Consumo di carne, la ricetta di Slow Meat

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Terra Madre Salone del Gusto, conclusosi a Torino il 26 settembre, il tema della produzione e del consumo di carne ha assunto una dimensione centrale nei dibattiti, negli incontri, tra il pubblico che ha visitato il percorso interattivo Slow Meat. Negli ultimi settanta anni, il consumo mondiale di carne è aumentato di sei volte, da 45 milioni di tonnellate all’anno del 1950 agli attuali 300 milioni di tonnellate, e nel 2050 il fabbisogno previsto di carne sarà di 500 milioni di tonnellate, decuplicato rispetto al 1950 e doppio dell’attuale. Cosa significa oggi consumare carne in modo responsabile e sostenibile? Come salvaguardare il vasto e prezioso patrimonio di razze animali addomesticate dall’uomo nei millenni, elemento essenziale delle civiltà rurali di tante popolazioni nel mondo? Qual è l’impatto ambientale e sanitario dell’allevamento industriale di carne?

Sono queste le principali domande alle quali la campagna Slow Meat cerca di rispondere, analizzando il costo reale della bistecca che arriva sulla nostra tavola, mettendo a confronto due modi di produzione – quello della carne industriale e della carne sostenibile – per conoscere le diverse possibilità di scelta. “Continuare a mangiare carne con i livelli di consumo a cui si è abituato l’Occidente è insostenibile. Allevamenti sempre più grandi e affollati, condizioni di vita innaturali, stress e sofferenze, mangimi di bassa qualità, monocolture, deforestazione ed enormi quantitativi di acqua: è il prezzo dell’industrializzazione della zootecnia. Tutto questo ha gravi conseguenze per l’ambiente, la salute umana, il benessere animale e l’equità sociale. Scegliendo meglio, si possono cambiare le cose”, ha spiegato Serena Milano, Segretario Generale della Fondazione Slow Food per la Biodiversità. Lo slogan Slow Meat – “meno carne, di migliore qualità” – propone una soluzione alternativa alla scelta vegana e vegetariana. Quella “reducetariana” è una scelta obbligata non solo per la salute umana ma anche per quella delle risorse naturali che per la sua produzione vengono utilizzate. Per Slow Food è necessaria una campagna di educazione dei consumatori perché imparino a non acquistare carne il cui prezzo è troppo basso. I prezzi troppo bassi sono indice di scarsa qualità. Dietro, ci sono allevamenti che non rispettano il benessere animale, c’è un’alimentazione scadente somministrata agli animali, ci sono costi nascosti che ricadono sull’ambiente. Al contrario, diminuire l’incidenza delle cosiddette malattie del benessere significa preservare i sistemi sanitari pubblici che hanno di fronte prospettive di spesa insostenibili. Terra Madre Salone del Gusto ha dedicato uno spazio alla rete Slow Beans, informando sulle moltissime proprietà nutrizionali dei legumi, un’alternativa valida alla carne. Sono stati oltre 40 gli espositori di legumi a Terra Madre Salone del Gusto e 188 le varietà di legumi a rischio di estinzione salvaguardate dall’Arca del Gusto di Slow Food nel mondo. Richard McCarthy, direttore esecutivo di Slow Food USA ha presentato il Manifesto di Slow Meat:

“Il modello di allevamento industriale ci ha separato dalla ricchezza della biodiversità, isolandoci e limitandoci. Gli animali sono sottoposti a condizioni di tortura, i soldi sono concentrati nelle mani di pochi, e i consumatori sono costretti a fare scelte non etiche. È giunto il momento di rompere questo isolamento”

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Fonte: Ufficio Stampa Slow Food

