Rifiuti zero per due anni: la ricetta di Laurent Singer

Lauren Singer è una ragazza che abita a New York e che in due anni non ha prodotto rifiuti. Scopriamo come ha fatto. Lauren Singer ha 23 anni e vive a New York. Ha una laurea in Scienze ambientali e mette in pratica il suo rispetto per l’ambiente evitando di produrre rifiuti. Zero waste, dunque non è una filosofia ma una vera e propria pratica che consente a tutti di agire in prima persona scegliendo di non produrre rifiuti. Ma come si fa? E poi a New York patria del consumismo spinto? Lauren nel suo sito Trash is for tossers spiega dettagliatamente come sia riuscita nei primi 4 mesi a generare i rifiuti che vedete nel vasetto accanto, ma che poi saprà pure come riciclare, anche se non vi svelo la sorpresa.fourmonthsoftrash-300x170

Per eliminare ogni sorta di spazzatura ha iniziato a usare oggetti durevoli in casa eliminando la plastica che ha sostituito con il vetro ma intervenendo anche con i detersivi e passando all’auto produzione. Per magia sono sparti i rifiuti dalla sua casa. Una soluzione molto interessante l’ha trovata per gli spazzolini da denti: ne ha scelti in bambù e setole riciclabili e dunque destinati alla compostiera. Molto utile la pagina in cui mostra le alternative scelte per evitare di produrre rifiuti: noterete che non si è privata, ad esempio, dei dischetti per pulire la pelle, scegliendo i prodotti riciclati e riciclabili; oppure non ha rinunciato agli anticoncezionali scegliendo per sé e il partner condom in lattice naturale certificati vegan. Quando fa a fare la spesa, è vegetariana e compra solo prodotti locali e bio, porta con sè dei contenitori di vetro che riempie dei prodotti sfusi che le occorrono come il muesli, ad esempio e dunque così elimina l’acquisto del packaging da gettare poi via; per gli ordini al ristorante take away telefona prima chiedendo se accettano che il cliente gli fornisca i propri contenitori; anche per il make up a cui non rinuncia sceglie prodotti di aziende che producono con materie prime certificate biologiche e packaging riciclabile. Questo stile di vita non le impedisce nulla: riesce, organizzandosi a partecipare a cene con le amiche, a ricevere in casa o a andare al cinema e al ristorante. Anzi Lauren da questa esperienza ha ricavato anche un progetto che sta mettendo in piedi grazie all’aiuto dei suoi fans: ovvero raccogliere 10 mila dollari per iniziare a produrre un detersivo naturale per lavatrice da distribuire a New York.spesa-zero-waste-620x350

Foto | Trash is for tossers

Fonte: ecoblog.it

Rifiuti zero, vuoti a rendere in futuro anche per le plastiche: ma come, prima trivelliamo e poi ricicliamo?

Vuoti a rendere: la proposta di Legge presentata dal Movimento 5 Stelle e sostenuta dal Pd viene approvata nel collegato ambiente. Il Collegato ambiente (un corpus di proposte di leggi green) è stato approvato qualche giorno fa e nell’hangout nel video in alto ne discuto con Stefano Vignaroli, cittadino portavoce per il Movimento 5 Stelle nonché l’autore della proposta di legge per la re-introduzione del sistema di restituzione cauzionale,vuoti a rendere, non solo per vetro ma anche per le plastiche. E ciò per favorire quel ciclo virtuoso dei rifiuti zero. In origine la proposta di legge prevedeva che si costituisse una vera e propria filiera del riuso degli imballaggi in vetro e plastica: ossia grazie alla cauzione si recuperavano i contenitori che non sarebbero stati trattati come rifiuti ma come imballaggi da recuperare, sterilizzare e reimmettere nella produzione. Ma come ci ha spiegato Stefano Vignaroli, era probabilmente una proposta troppo rivoluzionaria e fastidiosa per le lobby della plastica. Dunque dopo una serie di discussioni e emendamenti si è arrivati a ottenere una legge che proponesse una sperimentazione temporanea e rivolta a imballaggi di vetro inclusi anche birra e acqua minerale da estendere poi alle plastiche.grafica-vuoto-a-rendere-emendamenti3-620x330

Dice Vignaroli:

Il lavoro uscito dalla Commissione era ancora, a nostro avviso, insufficiente. Limitare ulteriormente il vuoto a rendere solo agli imballaggi in vetro era discriminatorio per i produttori del vetro e lasciava facile scappatoia agli esercenti di eludere alla sperimentazione permettendo loro di servire birra e acqua in materiali diversi. Serviva maggiore coraggio, come ho denunciato in aula giorni fa oltre che spiegare i problemi del mondo del riciclo. Alla fine in aula, siamo riusciti a farci votare i miei due nuovi emendamenti che estendono il vuoto a rendere anche agli altri materiali con i quali si servono acqua e birra e che aprono la strada a successive sperimentazioni degli altri liquidi serviti (detersivi per esempio), siamo riusciti ad ottenere il massimo.

