Ecoreati: il Senato approva il ddl, ora tocca di nuovo alla Camera

Il lungo iter del disegno di legge sui reati ambientali sembra non finire mai: ora toccherà (nuovamente) alla Camera, previste pene più severe. Ieri l’Aula del Senato ha approvato il disegno di legge cosiddetto “ecoreati”: il testo è stato modificato in questo suo secondo passaggio, dovrà ora tornare alla Camera per ottenere il via libero definitivo e diventare così legge. Di ecoreati e di nuovi reati ambientali si parla da anni ma una legge ad hoc è ancora lontana dal vedere la luce, a meno che i deputati della Repubblica non siano celeri nel rivalutare positivamente il testo così come uscito dal Senato: si chiama bicameralismo, baby. Il problema è che nel frattempo si continua ad inquinare e a devastare molti territori (e si continuerà a farlo), cosa possibile grazie alla manica larga del codice penale in materia di reati ambientali. Nel testo uscito dal Senato la prima novità è l’istituzione di una nuova fattispecie di reato, relativo ai delitti contro l’ambiente, che comprenderà l’inquinamento ambientale, il disastro ambientale, il traffico e abbandono di materiale radioattivo e l’impedimento al controllo. Le sanzioni, in questo caso, vanno dai 2 ai 6 anni. Il problema (non da poco) è che viene lasciato tutto a discrezione del magistrato: dalle quantità di materiale ritenuto pericoloso (e quindi perseguibile per legge) alle eventuali pene. Se ne discuteva anche ieri in Aula, con qualche senatore che sollevava proprio la questione discrezionalità. Per il delitto di disastro ambientale sarà prevista una pena dai 5 ai 15 anni: come si legge nel testo, si intende per disastro ambientale l’alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema o l’alterazione la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali, ovvero l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza oggettiva del fatto per l’estensione della compromissione ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo. In totale il testo del ddl prevede quattro nuove fattispecie di reati ambientali: il delitto di inquinamento ambientale, il delitto di disastro ambientale, il delitto di traffico ed abbandono di materiale di alta radioattività e il delitto di impedimento del controllo. La norma introduce anche il divieto di esplosioni in mare per attività di ricerca e ispezione dei fondali.

“Da ministro dell’Ambiente mi recai nella Terra dei fuochi e mi assunsi come impegno quello di procedere verso una riforma complessiva della punibilità dei reati ambientali e mi pare che oggi si sia giunti a questo risultato. Il provvedimento non è soltanto un segnale politico. [..] non si tratta soltanto di un provvedimento che individua nuovi reati ma che consente anche per quei reati di carattere minore di estinguersi quando c’è una forma di collaborazione da parte di chi ha provocato questo danno ambientale, se è di contenuta entità.”

ha dichiarato il ministro della Giustizia, ex ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando.

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Fonte: ecoblog.it

Tonno radioattivo da zona di pesca FAO 71: è una bufala

E’ una clamorosa bufala l’alert lanciato in rete sul tonno proveniente dalla zona di pesca FAO 71fao71-620x350

Incuriosita da un messaggio lasciato in risposta a un post di Chicco Testa su Facebook (ebbene sì lo seguo!) scritto da Ferri Roberto e che lanciava il seguente alert:

Attenti al tonno coop, pescato in area FAO71 nell’ area di oceano sotto il giappone e quindi fukushima, fate girare!

ho deciso di approfondire. Ebbene ho subito scoperto che era una clamorosa bufala, ossia notizia ingannevole e falsa, come d’altronde rilevato già dall’ottimo Io leggo l’etichetta. Dunque, non c’è nessun allarme per il tonno proveniente dalla zona di pesca FAO 71, non è radioattivo e non proviene da Fukushima. Quel che invece sta accadendo è che da alcuni giorni impazzano segnalazioni preoccupate che avvertono di non consumare tonno inscatolato pinna gialla di alcuni marchi (tra cui Coop e Asdomar) con provenienza zone di pesca FAO 71 e FAO 61.

