Un viaggio attraverso la Sicilia virtuosa, dove i rifiuti sono una risorsa

In compagnia di Manuela Leone e dello staff di Rifiuti Zero Sicilia siamo andati alla scoperta della Sicilia virtuosa, quella parte di Isola rappresentata da giovani, associazioni e imprese per cui i rifiuti sono una risorsa da sfruttare e non un peso di cui liberarsi o, ancora peggio, un’occasione per lucrare.

Sicilia – Cassonetti pieni, cataste maleodoranti, buste abbandonate ai bordi delle strade, cave di incredibile bellezza in cui spesso si riversano rifiuti ingombranti e scarti di ogni tipo: attraversando le strade siciliane vi sarete trovati spesso di fronte a scenari di questo tipo. Ma esiste anche una Sicilia virtuosa, una speranza capace di emergere da questo desolante scenario?

Questa regione vive una situazione emergenziale da tempo, ma negli anni non sono mai arrivate vere soluzioni strutturali. Per diverse settimane— ed è storia recente— alcuni Comuni, come Catania ad esempio, si sono ritrovati allo stremo, per giorni sommersi da rifiuti. All’origine dell’ennesima crisi che colpisce l’isola ci sono molteplici fattori: la raccolta differenziata ai minimi livelli, l’assenza di impianti adeguati di trattamento – soprattutto per la gestione dell’umido – la chiusura di alcune discariche. Per dirne una, quella di Lentini, che raccoglie i rifiuti di mezza regione, è stata sequestrata più di un anno fa per collusioni mafiose. Il rischio paventato è quello di dover dirottare i rifiuti fuori dall’Isola, al Nord Italia o all’estero, scelta che porterebbe a ingenti costi di smaltimento e a un aumento delle quote Tari per i cittadini. La frazione organica per esempio viene già trasportata in Calabria per essere trasformata tramite impianti: una follia, se si pensa ai costi di trasporto, all’inquinamento generato dai tir e al fatto che dall’umido si può produrre il compost, nutrimento fondamentale per i nostri terreni. Mentre molte associazioni ambientaliste denunciano da tempo la mancata osservanza di leggi in materia di smaltimento e di impianti di gestione adeguati, nei palazzi della Regione si continua a discutere di termovalorizzatori – inceneritori, di fatto – come “soluzione alternativa” alle discariche. Questa però è una scelta che non tiene conto della ricadute che avrebbe sui cittadini in termini di salute e della continua dipendenza dal sistema discarica: ogni inceneritore ha bisogno di una discarica di servizio per gestire le ceneri e gli scarti derivanti dal processo di lavorazione. Sul tema si è sempre battuta l’associazione Rifiuti Zero Sicilia ostacolandone fino a ora la costruzione – una sentenza del Tar dello scorso anno ha impedito la realizzazione di due inceneritori di rifiuti urbani previsti dal decreto “Sblocca Italia”.

Eppure soluzioni concrete e alternative a discariche e inceneritori ci sono: proprio Rifiuti Zero dal 2010 si occupa di diffonderle e applicarle in tutta Italia, attingendo ai principi della strategia internazionale “Zero Waste” (in italiano “Rifiuti Zero”) di Paul Connett, caposaldo dell’economia circolare. Un percorso fatto di dieci passi chiari per cambiare profondamente l’approccio al rifiuto, che da scarto si trasforma in “materia post consumo” e, di conseguenza, in risorsa. Un processo in cui è fondamentale il coinvolgimento delle comunità e la costruzione di una rete di persone che collaborano e agiscono insieme. Con Manuela Leone, presidente dell’associazione e referente Zero Waste Italy, siamo andati a incontrare alcune delle realtà che compongono questa rete, con l’obiettivo «di premiare una Sicilia virtuosa che viene poco spesso raccontata e andare oltre quest’immagine di una regione colma di rifiuti, sempre in emergenza», ci spiega lei stessa. Il pretesto è arrivato da una premiazione ufficiale, “La Sicilia verso Rifiuti Zero”, che si sarebbe dovuta tenere a marzo del 2020 – uno dei primi eventi rimandati a causa della pandemia di Covid – e che si è trasformata in un tour di incredibile bellezza e di stupore attraverso le realtà del cambiamento siciliano.