Ma prima di giungere alla sperimentazione, la legge deve passare al Senato e quando (e se) approvata passerà al Ministero dell’Ambiente che avrà sei mesi di tempo per stilare le linee guida di indirizzo per profilare i criteri con cui la sperimentazione del vuoto a rendere dovrà essere organizzata. Una riflessione alla fine dell’incontro (volante) emerge a proposito della doppia linea che sta seguendo l’Italia nelle sue politiche ambientali: da un lato nel decreto Sblocca Italia si avanzano una serie di interventi che favoriscono le trivellazioni e le cementificazioni, dall’altro nel Collegato ambientale si mettono in campo risorse e soluzioni che vanno in direzione opposta.

Ma appunto come sottolineava lo stesso Vignaroli:

Siamo alla schizzofrenia politica.

Foto | Stefano Vignaroli

Fonte: ecoblog.it

Rifiuti Zero. Parte da Milano l’iniziativa del movimento Zero Waste

Parte da Milano con destinazione finale Capannori (Lu) il “Giro d’Italia” del movimento Rifiuti Zero. Un tour in bicicletta, condotto da Danilo Boni, per consegnare le nomination a 19 aziende e start-­up distintesi nei processi di “produzione pulita”. L’adesione all’iniziativa di Paul Connett, Rossano Ercolini ed Enzo Favoino379287

E’ partita oggi 27 maggio da Milano, dopo un incontro a Cascina Cuccagna, l’iniziativa in bicicletta di Zero Waste Italy, in collaborazione con il Comune di Capannori (LU), il Centro di Ricerca Rifiuti Zero e numerosi comitati e associazioni Rifiuti Zero presenti in tutta Italia.  All’incontro in Cascina Cuccagna hanno partecipato importanti sostenitori del movimento Zero Waste, fra cui Paul Connett, promotore nel mondo della strategia Rifiuti Zero, Rossano Ercolini, vincitore del Environmental Goldman Prize 2013, presidente di Zero Waste Europe, autore di “Non bruciamo il futuro” ed Enzo Favoino, ricercatore presso la Scuola Agraria del Parco di Monza e coordinatore del Comitato Scientifico di Zero Waste Europe.  Alle ore 15, da Piazza della Scala, la partenza del giro, capeggiata dal biker Danilo Boni, in sella alla bicicletta elettrica Frisbee, fornita da TC Mobility sponsor ufficiale del giro. Milano quindi la prima tappa dell’iniziativa, dove Boni consegnerà la nomination a due delle 19 imprese selezionate. L’iniziativa arriverà poi alle 18.30 a Busto Arsizio, per un altro incontro con Paul Connett ed Enzo Favonio, seguito da una biciclettata lungo il tragitto dalla Villa Tovaglieri fino alla sede dell’inceneritore Accam.  “Più del 70% del problema dei rifiuti può essere risolto dai cittadini con la raccolta differenziata porta a porta. Ma la restante percentuale riguarda un errore di progettazione che sta a monte e che deve essere risolto insieme alle imprese” ha spiegato Rossano Ercolini. Le successive tappe del giro saranno, nell’ordine, le seguenti: Bolzano (31 maggio), Este – PD (2-­3 giugno), Marzabotto – BO (4-5 giugno), Firenze (6-­7 giugno), Greve in Chianti-­FI (8 giugno), Montefiascone-­VT (10 giugno), Roma (12-­13 giugno), Napoli (15 giugno), Sorrento-­NA (16-­17 giugno), Capannori-­LU (20-­21-­22 giugno).

Per aggiornamenti sull’iniziativa: Zero Waste Italy.

 

Fonte: ecodallecittà.it

Rifiuti sempre più …in fumo. E noi respiriamo

Non bastavano gli inceneritori, che oggi, grazie all’interpretazione delle linee guida europee, possono essere “promossi” a “impianti a efficienza energetica” se riescono a produrre un po’ di energia elettrica o teleriscaldamento. Ora si avvicina sempre di più la possibilità di bruciare i rifiuti anche nei cementifici che, a fronte di una diminuzione della richiesta di cemento, potranno avere da governo e Parlamento l’opportunità di…riconvertirsi. “A spese della salute e dell’ambiente” dicono i medici di Isde.cementifici

