarta e Assografici si erano espresse in passato sulla bozza del bando dei sacchetti di plastica usa e getta entrato in vigore a tutti gli effetti solo a luglio di quest’anno, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Competitività, che ha dato il via libera alla comminazione delle sanzioni per i trasgressori. L’avvento delle multe – almeno a livello ufficiale – ha segnato un incremento di vendite per la carta?

No, l’incremento c’è stato due anni fa, quando la legge è stata annunciata, varata e poi decretata. All’epoca abbiamo registrato un notevole interesse verso la carta, in alternativa ai sacchetti di plastica ormai banditi. Un fenomeno che non ha interessato tanto la Grande Distribuzione, rimasta appalto quasi esclusivo della bioplastica, ma piuttosto le botteghe, i piccoli commercianti, le librerie e i negozi d’abbigliamento. Il passaggio all’iter sanzionatorio invece non ci ha apportato nessun vantaggio ulteriore. Credo che l’arrivo delle multe abbia toccato piuttosto quei supermercati che, vista la scarsa effettività del bando, in molte zone d’Italia ancora usavano la plastica tradizionale. In ogni caso si tratta di distributori che con ogni probabilità passeranno alla bioplastica e non alla carta.

E come mai la grande distribuzione si rivolge quasi esclusivamente alla bioplastica?

Prevalentemente per una ragione di spazio. L’interesse di un supermercato è quello di stoccare il maggior numero di buste possibile sotto la cassa, e la bioplastica occupa meno volume. Non è certo una questione di prestazioni, anzi: la carta può fare tutto quello che fa la plastica; regge bene al peso e agli spigoli, come si può verificare tranquillamente mettendoci dentro la spesa al supermercato o perfino prodotti “ostici” come i libri. Dal punto di vista economico poi, c’è un po’ di tutto. In linea di massima possiamo dire questo: se un sacchetto di bioplastica, è in grado di reggere bene il peso di una spesa, significa che costa tanto quanto la carta. Se costa di meno, finisce per rompersi. A un supermercato non interessa più di tanto investire sulla qualità del sacchetto, dunque può scegliere di spendere meno affidandosi a sacchetti in bioplastica molto sottili, ai limiti del rischio rottura, ma evidentemente più economici.
A colpo d’occhio si direbbe che quasi tutte le grandi catene d’abbigliamento – non solo quelle di lusso, ma anche le multinazionali di largo consumo – che fino a poco tempo fa usavano la plastica, abbiano deciso invece di rivolgersi alla carta. E’ un’impressione fondata?

Sì, perché la carta è molto più versatile: per esempio, a una bottega di lusso interessa poter personalizzare la propria busta, con manici curati, una stampa di qualità, che porti un messaggio di eleganza, e da questo punto di vista la carta è indubbiamente il veicolo migliore. Ma ci si può sbizzarrire a seconda delle esigenze: una bottega più modesta può scegliere un’alternativa in carta più semplice, meno costosa, ma comunque più resistente della bioplastica ed esteticamente più gradevole.

Veniamo invece all’umido: il comune di Bolzano dà come indicazione ai propri cittadini quella di raccogliere l’organico destinato al compostaggio dentro sacchi di carta, diversamente da quanto accade nella maggior parte dei comuni italiani in cui si fa la raccolta dell’umido, che hanno scelto invece la bioplastica. La carta può essere compostata tanto quanto la bioplastica, senza danneggiare la qualità del compost? 
Quando le città italiane hanno cominciato a raccogliere l’umido in maniera selettiva le nostre cartiere vendevano già sacchetti per l’umido a mezza Europa: è soltanto in Italia che abbiamo dovuto dimostrare che la carta è tanto compostabile quanto la bioplastica. Dal punto di vista logico intuitivo è un’assurdità: dovrebbe essere la plastica semmai a dover dimostrare di essere tanto biodegradabile e compostabile quanto la carta, non il contrario. E invece, ancora oggi, siccome il mondo dei rifiuti umidi è in mano al Mater-Bi e alla bioplastica, se la carta vuole partecipare alle aste dei comuni per gli appalti sulla raccolta dell’umido, deve dimostrare di essere biodegradabile e compostabile quanto la bioplastica. Per rispondere direttamente alla domanda: che la carta sia biodegradabile è elementare. Che sia anche compostabile, e cioè adatta ad entrare negli impianti di lavorazione dell’umido, è un aspetto che – tanto quanto la bioplastica – abbiamo dovuto giustamente dimostrare, ma posso dire che le nostre cartiere producono carta perfettamente certificata e adatta al compostaggio. (NdR: a conferma, si veda l’elenco dei prodotti che hanno ottenuto il marchio CIC a questo link). Insomma, il costo di carta e bioplastica per quanto riguarda l’umido sono praticamente analoghi, ma i vantaggi di prestazioni che ha la carta sono enormi: basta fare un esperimento a casa. Se gli avanzi dell’umido in cucina li raccogliamo nella bioplastica, dopo una settimana sono ancora lì, ma in putrefazione, quindi con liquidi e cattivi odori. La carta invece è traspirante: gli avanzi di verdura e cibo si seccano, si asciugano e non puzzano.

