Clima e Teachers for Future: otto le regioni d’Italia dove i gruppi di insegnanti sono attivi

L’emergenza climatica entra ormai a pieno titolo nella scuola, anche per iniziativa del ministro dell’istruzione che ne renderà obbligatorio l’insegnamento. E intanto i Teachers for Future, gli insegnanti che affiancano i ragazzi nelle mobilitazioni, sono già presenti e organizzati in otto regioni italiane. Ce ne parla la portavoce nazionale, Monica Capo.

Clima e Teachers for Future: otto le regioni d'Italia dove i gruppi di insegnanti sono attivi

Teachers for Future Italia è il nome che si è dato il collettivo nazionale che include insegnanti, educatori, dirigenti scolastici e rettori, professori e ricercatori che aderiscono al Manifesto degli Insegnanti per il Futuro, pubblicato in occasione del primo sciopero globale per il clima. Ed è il collettivo, rappresentato e organizzayo in otto regioni italiane, che affianca e sostiene gli studenti che si mobilitano per chiedere un efficace contrasto ai cambiamnenti climatici.

Le otto regioni dove attualmente è rappresentata la rete dei Teachers for Future sono Liguria, Piemonte, Veneto, Campania, Puglia, Lazio, Friuli e Sicilia, «ma stiamo continuando a crescere e rispetto agli studenti di Fridays For Future Italia ci poniamo in una posizione di collaborazione costante e di sostegno alle iniziative e agli scioperi per il clima» spiega la portavoce nazionale della rete, Monica Capo, insegnante napoletana.

«Il Movimento è uscito con le idee molto chiare dalla seconda Assemblea Nazionale ribadendo che la giustizia climatica è strettamente connessa alla giustizia sociale e che per la transizione ecologica è fondamentale il cambio di sistema economico e di sviluppo – spiega Capo – L’obiettivo comune di studenti e insegnanti è quello di continuare a fare pressione sui governi per arrivare a riforme ambiziose e sarà perseguito a vari livelli, anche con le azioni non violente di disobbedienza civile e disruption (disturbo, blocco) come è nello stile del movimento ecologista Extinction Rebellion».

«Come insegnanti ci siamo ripromessi di insegnare la verità nelle scuole perché crediamo che vada ammesso, senza se e senza ma, il fallimento del nostro modello di sviluppo considerato criminale e colpevole della distruzione dell’ecosistema ma soprattutto perché crediamo che sia necessaria una immediata riconversione industriale ed economica per la rigenerazione del pianeta – prosegue la portavoce dei Teachers for Future Italia – Nei giorni precedenti al secondo sciopero globale per il clima abbiamo pubblicato un altro appello in cui chiedevamo alle scuole di dichiarare l’emergenza climatica ed ecologica. Un atto, a un tempo simbolico e fattuale, di pressione sulle istituzioni locali, regionali, nazionali, affinché siano intraprese azioni di governo e di organizzazione internazionale più efficaci nel contenere gli effetti del collasso climatico e dell’estinzione di massa del vivente oggi in corso. A questo appello erano allegate delle Linee Guida. Molte scuole hanno raccolto il nostro invito a dichiarare emergenza climatica e l’Università di Genova è stata il primo ateneo a firmare una lettera di intenti sull’emergenza climatica ed ecologica attraverso l’adesione a The Sustainable Development Goals (SDG) Accord, coordinata dalla Youth and Education Alliance dell’UN Environment».

«Recentemente abbiamo lanciato la campagna TEACH THE TRUTH – INSEGNATE LA VERITÁ NELLE SCUOLE! per invitare gli insegnanti italiani a segnalare casi analoghi al progetto “Circular School” proposto da #ENISCUOLA – prosegue Capo – un progetto che ufficialmente intenderebbe insegnare l’economia circolare ai bambini ma che, in realtà, è esclusivamente finalizzato ad evidenziare un illusorio impegno di Eni all’interno delle comunità nelle città in cui opera. Da qualche giorno abbiamo appreso dal Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti che, dal prossimo anno scolastico, l’Italia diventerà il primo paese al mondo a rendere obbligatorio, per gli studenti, lo studio dei cambiamenti climatici».