Dopo che nel 2012 l’allora ministro Clini aveva lanciato l’idea, oggi si fa sempre più reale la possibilità che i rifiuti possano venire bruciati anche nei cementifici, semplicemente in quegli impianti verranno soprannominati CSS, combustibili solidi secondari. Una prima mozione presentata dall’attuale maggioranza è passata alla Camera in ottobre e ha dato un primo via libera, benchè condizionato. Il Movimento 5 Stelle si era opposto ma senza successo e ora sono sempre più ampi i fronti di opposizione al provvedimento che apre la strada a un impegno del governo per dare il via libera. I medici dell’associazione ISDE Italia hanno ribadito la loro “netta contrarietà a provvedimenti legislativi che semplifichino le procedure per la combustione di rifiuti (in particolare CSS, combustibile solido secondario), nei cementifici del nostro Paese”. ISDE sottolinea come una simile decisione vada in direzione completamente opposta rispetto alle direttive europee “che chiedono invece agli Stati membri il completo abbandono del ricorso all’incenerimento nel prossimo decennio, favorendo il recupero spinto di materia. L’Italia, che è il Paese Europeo con il maggior numero di cementifici, diventerebbe lo Stato europeo con la maggiore capacità di incenerimento, potendo contare su circa 120 impianti (tra inceneritori e cementifici) da utilizzare per la combustione di rifiuti, con tutte le conseguenze sanitarie e ambientali che questo comporterebbe”. C’è però chi dice che chi si oppone lo fa per ignoranza e superstizione e che se i cementifici bruceranno rifiuti eviteranno di bruciare gasolio, più inquinante. Anche a questi parlamentari risponde ISDE: “La modesta riduzione di inquinanti che si otterrebbe mediante sostituzione dei combustibili fossili con rifiuti, sarebbe abbondantemente compensata da incrementi importanti delle emissioni di microinquinanti persistenti nell’ambiente, bioaccumulabili e tossici per la salute umana,quali metalli pesanti e diossine. Il cemento prodotto, inoltre, ingloberebbe le ceneri tossiche prodotte dalla combustione dei rifiuti, incrementando il rischio professionale e sanitario legato al suo utilizzo. Sarebbe molto più utile, in termini di sostenibilità, se il Governo prendesse in considerazione per i cementifici il divieto di utilizzo di alcuni combustibili altamente inquinanti (ad es. ilpet-coke) e l’imposizione di miglioramenti tecnologici e di limiti produttivi ed emissivi in grado di garantire la tutela dell’ambiente e della salute pubblica ai residenti nelle vicinanze di questi impianti, molto spesso inseriti in pieno contesto urbano con gravi conseguenze sanitarie”. L’alternativa? Percorrere la strada dei Rifiuti Zero agendo a monte sulla produzione e a valle con il riciclo e il riuso. Per questo sono state presentate di recente oltre 80mila firme perché in Parlamento si discuta il disegno di legge di iniziativa popolare Rifiuti Zero. Le lobby, le multiutility e le grandi industrie perderebbero denaro e business, ma la popolazione guadagnerebbe in salute.

Fonte: il cambiamento

Legge Rifiuti Zero, consegnate le firme a Laura Boldrini

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La Presidente della Camera Laura Boldrini, ha ricevuto a Montecitorio i promotori della campagna “Rifiuti Zero”, che hanno consegnato alla Camera le 80.000 firme raccolte a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare. La campagna si propone di massimizzare il riuso e il riciclo dei rifiuti, contrastando il ricorso allo smaltimento in discarica e all’incenerimento. “E’ un processo di vera sostenibilità – ha affermato Massimo Piras, primo firmatario della proposta – che può far ripartire il ciclo economico e creare, a regime, 500.000 posti di lavoro”. “L’Europa ormai riconosce che il cassonetto è una vera ‘miniera urbana’ – ha aggiunto Rossano Ercolini, recente vincitore del premio per l’ambiente ‘Golden Environmental Prize’ – e chiede che l’industria manifatturiera sia in grado di riutilizzare i rifiuti, anziché bruciarli”. La Presidente della Camera si è congratulata coi promotori per il loro impegno e per le firme raccolte: “E’ un segno della voglia di partecipare della società italiana, che indica anche fiducia nell’Istituzione parlamentare. La proposta di iniziativa popolare è un importante intervento diretto nel processo legislativo, ma fin qui è stato troppo spesso trascurato, dimenticando i testi nei cassetti del Parlamento. Per questo alla Camera stiamo lavorando intensamente ad una riforma del regolamento che, tra le altre cose, assicuri alle proposte di legge di iniziativa popolare tempi certi e procedure trasparenti per il loro esame”. Quanto al contenuto della campagna “rifiuti zero”, la Presidente Boldrini ha sottolineato che quella dei rifiuti è diventata una grande sfida su cui si è aperto un serrato confronto anche a livello internazionale. Una grande questione ambientale, ma anche economica, civile e di lotta ai poteri criminali: “Bisogna riconoscere che quella delle discariche e degli inceneritori è una strada senza uscita e occorre dunque progettare un’altra strategia. E’ sempre più necessario ragionare su modelli di sviluppo sostenibile e in linea con i parametri e gli standard previsti dalle norme europee”.