Fonte: ecodallecitta.it

Rifiuti da giardino, vietato usare i sacchi di plastica in Kentucky

Louisville, Kentucky, si prepara ad approvare una legge che vieti l’utilizzo dei sacchi e sacchetti di plastica per contenere rifiuti organici e ramaglie da giardino: una pratica ampiamente diffusa (anche in Europa) ma che per le autorità locali complica la produzione di compost industriale, spesso contaminato da residui di plastica380594

Sacchi e sacchetti di plastica sotto tiro negli Stati Uniti: dopo il bando californiano, è in arrivo in Kentucky una nuova legge che vieta l’utilizzo dei sacchi di plastica per contenere ramaglie, rifiuti organici e scarti da giardino.
L’iniziativa è arrivata dalla città di Louiseville e se sarà approvata, a partire da gennaio 2015 il classico sacco nero, ancora ampiamente utilizzato anche in Europa per contenere questo tipo di rifiuti, dovrà essere sostituito da sacchi certificati come compostabili, oppure da sacchi di carta, se non direttamente da bidoni riutilizzabili, l’opzione più ecologica, che saranno semplicemente svuotati dagli operatori della raccolta dentro i camion, senza bisogno di “intermediari”.  Le motivazioni del divieto addotte dalle autorità locali riguardano la qualità del compost industriale: se gli impianti di produzione non sono dotati di rompisacco – e molti non lo sono, soprattutto quelli di nuova generazione – la plastica usata per contenere foglie, erba e rami secchi finisce “compostata” assieme ai rifiuti organici, danneggiando pesantemente la qualità del prodotto finale. La legge in discussione a Louiseville è il prodotto di una campagna di sensibilizzazione lanciata a maggio 2014 chiamata “Love’em and leave’em” (Amale e lasciale dove sono) in riferimento alle foglie e all’erba tagliata nei giardini privati: prima di gettare questi scarti organici, chiediti se è proprio necessario. Lasciarli sul terreno del proprio prato significa produrre pacciame di ottima qualità, che favorisce la crescita dell’erba e ne migliora l’aspetto. Aspetto non secondario, si contribuisce così alla riduzione dei rifiuti, che è poi l’obiettivo più importante dal punto di vista ambientale. In Italia il panorama normativo non è uniforme: in alcune città, come Milano e Torino, l’uso del sacco compostabile è obbligatorio per i rifiuti organici, ma non per sfalci e potature conferite ai centri di raccolta. Nella maggior parte dei comuni per questo tipo di rifiuti è ancora in vigore l’uso del classico sacco nero per l’indifferenziato.

Fonte: ecodallecitta.it

Francia, sacchetti di plastica vietati dal 2016. Seguono le stoviglie usa e getta, ma dal 2020

Il dibattuto bando dei sacchetti di plastica usa e getta in Francia ha trovato la stessa risposta italiana: commercio vietato a partire dal 2016. L’Assemblea nazionale ha votato anche per l’abolizione di piatti, bicchieri e posate di plastica non riutilizzabili, ma perché il divieto entri in vigore bisognerà attendere il 2020380614