Ad accompagnarci un team al femminile, arricchito dalla talentuosa videomaker Federica Vero, con cui abbiamo attraversato le province di Siracusa, Catania, Messina e Palermo, passando da piccoli centri e grandi città, animate da un corollario di associazioni, scuole, comuni, cittadini e cittadine, esempi concreti da cui lasciarsi ispirare e meravigliare e che ci dimostrano che il cambiamento verso scelte più rispettose dell’ambiente può avvenire, anche in Sicilia, solamente se ognuno di noi si prende la responsabilità delle proprie azioni. Per farlo è essenziale connettersi, scambiare esperienze e competenze, diventare una comunità coesa in cui tutti fanno la propria parte. Vediamo insieme come. Una soluzione al problema dei rifiuti organici – più difficili da trattare rispetto ad altri perché necessitano di impianti di compostaggio adeguati – l’ha trovato l’Istituto Corbino di Augusta, in provincia di Siracusa, che ha installato, grazie al contributo di Rifiuti Zero Sicilia, tre compostiere di comunità, le prime realizzate in un istituito scolastico in provincia. A beneficiarne non sono state solo le tre scuole dell’istituto, ma anche le famiglie che, invogliate dai ragazzi, hanno iniziato a conferire i rifiuti organici domestici nelle compostiere comunitarie. “Solo trasformando i comportamenti individuali possiamo contribuire alla sostenibilità ambientale”, si legge nel volantino del progetto da Rifiuto a Risorsa realizzato all’interno del liceo classico Spedalieri di Catania. É la soluzione a cui sono arrivati gli studenti e le studentesse della scuola a seguito di un lavoro di indagine che hanno condotto intervistando cittadini, aziende, commercianti e documentando la situazione emergenziale in cui riversa la città.

A pochi chilometri da Catania, a Ferla, c’è il “Comune più riciclone d’Italia”, un paese di 2.500 abitanti che dieci anni fa ha avviato una vera e propria rivoluzione in materia di gestione dei rifiuti, arrivando in cima alla lista dei Comuni Ricloni e Rinnovabili di Legambiente e dentro la rete dei Comuni Virtuosi d’Italia. Tra le azioni che gli hanno fatto guadagnare il titolo figurano l’ecostazione costruita in bioedilizia e arredata con mobili di riciclo, il primo progetto di compostaggio di comunità, Compostino, nato nel 2004 (i cittadini conferiscono il loro umido nelle compostiere e hanno uno sconto in bolletta Tari), gli impianti termici e i pannelli solari installati sui tetti delle scuole. Dall’altra parte dell’isola, in provincia di Palermo, c’è il piccolo Comune dall’anima green di Montelepre. Per raggiungerlo si attraversa Bellolampo, che ospita una delle più grandi discariche del sud Italia, simbolo della crisi che attanaglia la Sicilia, perché sempre straboccante di “munnizza” e oggetto di diversi sequestri, incendi e atti intimidatori. Difficile immaginare che la stessa strada tortuosa che porta a Bellolampo possa raggiungere un paese che in pochi anni, grazie a un’amministrazione virtuosa, è riuscito a portare i livelli della differenziata a oltre il 75%.

Qui sono stati fondamentali l’adozione della strategia Rifiuti Zero, rafforzata anche dalla collaborazione con l’Osservatorio, e una visione comune che punta sull’economia circolare, sulla cura del territorio e sul coinvolgimento attivo della cittadinanza. Attraversando il paese non si vedono cassonetti di nessun tipo: il servizio porta a porta funziona bene, le casette di erogazione di acqua potabile sono diffuse e i cittadini invogliati ad usarle, incoraggiati anche dal prezzo conveniente e dai controlli di qualità fatti con frequenza. La cittadinanza inoltre è costantemente informata sui livelli che ha raggiunto la differenziata e il calendario di eventi di sensibilizzazione è ricchissimo. Un lavoro che ci auguriamo porti avanti anche la nuova giunta in carica da poche settimane. Esempi virtuosi arrivano anche dal mondo delle associazioni. A Catania, in piena periferia, al confine tra Librino e Monte Po, c’è Fieri – Fabbrica Interculturale Ecosostenibile del RIuso –, un laboratorio artigianale che ha fatto del riciclo e del riuso le chiavi per connettere saperi, culture e provenienze diverse. A Saponara, un piccolo Comune del messinese, la tragica alluvione del 2011 ha messo in moto uno straordinario movimento di solidarietà, che si è trasformato poi nell’Associazione Rivivere a Colori Saponarauna rete ANPAS fatta di volontari e volontarie che lavora a stretto contatto con la cittadinanza tramite attività formative e di sensibilizzazione rivolte soprattutto ai giovani. Da segnalare il progetto “Ri-giocattolo”, realizzato insieme a Rifiuti Zero, con cui è stata data una seconda vita a giocattoli inutilizzati coinvolgendo le famiglie di Saponara.