«Come Teachers For Future Italia avevamo chiesto, già dal nostro primo Manifesto, l’aggiornamento delle linee guida per la gestione dell’emergenza climatica e non possiamo perciò che accogliere positivamente la notizia tuttavia pensiamo che, data l’accelerazione della catastrofe, si debba rivoluzionare totalmente il ruolo che ha la scuola nella nostra società, nel senso che essa non possa più permettersi di riprodurre l’ideologia che ritiene per esempio che automobili e industrie chimiche, allevamenti intensivi e cementificazione, si possano chiamare “progresso”».

«Occorre sicuramente cambiare la didattica ma non aggiungendo l’ennesima materia in più quanto piuttosto rivoltando i paradigmi fondativi di tutte le materie, comprese la storia, l’italiano, l’educazione civica – aggiunge ancora Capo – ovvero declinando le materie di studio tramite un approccio critico al modello di sviluppo dominante e non solo come applicazione del criterio dello sviluppo sostenibile. Va quindi rilanciato il tema della scuola come modello di organizzazione che si basa sull’applicazione di un nuovo paradigma ecologico, sia come strutture materiali che in merito all’organizzazione interna e dei rapporti tra le componenti, dove dovrebbero giocare un ruolo maggiore proprio gli studenti».

«Ribadiamo altresì la necessità che il Ministero abbandoni ogni collaborazione con aziende che basano le proprie attività sulla commercializzazione di energia da fonti fossili (Eni, Enel, ecc.) e che imponga i più alti standard di certificazione ambientale alle aziende coinvolte nei percorsi di alternanza scuola/lavoro. Se un insegnante volesse avvicinarsi al movimento Teachers For Future può unirsi al gruppo Facebook e partecipare alle nostre iniziative: fondamentale l’adesione alle Linee guida per la dichiarazione di emergenza climatica. E se nella sua città o regione non si è costituito può rivolgersi a noi e forniremo il nostro sostegno per la creazione della rete».

Fonte: http://www.ilcambiamento.it/articoli/teachers-for-future-otto-le-regioni-d-italia-dove-gli-inseganti-si-mobilitano

Corte Costituzionale: ‘Illegittima norma Sblocca Italia che impone trivellazioni senza il parere delle Regioni’

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La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del comma 7 dell’art. 38 del Decreto legge 133, il cosiddetto Sblocca Italia dell’ex governo Renzi, dando ragione alla Regione Abruzzo che insieme a Lombardia, Campania e Veneto aveva presentato ricorso. Niente trivellazioni senza il parere delle Regioni. Con la sentenza 170, pubblicata il 12 luglio scorso, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità  del comma 7 dell’art. 38 del Decreto legge 133, il cosiddetto Sblocca Italia dell’ex governo Renzi, dando ragione alla Regione Abruzzo che insieme a diverse regioni (fra cui Lombardia, Campania e Veneto) aveva presentato ricorso. Lo ha reso noto il Sottosegretario alla Presidenza della Regione Abruzzo, Mario Mazzocca. In sostanza la Consulta ha stabilito che, trattandosi di materia  concorrente, non fosse competenza esclusiva dello Stato – senza alcun  coinvolgimento delle Regioni – emanare il “Disciplinare  tipo per il  rilascio e l’esercizio dei titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel  mare territoriale e nella piattaforma continentale” contenuto nel  Decreto del Ministero per lo Sviluppo Economico del 7 dicembre 2016. Soddisfazione ha espresso Mazzocca secondo il quale si riapre ora una  partita “il governo considerava chiusa, con un provvedimento che  toglieva alle Regioni, e con esse alle comunità locali,  ogni possibilità di intervento sulle politiche energetiche”. “Siamo soddisfatti perché la Corte Costituzionale sulla questione delle trivelle ha sancito l’autonomia dei territori e il ruolo delle Regioni che non possono essere espropriate su decisioni così importanti”.Questo il commento del presidente del Consiglio regionale della Campania, Rosa D’Amelio, e del presidente della Commissione Ambiente del Consiglio regionale, Gennaro Oliviero, alla sentenza della Consulta su alcuni articoli contenuti nello Sblocca Italia.
“La sentenza della Corte – spiegano D’Amelio e Oliviero – ha chiaramente indicato che l’estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi sia un tema in cui debba rientrare anche la competenza regionale, così come noi chiedevamo. Con le altre Regioni abbiamo presentato un ricorso, rivendicando la partecipazione dei territori alle decisioni che riguardano alcuni temi come quello ambientale, dove devono ridiventare protagonisti gli enti locali come i Comuni interessati. E non a caso occorreva porre rimedio al depotenziamento del ruolo delle Regioni e degli enti locali proprio in sede di approvazione del piano delle aree per le attività di ricerca e di estrazione degli idrocarburi, tenuto conto che il bacino idrografico dell’appennino campano poteva essere nel lungo periodo seriamente compromesso”.La sentenza, concludono, “ha per questo una valenza molto forte affinché si possa tutelare allo stesso tempo l’ambiente e la partecipazione dei territori in scelte delicate di politica energetica”.

