Cosa fare quando si inizia ad andare in bicicletta

Chi vuole iniziare ad andare in bicicletta per sport o per cicloturismo deve seguire alcune regole10

Chi vuole iniziare ad andare in bicicletta seriamente, dopo avere scelto il mezzo adatto a quelli che sono i propri progetti ciclistici, deve seguire un percorso fatto di tappe universali. L’attività ciclistica non si improvvisa e occorre adattarsi ai suoi sforzi con gradualità. Soprattutto per i più giovani che non hanno una muscolatura formata (sotto i 16-17 anni) e per chi inizia col ciclismo in tarda età (sopra i 40 anni) è consigliabile non forzare i tempi e seguire alcune tappe obbligate. Eccole.

  1. Si comincia sempre con la pianura, utilizzando rapporti molto agili, poi si iniziano ad aumentare i dislivelli con le colline e poi ci si può misurare sulle salite.
  2. In una fase iniziale sono sufficientibrevi uscitedi 30/45 minuti che possono essere successivamente aumentate sia in termini di chilometri che di difficoltà altimetriche.
  3. Imparare a conoscersi e a conoscere la simbiosi con la bicicletta. Un corretto utilizzo del cambioconsente di fare 70-80 pedalate al minuto, questo è il ritmo corretto su qualsiasi terreno (pianura o salita).
  4. Berespesso e mangiare in maniera commisurata allo sforzo. Alimentarsi con cibi facilmente digeribili (no panino con la porchetta please!) e le cui risorse energetiche entrano velocemente in circolo.
  5. Acquistare un casco, con una buona ventilazione, e indossarlo.
  6. Utilizzare biciclette con misure adeguate. Questa è una condizione fondamentale per far lavorare la muscolatura in modo corretto e non avere crampi o mal di schiena.
  7. Utilizzare una sellacomoda, non troppo morbida, anzi abbastanza rigida.
  8. Munirsi dilucise si pedala di notte o in zone con gallerie.
  9. Fare stretchingprima e dopo l’attività fisica aiuta a prevenire i crampi.
  10. Nella stagione più calda proteggersi dal sole con occhialiadeguati e creme solari.

Fonte: ecoblog.it

Ue, acqua potabile: Nuove regole per la tutela della salute

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Ieri, è stata diramata una nota dalla Commissione Europea che annuncia la prossima adozione di nuove regole sul potenziamento delle operazioni di controllo idrico a livello comunitario. Inoltre, le disposizioni hanno l’obiettivo di rendere migliore l’accesso all’acqua potabile. La Commissione, almeno in linea teorica, si è anche impegnata a continuare un dialogo costruttivo con le parti interessate, al fine di migliorare la direttiva vigente e di implementare la trasparenza nel settore idrico. Il Commissario Ue per l’Ambiente, Karmenu Vella, ha dichiarato sul tema da Bruxelles: “Un’acqua potabile sicura e di qualità elevata è essenziale per la salute e il benessere pubblici, pertanto, è necessario garantire standard elevati in tutta l’Unione. Questo nuovo sistema di monitoraggio e controllo consente di ridurre le analisi inutili e concentrarsi sui controlli che contano davvero“.

L’emendamento approvato ieri intende fornire maggiore flessibilità agli Stati dell’Unione sulle modalità con cui controllare gli standard dell’acqua (in oltre 100.000 zone di approvvigionamento in Europa). Una flessibilità che dovrebbe essere garantita dal principio di “analisi dei rischi e punti critici di controllo” (HACCP), già utilizzato nell’ambito legislazione sull’igiene alimentare. I governi europei, dunque, avranno facoltà di scegliere i parametri con cui compiere il monitoraggio, in base ad una valutazione del rischio. Potranno poi anche estendere l’elenco delle sostanze da tenere sotto controllo in caso di problemi di salute pubblica. Gli Stati Ue hanno da oggi due anni per recepire le disposizioni della nuova normativa. La nuova legislazione, secondo quanto riportato dal comunicato, nasce come risposta concreta a Right2Water, “iniziativa dei cittadini europei” (la prima a mai essere giunta in porto). Ricordiamo che questo gruppo di comitati e organizzazioni si batte per una normativa che sancisca il diritto umano universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari.