Vendemmia green: ecco la ricetta per un vino a basso impatto ambientale

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Anche in ambito vitivinicolo cresce l’attenzione degli operatori verso la sostenibilità, con maggiori risultati in termini di qualità. Un esempio d’eccellenza di questa strategia arriva dalla Cantina Josetta Saffirio a Monforte d’Alba (CN), nel cuore delle Langhe. Qui la vendemmia 2015 si tinge di “verde” grazie alle buone pratiche adottate per ridurre l’impatto ambientale della produzione del vino: dai trattori più leggeri per non pesare troppo sulla terra alla riduzione dei prodotti chimici usati nei vigneti, dal packaging sostenibile alla corretta gestione dei rifiuti.  “L’andamento stagionale fin qui favorevole e i rilievi che si stanno facendo inducono all’ottimismo sulla qualità del prodotto di quest’anno. A favorire tale situazione anche un cambiamento del modus operandi in viticoltura: al diserbo chimico sta subentrando sempre più la lavorazione meccanica per il controllo delle infestanti e la lotta ai parassiti avviene attraverso l’utilizzo della lotta integrata che vede notevolmente diminuito l’uso dei fitofarmaci”. Il quadro tracciato di recente da Coldiretti Piemonte conferma un orientamento che va diffondendosi anche in ambito vitivinicolo: la parola “qualità” fa rima con “sostenibilità”. Un esempio d’eccellenza di questo connubio arriva da Monforte d’Alba (CN), paesino nel cuore delle Langhe, dove la vendemmia 2015 si tinge di “verde”. Qui si trova la Cantina Josetta Saffirio, azienda vitivinicola che da tempo applica una filosofia di produzione orientata al green e al biologico. Sono tante la buone pratiche adottate da questa cantina per ridurre l’impatto ambientale del vino: dai trattori più leggeri per non pesare troppo sulla terra alla riduzione dei prodotti chimici usati nei vigneti, dal packaging sostenibile alla corretta gestione dei rifiuti speciali.

Rispetto per la terra

Il cambiamento dell’approccio in viticoltura non poteva che partire dal rispetto dall’elemento in cui le piante affondano le loro radici, la terra. E così, al posto di mezzi molto pesanti, la Cantina Josetta Saffirio ha scelto di utilizzare trattori prototipo più leggeri per non pesare troppo sul suolo, allo scopo di preservarlo. Questa, tuttavia, è solo una delle azioni adottate dall’azienda agricola per il rispetto dei campi: in parallelo viene eseguita una lavorazione non profonda del terreno prima della messa a dimora delle piante e, allo stesso tempo, si procede all’inerbimento totale del filare che riduce l’erosione delle acque superficiali.

Riduzione dei prodotti chimici usati nei vigneti

Il rispetto del terreno passa anche dalla riduzione dei prodotti chimici usati nei vigneti: un nuovo modo di concepire la lotta contro le malattie della vite rispetto al passato, quando a farla da padrona erano i fitofarmaci. Oggi, per il contrasto delle patologie delle piante, sempre più operatori scelgono di utilizzare solo prodotti ammessi in agricoltura biologica. Lo stesso ha fatto la Cantina Josetta Saffirio: a garantire questo impegno c’è la supervisione della CCPB per la Certificazione Biologica, a cui si aggiunge l’adesione della cantina a Tergeo, progetto europeo sostenuto dall’Unione Italiana Vini per la qualificazione delle soluzioni tecnologiche e gestionali in materia di sostenibilità nel settore vinicolo. Pochi mesi fa, infine, la cantina ha ottenuto la certificazione di sostenibilità EcoProWine.

Imballaggi a basso impatto ambientale

Un vino a basso impatto ambientale non poteva prescindere da un packaging concepito partendo dalla riduzione degli imballaggi. Il risultato finale è una bottiglia di vino con vetro più leggero (riciclato al 90%), tappo più corto e una confezione con meno cartone. Questo packaging green è frutto di una scelta accurata di partner, possibilmente a km zero, che condividono la filosofia perseguita dalla cantina: per le etichette è stata scelta Fasson, certificata FSC, per i tappi Amorim, da sempre impegnata nel rispetto dell’ambiente, e per le capsule Ramondin, che utilizza vernici all’acqua. Una scelta che si traduce in un risparmio sia per l’ambiente che per il consumatore.

Gestione corretta dei rifiuti

Ultimo, ma non per importanza, il capitolo degli scarti agricoli. Contenitori, olio esausto e batterie dei mezzi di lavoro: sono tutti rifiuti speciali che se non vengono gestiti in modo corretto, possono rappresentare un pericolo per l’ambiente. Per questo motivo, la Cantina Josetta Saffirio si è rivolta a “Cascina Pulita”, un consorzio specializzato che offre un servizio completo di raccolta, stoccaggio, smaltimento e valorizzazione degli scarti agricoli.

