Economia circolare: depuratore acque dai tappi di plastica

Una azienda italiana di Rovereto sta sperimentando in Romania un depuratore d’acqua basato su quello che prima era un rifiuto da riciclare: tappi di bottiglie di plastica.http _media.ecoblog.it_6_6c1_economia-circolare-depuratore-acque-dai-tappi-di-plastica.jpg

Il significato di “Economia circolare” è chiaro: niente si deve considerare come un rifiuto, ogni prodotto deve nascere già pronto per una seconda vita. Ma quando non è così, si deve comunque trovare una forma di riutilizzo della materia.

In questa direzione si muove quella che, per molti versi, è una invenzione tanto semplice quanto geniale: il Rotating Cell Biofilm Reactor (RCBR) realizzato dalla Eco-Sistemi di Rovereto (TN), che altro non è se non un depuratore per acque civili basato su comunissimi tappi di plastica. Il progetto RCBR ha ottenuto il supporto dell’incubatore green di Trentino Sviluppo – Progetto Manifattura e di Feed Money, un fondo cofinanziato dalla Provincia autonoma di Trento e dalla UE tramite il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR). L’idea è semplice: all’interno di un grosso cestello di metallo si inseriscono migliaia di tappi di plastica recuperati grazie alla raccolta differenziata. Questi tappi costituiranno il substrato su cui si andrà a insediare un film di batteri che depurano l’acqua. Avete mai visto come funziona un filtro per acquari tropicali? In piccolo è esattamente la stessa cosa. Eco-Sistemi, per convincere il grande pubblico e le istituzioni della bontà della propria idea, ha deciso di mettere alla prova la tecnologia RCBR tramite un progetto dimostrativo a livello europeo: un depuratore RCBR verrà testato dall’azienda di depurazione Ecotrust di Cluji Napoca in Romania. Verrà applicato alla depurazione dei reflui domestici per migliorare l’efficienza di fosse settiche e fosse Imhoff, cioè le vecchie fosse biologiche utilizzate in gran parte d’Europa nelle zone non servite dalle fognature pubbliche.

Oggi bisogna trovare il modo di combattere la diffidenza di chi realizza servizi di depurazione per il pubblico – spiega Dario Savini, amministratore delegato dell’azienda trentina – perché è in quest’ambito che RCBR, se applicato a larga scala, potrebbe veramente portare a un miglioramento della qualità della depurazione dell’ambiente e della vita dei cittadini“.

Credit Foto: Eco-Sistemi

Fonte: ecoblog.it

Ma veramente chi rifiuta gli ogm condanna l’Africa alla fame?

Secondo l’ex ministro dell’ambiente britannico, Owen Paterson, chi si oppone alla diffusione degli ogm condanna l’Africa alla fame. E, parlando a Pretoria, ha definito le fondate e documentate critiche mosse da scienziati e capi di Stato «un fanatico antagonismo al progresso e alla scienza». Ma chi è il vero fanatico? E qual è la vera scienza?ogmmais