Fonte: il cambiamento

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Crescono i Comuni a rifiuti zero, ma Parma accende l’inceneritore

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La rivoluzione in corso di rifiuti zero va avanti, dimostrando che anche in contesti ampi si può fare a meno degli inceneritori, abbattendo costi di gestione del servizio e promuovendo centinaia di posti di lavoro. È quanto riferisce l’Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma – GCR segnalando che i comuni della provincia di Treviso del consorzio Priula e del consorzio Treviso 3 (49 comuni per 479 mila abitanti) hanno aderito alla strategia Rifiuti Zero unendosi così ad un percorso iniziato in Italia nel 2007 dal Comune di Capannori che per primo aderì alla strategia internazionale Zero Waste. In poco più di 4 mesi sono state raccolte circa 80.000 firme superando di gran lunga la soglia di 50.000 firme utili a presentare una legge di iniziativa popolare in Parlamento. Sono tantissime le realtà che in tutta Italia stanno mettendo il loro impegno e il loro lavoro per la Legge Rifiuti Zero, segno di un paese che vuole migliorare e crescere, senza inceneritori e maxi discariche. Eppure proprio il 28 agosto, è entrato formalmente in funzione l’inceneritore di Parma, che sta bruciando i rifiuti della provincia. Contro gli inceneritori in Emilia-Romagna, un gruppo di Comuni propone un progetto che prevede il taglio degli impianti da otto a due. Il progetto porta la firma di Alberto Bellini, ricercatore e docente del Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria nella nostra università. Secondo gli studi di Bellini puntando ed investendo massicciamente sulla raccolta differenziata spinta e sul trattamento non per incenerimento dei rifiuti si riesce a far calare da milioni di tonnellate a 260 mila la produzione annua di rifiuti urbani della nostra regione destinati ad essere bruciati. Un traguardo che, secondo il ricercatore, può essere raggiunto entro il 2020. “Grazie alla riduzione dei rifiuti e all’aumento della raccolta differenziata, nel 2020 la quantità totale dei rifiuti avviati a smaltimento nella regione Emilia-Romagna sarà di 270mila tonnellate”, spiega Bellini. “In Emilia-Romagna produciamo 3 milioni di rifiuti, ma solo 252 mila non sono riciclabili”. La proposta è quella di adottare il il principio “chi più consuma, più paga”, la tariffa puntuale che incentiva cittadini ed imprese a produrre meno rifiuti. Il progetto di Bellini, assessore comunale a Forlì, è sposato dalle amministrazioni di Forlì, Reggio Emilia, Parma e Piacenza e si scontra e si scontra invece con quello opposto delle altre amministrazioni emiliano-romagnole – come quella di Modena – che non hanno, invece, un approccio così netto sul taglio degli inceneritori.

A.P.

Fonte: il cambiamento

La “Scuola a rifiuti zero” vince “Un giorno al Senato”

Presentando una proposta sulla “Scuola a rifiuti zero”, il Liceo Scientifico Avogadro di Roma ha vinto il concorso nazionale “Un giorno al Senato”, che permette ad una scuola per regione di discutere con i senatori un disegno di legge scritto dagli studenti. Per saperne di più abbiamo intervistato Caterina Del Colle, insegnante di religione presso l’istituto scolastico romano.liceo_avogadro_roma

Caterina Del Colle è insegnante di religione presso il Liceo Scientifico Avogadro di Roma . Nella scuola, si occupa anche di Cittadinanza e Costituzione e, spinta da un interesse che ha coinvolto poi anche i suoi studenti, iscrive il liceo al progetto “Un giorno al Senato” per redigere un disegno di legge da discutere con Palazzo Madama. Tra le tante scuole partecipanti, vince proprio la loro, con una proposta sulla “Scuola a rifiuti zero”. Per saperne di più, abbiamo deciso di incontrarla e, in un pomeriggio afoso in un bar della Capitale, ci facciamo raccontare di questa piccola avventura vissuta all’ombra del Parlamento.

In cosa consiste il concorso “Un giorno al Senato”?

Abbiamo aderito ad un concorso nazionale, il cui nome è “Un giorno al Senato”, indetto proprio dal Senato della Repubblica e proposto alle scuole secondarie italiane. Tale concorso consiste nel permettere a una scuola per regione, di discutere con i senatori un disegno di legge scritto dagli studenti. Il tema del ddl è l’attualità politica. Palazzo Madama, nella fase di ricerca del materiale e di stesura del testo, attraverso anche il suo ufficio stampa ha fornito supporto agli studenti.

Lei che ruolo ricopre all’interno del Liceo Avogadro?

Sono un’insegnante di religione e mi occupo del settore Cittadinanza e Costituzione. Abbiamo dato quindi la nostra adesione (correva l’anno scolastico 2011/2012), inserendo il concorso tra le proposte extra curricolari del nostro Piano dell’Offerta Formativa.rifiuti_simbolo

Com’è stato il primo approccio dei ragazzi al concorso e come si arrivati alla scelta del tema dei rifiuti?