Chi è Josetta Saffirio

L’azienda agricola Josetta Saffirio ha sede a Monforte d’Alba in provincia di Cuneo nel cuore delle Langhe. Frutto di una tradizione che si tramanda dall’inizio del Novecento, l’azienda produce un vino Barolo premiato due volte con i “Tre Bicchieri” (annate ’88 e ’89) e con numerosi riconoscimenti internazionali. Oltre al Barolo, l’azienda agricola produce anche Nebbiolo, Barbera d’Alba e Rossese Bianco. Negli ultimi anni, l’azienda agricola ha intrapreso un percorso di rinnovamento nel segno della sostenibilità che la rendono un vero e proprio laboratorio di produzione vitivinicola a basso impatto ambientale.

Fonte: agenziapressplay.it

Rifiuti zero per due anni: la ricetta di Laurent Singer

Lauren Singer è una ragazza che abita a New York e che in due anni non ha prodotto rifiuti. Scopriamo come ha fatto. Lauren Singer ha 23 anni e vive a New York. Ha una laurea in Scienze ambientali e mette in pratica il suo rispetto per l’ambiente evitando di produrre rifiuti. Zero waste, dunque non è una filosofia ma una vera e propria pratica che consente a tutti di agire in prima persona scegliendo di non produrre rifiuti. Ma come si fa? E poi a New York patria del consumismo spinto? Lauren nel suo sito Trash is for tossers spiega dettagliatamente come sia riuscita nei primi 4 mesi a generare i rifiuti che vedete nel vasetto accanto, ma che poi saprà pure come riciclare, anche se non vi svelo la sorpresa.fourmonthsoftrash-300x170

Per eliminare ogni sorta di spazzatura ha iniziato a usare oggetti durevoli in casa eliminando la plastica che ha sostituito con il vetro ma intervenendo anche con i detersivi e passando all’auto produzione. Per magia sono sparti i rifiuti dalla sua casa. Una soluzione molto interessante l’ha trovata per gli spazzolini da denti: ne ha scelti in bambù e setole riciclabili e dunque destinati alla compostiera. Molto utile la pagina in cui mostra le alternative scelte per evitare di produrre rifiuti: noterete che non si è privata, ad esempio, dei dischetti per pulire la pelle, scegliendo i prodotti riciclati e riciclabili; oppure non ha rinunciato agli anticoncezionali scegliendo per sé e il partner condom in lattice naturale certificati vegan. Quando fa a fare la spesa, è vegetariana e compra solo prodotti locali e bio, porta con sè dei contenitori di vetro che riempie dei prodotti sfusi che le occorrono come il muesli, ad esempio e dunque così elimina l’acquisto del packaging da gettare poi via; per gli ordini al ristorante take away telefona prima chiedendo se accettano che il cliente gli fornisca i propri contenitori; anche per il make up a cui non rinuncia sceglie prodotti di aziende che producono con materie prime certificate biologiche e packaging riciclabile. Questo stile di vita non le impedisce nulla: riesce, organizzandosi a partecipare a cene con le amiche, a ricevere in casa o a andare al cinema e al ristorante. Anzi Lauren da questa esperienza ha ricavato anche un progetto che sta mettendo in piedi grazie all’aiuto dei suoi fans: ovvero raccogliere 10 mila dollari per iniziare a produrre un detersivo naturale per lavatrice da distribuire a New York.spesa-zero-waste-620x350

Foto | Trash is for tossers

Fonte: ecoblog.it

La bottiglia di plastica commestibile: la ricetta per fare Ohoo in casa

Una invenzione, la plastica commestibile, applicata al packaging per liquidi scatena le fantasie dei media nostrani che rilanciano una notizia vecchia di giugno. Ecoblog.it però vi propone la ricetta per ottenere la plastica commestibile in casa

