ReCreo: recuperare casali abbandonati e restituirli ai cittadini

ReCreo è un progetto portato avanti da una rete di professionisti con l’obiettivo di mappare i casolari italiani e rimetterli a disposizione della comunità attraverso nuove forme di fruizione fondate sulla condivisione. Il nostro territorio è pieno di edifici rurali in stato di abbandono, dimenticati, coperti dalle erbacce, spesso diroccati, che aspettano solo di tornare in vita. Ma è anche pieno di persone che desiderano lasciare la città e recuperare il legame con il mondo contadino, magari riportando qualcuno di questi immobili alla sua antica funzionalità. ReCreo nasce proprio per unire queste due esigenze.

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Per capire meglio come funziona questo progetto, che dopo una fase preliminare sta entrando nel vivo, abbiamo intervistato i membri del team coordinati da Leonardo Porcelloni, co-founder insieme agli altri tre componenti di ReCreo e geografo con il compito di studiare l’abbandono nelle aree rurali e i fenomeni di ripopolamento delle aree interne. 

Qual è il percorso dei componenti del team di ReCreo? 

Il team è composto da quattro ragazzi esperti rispettivamente in relazioni internazionali e project management, ingegneria energetica, architettura e geografia. Si può quindi dire che sia piuttosto eterogeneo, ma tutti accomunati da un percorso universitario presso l’Università di Firenze dove queste discipline e l’esperienza personale ci hanno unito in un interesse per le risorse abbandonate dell’Italia rurale.

Il team di ReCreo. Da sinistra: Leo Cusseau, Shirin Amini, Leonardo Porcelloni e Federico Mazzelli

Cosa vi ha spinti a ideare e lanciare questo progetto? 

Una crescente domanda che trova poche offerte: studiando l’evidente tendenza di abbandono e spopolamento delle aree interne del territorio italiano e, allo stesso tempo, notando un rinnovato interesse per le strutture abbandonate, abbiamo pensato fosse più che logico far incontrare questi andamenti apparentemente contrastanti. Ma, soprattutto, abbiamo notato che sempre più persone sono alla ricerca di una vita fuori dal contesto urbano, che li riporti ad una dimensione meno frenetica e più a contatto con la natura.  Le prime idee di progetto hanno trovato un acceso interesse, prima tra i nostri conoscenti e dopo in un pubblico più esteso. Abbiamo dunque deciso di impegnarci in questo senso anche dal punto di vista professionale sfruttando al massimo le nostre competenze. 

In cosa consiste la prima fase di mappatura? Chi può partecipare ai lavori? 

La mappatura è il primo passo verso la realizzazione del progetto e chiunque sia interessato può parteciparvi. Questa fase permette di aggregare su una mappa online i dati sull’abbandono nell’Italia rurale: casali, terreni, boschi, coltivazioni, beni storico-culturali e di archeologia industriale. Allo stesso tempo, vogliamo coinvolgere i cittadini in questo processo di identificazione delle risorse abbandonate, per favorire la nascita di una comunità di persone, connesse fra di loro e attente a queste tematiche, che possono segnalare una propria risorsa inutilizzata o quelle abbandonate che conoscono. Questo database geografico sarà disponibile per chi è alla ricerca di una risorsa e vorrà gestirla, quindi rivitalizzarla.

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Potete descriverci i dettagli della seconda fase? 

In seguito all’individuazione della risorsa in abbandono, ci focalizziamo sul suo recupero funzionale e sul futuro modello gestionale. Il nostro progetto si incentra sul tipico casolare agricolo con terreno annesso, nel quale vediamo lo spazio ideale per implementare il nostro modello d’impresa: l’eCo-Living, uno spazio in cui è possibile vivere esperienze di coabitazione temporanea, di lavoro e formazione in condivisione con altre persone. È il luogo ideale per chi vuole sperimentare nuovi modelli dell’abitare sostenibile, per chi ha bisogno di un luogo diverso dall’ufficio per lavorare, ma anche per facilitare lo sviluppo di un turismo sensibile alla cultura locale. Tramite la nostra piattaforma, sarà possibile mettere in connessione persone o gruppi interessati al recupero e a sperimentare la nostra idea di gestione, permettendo così di creare una rete di rigenerazione rurale. 

Oggi esistono diversi progetti e percorsi individuali di ripopolamento dei borghi italiani. È un’inversione di tendenza rispetto all’abbandono? A cosa è dovuta secondo voi? 

Non si può negare un nuovo interesse che spinge soprattutto i più giovani a riappropriarsi di quegli spazi che da decine d’anni vengono abbandonati, in alcuni casi dimenticati, nelle aree interne della Penisola. Le esperienze, molto spesso temporanee, volte alla riscoperta di una vita a contatto con la natura, lenta e salubre, sono in crescita. C’è la volontà di riscoprire la terra, le tradizioni, i cibi antichi; ci sono le capacità per applicare tecniche innovative e più produttive in rispetto dell’ambiente. Le terre non più redditizie e quel senso di isolamento tornano a essere di grande valore, sia economico che culturale. Da un lato la società urbana produce conflitti e non soddisfa più le aspettative di tanti giovani, dall’altro lo sfruttamento qualitativo e ricercato delle aree rurali consente modelli di vita più sostenibili e remunerativi. Noi crediamo che sia in atto una tendenza, ma che sia necessario costruire reti fra le esperienze più avanzate.