Con gli articoli 37 e 38 dello “Sblocca Italia” si è attribuito, tra l’altro, al Ministero dello Sviluppo economico il compito di predisporre un piano delle aree in cui sono consentite le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale senza prevedere la necessaria acquisizione dell’intesa con la Regione interessata. È stato previsto, inoltre, che venisse richiesta alla Regione la necessaria intesa al rilascio del titolo concessorio unico per le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, solo se tali attività si svolgono sulla terraferma e non anche in mare. Secondo le Regioni che hanno portato questa battaglia alla Corte Costituzione in questo modo si sarebbe lesa la competenza legislativa regionale previste dall’articolo 117 della Costituzione in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, oltre che quelle di governo del territorio, nonché le competenze amministrative delle Regioni in base al principio di sussidiarietà stabilito nell’articolo 118 della Costituzione.

 

Fonte: ecodallecitta.it

Dal Ministero 11 milioni per misure anti-smog. Ecco la lista degli interventi finanziabili per Regioni, Comuni e Città Metropolitane

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Regioni e Comuni oltre i 100mila abitanti possono fare richiesta dopo 5 giorni di superamento di Pm10 per azioni come fornitura di biglietti gratis o a tariffa agevolata del tpl, corse aggiuntive e ampliamento linee, agevolazioni bike e car sharing, percorsi sostenibili casa-scuola e casa-lavoro. Arrivano oltre 11 milioni di euro per le Regioni, i comuni e le città metropolitane che, a seguito del protocollo anti-smog del 30 dicembre 2015, hanno attivato misure d’emergenza per la qualità dell’aria nell’ambito del trasporto pubblico locale e della mobilità condivisa. Lo stabilisce un decreto del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, registrato dalla Corte dei Conti e pubblicato sul sito del ministero, che disciplina il programma di cofinanziamento degli interventi che si sono resi necessari nelle città a gestire le situazioni critiche derivate da superamenti continuativi di valori limite di Pm10.

“Nel protocollo sulla qualità dell’aria – spiega il ministro Galletti – abbiamo scelto la strada della programmazione ad ampio raggio, ben consapevoli però che tanti comuni hanno avuto, e ne avranno ancora, bisogno di misure di immediata attuazione per far fronte alle difficoltà. Questo cofinanziamento è un sostegno effettivo e insieme una spinta a far meglio sulla strada della pianificazione”.