Inizialmente sono stati molto incuriositi dall’iniziativa e, discutendo su quello che poteva essere il tema da affrontare, è emerso come urgente e più che attuale il tema dei rifiuti. Comincia quindi la fase di ricerca sul campo, di studio per poi arrivare a pensare un disegno di legge. I ragazzi, divisi per gruppi, hanno analizzato: la storia del problema dei rifiuti, da quanto si trascina, come ha reagito il nostro paese alla questione, la legislazione italiana in materia (ed anche quella europea), i progetti pilota. Mettendo insieme queste ricerche, è nata una discussione tra gli studenti. L’interrogativo principale è stato: ma noi cosa possiamo fare per cambiare le cose? Si è pensato quindi di improntare il lavoro fatto fino a quel momento, nella redazione di un testo che considerasse la scuola come un microcosmo che poteva essere immaginato a “Rifiuti Zero”. A quel punto abbiamo attivato un piccolo Parlamento, con la stesura di una bozza ad opera di una commissione votata dagli studenti. Successivamente, articolo per articolo, la proposta è stata emendata e approvata in ogni sua parte. Questa è stata la parte più bella. Consideri che io, precedentemente, avevo tenuto delle lezioni di diritto costituzionale (il nostro liceo scientifico non prevede lezioni su questo tema) per spiegare il funzionamento degli organi parlamentari, sfruttando la mia abilitazione in materia.

E tra tutte le scuole partecipanti, la vostra è riuscita a vincere…

Esatto, abbiamo vinto la competizione e siamo stati ricevuti – l’11 e il 12 febbraio scorso – in Senato, avendo la possibilità di dibattere con il senatore Cutrufo (Pdl) e il senatore Ceccanti (Pd). La vera soddisfazione, al di là delle due giornate in questione, è stata l’ideare il disegno di legge e soprattutto applicare nella scuola le scelte pensate.senato9

Ce le vuole ricordare?

Grazie a questa nostra proposta di legge, è partita nel liceo Avogadro la raccolta differenziata di carta e multi materiale curata dagli studenti, i quali hanno insistito e richiesto all’Ama due ecobox per ogni classe quando l’azienda ce ne voleva fornire due solo per gli spazi comuni. È partito poi il contatto con una cartiera, che veniva a raccogliere la carta e ce la pagava. Come ultimo step, l’attivazione della raccolta differenziata di telefonini e batterie. Altra iniziativa legata alla nascita di questo progetto, è la costituzione di un gruppo di ecotutor, ragazzi che hanno partecipato alla stesura della proposta o che comunque erano sensibili alla questione i quali, una volta formati da noi insegnanti, andavano a parlare classe per classe (durante le assemblee mensili) per sensibilizzare sul tema della raccolta differenziata di rifiuti speciali e non e sui comportamenti virtuosi da tenere.

Avete in mente di replicare questo progetto di educazione ambientale anche l’anno prossimo?

Sicuramente sì! Con l’arrivo delle prime, avremo modo di iniziare nuovamente un percorso di educazione al rispetto dell’ambiente che siamo sicuri porterà più che buoni risultati.

Fonte: il cambiamento

 

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Tagli all’istruzione: a rischio la “scuola di transizione” Teodoro Gaza

Si chiama istituto Teodoro Gaza e negli anni, sotto la guida della preside Maria De Biase, è diventato un punto di riferimento in Italia e non solo per quanto riguarda l’educazione ecologica, la transizione, i rifiuti zero, la permacultura. Ora questo bellissimo esperimento rischia di finire nel tritacarne dei tagli all’istruzione.maria_de_biase

Maria De Biase mi risponde col tono un po’ affannato di chi è immerso in un vortice di telefonate. Da qualche giorno si è avverato ciò che tutti temevano da tempo: l’istituto scolastico Teodoro Gaza verrà sottodimensionato e accorpato, e Maria, che di quell’istituto è preside, rischia di perdere il posto e dover abbandonare quel “piccolo miracolo” che ha contribuito in maniera così forte a costruire. Ora, vi starete chiedendo, cosa ha di speciale questa scuola? L’Istituto scolastico comprensivo Teodoro Gaza di San Giovanni a Piro, nel cuore del Cilento, non è una scuola come le altre. Certo, come nelle altre scuole gli alunni (l’istituto comprende scuola materna, elementari e medie) imparano la grammatica, la matematica, la geografia e la storia. Ma a differenza degli altri istituti imparano anche a vivere senza produrre rifiuti, a fare a meno (per quanto possibile) del petrolio e dei suoi derivati, a coltivare le piante secondo i principi della permacultura. Il Teodoro Gaza infatti è la prima e forse unica scuola “di transizione” e a “rifiuti zero” d’Italia. Tutto è iniziato sei anni fa, quando Maria De Biase decise di andar via dalla sua cittadina, Marano, nell’hinterland napoletano, “terra dei fuochi e di drammatico degrado umano, terra di camorra e di rifiuti tossici” come essa stessa la definisce, per trasferirsi nel Cilento e provare a lavorare in condizioni di “normalità”. Aveva appena vinto il concorso per dirigente scolastico e le era stato assegnato l’Istituto Comprensivo “T. Gaza”. Da allora il percorso personale di Maria e quello della scuola hanno proceduto di pari passo. Qui Maria De Biase ha potuto applicare e sperimentare la sua passione per l’ambiente, le sue idee sulla resilienza, sulla sovranità alimentare, sull’educazione e quella voglia di cambiamento e di rinascita che chi ha toccato con mano il degrado ed il disfacimento sociale avverte forse con più forza degli altri. L’istituto ha fin da subito fatto propri i principi di Paul Connet relativi alla strategia rifiuti zero, e quelli del movimento Transition Town a cui ha aderito.