Di un bando dei sacchetti francese si discuteva da anni, da prima ancora che si cominciasse a parlarne in Italia. La prima legge che provava a mettere al bando i sacchetti di plastica monouso venne presentata a gennaio del 2006, ma all’epoca venne bocciata dalla Commissione Europea. Si ritentò nel 2010 con una seconda legge che non prevedeva nessun bando ma una tassazione su tutti i prodotti considerati inquinanti. L’entrata in vigore del provvedimento venne posticipata al 2012 e nuovamente al 2014, per poi essere abbandonata. A riprendere le fila del bando è stata la Ministra dell’Ambiente Ségolène Royal, aiutata dal deputato ecologista François-Michel Lambert, che tuttavia avrebbe voluto scadenze più stringenti per la nuova legge. Dopo un lungo iter burocratico, l’Assemblea nazionale francese ha infatti approvato il divieto di commercializzazione nei giorni scorsi, stabilendo come data per l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2016.
Ma c’è una novità importante: ad essere pensionati, oltre ai sacchetti, saranno anche piatti, bicchieri e posate di plastica usa e getta non riutilizzabili. Un provvedimento finora mai intrapreso a livello nazionale da nessuno Stato, ma che dovrà aspettare il 2020 per essere applicato. (I Verdi avrebbero invece voluto che il divieto entrasse in vigore già dal 2017, una proposta bocciata però dalla stessa Ministra Royal, per non gravare troppo sull’economia in crisi, né sulle famiglie “che comunque oggigiorno non gettano via le stoviglie ma le riusano” (Le Parisien)). Come in Italia, dal bando restano esclusi i prodotti certificati come compostabili e conformi alla normativa UNI EN 13432. Una scelta criticata pesantemente dall’industria della plastica, che ha accusato il Governo di prendere questa decisione nonostante l’assenza di un sistema di compostaggio adeguato e diffuso uniformemente nel Paese. Avevamo posto la questione anche al Presidente del Club Bioplastiques, che ci aveva risposto quanto segue:
“Per quanto non sia ancora diffuso su tutto il territorio, il compostaggio in Francia esiste, e ci sono già diversi comuni che raccolgono l’umido separatamente, per poi trattarlo negli appositi impianti e produrre compost di ottima qualità. Esiste anche una rete di municipalità, compostplus (compostplus.org). (NdR: secondo l’archivio di Compost Plus, in Francia esistono 94 comuni che effettuano la raccolta differenziata dell’organico, 21 che possiedono impianti di trattamento e altri 28 che raccolgono l’umido e lo trasformano in compost direttamente in loco, come Lorient, Brest, Libourne, Montpellier… ). Insomma, gli esempi virtuosi ci sono eccome, e sono in crescita, anche se al momento manca ancora un orientamento nazionale unico sul tema, ma si tratta senz’altro di un processo in divenire”.

Fonte: ecodallecitta.it

Sacchetti, i proventi delle multe alle Tesorerie Provinciali

Sanzioni per chi distribuisce o vende sacchetti di plastica usa e getta: salvo ulteriori precisazioni, i proventi delle multe applicate ai trasgressori del bando andranno alla Tesoreria Provinciale dello Stato, e l’autorità competente a valutare eventuali ricorsi è la Camera di Commercio380180

Sacchetti sanzioni, non saranno i Comuni ad incassare i proventi delle multe ai trasgressori del bando, ma le Tesorerie Provinciali dello Stato, le cui funzioni sono svolte dalla Banca d’Italia. Come ricordato, il testo della legge non prevede destinazioni d’uso specifiche per le somme incassate, che non sono quindi vincolate a nessun intervento di sostenibilità ambientale, come invece accade per gli introiti delle multe per divieto di sosta.
Vigili Urbani sono tenuti ad effettuare controlli d’ordinanza per accertare il rispetto della legge e le eventuali segnalazioni seguiranno l’iter tradizionale:ricevimento/verifica/controllo/accertamento infrazioni. Nel caso in cui i trasgressori multati decidessero di presentare ricorso, gli scritti difensivi verranno valutati dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura.

Fonte: ecodallecitta.it

Sacchetti, usa e getta in plastica banditi in California da luglio 2015. Si attende firma del governatore

Con 22 voti a favore e 15 contrari, il Senato della California ha votato il disegno di legge che chiede la chiede la messa al bando di tutti i sacchetti di plastica usa e getta non compostabile in tutto lo Stato. Si attende la firma del Governatore Jerry Brown entro il 30 settembre. Il provvedimento sarebbe operativo da luglio 2015 (alimentari e farmacie) e dal 2016 per tutti gli altri negozi380115