Gli 11 milioni e 253 mila euro andranno agli enti che ne faranno richiesta, avendo superato per almeno cinque giorni consecutivi il valore limite giornaliero. La lista degli interventi finanziabili la fa un decreto a firma del direttore generale “Rifiuti e Inquinamento” Mariano Grillo: la fornitura di biglietti gratis o a tariffa agevolata del trasporto locale, il finanziamento di corse aggiuntive e l’ampliamento delle linee, le agevolazioni per il noleggio e l’utilizzo di auto elettriche, il bike e il car sharing, il taxi condiviso, azioni per favorire lo spostamento sostenibile casa-scuola e casa-lavoro quali il piedibus e le navette, le tariffe gratuite per i parcheggi di interscambio, la promozione del telelavoro.

Per leggere il decreto che spiega in dettaglio modalità e requisiti per il finanziamento clicca qui.

Fonte: ecodallecitta.it

Inceneritori, 5 Regioni contro. Ma il governo va avanti

È passato con il sì di 15 Regioni e il no di 5 il cosiddetto “decreto inceneritori”, con cui il governo punta a costruire in Italia altri nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti. Un paese, il nostro, piantato nelle paludi degli interessi privati!inceneritori_decreto

Dalla conferenza Stato Regioni è uscito il sì al decreto inceneritori del governo Renzi (DPCM attuativo dell’articolo 35 del decreto legge 133/2014 che individua gli inceneritori considerati strategici a livello nazionale), ma non all’unanimità. Quindici Regioni hanno detto sì e 5 un no secco. Queste ultime sono Lombardia, Marche, Umbria, Abruzzo e Molise. Tutte le altre stanno agli “ordini” ma… con una foglia di fico: hanno condizionato l’ok all’accoglimento di un emendamento che introduca nel decreto il passo secondo cui possano essere le Regioni a decidere l’effettiva realizzazione e pianificazione degli impianti sulla base dell’evoluzione dei piani regionali di raccolta differenziata. Molti pensano che si tratterà soltanto di una mera ratifica di quanto deciso ai piani “più alti”… Intanto le associazioni ambientaliste si sono dichiarate profondamente deluse dal decreto. «Punti critici e ipotesi irricevibili»: questo in sintesi il commento di Zero Waste Italy, Fare Verde, Greenpeace, Legambiente e WWF Italia. Non bisogna dimenticare che il decreto era già respinto nel settembre scorso grazie alla mobilitazione delle associazioni e a un vasto fronte di Regioni che ne avevano rigettato l’impostazione e il disegno. «Il decreto, pur riducendo gli impianti cosiddetti strategici da 12 a 9, conferma gli assunti erronei pro-inceneritori di quello precedente. Si continua a puntare sull’incenerimento quando l’andamento della produzione di rifiuti solidi urbani è da anni in calo. E si presuppone che per corrispondere alle necessità di trattamento del rifiuto, obbligo previsto dalla Direttiva 99/31 sulle discariche, sia necessario far passare il rifiuto urbano attraverso sistemi di trattamento termico. Ma non è così, e lo ribadiamo al Ministro dell’Ambiente Galletti, che con questo assunto testimonia il suo sbilanciamento a favore dell’incenerimento, in contrasto con le sue dichiarazioni pubbliche».

Il nuovo decreto sull’incenerimento

«L’unica novità rispetto alla bozza dell’agosto scorso è l’eliminazione dei 3 nuovi inceneritori previsti al Nord (Piemonte, Veneto, Liguria). Per il resto viene confermata la previsione di 9 nuovi inceneritori nelle altre regioni già individuate (oltre all’ampliamento di un paio in Puglia e Sardegna) – spiegano le associazioni – Non vi è alcuna connessione logica con gli scenari incrementali previsti dal nuovo Pacchetto europeo sull’Economia circolare pubblicato il 2 dicembre 2015. Non vi è nessuna revisione dei calcoli per le Regioni con nuove programmazioni in corso di preparazione. Viene introdotto all’articolo 6 un comma che prevede la possibilità di revisione periodica delle previsioni del Decreto, ma solo “in presenza di variazioni documentate”, dunque solo a consuntivo e non in base alle previsioni delle programmazioni regionali per il futuro. In un altro comma dell’articolo 6 viene prevista la possibilità di tenere in considerazione anche “le politiche in atto relative alla dismissione di impianti (…) per le sole Regioni (…) caratterizzate da una sovraccapacità di trattamento (…)”: si tratta di un comma che intendeva evidentemente depotenziare il conflitto istituzionale con la Lombardia, ove il caso della sovraccapacità è clamoroso, ma senza alcuna coerenza».