Come pure fa notare Io leggo l’etichetta, questo allarme è ingiustificato:

L’allarme è fuorviante e ingannevole perché vengono messe in relazione due zone diverse: la 61 che riguarda Oceano Pacifico del Nord Ovest, zona che comprende l’area del Giappone, dove non viene pescato il tonno qualità pinne gialle commercializzato e venduto in scatola in Italia, con la zona 71 antistante Filippine, Indonesia, Papua Nuova Guinea e Australia del Nord, questa si zona di pesca del tonno pinne gialle, ma distante migliaia di km di distanza dalla zona del disastro nucleare. Inoltre i tonni pinne gialle della zona 71 non sono più economici dei tonni pinne gialle pescati nelle zone ad esempio 51 e 57 dell’Oceano Indiano. La zona di Pesca FAO 71 copre il Pacifico Occidentale Centrale di fronte le Filippine, Papua Nuova Guinea, Indonesia e Australia del nord. Le altre zone di pesca sono appunto la zona FAO 51 e Zona FAO 57 ossia nell’Oceano indiano dunque davvero molto distanti dal mare di Fukushima e più vicine all’Australia. Peraltro questa bufala sta colpendo ingiustamente quelle aziende che in totale rapporto di trasparenza con i clienti hanno deciso di rendere nota la filiera di approvvigionamento delle loro materie prime. In merito al tonno Coop (che vedete in alto nella foto) ho chiesto spiegazioni a Claudio Mazzini responsabile di Sostenibilità, Innovazione e Valori di Coop, che in tempo reale mi ha risposto:

«Come Coop non acquistiamo né abbiamo mai acquistato tonno proveniente dalla zona FAO 61 – Oceano Pacifico del Nord Ovest, zona che comprende l’area del Giappone, l’unica dichiarata eventualmente a rischio, secondo quanto indicato dalla Unione Europea. Inoltre per i nostri prodotti a marchio Coop si utilizza il tonno a pinne gialle che non vive in quelle acque per via delle temperature troppo basse. Tale specie viene infatti pescato nelle calde acque tropicali degli oceani Indiano e Pacifico Occidentale Centrale, quindi in questo ultimo caso, lontano migliaia di kilometri dalle acque antistanti il Giappone. Sulla confezione dei prodotti Coop è indicata sempre sia la specie sia la zona di pesca». zonefao-650x300-620x300

Per capirci meglio la zona di pesca FAO 71 dista 4000 Km da Fukushima e nella zona di pesca FAO 61 si pesca il tonno rosso che è una specie diversa dal tonno a pinna gialla, e viene usato sopratutto dai giapponesi per la preparazione del Sashimi. L’Europa ha chiesto attenzione e controlli per il tonno rosso proveniente dalla zona di pesca FAO 61 per rilevare la presenza di Cesio 134 e Cesio 137. Da tener presente che noi il tonno rosso lo peschiamo nel Mar Mediterraneo. Infine, vorrei ricordare che il tonno di qualunque specie sia rischia l’estinzione per sovra sfruttamento della pesca, il che sta portando a tentativi di ripopolamento in itticoltura, impresa piuttosto complessa data l’enorme mole dei tonni mediterranei.

Fonte: ecoblog

Fukushima, “le radiazioni possono uccidere in 4 ore”

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La contaminazione alla disastrata centrale nucleare di Fukushima fa sempre più paura. Il livello di radiazioni nei pressi di tre serbatoi contenenti acqua contaminata nella centrale giapponese è infatti di 18 volte più alto rispetto al 22 agosto scorso, ovvero 1.800 millisievert all’ora. La legge giapponese fissa la soglia massima di esposizione alle radiazioni per i lavoratori delle centrali nucleari a 50 millisievert/ora. Il nuovo livello di radioattività è in grado di uccidere una persona esposta nel giro di quattro ore. Lo ha reso noto la Tepco che non esclude che l’aumento di radioattività sia dovuto ad infiltrazioni di acqua contaminata. Nelle scorse settimane la compagnia che gestisce l’impianto ha ammesso una perdita cronica di acqua sotterranea contaminata, più una fuoriuscita di 300 tonnellate di acqua da una cisterna. Il premier nipponico Shinzo Abe ha ribadito che il governo andrà avanti adottando tutte le misure necessarie per gestire le conseguenze del disastro nucleare, aggiungendo che predisporrà un piano per farlo “rapidamente”. Questa settimana il governo di Abe dovrebbe discutere questa settimana dei finanziamenti per la bonifica di Fukushima. Ieri intanto un milione di giapponesi hanno preso parte ad una gigantesca esercitazione per simulare un terremoto di magnitudo 9,1 e verificare la prontezza dei servizi d’emergenza. Dal 1960 ogni anno nel Sol Levante si celebra la Giornata nazionale per la prevenzione dei disastri per commemorare il terremoto del 1923 che provocò 100.000 morti. A due anni dal devastante sisma e tsunami del 2011, che causò anche l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima, il governo nipponico ha aggiornato le stime per il caso di un terremoto di magnitudo superiore ai 9 gradi, previsto entro 30 anni, che potrebbe provocare fino a 320.000 morti.