E poi ci sono gli attivisti coraggiosi, motivati, convinti che ognuno possa fare la sua parte con quello che ha a disposizione. Francesco Tocco, soprannominato Ciccio Kayak, per esempio ha un kayak con cui ha ripulito in vent’anni chilometri e chilometri di costiera palermitana a titolo completamente gratuito, recuperando sacchetti di plastica, reti e rifiuti di ogni tipo, accompagnato da una piccola aiutante a quattro zampe, la sua cagnolina. La sua missione è portare in superficie tutto quello che il nostro mare ferito e deturpato nasconde, invogliando tutti i cittadini a fare lo stesso. Un mare che ha a cuore anche Carmelo Isgrò, biologo fondatore del MuMa Museo del Mare di Capo Milazzo. Con la storia del capodoglio Siso, Carmelo ha emozionato migliaia di persone riuscendo a trasformare una morte – quella di un capodoglio appunto arenatosi sulle coste di Capo Milazzo nel 2015 – in un monito per sensibilizzare le persone sulla pesca illegale e sugli enormi danni che sta provocando alla biodiversità marina. Il suo corpo, che lo stesso Carmelo ha recuperato dal mare – scarnificato, ripulito e ricomposto –, campeggia all’entrata del Muma, un museo interdisciplinare dedicato alla tutela e alla salvaguardia del mare. Cosa ci mostrano questi esempi, provenienti da realtà così diverse tra loro? Ci indicano una strada da seguire, «una Sicilia in cammino – come risuona dalle parole di Manuela – che in questi anni ha dimostrato con i fatti che la gestione dei rifiuti può essere cambiata». Come? La ricetta ce la svelano i ragazzi dello Spedalieri di Catania, che abbiamo scelto per chiudere il video: «Ci vuole meno menefreghismo e più senso comune, ognuno deve fare la sua parte, non bisogna essere superficiali e sì, avete sentito bene, i rifiuti sono il nostro futuro!». I giovani ci indicheranno la via!

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/12/sicilia-virtuosa-rifiuti-risorsa/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Ecoturismo, una risorsa per l’Italia

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Il turismo è in forte ripresa nel Vecchio Continente: secondo i dati dell’UNWTO relativi al 2014, l’Europa è stata l’area geografica più visitata al mondo con ben 580 milioni di arrivi (+ 13 milioni rispetto a 2013), un trend positivo che dovrebbe essere confermato anche nel 2015. In questo scenario l’Italia si colloca al 5° posto fra le destinazioni più frequentate dal turismo straniero: nel 2014 sono arrivati nel Belpaese 51,7 milioni di visitatori (+2,8% rispetto al 2013) e nei primi mesi del 2015 l’incremento è stato del 4,8%. Ciò che emerge approfondendo i dati sul turismo di casa nostra è che il 42% dei turisti viene in Italia non tanto per visitare le città d’arte e di cultura, quanto per godere dei paesaggi e delle bellezze naturali di località marine, lacustri, montane e collinari. Il nuovo traino del turismo è, dunque, l’ecoturismo, un’idea di wellness nella quale trovano spazio le attività sportive outdoor, la ricerca delle eccellenze enogastronomiche e le cure termali. Per riflettere su queste tre dimensioni dell’ecoturismo (naturalistica, sportiva, enogastronomica), domani, venerdì 16 ottobre, al Circolo dei Lettori di Torino, si terrà la quinta edizione del Workshop Nazionale Image, nel contesto del 3° Forum Mondiale delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Economico Locale. L’ecoturismo è un importante occasione di business etico, questo tipo di attività, infatti, genera uno “sviluppo economico locale” sano e sostenibile, in grado di valorizzare le risorse naturali e culturali del territorio in forma duratura, mantenendo la ricchezza a livello locale e moltiplicando le opportunità di lavoro per gli abitanti e le imprese. Secondo il rapporto Ecotour, realizzato da Enit e Istat in collaborazione con la Regione Abruzzo, l’ecoturismo vale attualmente 12 miliardi di euro l’anno, ma le prospettive sono quelle di un’ulteriore crescita che andrà favorita anche da politiche più lungimiranti di quelle che hanno fatto scendere l’Italia dalla vetta al fondo della top five dei Paesi più turistici del mondo.

Fonte:  Workshop Image

Landcare Med, i rifiuti diventano una risorsa

Il progetto ideato da ricercatori dell’Università di Cagliari coinvolge Sardegna, Tunisia e Libano. Landcare Med è il progetto ideato dall’Università di Cagliari e presentato negli scorsi giorni a Beirut, capitale del Libano, paese che, insieme alla Tunisia e alla Regione Sardegna, farà parte di un network finalizzato alla trasformazione dei rifiuti rurali e urbani in una risorsa per i terreni agricoli. Al centro del progetto, della durata di due anni e del costo di due milioni di euro (finanziato al 90% dall’Unione Europea tramite il programma EnpiCbc Bacino del Mediterraneo), ci sono quattro comuni del Mediterraneo: Decimoputzu in provincia di Cagliari, Medjez el Babin Tunisia, Haret Saida e Zebdin nel sud del Libano.

