L’Università di Torino ai primi posti per la sostenibilità ambientale

L’Università di Torino, anche questa volta, non perde occasione per far parlare di sé conquistando i primi posti tra gli atenei come buon esempio in fatto di sostenibilità, per le sue azioni e politiche attuate per ridurre i consumi e migliorare il suo impatto ambientale e sociale. L’Università di Torino è il secondo Ateneo italiano all’interno di una classifica internazionale che valuta la sostenibilità ambientale e sociale di circa 800 campus universitari. Nell’edizione appena pubblicata del “GreenMetric 2019” l’Ateneo torinese si è piazzato al secondo posto, confermando la posizione dello scorso anno, tra le 29 università italiane partecipanti, preceduto solo da quello di Bologna. A livello internazionale, inoltre, si è classificato al 41° posto su 780 università partecipanti testimoniando una crescita progressiva: nel 2018 aveva raggiunto la 47° posizione, nel 2017 la 55°, come dichiarato nel comunicato stampa di UniTo. La classifica assegna un punteggio in base ai dati inviati dagli atenei sulle azioni e sulle politiche attuate per ridurre i consumi e migliorare la sostenibilità, mettendo in luce gli sforzi ecologici compiuti dalle università e suggerendo possibili aree di intervento, che spesso richiedono il coinvolgimento degli altri enti e attori locali.

Foto tratta da UniToGO

La classifica prende in considerazione gli indicatori relativi a diversi ambiti quali infrastrutture (dati generali dell’ateneo, aree verdi e budget dedicato alla sostenibilità), energia (consumi e politiche per ridurne l’impatto), rifiuti (trattamento e riciclo), acqua (conservazione e riciclo), trasporti (politiche per la mobilità sostenibile nelle sedi universitarie), didattica e ricerca (corsi, progetti e prodotti di ricerca in materia di sostenibilità e diffusione delle conoscenze alla società). Quest’anno, in particolare, ai primi cento posti di GreenMetric 2019 sono presenti ben 4 Atenei italiani: oltre all’Università di Torino, figurano Bologna (1° italiana, 14° globale), Venezia Ca’ Foscari (3° italiana, 99° globale) e Milano Bicocca (4° italiana, 101° globale). Come spiegato nella nota stampa, per velocizzare e migliorare la transizione verso un “mondo verde”, nel 2016 l’Università di Torino ha varato il progetto UniToGO – Green Office di Ateneo, ora parte integrante della struttura amministrativa, con l’obiettivo di progettare e promuovere iniziative in tema di sostenibilità ambientale attraverso un network multidisciplinare che unisce e docenti, ricercatori e ricercatrici, personale tecnico e amministrativo, studenti e studentesse.

Foto tratta da UniToGO

L’Università di Torino, inoltre, aderisce da sei anni alla classifica degli atenei eco-sostenibili creata dall’Università indonesiana di Jakarta con l’obiettivo di spingere decisori e stakeholders a impegnarsi nella lotta ai cambiamenti climatici con una gestione efficiente di acqua e energia, riciclaggio dei rifiuti e mobilità sostenibile, e di promuovere nella società comportamenti maggiormente attenti alla tutela ambientale.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2019/12/universita-torino-primi-posti-sostenibilita-ambientale/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

CO2 a 395 ppm per colpa delle emissioni di petrolio gas e carbone

La CO2 emessa in atmosfera rappresenta l’effetto ultimo di tutte le attività economiche dell’umanità. Mai si era vista prima una così netta impronta dell’azione umana sul pianeta. Teniamo a mente questo grafico per capire qual è la cosa giusta da fare.CO2-ultimi-mille-anni-586x497

Come scrive Roberto Saviano in Gomorra, le discariche sono l’emblema del ciclo economico. La più grande discarica utilizzata dall’umanità è l’atmosfera, dove da oltre 250 anni si riversa la CO2, ultimo rifiuto prodotto da tutte le attività umane. E’ una discarica invisibile, ma è una discarica abusiva, perchè ogni anno buttiamo in atmosfera molto più biossido di carbonio di quanto l’ambiente ne possa assorbire. La CO2 non si nota, ma alla fine farà più danni globali di tutte le discariche terrestri. Ora siamo quasi a quota 395 ppm (1). Il grafico in alto riporta la concentrazione di CO2 misurata a partire dal 1959 raffrontata con le misurazioni storiche effettuate sulle bollicine d’aria intrappolate a profondità crescenti nel ghiaccio antartico (2). Per tutta la storia dell’umanità (3) la concentrazione è rimasta intorno ai 280 ppm, poi ha subito una incredibile accelerazione con la combustione del carbone nell’800 e una ancora più rapida a con l’aggiunta di petrolio e gas nel ‘900. Mai si era vista prima una così netta impronta dell’azione umana sul pianeta. Per la prima volta possiamo dire che c’è qualcosa di nuovo sotto il sole. Nessuna innovazione geniale, nessuna tecnologia smart ci potrà mettere al riparo dalla crescita della CO2 e dai suoi effetti negativi sull’ambiente: per mitigare i danni (perché è di questo che si parla) possiamo fare solo tre cose:

  1. usare fonti energetiche rinnovabili;
  2. ridurre i nostri consumi smodati
  3. smettere di tagliare alberi e piantarli ovunque sia possibile.