Fonte: il cambiamento

Allarme radioattività a Saluggia: fessure nelle vasche di stoccaggio, si teme per le falde acquifere

Nell’ottobre 2012 furono riscontrate due fessure in una vasca contenente liquidi radioattivi134025468-586x365

Se i cinghiali piemontesi sono radioattivi la colpa è di Chernobyl? L’Arpa in un report radiologico pubblicato lo scorso 24 aprile smentisce l’esistenza di un rapporto di causalità e aggiunge che le tracce di Cesio 137 rilevate sulle montagne piemontesi

non modificano in alcun modo il quadro di conoscenze sulla contaminazione radioattiva in matrici ambientali e alimentari derivante dai monitoraggi effettuati dopo l’evento di Chernobyl. Tracce di contaminazione da Cs137, con fenomeni di accumulo in particolari specie vegetali e animali, persistono nella nostra regione, ma non pongono alcun significativo rischio radiologico per la popolazione. In particolare, il costante monitoraggio della radioattività ambientale (in atmosfera e nelle altre matrici ambientali e alimentari) effettuato da Arpa Piemonte e dal sistema nazionale delle Agenzie per l’ambiente, consente di affermare con certezza che, dall’epoca di Chernobyl, non vi è stato nessun altro significativo contributo ai livelli di radioattività artificiali presenti nell’ambiente.

La radioattività c’è, ma secondo l’Arpa, i valori sono 500-1000 volte inferiori ai limiti di rischio per la salute umana. In provincia la vera preoccupazione sono, piuttosto, le notizie relative alla vasca di stoccaggio dell’impianto nucleare Eurex di Saluggia (Vc). Due sono le fessure rilevate nella vasca di stoccaggio delle scorie di quello che fu il primo reattore nucleare italiano. Fra la popolazione crescono i timori per la fuoriuscita di liquido radioattivo, tanto più che la zona è – insieme alla Lomellina – la “risaia d’Italia”. Un grande problema per la Sogin, la società statale incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza di tutte le scorie radioattive presenti in Italia. A Saluggia sono presenti 230 metri cubi di scorie radioattive allo stato liquido, barre di uranio sciolte per ricavare plutonio. Nell’ottobre 2012 sono state riscontrate due perdite in due fessure della vasca WP179: l’Arpa assicura che per il momento il fenomeno sembra essere circoscritto, ma ulteriori controlli saranno in grado di rilevare eventuali ripercussioni sulla falda acquifera, ovvero se Cesio 137 e Americio 241 siano penetrati nel fondo del terreno. Le fessure sono state scoperte quando la Sogin ha avviato i lavori per evitare che la vasca si riempisse di acqua piovana, in modo da scongiurare traboccamenti. Il Ministero dello Sviluppo Economico – ma non dovrebbe essere quello dell’Ambiente il più adatto a occuparsi della faccenda? – ha dichiarato che a causa degli elevati livelli di contaminazione della vasca si dovrà procedere al recupero del suo contenuto e proseguire il trattamento di liquidi e sedimenti come rifiuti radioattivi, con un sistema dedicato. La vasca, edificata mezzo secolo fa, non era stata realizzata per ospitare le scorie e servire da centro di deposito e stoccaggio. A completare il quadro, per niente rassicurante sono la prossimità con il fiume Dora Baltea e con l’acquedotto del Monferrato che serve ben 100 comuni della zona.