L’idea è nata in seguito a un confronto tra l’Università di Cagliari e il comune di Decimoputzu, tra i più dinamici nello smaltimento dei rifiuti. Da un’indagine dei bisogni sul territorio, è emerso che gli agricoltori dell’area hanno bisogno di un sostegno per gestire gli scarti rurali,

spiega Maria Laura Foddis, la coordinatrice del progetto che spiega come le esigenze dei coltivatori sardi abbiano creato un link con quelle dei residenti nei comuni del Sud del Libano, Zebdin e Haret Saida che producono notevoli quantità di rifiuti urbani. Nel quadro di una rete transfrontaliera di gestione dei rifiuti in Sardegna, nelle due cittadine libanesi e nella tunisina Medjez el Bab verranno realizzati quattro centri di raccolta e trattamento dei rifiuti dotati anche di impianti pirolitici, in grado di trasformare i rifiuti in fertilizzanti per l’agricoltura. Accanto agli aspetti più pratici e a breve termine, il progetto si impegnerà anche nella sensibilizzazione di cittadini, studenti, agricoltori e operatori che si occupando direttamente dello smaltimento dei rifiuti. La libanese South Services & Contracting, società privata di smaltimento, realizzerà incontri e seminari in una decina di istituti scolastici del sud del Libano; iniziative analoghe verranno realizzate in Sardegna e Tunisi nelle università locali.93031041-586x390

Fonte:  AnsaMed

© Foto Getty Images

L’agricoltura familiare su piccola scala è la risorsa per nutrire il pianeta

L’ agricoltura familiare coinvolge oltre 600 milioni di famiglie e provvede oggi al 70% della produzione mondiale di cibo, oltre a tutelare la biodiversità e praticare una coltivazione sostenibile. Per questo vanno riconosciuti i giusti diritti ai piccoli produttori.

La FAO ha dichiarato il 2014 come anno dell’agricoltura familiare.

Ci sono alcune cose che è importante sapere a proposito della piccola agricoltura familiare: innanzitutto non è un elemento folcloristico del passato; secondo la dichiarazione finale della Family Farming World Conference, nel mondo ci sono quattrocento milioni di famiglie di coltivatori diretti con meno di due ettari di terra, cento milioni di pastori e altrettanti piccoli pescatori, che a tutt’oggi rappresentano oltre il 40% della forza lavoro del pianeta. Inoltre, l’apporto dell’agricoltura di piccola scala è tutt’altro che trascurabile, visto che secondo alcune stime della FAO,contribuisce per più di due terzi alla produzione alimentare mondiale, più della super agricoltura industriale dei latifondi e delle piantagioni. In estrema sintesi sono tre le virtù dell’agricoltura familiareprimo, una lavorazione più sostenibile della terra, con uso ridotto di acqua, fertilizzanti e pesticidi; secondo, la salvaguardia dei cibi tradizionali e della biodiversità agricola, a dispetto della standardizzazione del commercio globale intorno a una ventina di prodotti principali; terzo, un’opportunità per il benessere delle economie locali qualora sia garantito un adeguato accesso alla terra. Questo tuttavia non succede sempre, perché in molti luoghi del pianeta i piccoli agricoltori non hanno la terra sufficiente nemmeno per poter nutrire adeguatamente le proprie famiglie ed avere un livello di vita dignitoso. Non stiamo parlando solo di sovrappopolazione, ma anche di scarsa equità nella distribuzione della terra. Anche in uno stato molto popolato e con poco suolo agricolo pro capite come l’India, il 65% dei contadini coltiva circa il 20% della terra disponibile.

Per questo i piccoli agricoltori, oltre a volere un giusto accesso alla terra, richiedono anche un adeguato controllo dell’acqua, delle foreste e delle sementi. Le famiglie di contadini andrebbero anche protette anche dal furto di terra, il land grabbing, operato dalle grande compagnie multinazionali, soprattutto in Africa.
E’ inoltre importante dare loro un accesso ai mercati, non quelli della finanza mondiale, ma i piccoli mercati locali che sovente sono difficili da raggiungere per la mancanza di strade o adeguati mezzi di trasporto.
Da questo punto di vista, sostenere il commercio equo e solidale è il minimo che possiamo fare a livello personale per ristabilire un po’ di ordine e di giustiziaAnno-internazionale-agricoltura-familiare

Fonte: ecoblog