Le parole pronunciate a Pretoria, in Sud Africa, da Paterson sono destinate a sollevare polemiche, ma intanto è l’ennesima espressione di una lobby che preme su più fronti senza mollare mai. Secondo Paterson la “food revolution” africana deve essere basata sugli ogm, che nutriranno il continente e che ha addirittura definito protagonisti della green revolution. Scienziati e governi che cercano di mettere un freno all’imperversare degli ogm, i cui rischi per la salute e l’ambiente peraltro sono già documentati, vengono definiti dall’ex ministro britannico come coloro che «voltano la schiena al progresso» e che «con le loro politiche condannano miliardi di persone alla povertà, alla fame e al sottosviluppo». Quindi sarebbero contro il progresso le parole del primo ministro russo Dmitry Medvedev, secondo cui «possiamo nutrirci con prodotti normali, comuni, non geneticamente modificati»? Medvedev ha aggiunto: «Se gli americani vogliono mangiare quei prodotti, che facciano. Noi non ne abbiamo bisogno, abbiamo sufficiente spazio e opportunità per produrre cibo biologico». Paterson dovrebbe anche leggere il documento stilato da 24 delegati di 18 Stati africani inviato all’Onu nel 1998: «Ci opponiamo fermamente al fatto che l’immagine della povertà e della fame nei nostri paesi siano usate dalle grandi multinazionali per spingere tecnologie che non sono sicure, né compatibili con l’ambiente né economicamente vantaggiose per noi. Non crediamo che queste multinazionali o le tecnologie genetiche aiuteranno i nostri agricoltori a produrre il cibo necessario per il ventunesimo secolo. Al contrario, pensiamo che distruggeranno la biodiversità, le conoscenze locali e il sistema dell’agricoltura sostenibile che i nostri contadini hanno sviluppato in migliaia di anni; questo metterà a repentaglio la nostra capacità di nutrirci». Paterson dovrebbe anche informarsi su cosa ha dettoViva Kermani quando ha parlato della situazione dell’India: «E’ irresponsabile affermare che nel nostro paese migliaia di persone muoiono ogni giorno di fame e che gli ogm sono la soluzione. Quando la nostra gente ha fame o è malnutrita, non è per mancanza di cibo ma perché il loro diritto alla sicurezza e al cibo nutriente viene negato». L’ex ministro britannico, e tanti altri come lui, pare proprio bravo nell’utilizzare la retorica per smuovere sentimenti ed emozioni, ma questo non ha nulla a che fare col progresso e la scienza e non fa che sviare l’attenzione dalle vere cause della fame e della povertà. I sostenitori degli ogm ripetono costantemente che questa tecnologia risolverà il problema della fame e nutrirà la popolazione mondiale. Le lobby del biotech ci ripetono che gli ogm sono essenziali, che permettono ai contadini di affrontare meglio i cambiamenti climatici, che hanno più resa. Ma la falsità di tutto ciò è stato ormai ampiamente dimostrato. Prendiamo per esempio il rapporto che lo scorso anno è stato pubblicato dal Canadian Biotechnology Action Network (CBAN), secondo cui la fame è causata dalla povertà e dalla diseguaglianza e che già si produce abbastanza cibo per tutti ed era così anche nel 2008, ai tempi del picco della crisi alimentare mondiale. Secondo il rapporto, l’attuale produzione alimentare mondiale fornisce abbastanza cibo per nutrire dieci miliardi di persone e le crisi dei prezzi non dipendono dalla scarsità di alimenti. Inoltre, il CBAN fa notare come gli ogm oggi sul mercato non siano affatto finalizzati a risolvere il problema della fame nel mondo. Quattro cereali ogm coprono la quasi totalità dei terreni nel mondo coltivati con questi alimenti modificati e tutti e quattro sono stati sviluppati per l’agrindustria su larga scala, soprattutto utilizzati per produrre carburanti, per il cibo industriale e per i mangimi degli animali. Il rapporto canadese chiarisce anche che gli ogm non hanno aumentato i raccolti né gli introiti degli agricoltori, portano ad un aumento nell’uso di pesticidi e provocano danni all’ambiente. In India dove si coltiva il cotone Bt non è diminuito l’uso di pesticidi. Paterson parla di pratiche agricole anacronistiche e primitive che affamano milioni di persone e distruggono l’ecologia, ma ciò che dice non ha il minimo fondamento nella realtà, sta solo giocando con la paura e le emozioni. Moltissimi documenti ufficiali sostengono he per risolvere il problema della fame nelle regioni povere occorre supportare metodi agro-ecologici e sostenibili, rafforzando le economia alimentari locali. Si veda qui per il rapporto dell’Onu, qui per un altro documento ufficiale,qui per l’Onu Special Rapporteur sul diritto al cibo, qui per il documento di 400 esperti. Si veda anche questo documento che attesta come gli ogm non siano necessari per nutrire la popolazione mondiale. Quindi…Paterson da dove ha preso le informazioni sulle quali ha basato le sue dichiarazioni? Beh, si può intuire la risposta. L’esperienza con gli ogm dimostra che in questo modo la sicurezza alimentare è messa in pericolo e che si creano problemi ambientali, sociali ed economici (si veda questo rapporto di GRAIN e questo articolo di Helena Paul che documenta l’ecocidio e il genocidio in Sud America a causa dell’imposizione delle colture ogm). Ma tutto sommato non deve sorprendere che Paterson dica certe cose. Come ministro dell’ambiente ha favorito le partnership con enti pro-ogm, come l’Agricultural Biotechnology Council (ABC), che è sostenuta da multinazionali quali Monsanto, Syngenta and Bayer CropScience. E…secondo voi chi sostiene ciò che anche Paterson sostiene lo fa in buona fede? Senza conflitto di interesse? E la retorica dell’evidenza scientifica  che contraddice ciò che gli ogm in realtà hanno mostrato di causare? Leggete qui, quello che scrive Global Research. E anche in Italia non mancano certe uscite. In realtà sono la speculazione e il modello del business industriale a portare alla fame, alla povertà, al land grabbing, alla scomparsa delle aziende agricole familiari in nome degli interessi delle grandi multinazionali. Daniel Maingi lavora con i piccoli agricoltori in Kenya e appartiene all’organizzazione Growth Partners for Africa. Maingi è nato in una fattoria nel Kenya orientale e ha studiato agronomia. Si ricorda bene di quando la sua famiglia coltivava e mangiava una grande varietà di cereali, legumi e frutti. Dopo lo Structural Adjustment Programmes negli anni ’80 e ’90 e la cosiddetta green revolution, tutto è stato sostituito dal mais, solo e sempre mais. E la gente ha cominciato a mangiare solo mais, cereale peraltro che ha bisogno di acqua, cosa che in Africa rappresenta un problema, e ha portato a un uso massiccio di fertilizzanti che hanno ucciso l’importantissima flora batterica del terreno. Growth Partners Africa lavora con i contadini per nutrire il terreno con sostanze organiche naturali, per usare meno acqua e aumentare la varietà. Per Maingi la sovranità alimentare in Africa significa tornare all’agricoltura e all’alimentazione che c’erano prima dei massicci investimenti occidentali. Mariam Mayet dell’African Centre for Biosafety in Sud Africa spiega come molte nazioni stiano finanziando gli agricoltori affinchè comprino fertilizzanti, aderiscano al modello di agricoltura industriale e diventino dipendenti dalle multinazionali per le sementi. Elizabeth Mpofu, di Via Campesina, coltiva un’ampia varietà di cereali in Zimbabwe. Durante una recente siccità, i vicini che usavano fertilizzanti chimici hanno perso gran parte del raccolto. Lei invece ha raccolto sorgo, grano e miglio coltivati con i metodi agro-ecologici: controllo naturale dei parassiti, fertilizzanti organici e cereali adatti all’ambiente. Daniel Maingi accusa inoltre di condotte fuorvianti e sbagliate la Banca Mondiale, il fondo monetario internazionale e la Gates Foundation che ha rapporti strettissimi con l’Alliance for a Green Revolution in Africa (AGRA)  . Le multinazionali dell’agritech continuano a ripetere che hanno la risposta alla fame e alla povertà, in realtà hanno già fatto fin troppi danni.