Fonte: Tutto Green | Quotidiano Piemontese

 

Cinghiali radioattivi, ultime notizie: è allerta anche per i funghi della Valsesia

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Non è certo stagione di funghi, ma dall’Istituto Zooprofilattico dell’Asl di Vercelli, il direttore Pier Luigi Cazzola lancia l’allarme per la prossima estate. I valori di cesio 137 fuori dalla norma sarebbero infatti attribuibili anche ai funghi della Valsesia, veri e propri recettori di radioattività e, soprattutto, alimento non disdegnato dai cinghiali. È chiaro che i controlli andavano fatti prima. E non stupiamoci se tra 300 anni troveremo ancora tracce del Cesio 137, l’isotopo fuoriuscito dalla centrale russa nel 1986 e che si è depositato nel terreno ha detto Cazzola, aggiungendo come dopo i test ai primi 27 esemplari che hanno fatto scattare l’allarme se ne siano aggiunti altri 150 campioni cacciati negli ultimi mesi. Entro maggio i test dovrebbero arrivare a circa un migliaio di campioni.  Cazzola ha anche ricordato come, in passato, tracce di cesio 137 siano state trovate anche nel latte bovino e di capra degli alpeggi cuneesi.

Il sindaco del comune di Boca nega responsabilità dell’ex Pulinet

18 marzo, ore 17,25

Mirko Mora, sindaco di Boca, è intervenuto in merito all’interrogazione sostenuta al Consiglio Regionale del Piemonte dal consigliere Paolo Tiramani riguardo alla presenza di Cesio 137 nei 27 cinghiali abbattuti di recente. Secondo Tiramani qualora emergesse una provenienza dei suini dalla bassa Valsesia, si renderebbe necessario “approfondire l’eventuale presenza di ulteriori contaminanti nel sito della ex Pulinet, al centro delle note questioni legate a un giro di rifiuti sospetti, che è già stato oggetto di bonifica ma che forse potrebbe riservare ancora qualche preoccupazione”. Mora che come amministratore ha seguito e chiuso personalmente la vicenda dell’ex Pulinet si fa garante della messa in sicurezza del sito, “svuotato da qualsivoglia rifiuto”. Mora sottolinea, inoltre, come le tre verifiche effettuate sul sito (di cui l’ultima da parte dell’Arpa di Ivrea su mandato della Regione Piemonte) abbiano dato valori di radioattività prossimi allo zero.

 

Scattano le verifiche del Ministero

14 marzo, ore 16,30

Gli ufficiali dei Comandi Nas e Noe hanno presentato al procuratore della Repubblica di Vercelli; Paolo Tamponi, una relazione preliminare riguardante il ritrovamento di cinghiali radioattivi in Valsesia. Al termine della riunione, l’alto magistrato ha interessato il sostituto procuratore Enzo D. Basso affinché deleghi i carabinieri a procedere con le verifiche avvalendosi di organi tecnici per: 1) compiere indagini utili a comprendere se vi siano eventuali profili di rischio per la salute pubblica, 2) effettuare campionamenti e analisi di matrici alimentari di terra e di acqua nella zona di abbattimento degli animali risultati contaminati. I prelievi campione verranno effettuati nei prossimi giorni dai militari dell’arma e saranno successivamente sottoposti all’esame dell’Ispra di Roma e di Istituti di referenza nazionale.

Entro tre settimane la conclusione delle analisi radiometriche

13 marzo, ore 9,30

Si concluderanno entro tre settimane i controlli sui cinghiali contaminati dal cesio 137 trovati in Valsesia. A condurre le analisi, per conto del Ministero della Salute, sono l’Arpa e l’Istituto zooprofilattico piemontesi.

Asl rassicura la popolazione: esclusi rischi di contaminazione alimentare

12 marzo ore 20,30.