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Nel corso dei sei anni sono stati portati avanti talmente tanti progetti che meriterebbero un libro intero, piuttosto che le poche righe di un articolo. Oggi la scuola ha quattro orti – più uno sperimentale su balle di fieno -, che i ragazzi coltivano assieme ai genitori sotto la supervisione di dieci docenti e due collaboratori che si sono formati facendo corsi di permacultura. Nel giardino sono stati piantati ben trenta alberi da frutto autoctoni, donati dal Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Parte dei prodotti degli orti e del frutteto diventano la merenda quotidiana degli alunni e degli insegnanti. Il pane con l’olio dell’albero millenario che sta nel giardino della scuola, pane e broccoli, pane e marmellata; il tutto consumato in piatti di ceramica, con posate di metallo e bicchieri di vetro. Un’abitudine che è diventata un progetto, EcoMerenda, diventato presto oggetto di interesse nazionale al punto di meritare, a Torino, il premio “Agricoltura Civica Award 2013”. I bambini di quinta elementare hanno imparato a costruire delle compostiere domestiche; quelli di elementari e medie hanno dato il via alla raccolta dell’olio alimentare esausto realizzando migliaia di saponette assieme alla collaborazione delle nonne. Ogni anno alunni e insegnanti allestiscono un mercatino della solidarietà nel quale vendono i prodotti realizzati nei laboratori scolastici per sostenere vari progetti di solidarietà: da una scuola e un laboratorio medico in Senegal, a un orfanotrofio in India, all’aiuto alle famiglie in difficoltà per l’acquisto di libri, materiale scolastico, ticket mensa, trasporti ecc. Ma torniamo di nuovo al presente, alla telefonata, e alla voce tesa di Maria de Biase, che pian piano si scioglie mentre mi racconta di tutti i meravigliosi progetti che ha portato avanti assieme ai suoi alunni, agli insegnanti, a genitori e parenti. Interrotti d’un tratto da una comunicazione del Ministero dell’istruzione, brutale come solo i numeri freddi possono essere, insensibili alla sostanza delle cose. Il prossimo anno la scuola non raggiungerà gli alunni necessari per poter proseguire autonomamente il proprio percorso, dunque verrà sottodimensionata. Finirà accorpata a qualche altro istituto, assegnata ad un reggente che potrebbe arrivare da molto lontano, forse da un’altra provincia, e recarvisi una volta al mese, giusto per firmare i documenti, sancendo di fatto la morte del progetto.

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“La cosa ironica di tutta questa situazione – mi spiega Maria – è che la nostra scuola ha sempre portato avanti le linee volute dallo stesso ministero. Siamo all’avanguardia in molti campi, potevamo essere un fiore all’occhiello, un esempio da seguire e da esportare. Ma quando vai ad inserire i dati nel form telematico, tutto il lavoro che hai fatto, tutta la qualità che hai espresso si perde in una serie di numeri. Numeri che dicono che, per soli 15 alunni, non raggiungiamo la soglia necessaria a restare autonomi”. “Mi dicono che devo rendere conto della perdita di alunni. Ma qui è la miseria che si porta via la gente, intere famiglie costrette ad emigrare, soprattutto coppie giovani con bambini piccoli. E nonostante tutto ci sono persone che si trasferiscono a San Giovanni a Piro apposta per far frequentare ai loro figli la nostra scuola. Due famiglie di Napoli ad esempio, e una ricca signora inglese trasferitasi qui nei dintorni che appena ha scoperto quello che facevamo ha voluto iscrivere qui il proprio figlio.” Maria De Biase sarà costretta, entro il 6 luglio, a fare domanda di trasferimento presso un’altra scuola. I tagli all’istruzione potrebbero uccidere uno dei progetti più belli e all’avanguardia che il nostro paese conosca. Ma non è ancora il momento di gettare la spugna. Preside, insegnati e amici dell’istituto hanno ancora qualche carta da giocare. È online una petizione, che invitiamo tutti a firmare, nella quale si chiede che la scuola sia data in reggenza per il prossimo anno proprio alla De Biase, che sarebbe disposta a gestirla a titolo gratuito per tutto l’anno, per procedere in seguito all’accorpamento con la scuola che la preside andrà a dirigere in seguito alla domanda di trasferimento. Maria mi racconta che quando Jairo Restrepo Rivera, uno dei maggiori esperti mondiali di agricoltura organica, venne a parlare al Gaza, rimase talmente colpito che affermò “una pequeña escuela puede cambiar el mundo!” (una piccola scuola può cambiare il mondo). Ora è il mondo che deve dare una mano alla piccola scuola, diamoci da fare.