Fonte: ilcambiamento.it

Efficienza energetica: 15 milioni stanziati ai Comuni delle Regioni Convergenza

Oltre 240 i Comuni candidati. L’importo di 15 milioni di euro è stato assegnato nel giro di poche settimane

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È stata completata l’assegnazione delle risorse finanziarie, pari a 15 milioni di euro, previsto dall’avviso pubblico CSE – Comuni per la sostenibilità e l’efficienza energetica. L’Avviso pubblico agevola con contributi a fondo perduto progetti di efficientamento o produzione di energia sugli edifici delle Amministrazioni comunali delle Regioni Convergenza che, secondo le prescrizioni di una diagnosi energetica effettuata preliminarmente, hanno acquisito tramite il Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione (MePA) i prodotti e i servizi indicati dallo stesso.
In poche settimane sono state ammesse istanze per l’intero importo di 15 milioni di euro, che costituivano la dotazione finanziaria complessiva. Sono stati oltre 240 i Comuni ad essersi registrati sulla piattaforma informatica per la presentazione delle richieste di concessione del contributo al MiSE DG MEREEN, Autorità di Gestione del POI, e oltre 150 istanze sono state ammesse alle agevolazioni.

Fonte: ecodallecitta.it

Efficienza energetica: dal MiSE 100 milioni per le Regioni Convergenza

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Il Ministero dello Sviluppo Economico ha predisposto un bando per il finanziamento di programmi integrati d’investimento finalizzati alla riduzione ed alla razionalizzazione dell’uso dell’energia primaria utilizzata nei cicli di lavorazione e/o di erogazione dei servizi svolti all’interno di unità produttive esistenti e localizzate in una delle Regioni Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia). Il bando, che è stato realizzato nell’ambito del POI Energie Rinnovabili e Risparmio Energetico FESR 2007/13, favorirà programmi d’investimento che prevedano il cambiamento fondamentale del processo di produzione tale da ottenere una riduzione nominale dei consumi di energia primaria. Il valore degli investimenti dovrà essere compreso tra 30.000 e 3 milioni di euro. I lavori dovranno essere ultimati entro 12 mesi dalla data del provvedimento di concessione. Il decreto ministeriale di disciplina del Bando (Decreto ministeriale 5 dicembre 2013), in corso di registrazione alla Corte dei Conti, è disponibile da oggi, 22 gennaio 2014, oltre che sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico, anche nei siti del POI Energia e di Invitalia. Le risorse finanziarie disponibili per la concessione degli aiuti sono pari a cento milioni di euro a valere sulle risorse del POI Energie. Il Ministero ha comunicato che con un successivo decreto del Direttore generale per l’incentivazione alle attività imprenditoriali saranno indicati il termine di apertura e le modalità per la presentazione delle domande di agevolazione, nonché le condizioni, i punteggi e le soglie minime per la valutazione delle domande stesse.

Fonte: Legambiente.it

Regioni ed enti locali pronti a rilanciare l’Italia con un “green plan”

