Piemonte, Legambiente lancia l’allarme: “Manutenzione urgente nel 38,7% delle scuole”

Legambiente presenta Ecosistema Scuola, il rapporto annuale sulla qualità dell’edilizia e dei servizi scolastici. Crescono le pratiche sostenibili e l’uso delle fonti rinnovabili, ma ci sono ancora troppi edifici vecchi e privi di sicurezza377709

Peggiora la situazione dell’edilizia scolastica in Piemonte, in uno stato di permanente emergenza sul fronte degli interventi e della messa in sicurezza. Crescono rispetto ad un anno fa gli edifici che necessitano di manutenzione urgente: il 38,7%,oltre 14 punti sopra il dato dello scorso anno e un punto percentuale sopra la media nazionale del 37,6%. E’ quanto emerge dalla XIV edizione di Ecosistema Scuola, il rapporto annuale di Legambiente sulla qualità delle strutture e dei servizi della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado di 94 capoluoghi di provincia. Una fotografia che mostra quanto sia urgente intervenire in questo settore. “Ancora oggi non esiste un monitoraggio complessivo e sistematico dello stato di sicurezza delle scuole italiane ed Ecosistema Scuola è l’unico strumento di sensibilizzazione e informazione sulla qualità dell’edilizia e dei servizi scolastici -dichiara Francesca Gramegna, direttrice di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. Per questo chiediamo che venga al più presto realizzata l’anagrafe dell’edilizia scolastica che attendiamo dal 1996, anno dell’entrata in vigore della legge 23 che la istituiva, e che venga data la possibilità agli enti locali di operare in deroga al patto di stabilità per investire sulla messa in sicurezza delle scuole stesse. L’anagrafe scolastica permetterebbe anche alle istituzioni di avere un quadro puntuale dei bisogni di intervento nelle scuole e quindi di orientamento della programmazione e degli investimenti. Dal rapporto abbiamo visto invece quanto gli interventi a pioggia e non programmati siano serviti ben poco. Per questo, Ecosistema Scuola si propone come stimolo politico, affinché l’edilizia scolastica diventi ambito prioritario d’investimento su cui puntare”. Anche quest’anno i dati confermano lo stallo in cui si trova la qualità del patrimonio dell’edilizia scolastica italiana, che fatica a migliorare nonostante gli investimenti siano ripartiti e sembrano essere per la prima volta più consistenti. In Piemonte è in aumento il dato sulla manutenzione ordinaria che presenta una media di investimenti di 11.863 euro per scuola a fronte dei 5.544 dell’anno precedente. In caduta libera, invece, gli investimenti per la manutenzione straordinaria: si passa dai 63.533 euro medi per istituto scolastico del 2011 ai 16.164 euro del 2012 (contro una media nazionale di 30.345 euro). Dalla fotografia di Ecosistema Scuola anche quest’anno si riconfermano in testa alla graduatoria nazionale le città capoluogo del centro nord. Svetta al primo posto in classifica Trento, seguito da Prato (2°) e Piacenza (3°). La prima piemontese in classifica è Verbania (7°) che, pur perdendo quattro posizioni rispetto all’anno scorso, si conferma nella top ten della graduatoria. Torino (13º) apre invece la graduatoria delle grandi città, in flessione rispetto allo scorso anno di due posizioni. Nelle prime 20 posizioni si collocano anche Biella (12º), Vercelli (18º) e Asti (20º), mentre Cuneo,Alessandria e Novara sono rispettivamente 34°, 35° e 63° in graduatoria. Con 5 comuni entro i primi 20, il Piemonte insieme al Trentino Alto Adige e all’Emilia Romagna è dunque tra le regioni capofila sulla qualità delle strutture e dei servizi. Un trend tuttavia in discesa rispetto allo scorso anno, con 2 comuni tra i primi 10 e 6 tra i primi 20 (Verbania 3°, Biella 18°, Torino 11°, Vercelli: 20°, Asti: 8°, Cuneo: 40°, Alessandria 13°, Novara 55°). Aosta invece, anche quest’anno, non risponde all’indagine di Legambiente in modo completo e non viene quindi inserita in graduatoria. Verbania è la città dove tutti gli edifici scolastici sono in possesso dei certificati di collaudo statico, di agibilità, di agibilità igienico-sanitaria, con impianti elettrici a norma e requisiti di accessibilità. Asti quella che investe mediamente di più in manutenzione straordinaria, Cuneo in ordinaria. Le scuole di Novara e Vercelli quelle meglio servite da scuolabus, mentre il pedibus è attivo ad Asti, Cuneo, Novara, Torino e Verbania. Sul fronte della raccolta differenziata sono Asti, Biella, Torino e Verbania le città dove negli edifici scolastici si pratica la raccolta di tutti i materiali. Rispetto alle energie rinnovabili, sono gli edifici scolastici di Asti e Vercelli quelli che ospitano maggiormente impianti solari fotovoltaici, mentre Torino è l’unica città con edifici dotati di impianti a biomassa.

