Nucleare, negli Stati Uniti sarebbero difettosi tutti e 104 i reattori

Secondo Gregory B. Jaczko, ex-chairman della“Nuclear Regulatory Commission”, l’organo statunitense che si occupa di sovrintendere alla sicurezza degli impianti, tutti i reattori nucleari presenti negli Stati Uniti sarebbero difettosi e avere problemi di sicurezza.3596889720_f52826d665_z-586x390

I 104 impianti a stelle e strisce in funzione sul territorio americano sarebbero, secondo Jaczko, sostanzialmente irrecuperabili: impensabile infatti trovare una sostituzione, andrebbero tutti sostituiti con impianti più moderni e sicuri; altrettanto impensabile però sarebbe chiuderli tutti: le ripercussioni energetiche su tutto il suolo statunitense sarebbero incalcolabili. Occorre però fare assolutamente qualcosa per scongiurare una Chernobyl americana: chiuderli tutti insieme, è il parere dell’ex presidente della commissione sul nucleare, sarebbe poco pratico ma bisognerebbe scaglionarli invece che cercare di prolungare la loro vita. Il tema sicurezza nucleare negli Stati Uniti non è nuovo: il genio di Matt Groening è arrivato persino ad esorcizzarlo nel famoso cartone animato The Simpson e da molti anni numerose associazioni ambientaliste cercano di portare il problema all’attenzione di tutto il paese. Questa volta, anche se il New York Times sottolinea alcune questioni che vi riporteremo più avanti, l’allarme proviene da chi ha guidato la Nuclear Regulatory Commission fino all’anno scorso: Jaczko infatti, nominato nella Commissione da George W. Bush jr nel 2005, ne è arrivato al vertice solo nel 2009. Dopo le sue dimissioni sembrerebbe un nuclearista redento,lui stesso ha dichiarato:

Sono arrivato a questa conclusione solo recentemente.

mentre secondo il New York Times

Non è comune che un ex presidente di una commissione nucleare critichi in questo modo la sicurezza di un’industria che fino a poco prima era incaricato di assicurare.

La questione sta più o meno così. I tre anni di presidenza Jaczko in Commissione sono stati caratterizzati da costanti polemiche, sopratutto sui suoi modi di fare con i collaboratori e le aspre battaglie aperte con il Congresso; molti subordinati infatti hanno pubblicamente accusato Jaczko di nascondere loro informazioni, di aver esercitato mobbing su alcune dipendenti di sesso femminile, di aver creato un ambiente lavorativo “freddo” e, sopratutto, di aver minato numerose capacità di funzionamento dell’agenzia stessa. Il suo carattere è stato al centro di un aspro dibattito anche all’interno del Congresso, che si è diviso tra chi lo accusava di mal gestire l’intera agenzia e chi invece sosteneva che i problemi fossero solo di natura relazionale con i colleghi ed i subalterni: in molti si sono lamentati di Jaczko quando, immediatamente dopo il disastro giapponese di Fukushima, avrebbe chiuso in fretta e furia ogni dibattito sulla sicurezza degli impianti nucleari americani. La battaglia più famosa, vinta, dall’ex chairman riguarda la strenua opposizione al progetto di smantellamento delle scorie radioattive nella Yucca Mountain in Nevada (accantonato dall’amministrazione Obama anche grazie alle battaglie di Herry Reid, senatore democratico per il quale Jazcko ha lavorato precedentemente), cosa che però è stata bollata dal Government Accountability Office come

rinuncia politica e non tecnica.

Dal canto suo Jaczko ha sostenuto un colpevole lassismo da parte dell’agenzia proprio sulla questione sicurezza: accusando alcuni membri di aver atteso decenni per risolvere alcuni problemi, Jaczko ha promosso un nuovo approccio ad esempio sulla sicurezza antincendiomandare in giro, a turni regolari, i lavoratori a sniffare l’aria per captare odore di fumo (no, non sto scherzando). Visti i precedenti piuttosto recenti dunque le dichiarazioni di Jaczko sulla sicurezza nucleare americana vanno prese con le dovute precauzioni; secondo l’ex chairman della Nuclear Regulatory Commission molti degli impianti cui è stata concessa l’autorizzazione ad operare per ulteriori 20 anni (40 anni quelli previsti all’inizio) non arriveranno al limite dei 60 anni: andrebbero dunque chiuse. Il rischio è invece che le aziende proprietarie dei reattori possano, e riescano ad ottenere, un’ulteriore autorizzazione all’utilizzo del reattore, fino ad un totale di 80 anni. Prendendo ad esempio Fukushima il dott. Jaczko ha spiegato che il futuro del nucleare è in piccoli impianti di breve vita, il cui calore non raggiunge temperature capaci di fondere le barre del combustibile nucleare.

Fonte: Ansa

 

Fukushima, a due anni dal disastro nessuna compensazione per le vittime

A due anni dal disastro nucleare a Fukushima la situazione è ben lungi dall’essere stata risolta. Da Greenpeace i report con tutti i dati: “ancora nessuna compensazione per le vittime”. E intanto Legambiente promuove l’appello lanciato da un gruppo di donne giapponesi e invita tutti a inviare messaggi di solidarietà su Twitter.