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La condivisione può essere un’arma in più nella riabilitazione del patrimonio rurale italiano? In che modo? 

Il termine condivisione è la chiave di volta per sconfiggere il senso di isolamento, che non riguarda solo le aree rurali, ma è preponderante anche nelle città. Gli ambienti condivisi di lavoro, formazione e turismo sono in crescita; ne è una dimostrazione anche la nascita di molti ecovillaggi. Inoltre il moderno ridotto nucleo familiare non è più in grado di “riempire” quei colossali casolari rurali, una volta progettati per famiglie di circa venti individui; e lo stesso riguarda la gestione dei terreni. Perciò sono necessari nuovi modelli di condivisione d’uso e di proprietà. Tuttavia, è anche indispensabile reindirizzare le politiche nazionali a favore dei piccoli centri rurali, dove spesso mancano i servizi primari e i collegamenti restano carenti. Infatti, la maggior parte di questi processi di valorizzazione rurale sono casi bottom-up realizzati dalla determinazione di individui e piccole comunità, che appunto condividono obiettivi e risorse, in un contesto spesso non favorevole. 

Che contributo può dare chi legge questo articolo? 

Ai lettori diciamo che il contributo che possono offrire è a 360°. ReCreo si rivolge a chi ha a cuore il patrimonio rurale italiano, che è ricco di tradizioni, conoscenze, beni artistico-culturali, ricchezze naturali; una vera e propria icona del nostro paesaggio dove tutto è da riscoprire e salvaguardare. Anzitutto invitiamo i lettori ad accedere al nostro sito, scoprire la mappa e inserire le risorse abbandonate che incontrano nel loro percorso, per aumentare la conoscenza condivisa del nostro patrimonio rurale e offrire la possibilità di recuperare tali risorse a chi le vorrà gestire. Per chi ha una vena più letteraria, sempre dal nostro sito, potrà inviarci le storie inerenti ai luoghi abbandonati, così da poterle pubblicare e condividere. In secondo luogo, invitiamo tutti a seguirci e contattarci per collaborare con noi nell’ottica di una gestione di eColiving o per sperimentarne l’esperienza di coabitazione.  Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/08/recreo-recuperare-casali-abbandonati-restituirli-cittadini/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

In Abruzzo nasce il co-working della ruralità

L’idea è venuta all’associazione Movimento Zoè, che creerà la prima piattaforma onlineabruzzese di co-working “neo-rurale”.

Si tratta di una piattaforma volta alla riattivazione delle comunità rurali e alla rivilitalizzazione dei Paesi inseriti all’interno di contesti agricoli e montani d’Abruzzo. «Un “luogo” in cui far convogliare informazioni,dove  incontrare domanda e offerta per accogliere i bisogni di un mondo in costante e rapido cambiamento – spiega l’associazione che promuove il progetto – Attraverso una precisa calendarizzazione di eventi annuali con particolare impegno nell’organizzazione di un evento forte che sarà contemporaneamente punto di partenza e arrivo di quanto svolto dalla retedurante l’anno, la Fiera della NeoRuralità».

«NeoRurale è unaparola, un “suono” che include chi aderisce ad un modello di ecosostenibilità legato al mondo agricolo – proseguono da Movimento Zoè – e cerca contatti e offerte a misura delle sue esigenze, chi continua a presidiare i territori rurali o chi ci torna , chi vive grazie alla Terra offrendo servizi e prodotti di qualità nell’ottica di uno sviluppo locale cosciente e consapevole.Coniugando memoria e innovazione e valorizzando i concetti di cura e di rispetto. L’ Abruzzo è un’isola tra le montagne, con una densità di popolazione, nella provincia dell’Aquila, pari ad 1,5 abitanti x Kmq. Un’arcipelago di piccole e integre Comunità rurali che ancora, in parte, si sostengono con l’agricoltura e la pastorizia. Una terra di immenso splendore e tradizioni e “pesante” storia: terra che trema, gente che trema…gente bella!Forti e gentili . Qui la gentilezza è di casa e la Natura selvatica la “strada”per arrivare al benvivere».

«In più di 10 anni abbiamo incontrato e stretto legami e reti con agricoltori che presidiano terre fertili, animatori territoriali che sostengono modelli di educazione attiva e diffondono buone pratiche al fine di veicolare cultura e migliorare la qualità della vita di chi lavora e vive nelle Comunità – continua l’associazione -Abbiamo incontrato architetti che adoperano tecniche di bioedilizia nel rispetto dell’ambiente e delle tradizioni locali. Agriturismi che con naturalezza declinano entrambe le fasi dell’accoglienza, accogliere ed essere accolti, per farti sentire a casa e offrire occasioni di autentico turismo esperienziale . Fattorie didattiche e sociali che, in un tempo in cui si da priorità ad istruire piuttosto che ad ed-ucare e ad assistere piuttosto che integrare, si impegnano per creare “luoghi di cura” per se stessi e perl’altro. Ma soprattutto persone semplici, che vogliono vivere meglio, con un’altra qualità ed altri tempi . Davvero tante, troppo spesso sole per riuscire a promuoversi al meglio, troppe per non “mettersi in ascolto”».