Buone pratiche

Le scuole dei Comuni piemontesi risultano un’eccellenza sul fronte delle buone pratiche e dei servizi a disposizione. Il 66,3% degli edifici usufruisce del servizio di scuolabus, in tutte le mense vengono serviti pasti biologici anche se la media dei prodotti biologici nei pasti (50,6%) risulta sotto la media nazionale. Buono il dato sulle cucine interne alle mense, presenti nel 35,4% degli edifici, e quello sulla somministrazione di acqua del rubinetto (82,2%). Dati di eccellenza sul fronte raccolta differenziata che viene realizzata in tutte le scuole per plastica, vetro, carta, nel 93,7% per l’alluminio, nel 99,2% per l’organico, nell’ 80,% per le pile e nell’ 83,2% per toner e cartucce per stampanti. Sotto la media il dato sull’utilizzo delle fonti di energie rinnovabili pari al 7,2% contro il 13,5% della media nazionale. Tra gli edifici che utilizzano rinnovabili nel 3,1% sono presenti impianti solari termici, nel 90,6% solari fotovoltaici, nel 6,3% a biomassa (il Piemonte è la regione con il valore percentuale maggiore). La percentuale media di copertura dei consumi da rinnovabili è del 13,7 contro la media nazionale del 35,6.

Sicurezza e salute

Sul fronte della sicurezza quella che emerge è invece una fotografia in chiaroscuro. Da un lato il Piemonte si colloca sopra la media per i dati relativi alle certificazioni di collaudo statico (in possesso del 56,6% degli istituti), agibilità (79,8%), certificazione igienico-sanitaria (84,5%), impianti elettrici a norma (98,4%), requisiti di accessibilità (93,9%). Dall’altro, invece, sono negativi i dati sul fronte della prevenzione incendi: il 76% degli edifici scolastici è sprovvisto dei certificati di sicurezza. Dato, questo, di quasi 12 punti percentuali sotto la media nazionale. Rispetto all’esposizione degli edifici scolastici a inquinamento ambientale interno è da rilevare come il monitoraggio dell’amianto sia stato realizzato in tutti gli edifici scolastici della regione. La presenza di amianto è stata rilevata nel 14,2% degli edifici e nel 6,7% sono state realizzate bonifiche negli ultimi 2 anni. Ecosistema Scuola rileva inoltre che il 62,5% gli edifici sono stati monitorati per rilevare la presenza di radon e il gas è censito nel 0,4% delle strutture. Per quanto riguarda l’esposizione degli edifici a situazioni di rischio ambientale esterno, sono l’1% gli edifici in prossimità di elettrodotti, il 2,4% quelli vicino a emittenti radio-televisive, il 16% in prossimità di antenne cellulari. La maggior situazione di rischio è costituita dalla presenza dell’8,5% degli edifici scolastici tra 1 e 5 km da industrie, e il 2% da discariche. “Senza la pubblicazione dell’anagrafe scolastica -conclude la direttrice di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta Francesca Gramegna– non si ha accesso a quelle informazioni che consentono a studenti, genitori e lavoratori della scuola di conoscere lo stato dei singoli edifici. Solo in questo caso i docenti responsabili della sicurezza, potrebbero avere chiaro l’impegno che il loro ruolo comporta, senza dimenticare l’importanza di una formazione adeguata che li metta in condizione di segnalare le problematiche più evidenti agli esperti tecnici. Questione che diventa ancora più spinosa nel caso in cui, come afferma il ministro Delrio, le competenze in ambito dell’edilizia scolastica passino dalle Province ai Comuni: ogni eventuale cambiamento di competenza istituzionale deve avvenire perciò in maniera chiara, così come devono essere garantiti strumenti adeguati a quei docenti che si assumono la responsabilità di controllare che le scuole siano sicure”.

Fonte: ecodallecittà

La bottiglia pieghevole per dissetarsi sostenibilmente

Sbarca sul mercato italiano l’Anti-Bottle Vapur, una borraccia pieghevole, leggera, riutilizzabile e BPA free Element_tutte-586x409