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Sono 360.000 le aziende (il 23% del totale) che negli ultimi tre anni hanno investito in tecnologie ‘green’ e 240.000 posti di lavoro (il 38% delle assunzioni del 2012) sono stati creati da imprese della green economy. Per cogliere questa opportunità, Regioni ed enti locali hanno elaborato un documento programmatico che individua un percorso scandito in 5 punti: programmazione dei Fondi strutturali per sviluppare l’innovazione nelle imprese e nei territori; mercati verdi pubblici e privati; credito e fiscalità ambientale; sviluppo di partnership pubblico-privato; tutela e valorizzazione dei territori. Un “Piano verde” per rilanciare l’Italia che è stato presentato in occasione di “Regioni ed Enti Locali per la green economy”, tema della decima e ultima assemblea programmatica nazionale in preparazione degli Stati Generali della Green Economy organizzati dal Consiglio Nazionale della Green Economy, in collaborazione con i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico e con il supporto tecnico della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (6 e 7 novembre a Rimini nell’ambito di Ecomondo). ”La green economy – osserva il coordinatore del gruppo di lavoro, Gian Carlo Muzzarelli – è un processo complesso che non rappresenta solo il passaggio da un’economia tradizionale a un’economia più verde, ma presuppone un cambiamento radicale nella struttura, nella cultura e nelle pratiche che caratterizzano la società. E questo cambiamento sarà tanto più radicale quanto più potrà essere generato dal territorio e dalle comunità locali che interpretano più velocemente e più capillarmente i bisogni di una società in evoluzione”. Ed ecco i 5 punti nello specifico. Nel ciclo 2007-2013 i fondi strutturali (Fesr, Fse e Feasr) hanno messo a disposizione risorse a livello nazionale pari a circa 66 miliardi di euro intercettando settori che rientrano nel campo della green economy. Per rafforzare un percorso verde dei Fondi, il documento propone che le Regioni convergano nel proporre misure coordinate a livello nazionale sulla green economy ; si coordinino per implementare un sistema di monitoraggio omogeneo; si utilizzino risorse per intervenire sulla Capacity Building degli Enti locali. Mercati verdi pubblici e privati: nel 2010 la spesa della Pa per acquisto di prodotti e servizi ammontava al 16,3% del Pil (per una spesa di circa 252 miliardi di euro). Gli acquisti verdi pubblici e privati di beni e servizi rappresentano una leva di rilancio in chiave green del sistema produttivo e l’evoluzione green degli appalti pubblici. Il documento propone di agevolare il raggiungimento dell’obiettivo del 50% di appalti verdi; promuovere la formazione di addetti ai lavori e del consumatore. Credito e Fiscalità ambientale: il documento propone di dare orizzonte temporale pluriennale agli strumenti di incentivo più efficaci come il bonus fiscali del 65% e 55%; riformulare il mix di strumenti fiscali per privilegiare la produzione e il consumo eco-compatibile; sviluppare forme di fiscalità proporzionali all’effettivo sfruttamento delle risorse ambientali ed energetiche; intervenire sulla disciplina del rapporto tra Enti Locali ed Esco al fine di favorire la realizzazione di interventi di efficienza energetica del patrimonio pubblico; attivare nuovi strumenti e prodotti finanziari. Per quanto riguarda lo sviluppo di partnership pubblico-privato, Regioni ed enti locali possono assumere un ruolo strategico. Le proposte per questo capitolo prevedono di dare impulso a livello nazionale per la trasformazione dei distretti industriali in eco-distretti; di stabilire e incentivare forme di partecipazione pubblico private che facilitino la ricerca e lo sviluppo di innovazione green; di sostenere attività specifiche per la valorizzazione dei prodotti italiani anche sotto il profilo della qualificazione ambientale. Infine, la tutela e la valorizzazione dei territori: il documento propone di definire meccanismi e strumenti per sbloccare la possibilità di intervento degli enti locali consentendo, ad esempio, di derogare al patto di stabilità per spese di interventi di prevenzione, tutela e messa in sicurezza del territorio; prevedere idonee premialità per gli Enti pubblici in grado di dimostrare il proprio impegno al miglioramento degli aspetti ambientali, territoriali e paesaggistici; applicare per la gestione integrata dei rifiuti la direttiva quadro 98/08/CE e il principio di responsabilità del produttore; finanziare progetti sperimentali per favorire nuove opportunità di sviluppo economico sostenibile dei territori.