Fonte: il cambiamento

Capannori e la strategia rifiuti zero, intervista ad Alessio Ciacci

Negli ultimi sei anni il comune di Capannori è divenuto un esempio per la gestione sostenibile dei rifiuti e, più in generale, per le buone pratiche messe in atto dall’amministrazione. In un’intervista Alessio Ciacci racconta la sua esperienza di assessore all’Ambiente del Comune di Capannori, i progetti portati avanti e quelli in cantiere, nonché l’importanza di attuare la strategia Rifiuti Zero.alessio_ciacci2

L’otto Maggio scorso sul suo sito/blog (molto bello e ben fatto ) Alessio Ciacci, fin a quel momento e per 6 anni Assessore all’Ambiente del Comune di Capannori scrive:

“La mia idea di politica è sempre stata e continua ad essere quella di servizio per il bene della comunità, di continuo dialogo, studio dei problemi del territorio e ricerca di soluzioni ed esempi virtuosi, di confronto e arricchimento reciproco. Oggi purtroppo questo clima è cambiato, l’esperienza amministrativa è profondamente segnata da fratture politiche generate ad arte. Queste fratture rendono impossibile lavorare insieme ed escludono dalle scelte parte importante dell’amministrazione. Non si può far finta di niente, minimizzandole o interpretandole come difficoltà di carattere personale. Perché tali non sono.” E da le sue dimissioni. Il Comune di Capannori in questi sei anni, grazie all’opera della sua giunta di sinistra, è diventato comune all’avanguardia in Europa nel riciclaggio dei rifiuti ed è il luogo generalmente citato da tutti coloro che guardano a nuove possibilità nella gestione dei rifiuti, della cosa pubblica, del bene comune.

Alessio, cosa è successo?

È difficile da riassumere in poche righe, non c’è stato un solo atto scatenante ma purtroppo una involuzione dei percorsi, dei processi e dei rapporti che ha purtroppo portato me, un’altra assessora e la forza politica in cui siamo cresciuti a fare questa scelta. Siamo partiti con grandi entusiasmi, abbiamo avviato decine di positive progettualità, abbiamo fatto i conti con tante difficoltà ma progressivamente abbiamo condiviso sempre meno l’operato amministrativo.capannori_9

Qual è la tua valutazione complessiva dell’esperienza di Assessore? Quali i momenti più significativi?

Un’esperienza senza dubbio eccezionale per intensità, che mi ha assorbito quasi completamente per sei anni, con grandi soddisfazioni, decine forse centinaia di assemblee sul territorio e fuori per condividere l’importanza della sostenibilità ambientale. Abbiamo di fatto iniziato una strada che adesso stiamo costruendo con oltre cento altri comuni che nel frattempo hanno aderito alla strategia rifiuti zero e stanno aumentando sempre più. Sono arrivati tanti premi a Capannori in questi anni ma i momenti più significativi sono stati sempre le assemblee sul territorio, sempre molto partecipate, in cui abbiamo condiviso con la comunità le scelte per il futuro e la necessità di una continua rivoluzione ecologica che riguarda tutte le nostre abitudini. Forse non è un caso che proprio a Capannori è nata la prima attività commerciale che in Italia vende solo ed esclusivamente materiale alla spina, senza un imballaggio, e tutto di filiera corta.

Cosa rifaresti e cosa cambieresti?

Rifarei tutto ciò che in questi anni ho fatto con enorme passione e dedizione, cambierei ciò che non sono riuscito a cambiare, le dinamiche politiche che hanno costruito muri di incomunicabilità tra  chi ha partecipato a vario titolo a questa esperienza amministrativa. Queste dinamiche sono nate per aumentare un potere personale che invece secondo me non va concentrato ma al contrario diffuso e condiviso per aumentare la forza del cambiamento. Dopo 9 anni di esperienza amministrativa Capannori poteva essere un laboratorio che coinvolgeva centinaia e centinaia di cittadini invece purtroppo molti spazi di partecipazione sono stati mortificati allontanando le persone e creando una distanza troppo forte dal palazzo. Ad oggi tra pochi si discute del futuro di Capannori quando invece il territorio avrebbe necessità impellente di passare sempre più da una democrazia rappresentativa ad una democrazia partecipativa. Un conto sono i progetti positivi come il Bilancio Partecipativo che abbiamo adottato con successo un conto è mettere invece a sistema questo modello non solo per un piccolo spicchio dell’amministrazione ma per tutta la propria agenda politica.discarica8

A me pare che a partire dalle piccole amministrazioni si possa tentare di fare qualcosa di significativo. Direi di più: la politica dovrebbe ricominciare da lì: dai comuni piccoli, dai quartieri: cosa ne pensi?

