Barack Obama chiede che l’Alaska sia protetto come riserva naturale

Obama promette che l’Alaska diventerà riserva naturale.

La questione è poco ambientalista e molto economica: rendere l’Alaska riserva naturale impedirà ai russi di prendere il prezioso petrolio. L’Alaska è una terra ricca di risorse naturali contese da Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Russia. D’altronde il presidente Obama è impegnalo a lasciare dietro di sé il miglior ricordo possibile e rivendicando la scelta di intervenire con rigore nella lotta ai cambiamenti climatici (salvo poi investire nel fracking) Ogni anno, con l’arrivo della primavera e e lo sciogliersi della neve, decine di migliaia di caribù iniziano la loro grande migrazione – viaggiano per circa 1.500 chilometri attraverso l’Artico fino all’Alaska National Wildlife Refuge dove le femmine partoriranno. Questa regione è conosciuta dalle comunità native dell’Alaska come: “Il luogo Sacro dove la vita comincia”. Al Rifugio, che copre un’area di 12 milioni di acri, giungono le più diverse varietà di fauna selvatica da tutta la regione artica, come orsi polari, lupi grigi, buoi muschiati e tutte le specie uccelli che migrano alla pianura costiera dai 50 stati del Paese.alaska-refuge-611x350

La maggior parte del Rifugio non è protetto. Per più di tre decenni è stato chiesto a gran voce di stabilire una protezione che allontani le trivellazioni per il petrolio dalla pianura costiera che rientra nella Riserva. Oggi, il Dipartimento degli Interni ha pubblicato la revisione finale del Comprehensive Conservation Plan progetto per sostenere e gestire meglio l’intero Arctic National Wildlife Refuge e il presidente Obama ha intrapreso un ulteriore passo avanti annunciando che intende chiedere al Congresso di chiedere che la pianura costiera e altri settori chiave del rifugio siano lasciati allo stato naturale. Gli Stati Uniti oggi sono il primo produttore di petrolio e gas naturale al mondo e importano meno greggio rispetto a 30 anni fa. L’amministrazione Obama ritiene che le risorse di petrolio e gas naturale possono essere sviluppate in modo sicuro, anche se purtroppo, incidenti e sversamenti possono ancora accadere e gli impatti ambientali a volte possono perdurare per anni. Il Coastal Plain of the Arctic Refuge è a oggi uno dei pochi posti rimasti incontaminati nel Paese, così come lo era quando le più antiche comunità dei nativi dell’Alaska lo hanno abitato. Scrivono sul sito della Casa Bianca:

E’ una zona troppo preziosa per essere messa a rischio e riconoscere l’area come selvatica significa preservare questo posto selvaggio, libero e bello e far si che sia custodito non solo per i nativi ma per tutti gli americani.

E’ curioso immaginarsi il Congresso essere ispirato come gli attivisti di Greenpeace.

Fonte: White House
Foto | Alaska Federal Subsistence Management Program@facebook

No definitivo della Provincia a un impianto fotovoltaico da 72 ettari nella riserva della Vauda

La Provincia ha bocciato in via definitiva il progetto del ministero della Difesa di costruire un impianto fotovoltaico da 80 milioni di euro e 72 ettari ai bordi della riserva naturale della Vauda, tra i Comuni di Lombardore, San Francesco al Campo e San Carlo Canavese. Un No al consumo di suolo libero sostenuto anche dai cittadini e dalla società civile375845