 

Fonte: ecoblog.it

Ogm. Prima la contaminazione, poi le regole: la strategia delle multinazionali dell’agritech

Dagli Stati Uniti all’India, l’industria agritech degli ogm pare proprio attuare la politica del “prima contaminiamo poi si penserà ad una regolamentazione delle autorizzazioni”. “E’ evidente dunque come la contaminazione del nostro cibo sia una strategia deliberata dell’industria” spiega Colin Todhunter (1), giornalista investigativo che ha scritto per il Deccan Herald, il New Indian Express e l’inglese Morning Star.ogm_pericolo

Malgrado la maggioranza dei cittadini europei abbia espresso chiaramente la propria contrarietà agli ogm, la discussione viene distorta e gli interessi commerciali vengono fatti passare come “bene comune”, spiega con chiarezza Todhunter. “Monsanto e le altre società dell’agritech stanno anche facendo pressioni perché passi il TTIP, il trattato transatlantico che aprirebbe tutte le porte al profitto delle multinazionali. Le stesse società vogliono indebolire il quadro regolatorio pan-europeo cercando di ottenere modalità per poter imporre gli ogm nazione per nazione (2,3)”. Peraltro la contaminazione sta già avvenendo attraverso le importazioni dagli Usa con cibi ogm che finiscono sugli scaffali dei supermercati senza dire nulla in etichetta. E non solo vegetali o lavorati industriali, ma anche carne e derivati di animali nutriti con mangimi ogm. Per non parlare degli enzimi ogm che favoriscono la lunga conservazione, degli esaltatori di sapidità, dei micro-organismi ogm che aiutano la fermentazione… L’Efsa, European Food Safety Authority, ha concluso che gli organismi geneticamente modificati sono sicuri, ma ormai la diffidenza nei confronti dei membri dell’Efsa è diffusissima a causa dei documentati conflitti di interesse (4); stessa cosa vale per le commissioni scientifiche della UE (5). Cosa fare dunque? Innanzi tutto, se avete la possibilità, coltivate voi ciò che mangiate; non acquistate in supermarket che non garantiscono l’assenza di ogm; partecipate alla mobilitazione contro il TTIP. E’ certamente meglio che sedersi e attendere che altri combattano per noi.

1]  http://www.globalresearch.ca/genetically-engineered-poison-first-regulate-later-the-criminality-of-the-gmo-biotech-industry/5412810

2]  http://www.gmfreeze.org/actions/42/

3]  http://corporateeurope.org/food-and-agriculture/2014/05/biotech-lobbys-fingerprints-over-new-eu-proposal-allow-national-gmo

4]  http://corporateeurope.org/efsa/2013/10/unhappy-meal-european-food-safety-authoritys-independence-problem

5]  http://corporateeurope.org/sites/default/files/attachments/ceo_-_sanco_sc_conflicts_of_interest.pdf

Fonte: ilcambiamento.it

Lavatrici, frigoriferi e computer: le 5 regole per gettarli via

Come si gettano via i vecchi frigoriferi, le lavatrici rotte o i computer che non funzionano più?

La sigla RAEE ai più non dirà molto eppure rappresenta una gran parte degli oggetti che utilizziamo ogni giorno: lavatrici, cellulari, computer, condizionatori, televisori e piccoli elettrodomestici che una volta rotti rappresentano rifiuti che spesso sono abbandonati in strada, accanto ai cassonetti dove ancora esistono, nei boschi, spiagge ma non dove dovrebbero essere poi consegnati. Quindi la domanda è: come ricicliamo gli elettrodomestici rotti?SONY DSC

A indirizzarci su come smaltire correttamente i rifiuti elettronici o RAEE – Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche – è il consorzio Ecodom che in occasione della XXII edizione di Puliamo il Mondo che si terrà dal dal 26 al 28 settembre 2014 in tutta Italia, ci ricorda le 5 regole da mettere in pratica prima di disfarsi di un elettrodomestico vecchio:

  1. Non buttare mai i RAEE nella spazzatura indifferenziata, non abbandonarli nell’ambiente e non dimenticarli in casa, in soffitta o nei garage.
  2. Portarli alle isole ecologiche più vicine. I centri di raccolta (o isole ecologiche) sono strutture allestite dagli Enti Locali per la raccolta differenziata delle diverse tipologie di rifiuti (tra cui i RAEE). Dai centri di raccolta i rifiuti vengono inviati a impianti di trattamento che garantiscono la salvaguardia dell’ambiente (evitando la dispersione di sostanze inquinanti) e il riciclo delle materie prime.
  3. In caso di acquisto di un nuovo elettrodomestico, consegnare il vecchio al negoziante che è tenuto a ritirarlo gratuitamente (dal giugno 2010, grazie all’entrata in vigore del cosiddetto decreto “Uno contro Uno”, i rivenditori sono obbligati al ritiro gratuito dell’apparecchiatura elettrica/elettronica a fronte dell’acquisto di un nuovo prodotto equivalente). Inoltre, dal mese di aprile 2014, con il nuovo Decreto Legislativo 49/2014 è stato introdotto – per i negozi con superficie di vendita superiore a 400 mq – l’obbligo di ritiro gratuito “uno contro zero” dei RAEE di piccolissime dimensioni (aventi cioè dimensione massima inferiore a 25 cm).
  4. Richiedere il ritiro a domicilio per i RAEE ingombranti: si tratta di un servizio presente in molti Comuni.
  5. Ricordare che i RAEE possono diventare preziose risorse se correttamente riciclati, mentre, se trattati in modo non corretto, possono essere dannosi per l’ambiente. Da un frigorifero, ad esempio, si ottengono fino a 28 kg di ferro, 6 kg di plastica e oltre 3 kg tra rame e alluminio, ma lo stesso frigorifero contiene anche sostanze altamente inquinanti, come i CFC e gli HCFC, gas ozono-lesivi. Se abbandonato, quel frigorifero finirà probabilmente nelle mani di soggetti interessati soltanto a ricavarne le materie prime aventi valore economico, senza la minima preoccupazione di recuperare in modo corretto le sostanze inquinanti.

Fonte:  Iko @ Flickr

Botulino: 8 regole per preparare le conserve in sicurezza

L’Istituto Superiore della Sanità ha presentato un vademecum con otto regole per evitare le conseguenze dell’intossicazione da botulino

In Italia i casi botulino sono circa 20 all’anno e il 25% ha esito fatale. Si tratta del veleno naturale più potente per l’uomo e nel nostro Paese la prevalenza dell’intossicazione è più alta rispetto ad altri a causa di una cultura delle conserve molto radicata.

L’Istituto Superiore della Sanità ha presentato un vademecum con otto regole per evitare le conseguenze dell’intossicazione:

1) Curare l’igiene personale e della cucina, poiché proprio questi due fattori possono rappresentare il primo elemento contaminante.
2) Utilizzare le giuste attrezzature: il vetro è la migliore, ma si può utilizzare anche contenitori di metallo.

3) Scegliere gli ingredienti in maniera appropriata e preparare le conserve entro 6-12 ore dal raccolto utilizzando aceto e olio di qualità. Per quanto riguarda lo zucchero si consiglia quello semolato.

4) Selezionare con cura le materie prime e lavarle sotto acqua corrente in modo da eliminare particelle di terra e altri eventuali residui. L’immersione in acqua con bicarbonato favorisce l’eliminazione dei pesticidi.

5) Sanificare i contenitori con sterilizzazioni in grado di uccidere tutte le forme microbiche: la preparazione dei recipienti a oltre 100 gradi può rendere necessari trattamenti lunghi più di 5-6 ore.

6) Riempire i contenitori lasciando uno spazio libero e mai fino all’orlo affinché all’interno del contenitore si possa generare il vuoto e si possa contenere l’aumento del volume della conserva.