Si ringrazia Colin Todhunter per Countercurrents

Fonte: ilcambiamento.it

 

A Roma dal 2 all’11 maggio arriva RIscARTI Fest. E il rifiuto diventa Arte

Dal 2 all’11 maggio la Città dell’Altra Economia ospita la seconda edizione di RIscARTI Fest (ingresso gratuito). Saranno 10 giorni di arte, riuso, mercato e divertimento con l’obiettivo di ridisegnare l’idea di utile e di avanzo378978

10 giorni per riciclare, creare, recuperare, trasformare, inventare, socializzare: è questo il RiscARTI Fest che torna a Roma per la 2° edizione dal 2 all’11 maggio nella bella cornice della Città dell’Altra Economia a Testaccio (Largo Dino Frisullo). RIscARTI è una vera e propria piattaforma multidisciplinare su tematiche green che si propone di unire alla regola delle 4 R (riduzione recupero riciclo e riuso) le Arti, per proporre e costruire un cambiamento che sia anche un “riscatto”: riciclare significa infatti valorizzare il rifiuto, nobilitare lo scarto, riqualificare e dare nuova destinazione d’uso agli oggetti per mezzo dell’ingegno e abilità. Nel corso del Festival, non mancheranno performance, esibizioni di eco-band, esposizioni della materia rinata dallo scarto, documentari sull’ambiente, laboratori e incontri sul tema del riciclo.
Il Festival, ad ingresso gratuito, verrà inaugurato con una conferenza stampa venerdì 2 maggio che vedrà la partecipazione, tra gli altri, dell’assessore all’Ambiente Estella Marino e dell’assessore ai Lavori Pubblici Paolo Masini per parlare di smart cities, energie pulite, mobilità sostenibile, spazi verdi e stili di vita virtuosi. Grande curiosità inoltre per le 4 autovetture del trasporto urbano ATAC da rottamare che diverranno invece degli spazi espositivi d’eccezione. L’allestimento interno è stato realizzato recuperando i materiali eco del Treno Verde di Legambiente e i viaggiatori delle autovetture sono davvero particolari: gli Androidi, alti 1 metro e 90, di Danilo Marchi, lo scultore di bottiglie di plastica. Gli autobus accolgono inoltre più di 50 pezzi di riciclo creativo, scelti dal pubblico nei mesi scorsi nel contest “Riscattati a RIscARTI con YOUREC”, e collezioni straniere di Art Recup (Francia) Drap Art (Spagna) e Volos (Grecia). Momenti musicali saranno offerti da un palco riciclato che ospiterà  Andrea Satta (Tete de Bois) e Bamboo (2 Maggio), Club Voltaire, Riciclato Circo musicale e i Prototipi di Scartus che si esibiranno con strumenti auto costruiti, bidoni, tubi e biciclette. Non mancheranno infine il mercato della sostenibilità (sabato e domenica) per incoraggiare un consumo critico e l’acquisto dell’autoprodotto e del km 0, il laboratorio per costruire la RE Boat (10 maggio) in vista della prossima gara sulle acque del laghetto dell’Eur, e numerosi altri eventi, installazioni, esibizioni e laboratori. Insomma, un appuntamento da non mancare! Per leggere tutto il programma, visitate il sito riscarti.blogspot.com