Per rassicurare tutti i cittadini rispetto agli alimenti e ai rischi connessi con la radioattività causata da contaminazione da cesio 137, la Asl di Vercelli ha organizzato un incontro con i cacciatori e messo a disposizione un numero di telefono 0161-593026 a cui risponderanno esperti che forniranno chiarimenti circa il consumo di alimenti. Rispetto al consumo di carni di cinghiale o di altri alimenti contaminati risponde Arpa Piemonte in un comunicato in cui spiega:

Concentrazioni un po’ più elevate per taluni alimenti sono state sporadicamente trovate in aree specifiche, come ad esempio il già citato biellese: si è giunti tuttavia, al massimo, a 20 Bq/kg per il latte vaccino e a 90 Bq/kg per il latte di capra. Tutto ciò conduce a una stima di dose per la popolazione valutabile in 1-2 microSv/anno (uno-due milionesimi di Sv all’anno), cioè 500 – 1000 volte meno del limite di legge pari a 1 mSv/anno (un millesimo di Sv all’anno) come stabilito dal D.Lgs 230/1995. Questa stima di dose non è influenzata significativamente da un consumo episodico di carne con le contaminazioni rilevate. E dunque le ipotesi di contaminazione guardano sempre più alla possibilità che il Cs137 sia presente nell’ambiente a causa del rilascio da parte della centrale nucleare di Chernobyl che attualmente tra molti incidenti si sta tentando di sigillare.

ARPA Piemonte esclude contaminazioni da Trino e Saluggia

9 marzo ore 9,00

L’ARPA Piemonte ha escluso in un comunicato stampa che le tracce dell’isotopo radioattivo Cs 137 rinvenuto nei 27 cinghiali provengano dal Piemonte:

I risultati dei monitoraggi, ad oggi, effettuati da Arpa Piemonte indicano anche che tale contaminazione ambientale non è attribuibile alla presenza dei siti nucleari dismessi di Trino e Saluggia.

Cinghiali radioattivi contaminati da Cesio 137 proveniente da Chernobyl

Ore 15,28 Secondo le prime ipotesi l’origine del Cesio 137 rinvenuto in 27 cinghiali della Valsesia in provincia di Vercelli potrebbe provenire dall’incidente nucleare di Chernobyl avvenuto nel 1986. A considerare questa possibilità esperti e studiosi che ricordano che il Cesio 137 è rilasciato dalla fissione nucleare. Spiega Stefano Ciafani vicepresidente di Legambiente:

Il Cesio 137, l’isotopo fuoriuscito dal reattore esploso dall’incidente di Chernobyl e caduto sui territori italiani, è infatti ancora presente in molti terreni e può concentrarsi in alcune specie vegetali e animali, come funghi e selvaggina. Per questo è importante stringere la maglia dei controlli anche sui prodotti alimentari, perché la vicenda dei cinghiali ci ricorda che la coda avvelenata del disastro di Chernobyl non si è ovviamente esaurita. In ventisette cinghiali abbattuti in Valsesia, in provincia  di Vercelli, fra il 2012 e il 2013 sono state trovate tracce di cesio 137 oltre la soglia prevista in caso di incidente nucleare.  Si tratta di un isotopo radioattivo che è stato rilasciato sia nell’incidente di Chernobyl del 1986 che in quello di Fukushima del 2011. Dopo il ritrovamento del cesio 137 nella lingua e nel diaframma dei 27 cinghiali il ministro della Salute Renato Balduzzi ha immediatamente attivato i carabinieri del Nucleo antisofisticazioni e del Nucleo operativo ecologico che dispone, al suo interno, di una sezione inquinamento da sostanze radioattive.

Rinvenuti 27 cinghiali selvatici contaminati da Cesio 137

La prima riunione di coordinamento sul da farsi è prevista per quest’oggi. I cinghiali erano stati prelevati per un indagine sulla trichinellosi, una malattia parassitaria che colpisce tanto i suini domestici come quelli selvatici. Soltanto successivamente gli stessi campioni sono stati sottoposti ai test di screening previsti da una Raccomandazione della Commissione Europea (2003/274/CE) che ha evidenziato valori compresi fra 0 e 5621 becquerel/kilo. Ventisette capi hanno superato la soglia dei 600 becquerel/kilo e sono stati successivamente inviati al Centro di Referenza Nazionale per la Ricerca della Radioattività nel Settore Zootecnico Veterinario dell’IZS di Puglia e Basilicata e al Centro di Referenza nazionale di Foggia dove saranno sottoposti a un secondo test. I cinghiali sono degli animali sentinella delle condizioni di inquinamento dei territori in cui vivono, perché ci forniscono delle informazioni precise grazie ad un certo modo si sfruttare l’ambiente. Quindi, senza fare ipotesi azzardate su gli esemplari positivi al cesio 137, come quella di un retaggio di Chernobyl, una contaminazione degli animali deve richiedere approfondimenti e analisi del contesto ambientale, metereologico e idrogeologico in cui vivono, ha  spiegato Aldo Grasselli segretario nazionale del Sindacato italiano veterinari medicina pubblica (Sivemp).