7) Pastorizzare le conserve immergendo i contenitori in acqua, coprendo con un coperchio e portando l’acqua ad ebollizione.
8) Verificare i contenitori. Dopo la pastorizzazione il volume del contenuto dei vasetti sarà visibilmente diminuito e dopo 12-24 ore, quando i contenitori saranno raffreddati occorrerà ispezionare con cura l’ermeticità della chiusura e il raggiungimento del vuoto. Se si preme il tappo e la capsula metallica non si deve udire il click clack; il coperchio deve essere piatto o ricurvo verso l’interno, se c’è un rigonfiamento il contenitore non è sottovuoto.World Organic Trade Fair BioFach 2011

Fonte:  ISS

Foto © Getty Images

Bibite gassate, cambiano le regole sull’etichettatura

Alla Camera passa un emendamento che innalza la percentuale minima di frutta nelle bibite al 20%

L’emendamento che innalza la concentrazione minima di frutta nelle bibite gassate al 20% è passato alla Camera, superando le pressioni delle lobby delle bevande che avrebbero voluto che si continuasse a rimanere sotto questa soglia. Si tratta di una vittoria parziale poiché l’emendamento era nato con l’obiettivo di bloccare la vendita delle bibite che contengono molto meno del 20% (in Europa la concentrazione minima consentita è del 5%), ma Ue e multinazionali si sono opposte alla norma sottolineando l’illegittimità della norma e le conseguenze negative sul libero scambio fra i Paesi dell’Unione. Più che sulla produzione in sé, la norma interverrà sull’etichettatura. La soglia del 20% diventerà la discriminante per poter riportare la dicitura “a base di succo di frutta”: sopra questa concentrazione si potrà dire, al di sotto no.

Un passo in avanti certo, si aumenta la trasparenza e quindi la consapevolezza dei consumatori. Tuttavia, bisognerebbe al più presto procedere al completamento della normativa, impedendo la produzione e la vendita delle bevande che non rispettano il 20% di concentrazione minima di frutta. Auspico inoltre che questa percentuale sia alzata, per la salvaguardia di produttori e di consumatori,

ha commentato Nino Pascale, presidente di Slow Food Italia.

Con l’intervento sulla percentuale di frutta nelle bevande mettiamo in condizione la filiera agricola e quella alimentare di trovare una sempre maggiore collaborazione, in un’ottica di sistema,

ha detto Maurizio Martina, ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Dunque attenzione all’etichetta, mentre per chi vuole bersi un’aranciata vera al 100% il consiglio è scontato: acquistare gli “originali” e spremere!German Law On Returnable Bottles Creates Uproar

Fonte:  Slow Food

Foto © Getty Images

Everest, nuove regole di scalata: si torna a valle con 8 kg di spazzatura

Oltre ai propri rifiuti, alpinisti e trekker dovranno contribuire alla pulizia della montagna. Se non lo faranno dovranno pagare una sanzione

Cambiano le regole per gli alpinisti che vogliono raggiungere gli 8848 metri del monte Everest. Alpinisti e trekker, sherpa e praticanti di sport estremi che vorranno raggiungere la vetta della montagna più alta del mondo lo potranno fare solamente se riporteranno a valle almeno 8 kg di spazzatura. È questa la principale norma del giro di vite che il Governo nepalese ha dato al turismo d’alta quota. Il provvedimenti interesserà tutti coloro che, a partire da aprile, andranno oltre il campo base dell’Everest.

Il governo ha deciso di voler ripulire l’Everest, ogni membro delle spedizioni dovrà riportare almeno otto chilogrammi di spazzatura oltre a quelli propri. Coloro che non rispetteranno la regola saranno multati e perseguiti penalmente,

ha spiegato un funzionario del ministero del turismo nepalese, Madhusudan Burlakoti. Le spedizioni avranno l’obbligo di depositare una cauzione di 4000 dollari all’arrivo al campo base all’Everest e questa somma verrà sostituita solamente dopo il controllo della spazzatura riconsegnata. Lo scorso mese il Nepal ha ridotto il costo dei permessi per le spedizioni individuali e di piccole dimensioni, per contrastare il dilagante fenomeno delle spedizioni commerciali. Sulle pendici dell’Everest si trova un po’ di tutto: dalle corde alle bombole a ossigeno, dalle cucine da campo ai cadaveri degli alpinisti morti i cui corpi non si sono decomposti a causa delle basse temperature. Nel 2012 a Kathmandu fu allestita una mostra per illustrare al mondo il disastro ambientale perpetrato sulla montagna più alta del mondo. Ora dalla capitale nepalese parte un giro di vite estremamente vincolante: potrà salire solamente chi darà un serio contributo a pulire la montagna. In caso contrario il conto sarà salatissimo.NEPAL-EVEREST

Fonte: TmNews