Dopo aver “debuttato” sul mercato statunitense, arriva anche sul mercato italiano Anti-Bottle Vapur, una borraccia pieghevole che ha l’ambizione dei diventare la principale alternativa all’utilizzo delle bottiglie di plastica. A differenza di una normale borraccia, l’Anti-Bottle è flessibile, leggera e può essere comodamente trasportata all’interno di zaini, zainetti e borsette limitando la minimo lo spazio e il peso. Una volta riempita, la bottiglia pieghevole può essere  agganciata a cinture o borse, in modo da consentire l’utilizzo di tutto lo spazio interno a zaini e borse. La struttura a triplo strato di nylon e polietilene può essere messa in freezer in modo da consentire ai liquidi di rimanere refrigerati il più a lungo possibile ed BPA free ossia non contiene il Bisfenolo A, dannoso per la salute e presente nella maggior parte dei prodotti in plastica. L’idea di realizzare questa bottiglia pieghevole è venuta a tre appassionati di outdoor californiani che hanno deciso di dare una risposta ecologica al consumo annuo di bottiglie di plastica che ammonta a 200 miliardi di pezzi che, ogni anno, viaggiano dalle aziende ai consumatori e da questi alle discariche o ai centri di riciclaggio con un impatto ambientale enorme. Solo il 12% di queste bottiglie viene riciclato, mentre i restanti 176 miliardi finiscono nelle discariche o galleggiano negli oceani. Molte acque sono riempite con acqua di rubinetto che viene venduta dalle 240 alle 10mila volte più cara rispetto al costo dell’acqua domestica. Nella classifica del consumo pro-capite di bottiglie di plastica, l’Italia è il terzo Paese al mondo dopo Arabia Saudita e Messico che, a differenza del nostro, sono paesi con grandi difficoltà nel reperimento e nella potabilizzazione dell’acqua. Se le bottiglie di plastica vengono buttate via dopo l’utilizzo, l’Anti-Bottle Vapur ha una vita media di tre anni e può essere usata tutti i giorni.   È disponibile in 5 diversi modelli: Element (dedicata agli sportivi e agli amanti dell’outdoor), Eclipse (mimetica), Shades (fashion), Quenchers (dedicata ai più piccoli) e Reflex (il primo modello da cui sono stati poi sviluppati i successivi). Anti-Bottle è disponibile nei negozi di articoli sportivi e outdoor e, attualmente si può ordinare sul sito internet di Vapur.Element-586x553

Fonte:  Vapur

Gli italiani risparmiano l’acqua del rubinetto per sfiducia e preferiscono l’acqua in bottiglia

Gli italiani consumano meno acqua potabile ma acquistano tantissima acqua in bottiglia perché non si fidano di quella che scorre dal rubinetto di casa.

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Gli italiani hanno imparato a risparmiare l’acqua e lo dice l’Istat nel suo ultimo rapporto Noi Italia 100 statistiche per capire il Paese. Il dato curioso però è che a fronte di un calo del 3,7% dell’uso di acqua potabile nel 2011 corrisponde una spesa pro capite per l’acquisto di acqua in bottiglia di 19 euro al mese. Secondo Ivano Giovannelli presidente dell’Associazione Codici consultato da mareeonline:

La riduzione del consumo è prevalentemente legata al costo dell’acqua. Ci sono poi situazioni particolari in cui la paura incide in maniera importante. Mi sembra chiaro che la riduzione è riferita ai limiti imposti.
Poi però dopo aver risparmiato l’acqua del rubinetto acquistiamo acqua in bottiglia e l’impatto ambientale è devastante come rileva Legambiente nel suo dossier Il business dell’acqua in bottiglia:

Nel 2011 i consumi di acqua sono aumentati rispetto all’anno precedente, passando da 186 a 188 litri per abitante ALL’ANNO, numeri che confermano il primato europeo del nostro paese per i consumi di acque minerali: dei 12,350 miliardi di litri imbottigliati nel solo 2011, oltre 11,320 miliardi sono stati consumati dentro i confini nazionali. Senza dimenticare che ancora oggi solo un terzo delle bottiglie viene avviato correttamente al riciclo, mentre la gran parte continua a finire in discarica o ad essere dispersa nell’ambiente e che per l’85% dei carichi si continua a preferire il trasporto su gomma. Questo vuol dire che una bottiglia d’acqua che proviene dalle Alpi percorre oltre 1000 km per arrivare in Puglia, con consumi di carburante e emissioni di sostanze inquinanti conseguenti. Cifre che potrebbero aumentare visto che l’affare delle acque in bottiglia continua ad essere molto vantaggioso per le società che lo gestiscono. Infatti, i canoni richiesti dalle Regioni per le concessioni sono, in molti casi, risibili, come nel caso della Liguria che chiede solo 5 euro per ciascun ettaro dato in concessione, senza prendere in considerazione i volumi emunti o imbottigliati, e incassando appena 3.300 euro all’anno per le 5 concessioni attive sul territorio.

Peraltro le concessioni per l’uso di acque da imbottigliare è ancora al centro di un sostenuto dibattito da associazioni ambientaliste e produttori. Di fondo oltre alle preferenze di gusto degli italiani c’è quel sentimento di sfiducia verso la pubblica amministrazione e la gestione delle acque pubbliche che fa temere che non vi siano sufficienti e pertinenti controlli a stabilirne la salubrità e la sicurezza. E male hanno fatto, ad esempio le gestioni relative all’acqua all’arsenico in Lazio che hanno certamente peggiorato il danno di immagine dell’acqua di rubinetto.

Fonte: ecoblog