No a un mega impianto fotovoltaico nella riserva naturale della Vauda, nel canavese. A opporre il secco e definitivo rifiuto al progetto del ministero della Difesa di occupare 72 ettari di suolo libero, per di più ai bordi di un parco come quello della Vauda, è la Provincia, a cui spetta la procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) su progetti regionali e nazionali, che ha formalizzato il proprio parere negativo. Le ragioni: il progetto sarebbe in contrasto con le linee guida regionali, con il Piano provinciale territoriale di coordinamento e con la giurisprudenza nazionale in materia. «Grandi impianti fotovoltaici sono possibili – spiega l’assessore provinciale all’Ambiente, Roberto Ronco, sollecitando un intervento legislativo del Governo di revisione della normativa sulle energie rinnovabili –, e noi non siamo contrari alla loro installazione sul nostro territorio: il problema resta valutare attentamente la loro collocazione. Anziché a una riserva naturale il ministero della Difesa poteva pensare ad aree dismesse, caserme, insomma tutti quei luoghi che non comportano consumo di suolo libero». Il progetto, che vale 80 milioni di euro, prevede la concessione dell’uso dei terreni alla Belectric Spa, che ha vinto la gara d’appalto. Una superficie pari a 112 campi di calcio all’interno dell’area della riserva che interessa i Comuni di Lombardore, San Francesco al Campo e San Carlo Canavese, favorevoli invece all’impianto. Una decisione a cui la Provincia ha cercato di opporsi già nei mesi scorsi e che aveva portato il presidente Saitta a scrivere a marzo all’allora ministro della Difesa e ai titolari dell’Ambiente e delle Politiche Agricole e Forestali. Dopo il Niet di due anni fa alla proposta dell’Ikea di aprire un nuovo punto vendite a La Loggia su un’area a vocazione agricola, la Provincia si è messa di nuovo di traverso a un progetto che porterebbe, sì, fondi nelle sempre più esangui casse pubbliche, ma a dispetto della difesa ambientale. Non è un caso che la posizione della Provincia sia sostenuta da un ampio consenso della società civile: sono state oltre due mila le mail di protesta dei cittadini contro il progetto di costruzione dell’impianto ricevute dall’ente. Nonché, si sono schierati apertamente contro la scelta del ministero della Difesa anche Slow Food, Don Luigi Ciotti, Luca Mercalli, Salvatore Settis e Padre Alex Zanotelli. «Abbiamo sollecitato più volte il Governo – spiega Saitta –, senza mai ottenere risposta. Capisco l’imbarazzo, ma questa insensibilità è un fatto grave: c’è bisogno che vengano ripensate le normative nazionali, in modo che gli enti locali non vengano lasciati soli a difendere il loro territorio. Anche per questo un eventuale ricorso della Beletric mi sembrerebbe assurdo: sarebbe come se fosse lo Stato stesso a impugnare la nostra decisione».

Fonte: eco dalle città

Gasdotto di Doñana: il Governo spagnolo si arrende, niente ampliamenti

La Giunta dell’Andalusia si è opposta alla costruzione di un gasdotto che avrebbe attraversato il parco europeo con la maggiore biodiversità885129951-594x350

Alcune settimane fa Ecoblog si era occupato del progetto di costruzione di un gasdotto di 20 chilometri nel parco naturale di Doñana, un’opera che aveva sollevato non poche perplessità fra gli ecologisti a causa dei danni che avrebbe provocato alla riserva naturale con la maggiore biodiversità di tutta Europa. Ora dalla Spagna arriva la notizia della decisione tombale della giunta dell’Andalusia che, nonostante l’ok da parte del Ministero dell’Agricoltura, dell’Alimentazione e dell’Ambiente, ha deciso di fermare il progetto a causa dei dubbi connessi all’impatto ambientale dell’opera. La giunta andalusa aveva le competenze e il potere esecutivo per fermare l’opera e ha deciso di opporsi alla decisione del governo centrale per salvaguardare l’ecosistema di un parco che è Patrimonio dell’Umanità. Nel sottosuolo intorno a Doñana si estrae il gas da circa trent’anni, il progetto naufragato era quello di consolidare questa attività: le ambizioni della compagnia d’estrazione trasporto si sono però scontrate con l’opinione pubblica e con la giunta regionale che non si è dimenticata di come Doñana sia una risorsa all’interno di quel sistema turistico che fa dell’Andalusia una delle mete più ambite al mondo. Il progetto prevedeva l’aggiunta di 20 chilometri di gasdotto e cinque pozzi di estrazione in aggiunta ai 70 chilometri e ai 20 pozzi preesistenti. Un affare da 200 milioni di euro andato in fumo. Una volta tanto sembra aver prevalso il buon senso e una “visione” di medio-lungo termine, due doti che dovrebbero essere basilari in ogni pianificazione politica.

Fonte: El Pais