Assolutamente d’accordo. Negli enti locali ci sono occasioni preziosissime per aprire spazi veri di partecipazione, attraverso queste progettualità si può ricostruire un rapporto, spesso purtroppo andato perso negli anni, tra politica e cittadinanza, tra istituzioni e territorio, per condividere e compartecipare alla scelte della comunità. Attraverso questi percorsi si dà forza alla parole democrazia, si alimentano le consapevolezze e l’importanza dell’impegno di tutti. Con tanti comuni che hanno condiviso questa impostazione politica abbiamo fondato l’Associazione dei Comuni Virtuosi, uno strumento prezioso per la condivisione di tante progettualità e per imparare sempre dagli esempi altrui.

Quali sono i tuoi progetti per il prossimo futuro?

Oltre a tornare al mio lavoro continuerò sicuramente il mio impegno, così come prima della parentesi istituzionale, nelle associazioni e nei movimenti che si impegnano per un altro mondo possibile che dipende da tutti noi e che dobbiamo costruire giorno per giorno. Continuo a girare l’Italia in tante iniziative in cui mi chiamano a condividere la nostra esperienza capannorese e sarò impegnato nei prossimi tre mesi per la raccolta firme all’importante Proposta di Legge Rifiuti Zero a cui tutti possono contribuire contattando i propri referenti regionali dal sito www.leggerifiutizero.it. Rifiuti Zero ci dicevano fosse un’utopia, oggi la stiamo costruendo e dobbiamo far crescere sempre più questa strategia altrimenti, come ci dicono gli scienziati, termineremo presto il pianeta in cui abitiamo.

Articolo tratto da Pressenza

Fonte: il cambiamento

 

Com’è andata la manifestazione dell’11 maggio contro l’inceneritore del Gerbido di Torino

Circa 700 i manifestanti da Beinasco a Piazza d’Armi di Torino. Il corteo aperto dallo striscione “Inceneritore=morte”. L’impianto ha iniziato a funzionare parzialmente ad aprile374872

Si è svolta nel pomeriggio di sabato 11 maggio la manifestazione contro il termovalorizzatore del Gerbido. Circa 700 partecipanti hanno sfilato da Beinasco a piazza d’Armi a Torino. Diversi i comitati e le sigle che hanno aderito alla giornata di protesta. Oltre al coordinamento “No Inc – Rifiuti Zero”, promotore dell’evento, erano presenti “Rivalta sostenibile”, “Salviamo il paesaggio”, “USB – Unione sindacale di base”. Molti manifestanti mostravano spille e bandiere “No TAV”. Un lungo striscione nero con la scritta “inceneritore = morte” apre il corteo, seguito da “cancrovalorizzatore”, “vogliamo scegliere l’aria che respiriamo”. Alcuni bambini sfilano reggendo bare bianche di polistirolo. “Questo inceneritore è un mostro, non ci sono altre parole per descriverlo -dice una manifestante-, è assurdo che si scelga di bruciare i rifiuti pur sapendo quanto si inquina”. I rischi per la salute sono uno dei motivi principali della protesta. “Adesso che l’inceneritore è in funzione la diossina e i metalli pesanti inquineranno tutta la zona per un raggio di 5 km -aggiunge la proprietaria di una cascina di Grugliasco- i nostri animali saranno danneggiati, i raccolti pure. E’ davvero questo il posto dove vogliamo far crescere i nostri bambini?”.
“Quello dell’inceneritore è un problema che non riguarda solo Torino e comuni limitrofi -afferma un altro partecipante- perchè l’impianto è vicino ai mercati generali, dove passa tutta la frutta e la verdura che viene consumata in provincia”. L’opinione prevalente tra i manifestanti su come trattare i rifiuti è che qualsiasi alternativa al termovalorizzatore del Gerbido sarebbe stata migliore. “La soluzione giusta è riciclare -sostiene un ragazzo- perchè si potrebbe recuperare il 90% di quello che si butta. E il restante 10% non lo si dovrebbe proprio produrre. Ma con l’inceneritore i comuni abbandoneranno la strada della raccolta differenziata”. Oltre al riciclo anche il trattamento meccanico-biologico viene citato più volte. “L’obiettivo rifiuti zero non è un’utopia -afferma una giovane coppia- ma l’unica soluzione davvero sostenibile”.

Fonte: eco dalle città