Fonte: Adnkronos.it

Le Regioni all’UE: sostenere efficienza e rinnovabili su scala locale

Il Comitato delle Regioni Ue chiede maggiori strumenti economici a sostegno delle iniziative locali in materia di fonti rinnovabili ed efficienza energetica376054

Migliorare il quadro normativo, rafforzare gli strumenti economici e creare un sistema più coerente di sostegno per potenziare l’efficienza energetica e la produzione di energia sostenibile a livello locale. Sono queste le richieste emerse oggi alla conclusione della Conferenza ‘Un’Europa efficiente’, organizzato a Vilnius dal Comitato delle Regioni Ue. ”E’ indispensabile – sottolinea Ugo Cappellacci, governatore della Sardegna e Presidente della Commissione Ambiente, cambio climatico ed energia del Comitato delle regioni – ribadire il ruolo dei governi regionali e locali a cui poi spettano le azioni concrete per raggiungere gli obiettivi di contenimento dei consumo e di produzione di energia sostenibile” fissati dalla Ue per il 2020. ”Per raggiungere questi obiettivi – continua Cappellacci – è fondamentale dare il massimo sostegno alle numerose iniziative per l’efficienza energetica avviate e quelle da avviare a livello locale e regionale”. Proprio sul fronte delle risorse, reso ancor più difficile dalla crisi, la vicepresidente del Comitato delle Regioni Mercedes Bresso riconosce che per le ”regioni italiane si tratta di una grossa sfida” ma in cui non mancano ”le opportunità: i fondi Ue che dovranno servire anche a migliorare la gestione delle risorse energetiche”. Bresso ha inoltre sottolineato l’importanza di ”aumentare la cultura ambientale dei nostri amministratori, che spesso considerano la politica ambientale un dire ‘no’ a tutto”. Durante la Conferenza, anche occasione di scambio di buone pratiche, Cappellacci ha illustrato il programma Sardegna CO2.zero, forte di ”decine e decine di comuni che hanno partecipato al bando ‘Smart City – Comuni in classe A’, per l’efficientamento energetico, dell’assistenza per lo sviluppo del Piano energia sostenibile e quindi della sua realizzazione con i fondi Jessica”, dotato di 35 milioni di euro. Quindi il governatore ha sottolineato il ”progetto straordinario di riconversione della chimica a Porto Torres, che punta a divenire leader in Europa per la chimica verde”.  Le conclusioni raccolte a Vilnius confluiranno in un documento sulla revisione della Strategia Europa 2020 che il Comitato delle Regioni metterà a punto nel suo prossimo incontro di Atene nel marzo 2014. (ANSA)

Fonte: eco dalle città

 

Mare, l’allarme di Goletta Verde: un punto inquinato ogni 57 km di costa italiana

Le analisi di Legambiente confermano l’aumento dell’inquinamento delle spiagge italiane: c’è un punto inquinato ogni 57 chilometri di costa.foce-arno-pisa

Sono almeno 130 i punti inquinati dalla presenza di scarichi fognari non depurati sulle coste italiane,uno ogni 57 chilometri. E’ questo il triste bilancio dello studio condotto da Goletta Verde di Legambiente in questi ultimi due mesi, 60 giorni in cui gli esperti hanno girato il Paese in lungo e largo e effettuato 263 analisi microbiologiche in altrettanti punti costieri. Quasi il 50% dei punti monitorati negli oltre 7.400 chilometri di costa è risultato inquinato e oltre l’80% – parliamo di 104 punti costieri – è stato giudicato fortemente inquinato con picchi che presentavano una concentrazione di batteri fecali di oltre il doppio rispetto a quanto consentito. Tra le cause principali di questo aumento dell’inquinamento delle nostre acque ci sono la maladepurazione, le estrazioni petrolifere, l’abusivismo, il consumo di suolo costiero, le grandi navi e le bonifiche da attività militari. I punti più critici sono risultati essere le foci di fiumi, dei torrenti e dei canali, dove l’imbarcazione ambientalista ha rilevato il 90% dei punti critici. I 130 punti inquinati sono sparsi più o meno equamente in tutte le regioni costiere: 19 sono in Campania, 17 in Puglia, Calabria e Lazio, 12 in Sicilia e 11 in Liguria (11). E la situazione non più che peggiorare, in special modo nel Mezzogiorno. Come precisato da Legambiente,