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Due anni fa, l’11 marzo 2011 si verificava il disastro di Fukushima, il secondo più grave della storia dell’industria nucleare dopo Cernobyl. Sono 160 mila i cittadini che sono stati evacuati forzatamente e decine di migliaia quelli che lo hanno fatto volontariamente. Vite distrutte, senza che ancora una sola persona abbia avuto una compensazione adeguata per i danni sofferti. A loro sono dedicate le iniziative intraprese in questi giorni da Greenpeace in varie parti del mondo. Secondo il nuovo rapporto di Greenpeace “Fukushima Fallout” non solo la responsabilità civile di chi fornisce le tecnologie nucleari è pari a zero – dunque chi ha fornito i reattori o le componenti tecnologiche non è legalmente chiamato a rispondere in caso di incidente – ma paradossalmente due delle imprese che hanno fornito le tecnologie che hanno contribuito a provocare l’incidente – Toshiba e Hitachi – sono coinvolte nelle operazioni di bonifica, dunque lucrano su un incidente di cui sono in qualche modo corresponsabili.

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A fronte di un danno stimato fino a 169 miliardi di euro, è stata nazionalizzata l’azienda proprietaria dell’impianto: a pagare il conto saranno i contribuenti giapponesi. Se guardiamo le convenzioni sulla responsabilità civile in campo nucleare, vediamo che o esistono limiti molto ridotti alle compensazioni cui è tenuta l’azienda esercente dell’impianto oppure di fatto non esistono strumenti finanziari di protezione. Nel caso di catastrofe nucleare a pagare sono i cittadini, sia in termini di salute e distruzione delle loro vite che economici. A Fukushima la situazione è ben lungi dall’essere stata risolta: la catena alimentare contaminata, enorme la quantità di rifiuti radioattivi provenienti dalle operazioni di bonifica (29 milioni di metri cubi), lunghi i tempi e i costi dello smantellamento dei reattori, la cui situazione è tuttora precaria con grandi quantità di acqua radioattiva di raffreddamento da dover stoccare. In Europa, il progetto del reattore nucleare francese EPR – che doveva coinvolgere anche l’Italia con quattro reattori – ha finalmente rivelato il suo costo: 8,5 miliardi di euro – non i 3,2-3,5 con cui era stato proposto in Finlandia e poi in Italia propagandato da Enel, che è di recente dovuta uscire dal progetto di Flamanville in Francia per i costi esorbitanti. L’azienda francese EDF per costruire reattori nel Regno Unito chiede un acquisto garantito dell’elettricità per 40 anni a un prezzo circa doppio di quello attuale. Un sussidio economico che dura persino più di quello concesso alle rinnovabili. L’industria nucleare dunque non solo non paga per i danni che provoca, ma è un vicolo cieco dal punto di vista delle prospettive future. Esistono alternative più sicure e pulite su cui basare un futuro sostenibile.

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Intanto Legambiente promuove l’appello lanciato da un gruppo di donne giapponesi e invita tutti a inviare messaggi di solidarietà su Twitter, con l’hashtag #rememberFukushima e su http://www.acandleforfukushima.com. “A due anni dal disastro di Fukushima – dichiara in una nota l’associazione – mentre 160 mila persone sono ancora costrette a vivere lontano da casa per le radiazioni (e molte non ci torneranno mai più), il governo giapponese vuole riaccendere le centrali atomiche, riaprire quelle spente in seguito al disastro di Fukushima e realizzarne di nuove”. Nel secondo anniversario della tragedia nucleare giapponese, Legambiente si unisce quindi all’appello delle donne di Fukushima contro le centrali perché, come recita l’appello: “Nessuna dichiarazione di cessato allarme del governo né la sua promessa dell’energia nucleare più sicura del mondo potrà mai restituirci le vite perdute, le famiglie frammentate, gli amici strappati, le abitazioni, il lavoro, la salute e la pace interiore devastati, né la nostra amata Fukushima….”. Gli italiani con il referendum del 2011 hanno espresso chiaramente la loro volontà contro l’utilizzo dell’energia nucleare. Ma l’impegno italiano non può fermarsi entro i nostri confini: è importante continuare a lottare fino a quando l’ultima centrale nel mondo sarà spenta. Per questo, nel secondo anniversario del disastro di Fukushima, Legambiente, insieme a ‘Semi sotto la neve’, aderisce e promuove in Italia l’appello delle donne giapponesi e invita tutti a far arrivare un messaggio di solidarietà ai bambini, alle donne e agli uomini di Fukushima che continuano a soffrire, e a tutto il popolo giapponese, con l’augurio che anche loro possano liberarsi presto delle loro pericolose centrali nucleari.

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“Le alte concentrazioni di cesio 137 rinvenute nei giorni scorsi nei cinghiali in val Sesia mostrano inequivocabilmente la durata nel tempo e la gravità dei danni del nucleare – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza-. Continuare a percorrere la strada dell’atomo oggi risulta illogico, vista la possibilità di utilizzare le nuove tecnologie rinnovabili in grado di sostituire in modo più sicuro e pulito le centrali nucleari e di condurci sulla via dell’uscita anche dalle fonti fossili”. “La tragedia nucleare di Fukushima – spiega Angelo Gentili, responsabile nazionale Legambiente solidarietà – ha molte similitudini con l’incidente avvenuto ventisei anni fa a Chernobyl. Non soltanto per la mancanza di informazioni nei confronti delle popolazioni locali e per la mancanza di un monitoraggio costante sulla presenza delle radiazioni, ma anche per la diffusa contaminazione e la dissennata e inconcepibile scelta di continuare a utilizzare l’atomo senza un forte e significativo segnale di tutela della salute dei cittadini. Questo dimostra che occorre una pressione molto forte da parte dei movimenti antinuclearisti di tutto il mondo per fare chiarezza e cercare di arrestare questa scelta inconcepibile”.

Fonte: il cambiamento