Fonte: ecoblog

 

Cinghiali radioattivi, ultime notizie: ARPA Piemonte esclude contaminazioni da Trino e Saluggia

9 marzo ore 9,00
L’ARPA Piemonte ha escluso in un comunicato stampa che le tracce dell’isotopo radioattivo Cs 137 rinvenuto nei 27 cinghiali provengano dal Piemonte:

I risultati dei monitoraggi, ad oggi, effettuati da Arpa Piemonte indicano anche che tale contaminazione ambientale non è attribuibile alla presenza dei siti nucleari dismessi di Trino e Saluggia.

E dunque le ipotesi di contaminazione guardano sempre più alla possibilità che il Cs137 sia presente nell’ambiente a causa del rilascio da parte della centrale nucleare di Chernobyl che attualmente tra molti incidenti si sta tentando di sigillare.

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Ore 15,28 Secondo le prime ipotesi l’origine del Cesio 137 rinvenuto in 27 cinghiali della Valsesia in provincia di Vercelli potrebbe provenire dall’incidente nucleare di Chernobyl avvenuto nel 1986. A considerare questa possibilità esperti e studiosi che ricordano che il Cesio 137 è rilasciato dalla fissione nucleare. Spiega Stefano Ciafani vicepresidente di Legambiente:

Il Cesio 137, l’isotopo fuoriuscito dal reattore esploso dall’incidente di Chernobyl e caduto sui territori italiani, è infatti ancora presente in molti terreni e può concentrarsi in alcune specie vegetali e animali, come funghi e selvaggina. Per questo è importante stringere la maglia dei controlli anche sui prodotti alimentari, perché la vicenda dei cinghiali ci ricorda che la coda avvelenata del disastro di Chernobyl non si è ovviamente esaurita.

In ventisette cinghiali abbattuti in Valsesia, in provincia  di Vercelli, fra il 2012 e il 2013 sono state trovate tracce di cesio 137 oltre la soglia prevista in caso di incidente nucleare.  Si tratta di un isotopo radioattivo che è stato rilasciato sia nell’incidente di Chernobyl del 1986 che in quello di Fukushima del 2011. Dopo il ritrovamento del cesio 137 nella lingua e nel diaframma dei 27 cinghiali il ministro della Salute Renato Balduzzi ha immediatamente attivato i carabinieri del Nucleo antisofisticazioni e del Nucleo operativo ecologico che dispone, al suo interno, di una sezione inquinamento da sostanze radioattive. La prima riunione di coordinamento sul da farsi è prevista per quest’oggi. I cinghiali erano stati prelevati per un indagine sulla trichinellosi, una malattia parassitaria che colpisce tanto i suini domestici come quelli selvatici. Soltanto successivamente gli stessi campioni sono stati sottoposti ai test di screening previsti da una Raccomandazione della Commissione Europea (2003/274/CE) che ha evidenziato valori compresi fra 0 e 5621 becquerel/kilo. Ventisette capi hanno superato la soglia dei 600 becquerel/kilo e sono stati successivamente inviati al Centro di Referenza Nazionale per la Ricerca della Radioattività nel Settore Zootecnico Veterinario dell’IZS di Puglia e Basilicata e al Centro di Referenza nazionale di Foggia dove saranno sottoposti a un secondo test.

I cinghiali sono degli animali sentinella delle condizioni di inquinamento dei territori in cui vivono, perché ci forniscono delle informazioni precise grazie ad un certo modo si sfruttare l’ambiente. Quindi, senza fare ipotesi azzardate su gli esemplari positivi al cesio 137, come quella di un retaggio di Chernobyl, una contaminazione degli animali deve richiedere approfondimenti e analisi del contesto ambientale, metereologico e idrogeologico in cui vivono, ha  spiegato Aldo Grasselli segretario nazionale del Sindacato italiano veterinari medicina pubblica (Sivemp).

Foto:ecoblog