Tre studenti londinesi hanno inventato Ohoo una plastica edibile che potrebbe aprire nuovi scenari per il packaging delle bottiglie di acqua. Il contenitore è composto da una doppia membrana gelatinosa e quando viene sete basta forarla per bere, la membrana può essere poi mangiata o gettata via nel compost. Questa la semplice idea dietro Ohoo progetto messo a punto da tre giovani designer di Londra, Rodrigo Garcia Gonzalez, Pierre Paslier e Guillaume Couche che per questa invenzione hanno portato a casa anche il premio Lexus Design Award. Ovviamente tanto è bastato a scatenare i media nostrano con articoli nel merito. Ma Ecoblog va oltre e vi segnala la ricetta per realizzare in casa le “bottiglie” in plastica da mangiare.bolle-di-acqua-620x350

Scrive uno degli inventori Pierre Paslier:

Una bolla contiene circa 4cl di acqua, l’equivalente di un sorso. Crediamo che Ooho possa portare una soluzione radicale per un grave problema che abbiamo generato: la produzione di bottiglie di plastica. Investendo in ricerca e sviluppo si potrebbe progettare una membrana che possa assicurare l’igiene, trasportabilità e flessibilità. Ooho è attualmente sviluppato sotto licenza Creative Commons, perché tutti dovrebbero essere in grado di prepararlo in casa.

In pratica la materia gelatinosa è composta da una doppia membrana in alginato di sodio (E401) ricavato dalle alghe brune e da cloruro di calcio (E509) e nella ricetta che vi segnalo compare al posto del cloruro di calcio il lattato di calcio più facile da reperire. La materia gelatinosa viene modellata sotto forma di bolle e l’acqua viene incapsulata all’interno. I costi di questa tecnica sono molto bassi e peraltro riproducibili anche a casa procurandosi gli ingredienti giusti. Sotto la ricetta di Inhabitat.

La ricetta per le “bottiglie” di plastica edibile

1 g di alginato di sodio (una sostanza naturale derivata dalle alghe brune)

5 g di lattato di calcio alimentare (un tipo di sale)

Una ciotola piena di 1 tazza di acqua potabile

Un’altra ciotola riempita con 4 tazze di acqua

Un’altra ciotola piena di acqua per il risciacquo delle “bottiglie”

Un frullatore ad immersione (si può anche usare un frullatore normale)

Un cucchiaio profondo come un misurino

Passo 1: Aggiungere 1 g di alginato di sodio nella ciotola che contiene 1 tazza di acqua. Quindi utilizzare un frullatore ad immersione per sciogliere l’alginato di sodio per circa 3 minuti. Quindi far riposare la miscela per 15 minuti per eliminare eventuali bolle d’aria che possono essersi formate durante la miscelazione.

Passo 2: Aggiungere 5 g di lattato di calcio alla ciotola che contiene le 4 tazze di acqua e mescolare bene con un cucchiaio.

Passo 3: raccogliere il prodotto dalla soluzione alginato di sodio con un cucchiaio profondo e deporlo attentamente nel bagno di lattato di calcio. Ripetere la formazione delle bolle di alginato di sodio finché non sarà terminato.

Passo 4: Mescolare le bolle di alginato di sodio molto delicatamente per 3 minuti.

Passo 5: Dopo 3 minuti, togliere le bolle o “bottiglie” dal bagno di lattato di calcio con un mestolo forato e trasferirei in un bagno d’acqua per fermare la reazione.

Ecco pronte le vostre “bottiglie” in plastica.

Fonte:  Blue EconomyInhabitat
Foto | Designboom

 

I muffin alla carota con la ricetta vegana

Pietro Leeman proporrà il suo menù vegano nelle scuole milanesi il primo ottobre in occasione della Settimana mondiale vegetariana e per dessert presenterà i muffin alla carota con la ricetta veganamuffin-carota-620x350

Il primo ottobre, in occasione della Settimana mondiale vegetariana, Pietro Leemann chef stellato del Joia di Milano, preparerà per 80 mila bambini delle scuole milanesi un menù vegetariano che comprende primo piatto con grano saraceno, crema di zucca e zucchine, insalata di tofu con salsa di soia e come dolce muffin alla carota. E vi proponiamo proprio quest’ultima ricetta ossia i muffin alla carota ma nella versione vegana, che non comprende dunque latte, burro e uova e neanche il lievito chimico già pronto ma si userà cremor tartaro e bicarbonato di sodio.