Di un bando dei sacchetti nell’intera California si parlava da anni, almeno da quando Los Angeles adottò il provvedimento che ne vietava l’uso nel 2007, seguita nel corso degli anni da un centinaio di comuni. La prima proposta di legge nazionale venne presentata nel 2010, ma la massiccia reazione dei colossi dell’insustria plastica fece naufragare il progetto. (La sola Hilex Poly – il più grande gruppo americano per la produzione di buste in polietilene – spese oltre 1 milione di dollari in pubblicità, per diffondere la propria campagna contraria al divieto).
febbraio di quest’anno il progetto di bando venne recuperato dal senatore Alex Padilla, che presentò una proposta di legge (testo originalequi) che chiedeva l’eliminazione di tutte le buste di plastica usa e getta dai supermercati, dagli alimentari, dalle farmacie e dai rivenditori di liquori, offrendo in alternativa sacchetti compostabili, di carta o di plastica riutilizzabile a dieci centesimi. (Alternative a cui il senatore Padilla ha sempre pubblicamente dichiarato di preferire le sporte in stoffala soluzione più ecologica di tutte).  Questa stessa proposta di legge è stata votata ora con 22 voti a favore e 15 contrari dal Senato della California, rendendo sempre più probabile l’entrata in vigore del provvedimento.  Perché ciò avvenga, il progetto dovrà essere tramutato in legge entro il 30 settembre e firmato dal governatore democratico Jerry Brown, che al momento non avrebbe ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito. Se il Governatore firmerà il provvedimento la legge entrerà in vigore a luglio 2015, cominciando con alimentari e farmacie, per poi estendersi a tutti i tipi di negozi l’anno successivo.

Fonte: ecodallecitta.it

Sacchetti, in attesa del voto sulla direttiva UE: Polieco sostiene la proposta di Potocnik

“Il Consorzio PolieCo esprime il suo apprezzamento per lo sforzo profuso dall’Unione Europea nella direzione di favorire in  Europa l’utilizzo di borse multiuso al posto degli shoppers usa e getta, utilizzando un apposito strumento normativo di prossima promulgazione che dovrebbe, tra le altre cose, mettere fine alle tante diatribe che sono scaturite in alcuni Paesi membri”
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“Il Consorzio PolieCo – Consorzio nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene –
esprime il suo apprezzamento per lo sforzo profuso dall’Unione Europea nella direzione di favorire in Europa l’utilizzo di borse multiuso al posto degli shoppers usa e getta, utilizzando un apposito strumento normativo di prossima promulgazione che dovrebbe, tra le altre cose, mettere la parola “fine” alle tante diatribe che sono scaturite in alcuni Paesi membri. Tale soddisfazione scaturisce dall’allineamento della proposta alle istanze contenute nella cosiddetta “gerarchia dei rifiuti”, laddove si indica chiaramente l’obiettivo primario di riduzione della produzione di rifiuti ed il prioritario riuso dei vari beni. Si ricorda che, in Italia, nella fattispecie dei beni in polietilene (PE) questi sono sottoposti proprio al contributo PolieCo nettamente inferiore al contributo CAC per le plastiche. Tale apprezzamento anticipa la vicina scadenza del prossimo 10 marzo, allorquando il Parlamento europeo voterà un provvedimento per la sostanziale messa al bando degli shoppers in plastica usa e getta in favore delle borse multiuso. (Ndr: in realtà la proposta di direttiva europea lascia liberi i singoli Stati dell’Unione Europea di intraprendere i provvedimenti che riterranno più efficaci ai fini di ridurre il consumo di sacchetti in plastica usa e getta. Tali misure possono prevedere bandi, tassazioni o altri tipi di incentivi e obiettivi di riduzione)”. “Si sottolinea, inoltre, come lo strumento scelto dalla Commissione Europea per indicare la strategia europea per i rifiuti di plastica nell’ambiente – approvata dal Consiglio su relazione dell’ottimo On. Vittorio Prodi – che, tra l’altro, prevede di modificare la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio per ridurre il consumo di borse di plastica in materiale leggero, fornisce un chiarimento definitivo sull’assoggettamento alla normativa imballaggi esclusivamente delle borse di plastica con uno spessore inferiore ai 50 micron, riportando nell’ambito della disciplina dei beni le borse con uno spessore superiore ai 50 micron, istanza, questa, da sempre sostenuta dal PolieCo stesso. Pur non disconoscendo la valenza innovativa delle bioplastiche compostabili, che ha portato lo scrivente Consorzio ad affiancare, da subito, i propri associati nelle politiche di eventuale riconversione produttiva, il PolieCo è da sempre convinto che favorire, come detta la norma comunitaria, la riduzione della produzione di rifiuti plastici attraverso la promozione di borse multiuso sia un obiettivo pienamente coerente con i target comunitari di sostenibilità. Non solo, in questo caso il Legislatore si fa anche protagonista di un’istanza educativa nel settore ambiente laddove stabilisce un freno alla cultura dell’usa e getta e del consumismo disgiunto da ogni prospettiva eticoambientale”.

Il Consorzio Polieco

Fonte: ecodallecittà