Robin Tax per finanziare la lotta ai cambiamenti climatici in Francia e Germania, fuori la Gran Bretagna

Francia e Germania vogliono introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie (FTT) entro maggio, che potrebbe portare miliardi di euro da destinare alla lotta ai cambiamenti climatici e per sostegno allo sviluppo

La Robin Tax potrebbe sbarcare da maggio in Francia e Germania e la necessità come detto dal presidente francese François Hollande risiede nella possibilità di ridistribuire le sostanze verso chi ne avrà più bisogno:

Vogliamo concludere un accordo sulla tassa sulle transazioni finanziarie che ci ha uniti fin dall’inizio prima delle elezioni europee.Immagine

Attualmente la tassa è in discussione in 11 Stati membri dell’UE(Germania, Francia, Italia, Spagna, Austria, Portogallo, Belgio, Estonia, Grecia, Slovacchia e Slovenia) e ognuno decide autonomamente come reinvestire i soldi. Restano fuori 15 stati membri tra cui il governo britannico che ha rifiutato di prenderne parte. In effetti un finanziamento è necessario considerato che i Paesi sviluppati hanno promesso di consegnare 100 miliardi di dollari di aiuti per contrastare i cambiamenti climatici entro il 2020. E in molti sperano che la FTT possa sostenere il raggiungimento di un tale obiettivo. In Italia la Robin Tax fu introdotta da Tremonticon il Governo Berlusconi come addizionale IRES e applicata alle imprese energetiche. Ma il sospetto sollevato dall’Authority è che poi queste tasse si sono riversate sulle bollette dei consumatori e non hanno toccato i profitti delle aziende. Il principio della Robin Tax invece vuole intervenire direttamente sui grandi profitti finanziari e dunque principalmente sulle banche, rimettendo in circolo verso le aree più bisognose quei soldi che diversamente resterebbero nelle mani di pochi. In Gran Bretagna hanno calcolato che se la Robin Tax fosse applicata genererebbe ogni anno 20 miliardi di sterline che potrebbero essere investiti sia per contrastare le sacche di povertà interne al paese sia per intervenire nella lotta ai cambiamenti climatici. In Francia Hollande ha detto che si accontenterebbe del 15% del gettito per sostenere lo sviluppo internazionale e finanziare il contrasto ai cambiamenti climatici. Il successo in Europa non è assicurato e le discussioni si snoderanno fino alle elezioni europee maggio. Nonostante il forte sostegno da parte del governo tedesco sarà difficile che si possano includere nella tassazione derivati, azioni e obbligazioni, poiché il settore finanziario sta combattendo una battaglia di retroguardia nel tentare di annacquare le proposte.

Fonte: Rtcc, The Guardian

La Robin Tax pagata dai consumatori di energia e gas: i sospetti dell’Authority

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Non ne escono bene i gestori dell’energia e del gas dalla Relazione al parlamento sulla Robin Tax messa a punto dall’Autorità per l’Energia. Segnalati 199 casi su 476 controlli per un totale di 1,6 miliardi di euro di incremento di provenienza diretta dalle bollette, ovvero pagati tutti dai consumatori. Ma lo Stato non ci ha perso avendo incassato nel 2011 con la Robin Tax 1,457 miliardi di euro: da Snam 104 milioni di euro, da Terna 81 milioni di euro e da Enel solo con la Distribuzione 312 milioni di euro. E evidentemente non ci hanno perso neanche i gestori considerato l’1,6 miliardi recuperati. L’Autorità sa, segnala ma non può farci nulla.
La legge voluta da Tremonti nel 2008, ossia l’addizionale Ires per le imprese energetiche prevede che non si possa traslare la tassa sui consumi attraverso le bollette e proprio l’Autorità deve controllare. E segnalare. Ma il suo ruolo si ferma qui.
Sostanzialmente come si legge nel documento:
Nell’ambito della vigilanza, la variazione positiva del margine attribuibile all’effetto prezzo costituisce un indicatore utile ad individuare quei soggetti che con maggior probabilità hanno posto in essere condotte traslative; quindi, è ragionevole supporre che, a seguito dell’introduzione dell’addizionale IRES, gli operatori recuperino la redditività sottratta dal maggior onere fiscale, aumentando il differenziale tra i prezzi di acquisto e i pezzi di vendita
Nel 2010 l’Autorità ha segnalato 199 operatori sui 476 controllati; 105 sono del settore energia e gas mentre 94 del settore petrolifero. Scrive perciò l’Autorità: quindi, è ragionevole supporre che, a seguito dell’introduzione dell’addizionale IRES, gli operatori recuperino la redditività sottratta dal maggior onere fiscale, aumentando il differenziale tra i prezzi di acquisto e i pezzi di vendita.
e prosegue ammettendo lo svantaggio riversato sui clienti:
Pertanto, è possibile affermare che anche per il 2010 una parte significativa dei soggetti vigilati appartenenti al settore energia elettrica e gas, a seguito dell’introduzione del divieto di traslazione, ha adottato politiche di prezzo che hanno incrementato il margine di contribuzione dovuto all’effetto prezzo, determinando uno svantaggio per i consumatori finali.
Fonte: ecoblog