Ingredienti per 10-12 muffin alla carota

200 gr di zucchero di canna, 60 ml. di olio di semi di girasole, 100 gr. di yogurt di soia, 350 gr. di farina
secondo gusto (integrale, di farro, mista ecc.) mezzo cucchiaino di bicarbonato e mezzo cucchiaino di cremor tartaro, 250 gr. di carote finemente grattugiate, 50 gr. di mandorle tritate, cannella, zenzero grattugiato, vaniglia e se piace uva passa oppure gocce di cioccolato.

Procedimento

Accendere il forno a 180 gradi. Preparare la miscela per i muffin di carote mescolando in una ciotola assieme prima tutti gli ingredienti secchi (farina, zucchero, lievito e aromi) e aggiungendo poi l’olio e lo yogurt di soia. Versare il composto negli stampi da cupcake oppure nei pirottini di carta e metterli adagiati sulla teglia. Infornare per circa 20-30 minuti, non ventilato. I muffin possono poi essere ricoperti da una leggera glassa ottenuta con zucchero a velo a cui si aggiungono poche gocce di limone. La crema va così lavorata e resta fluida e vellutata. Si applica sui muffin con una spatola. Si possono decorare inoltre con frutta fresca di stagione tagliata a dadolini.

Fonte: ecoblog

Meduse in mare, la mappa e la app per segnalare gli avvistamenti e la ricetta per gustarle

Meduse in mare anche se non fa troppo caldo. La causa dei banchi di meduse presenti in questi giorni nel Mar Mediterraneo è dovuta alla pesca intensivamarevivo-620x350

Mancano i predatori naturali e le meduse proliferano in mare, anche se le temperature estive non giustificano la loro massiccia presenza nelle nostre acque. Come evitare un incontro ravvicinato in acqua e sopratutto come ridurre la loro presenza in mare? I bagnanti sono le sentinelle migliori per controllare a lungo e in maniera capillare il mare e dunque ecco tornare anche per quest’anno la mappa interattiva meteomeduse che può essere aggiornata da smartphone grazie a una App creata con il mensile Focus e in collaborazione con Università del Salento e CNR – Ismar. Per quanto riguarda il contenere la presenza delle meduse in mare arriva un consiglio dalla FAO e recepito d MareVivo: mangiare le meduse. Non sia considerata un aberrazione questa del mangiare meduse poiché posso assicurare e con certezza che queste hanno fatto parte della dieta di alcuni posti di mare come Torre del Greco, di cui so per certo che erano consumate quando pescate. In ogni caso MareVivo recupera questa antica tradizione della cucina povera di mare e grazie alla collaborazione con lo Chef Gennaro Esposito nasce il progetto La Tavola Blu rivolto agli istituti alberghieri che formano i nuovi chef e che propone la tutela degli stock ittici attraverso acquisti consapevoli di varietà di pesce meno commerciale ma altrettanto nutriente e gustoso.

Meduse con mozzarella di bufala con pesto di fiori di zucca

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Ingredienti

Meduse, mozzarella di bufala, fiori di zucca, un cucchiaio di pinoli, sale, olio evo, un bicchiere di acqua di mare, un po’ di zucchero

Preparazione

Le meduse prima di essere consumate vanno pulite per bene e liberate dai tentacoli che contengono le sostanze urticanti. Poi va eseguita la marinatura con un po’ di sale e zucchero. Una volta perso il liquido vanno risciacquate con acqua di mare e vanno scolate e asciugate.

Si prepara il pesto di fiori di zucca sbollentando i fiori in acqua bollente salata, vanno raffreddati, asciugati e pestati con i pinoli nel mortaio che sarà stato prima strofinato con aglio.

Una fetta di mozzarella di bufala sarà la base su cui appoggiare un cucchiaio di meduse ricoperte dal pesto di fiori di zucca. Accompagnare d bastoncini di zucchina alla julienne freschi.

Fonte: Itenovas