Sul primo punto a livello globale ci stiamo muovendo abbastanza bene, anche se a mio parere non abbastanza in fretta. Sugli altri due la questione è molto, molto più difficile. Forse dovremmo guardarci il grafico della CO2 ogni mattina per ricordarci di non sprecare e di rimandare lo shopping.

(1) ppm significa parti per milione in termini atomici oppure di volume (il che è la stessa cosa per via del principio di Avogadro). 1 pmm di CO2 sembra una quantità infinitesima, ma in realtà si tratta di 1 cm³ rispetto ad 1 m³ d’aria. Essere a quota 395 ppm significa che ogni m³ d’aria contiene due bei bicchieri di CO2. Mi fa impressione pensare che quando ho iniziato a scrivere di ambiente nei blog la CO2 era a 380 ppm ed è cresciuta di 15 ppm in meno di 7 anni.

(2) Fonti: Friedli, Etheridge, Monnin e NOAA

(3) Il grafico si ferma a 1000 anni fa, ma le misurazioni in Antartide sono potute risalire molto, molto più indietro, fino a circa 800 000 anni fa. Questa è un’altra storia e si dovrà raccontare un’altra volta.

Fonte. Ecoblog

 

Presentata una proposta di legge per ridurre i consumi del 50% e creare almeno 120 mila nuovi posti di lavoro.

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L’efficienza energetica punta al dimezzamento dei consumi nei condomini con almeno cinque alloggi. Almeno nella proposta di legge presentata da Legambiente nei giorni scorsi e discussa al convegno Efficienza energetica in edilizia organizzato a Roma con AzzeroCo2. A detta dell’associazione ambientalista, sono necessarie nuove politiche di riqualificazione energetica in edilizia pensate soprattutto per i condomini, dove vivono circa 24 milioni di persone e i consumi sono spesso più alti della media nazionale. La situazione, sottolinea Legambiente, è aggravata dal fatto che non ci sono molte speranze di ridurre la spesa per la bolletta energetica dato che gli strumenti in vigore risultano inefficaci e spesso impossibili da applicare. Secondo gli ambientalisti, il nuovo sistema di incentivi dovrebbe prendere spunto dal Green Deal introdotto nel Regno Unito, che permette di realizzare interventi a costo zero per le famiglie perché si ripagano con il risparmio realizzato nei consumi. Secondo il quadro tracciato da Legambiente, dal 1998 grazie alle detrazioni fiscali sono stati effettuati interventi di ristrutturazione edilizia su circa 5,5 milioni di abitazioni. Nel 2007 sono state introdotte detrazioni pari al 55% per interventi di efficienza di energetica in edilizia che hanno mosso oltre 1,6 milioni di interventi tra cui sostituzione di infissi, caldaie, pannelli solari termici, pompe di calore.  Allo stesso tempo, sottolinea Legambiente, il sistema incentivante basato sui Titoli di efficienza energetica ha mosso pochissimi interventi. Il conto energia termico, continua l’associazione ambientalista, finanziato attraverso le bollette del gas, prevede invece incentivi per gli interventi di efficienza energetica dell’involucro per i soli edifici pubblici, ma non è basato sul risparmio ottenuto bensì sul costo dell’intervento e presenta dei limiti di attuazione legati al patto di stabilità e alle difficoltà degli enti locali di reperire risorse. Con la nuova proposta di legge, Legambiente mira a una riduzione media del 50% dei consumi delle abitazioni, certificata dal salto di classe energetica. In sostanza gli ambientalisti propongono di introdurre una nuova scheda nel sistema dei titoli di efficienza energetica (TEE), basata sui valori derivanti dalla certificazione energetica delle abitazioni prima e dopo l’intervento, che premierebbe la riqualificazione globale dell’edificio. Gli interventi dovrebbero essere realizzati da Esco in accordo con le imprese di costruzioni, che si impegnano a garantire il raggiungimento dei risultati di riduzione dei consumi energetici attraverso la certificazione energetica di tutti gli alloggi coinvolti. Secondo le stime di Legambiente, basate sul periodo dal 2014 al 2020, gli interventi su 200 mila alloggi all’anno metterebbero in moto investimenti per 3 miliardi di euro, creando almeno 120 mila nuovi posti di lavoro.
Fonte: edilportale.com