Fonte :ecodallecitta.it

L’ufficiale che rifiutò di inquinare il mare

Un ufficiale di Marina si oppone allo sversamento in mare di liquidi oleosi inquinanti e viene sottoposto a sanzioni e costretto al congedo. Lui ha combattuto nelle aule giudiziarie e oggi racconta la sua storia.inquinamento_mare

Fonte: Il Tirreno. Abbiamo deciso di rilanciare l’articolo comparso sul quotidiano toscano Il Tirreno perchè racconta una storia che dice molto di questa Italia con cui oggi ci ritroviamo a fare i conti. E la riportiamo anche per dare conto dell’esistenza di persone come David Grassi, che speriamo possano essere tantissime e trovare il coraggio di farsi sentire.

LIVORNO. Invece di abbassare la testa e obbedire rispondendo: «Signorsì, signore», ha guardato il superiore negli occhi e ha risposto: «No, signor capitano, questo non lo possiamo fare. E se lo dovesse fare lei, sappia che ho già fatto delle foto e alcuni filmati che invierò a chi di dovere, anche alla stampa se necessario, per denunciare quello che è successo a bordo». L’ordine che l’ufficiale David Grassi, insieme ad altri due colleghi, si è rifiutato di eseguire e che ha cambiato la sua vita per sempre, era quello di sversare in mare migliaia di litri di liquidi oleosi, provenienti dal motore, che si erano accumulati nella sentina; in barba alla tutela dell’ambiente, al rischio inquinamento e al regolamento internazionale che prevede, anche per le navi militari, di svuotare le sostanze inquinanti nel porto più vicino e con l’intervento di una ditta specializzata. Era il 23 febbraio 2002 e l’allora tenente di vascello nato a Oristano ma residente da 4 anni a Livorno, aveva appena compiuto 30 anni, era imbarcato sulla nave da guerra “Maestrale” impegnata nella missione Eduring Freedom nel corno d’Africa. E soprattutto pensava che le battaglie più importanti le avrebbe combattute in mare, non certo nelle aule di un tribunale, tantomeno per riavere indietro la propria dignità dopo essere stato condannato – per quel «No» – a 15 giorni di arresto e a una macchia che ne ha pregiudicato la carriera fino al congedo, avvenuto due anni fa. Invece la guerra civile dell’ufficiale ambientalista è durata 12 anni, un quarto della sua esistenza, e si è conclusa con una (parziale) vittoria: il Tar di Genova, tribunale al quale si era rivolto per far sentire valere le proprie ragioni, giovedì scorso ha cancellato quella sanzione disciplinare ma non gli ha riconosciuto il risarcimento danni che aveva chiesto tramite il avvocato. «In questo lasso di tempo – racconta Grassi che adesso lavora come ingegnere civile e nel tempo libero allena i ragazzi di atletica e basket della Libertas Livorno – ho perso molte cose, sia a livello personale, familiare e professionale. Ma tornando indietro rifarei quello che ho fatto, forse non proprio tutto. Ma certamente non ubbidirei a quell’ordine. Perché? Perché è in certe situazioni che vieni fuori chi sei davvero, da dove vieni, e i valori che ti hanno insegnato i tuoi genitori. E in quel momento non potevo far altro che comportarmi in quel modo senza abbassarmi alle prepotenze ma reagendo con coscienza. Eppure, dico anche che l’affetto e l’attaccamento nei confronti della Marina Militare non sono mai cambiati. Nonostante tutto continuo a credere che le persone nelle quali mi sono imbattuto siano una minoranza e che quel tipo di mentalità sia in via di estinzione».

Fonte: il cambiamento