Rifiuti tecnologici RAEE, ReMedia ne ha raccolti 42 mila tonnellate nel 2013

I rifiuti elettronici sono probabilmente tra gli scarti più inquinanti e ReMedia il consorzio italiano nel 2013 ne ha raccolti 42 mila tonnellate ovvero +2,9% rispetto al 2012

ReMedia nel 2013 ha gestito 42 mila tonnellate di RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) o rifiuti tecnologici, ossia il + 2,9% rispetto al 2012. Il risultato è davvero interessante e dimostra come la macchina della raccolta e dell’avvio al riciclo possa funzionare se tutti accettano di collaborare. Infatti il consorzio ReMedia che gestisce i RAEE, Pile e Accumulatori (PA), Impianti Fotovoltaici (FV) a fine vita ha avviato al riciclo 34.835 tonnellate di rifiuti tecnologici domestici, 2.542 tonnellate di rifiuti RAEE professionali e 4.260 tonnellate di pile e accumulatori portatili.

Davanti a queste cifre viene subito da pensare: ma quanta elettronica gettiamo via in Italia? E’ presto detto: ci sbarazziamo di Tv e monitor innanzitutto e la raccolta per il 2013 è stata pari a 17.923 tonnellate; seguono elettronica di consumo, informatica e piccoli elettrodomestici pari a 7.208 tonnellate; gettiamo via apparecchiature per il freddo e per il clima pari a 7.093 tonnellate mentre i grandi bianchi ossia lavatrici, frigoriferi e lavastoviglie sono pari a 2.586 tonnellate; discorso a parte lo meritano le lampadine e lampade e nel 2013 ne sono state raccolte 25 tonnellate facendo registrare un + 25% rispetto al 2012. Le regioni che conferiscono maggiormente rifiuti elettronici sono la Lombardia ( 7.303 tonnellate), l’Emilia Romagna (3.581 tonnellate) e il Veneto (3.108 tonnellate) e le città più riciclone sono Milano ( 2.857 tonnellate), Roma (2.078 tonnellate) e Napoli (1.225 tonnellate). In effetti non è proprio giusto gettare via tanta elettronica ma purtroppo la produzione è stretta nella morsa dell’obsolescenza programmata, ossia di un ciclo vita degli oggetti di elettronica programmato per finire entro un determinato range di tempo.

Spiega Danilo Bonato, Direttore Generale di ReMedia

L’incremento dei volumi di raccolta di rifiuti tecnologici è una delle grandi sfide ambientali che l’Italia deve affrontare nei prossimi anni. Una volta recepita la nuova Direttiva europea sui RAEE, dovremo aumentare ancora di più l’impegno per arrivare a raccogliere e smaltire l’85% di RAEE generati entro il 2019. Non dobbiamo dimenticare che i rifiuti tecnologici hanno un valore economico e ambientale: avviarli a un corretto riciclo significa recuperare materie prime, metalli preziosi e terre rare da reintrodurre nel ciclo produttivo, risparmiare energia ed evitare emissioni di CO2.

Fonte: ecoblog

Rifiuti tecnologici: la denuncia Onu sull’e-waste nelle nazioni povere

Ogni anno 50 milioni di rifiuti tecnologici prendono la via dei Paesi in via di sviluppo. Ora l’Onu ha deciso di contrastare il fenomeno108037900-586x390

Milioni e milioni di telefoni cellulari, computer portatili, tablet, giocattoli, fotocamere digitali e dispositivi digitali che anche questo Natale saranno le strenne più desiderate da grandi e piccini, diventeranno fra uno, due, cinque, dieci anni rifiuti tecnologici destinati ai Paesi poveri. È una denuncia senza mezzi termini quella che arriva dall’Onu. Il volume globale dei rifiuti elettronici è destinato a crescere del 33% nei prossimi quattro anni: nel 2017 sarà pari a otto piramidi grandi come quelle di Giza e le Nazioni Unite hanno deciso di muoversi per affrontare questo problema in costante crescita. L’anno scorso quasi 50 milioni di tonnellate di di e-waste sono state generate in tutto il mondo, con una media di 7 chilogrammi per ogni persona sul pianeta. I rifiuti tecnologici sono estremamente pericolosi perché contengono piombo, mercurio, cadmio, arsenico e ritardanti di fiamma. Un vecchio monitor, per esempio, può contenere fino a 3 kg di piombo. I danni per l’ambiente sono elevatissimi. Una volta in discarica i materiali tossici fuoriescono nell’ambiente contaminando la terra, l’acqua e anche l’aria e chi smonta questi materiali lo fa senza protezioni ed è esposto alle malattie. L’Interpol ha stimato che un container su tre di quelli diretti verso i Paesi in via di sviluppo, contiene rifiuti tecnologici. La durata degli elettrodomestici si accorcia sempre di più e fra i consumatori è una gara per acciuffare gli ultimi modelli. La nazione che accumula il maggior numero di rifiuti è la Cina con 11,1 milioni di tonnellate, seguita da Stati Uniti con 10 milioni di tonnellate. Per quanto riguarda, invece, i rifiuti pro-capite l’impatto maggiore è quello degli statunitensi che buttano 29 chili e mezzo di rifiuti tecnologici all’anno, contro i 5 kg dei cinesi. Esportare merci di scarto all’estero è legale se possono essere riutilizzati o rigenerati. Se non è così, i carghi che partono per Asia e Africa sono solamente un pretesto per smaltire i rifiuti illegalmente, con una filosofia neo-liberista che vede i Paesi cosiddetti “sviluppati” sfruttare i paesi poveri due volte: prima con la sottrazione delle risorse, dopo con lo smaltimento degli scarti prodotti dal proprio benessere.

Fonte:  The Guardian