Questa Rete NeroRurale d’Abruzzo esiste da tempo ed è consolidata nei valori. Il “salto” è ora diventare rete riconosciuta. Più visibile e incisiva. Più organizzata e produttiva.

 E’ questo che con il loro progetto hanno intenzione di fare.

E per farlo chiedono l’aiuto di quanti potranno dare un contributo: QUI per partecipare al crowdfunding

Fonte: ilcambiamento.it

A scuola di buone pratiche e ruralità in Cilento: la preside Maria De Biase

A lezione di eco-sostenibilità.  L’avventura della preside Maria De Biase ha inizio nell’istituto comprensivo Teodoro Gaza di San Giovanni a Piro – in Cilento – dove ha dato vita a una vera rivoluzione, un cambiamento che passa attraverso le tradizioni più antiche del territorio, alla riscoperta delle proprie origini e antiche abitudini. La preside De Biase arriva a San Giovanni a Piro nel 2007, fino a quel momento aveva insegnato nell’hinterland napoletano, dove lavorava a progetti di educazione alla legalità.

Quando nella scuola si è sparsa la voce che la nuova preside veniva dalla “grande città”, tutti si aspettavano di assistere ad un’innovazione in nome della modernità. La preside napoletana si è presentata invece con progetti di educazione alla ruralità e con una “dichiarazione di guerra” alle merendine confezionate. Dopo il suo arrivo hanno cominciato a consolidarsi buone pratiche quotidiane: la creazione di orti sinergici, il compostaggio e l’arrivo di “Bidolio”, un contenitore per la raccolta di oli esausti dai quali viene poi prodotto il sapone.8597200691_6fea53652e_b

Tutto diventa un gioco da bambini. Nella mensa scolastica gli alunni vengono riabituati ai sapori genuini e sono serviti solo i prodotti che la terra produce: il verde non fa storcere il naso e i bambini mangiano fave e piselli a pranzo, pane e marmellata a colazione, pane e olio per merenda. Si chiamano eco-colazione e eco-merenda senza piatti né bicchieri di carta o plastica, tutto è rigorosamente organizzato nel rispetto della filosofia “Rifiuti Zero”. Questa oasi di buone pratiche, l’anno scorso è stata messa a rischio da una legge italiana che prevede la perdita di autonomia per tutte quelle scuole che contano un numero inferiore a 600 alunni, 400 nel caso delle comunità montane come quella di San Giovanni a Piro. L’istituto contava quindici alunni in meno di quelli previsti dal regolamento, 385, e Maria De Biase è stata costretta al trasferimento. A Settembre è tornata a intravedere spiragli di luce, quando le viene affidata la presidenza dell’istituto di Policastro Marina che, a sua volta, ha in reggenza la scuola di Caselle. Nei primi giorni del nuovo anno scolastico il Teodoro Gaza rimane in balia degli eventi ma alla fine Maria De Biase ne ottiene la reggenza. In questo modo la preside si è trovata a operare – per quest’anno, poi chissà – su tre scuole diverse, esportando principi e buone pratiche ormai consolidate al Teodoro Gaza.8597198783_d8d815ae5a_b

L’esperienza avviata qui è ormai matura, assimilata dai bambini e gestita con entusiasmo da docenti e genitori, nelle altre due scuole la De Biase ha gettato i semi per il cambiamento e il suo operato è stato riconosciuto e apprezzato anche da alcune amministrazioni locali: “le mie scelte sono dettate da precisi obiettivi educativi”, ha spiegato la preside ad Andrea Degl’Innocenti che l’ha intervistata nel novembre scorso, “ma portano anche notevoli risparmi economici che, soprattutto in tempi di crisi, non possono che aiutare nella gestione complessiva del bilancio”.8598301328_88f38316db_b

Ora che lavora su tre scuole la fatica è tanta, il Cilento è una terra in cui le distanze si misurano con strade sterrate e piccoli centri abitati che si inerpicano tra le montagne. Nelle sue parole c’è anche la preoccupazione per il futuro, perché le sorti della sua reggenza hanno tempi incerti. Ma soprattutto, Maria De Biase parla di un sogno che si è avverato, quello di vedere i principali attori del futuro – i bambini e i ragazzi delle scuole – assorbire i principi e le pratiche dell’eco-sostenibilità, in un territorio rurale in cui la terra è una risorsa materiale e culturale. Soprattutto la entusiasma che sia la scuola, un’istituzione pubblica soggetta a critiche e tagli spietati, ad assolvere alle funzioni fondamentali dell’educazione e della gestione sapiente delle proprie ricchezze.

Elena Risi

Fonte: italiachecambia.org