Si rischia di perdere ben 1,7 miliardi di euro dei fondi Cipe destinati alla costruzione e all’adeguamento degli impianti che sono in scadenza a dicembre. Come se non bastasse, inoltre, ci prepariamo anche a far pagare ai cittadini italiani multe milionarie da parte dell’Unione europea per l’incapacità di gestire il ciclo delle acque reflue. Soldi che invece potrebbero essere investiti per aprire nuovi cantieri per la depurazione.

Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente, ha precisato che le soluzioni esistito, è l’impegno politico che manca:

Realizzare sistemi efficienti e moderni deve trasformarsi in una priorità nell’agenda politica italiana. E’ l’ennesima vergogna che questo Paese non merita. Non si tratta più soltanto di difendere fiumi e mari, vera grande risorsa di questa nazione, ma ne va dell’intera economia nazionale, buona parte della quale e’ basata sul turismo.

L’allarme acquista ancor più valore se consideriamo che tra i punti più critici emersi dall’analisi di Legambiente molti di questi vengono presi d’assalto dai bagnanti, ignari del reale livello di inquinamento delle acque in cui si immergono:

Il 35% dei punti presi in analisi, inoltre, risultano del tutto non campionati dalle autorità preposte anche se spesso questi tratti, pur trovandosi in corrispondenza di foci e canali, sono comunque frequentati da bagnanti. Motivo per cui è imperativo che le autorità introducano o intensifichino i controlli anche in prossimità di queste possibili fonti di inquinamento.

Fonte: Goletta Verde

 

Camerun, l’habitat degli scimpanzé minacciato dalla diffusione dell’olio di palma

Greenpeace denuncia i progetti dell’americana Herakles Farm che vorrebbe deforestare in Camerun per piantare olio di palma, mettendo a rischio l’habitat di scimpanzé, babbuini e altre specie di scimmie rareScimpanzè-Camerun-586x318

La fame occidentale per l’olio di palma sembra non conoscere limiti: dopo aver devastato Malesia e Indonesia, ora ci si rivolge all’Africa. L’azienda americana Herakles farm vorrebbe distruggere lotti di foresta in Camerun per produrre il contestato olio pieno di grassi saturi (1). Lo denuncia Greenpeace, che contesta le affermazioni della Herakles secondo cui i terreni di coltura della concessione Nguti sarebbero già deforestati e di scarso valore naturalistico. Le rilevazioni aeree e le visite sul campo effettuate dall’associazione ambientalista mostrano invece che il territorio interessato (2) è ricchissimo di specie animali e vegetali, tra cui numerosi primati, in particolare lo scimpanzé, il mandrillo e il colobo rosso di Preuss. Il fatto è confermato anche da uno studio congiunto di un’università camerunense e tedesca. Negli ultimi 20 anni la domanda europea di olio di palma è cresciuta di circa 5 volte; è davvero una pia illusione pensare che tutto questo olio  possa esse prodotto nelle regioni equatoriali in modo “sostenibile” senza danneggiare l’ambiente.  (1) L’olio di palma contiene il 50% di grassi saturi, più o meno come il lardo suino. Lo si può vedere nel database nutrizionale USDA o semplicemente leggendo le etichette dei prodotti alimentari (biscotti, grissini, fette biscottate ecc), in cui i grassi saturi sono sempre la metà del totale. (2) L’area si trova nell’interstizio tra quattro parchi nazionali, di cui il più importante (”A” sulla mappa) è il parco di Korup, che si unisce al Cross River park nigeriano oltre confine.

Fonte: ecoblog