5G: l’impegno dei sindaci in difesa della salute pubblica

Al convegno alla Camera dei Deputati sindaci, amministratori e avvocati raccontano cosa è stato fatto finora e cosa è possibile fare per chiedere maggior cautela nell’espansione del 5G in attesa di studi scientifici che ne confermino l’innocuità. Emerge un panorama di cittadinanza attiva consapevole delle proprie responsabilità e che vuole coinvolgere maggiormente la collettività nelle scelte politiche. Il convegno internazionale organizzato dall’Alleanza Stop 5G alla Camera dei Deputati ci ha permesso di fare il punto della situazione italiana ed internazionale. Degli aspetti scientifici, medici e normativi sui rischi per la salute dei campi elettromagnetici abbiamo già parlato. Qui vogliamo riferire delle azioni messe in campo per il diritto alla tutela della salute e di poter scegliere se e come accogliere l’offerta commerciale delle compagnie delle telecomunicazioni per il 5G. Emblematico il racconto del sindaco di Marsaglia, dell’Alta Langa, anche presidente dell’Associazione Nazionale dei Piccoli Comuni Italiani (ANPCI): Franca Biglio. Un intervento che descrive chiaramente come le decisioni vengano calate dall’alto e imposte senza che i cittadini e i propri amministratori siano informati e possano far rispettare le normali cautele per la sicurezza dei propri cittadini di cui sono responsabili per legge.

https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2019/11/uso-cellulari.jpg

Racconta Franca Biglio che iniziò a sentir parlare dell’arrivo del 5G, nelle proprie zone, da giornali locali. Si parlava di un sorteggio di alcuni comuni per la sperimentazione 5G. Poi un articolo su La Stampa spiegava che l’AGCom (Autorità per le Garanzie delle Telecomunicazioni) obbligava l’estensione del servizio oltre al comune di Torino (una delle Smart Cities scelte per la sperimentazione) anche ad altri 120 comuni di cui 29 in Piemonte. Ecco il suo accorato racconto: «Dai giornali inizio a leggere cose a cui non sapevo dare una spiegazione; ad esempio cittadini che stavano insinuando quale contropartita avessero accettato i sindaci per partecipare a questa sperimentazione sulla cittadinanza. Ma chi mai ha dato il consenso? Nessuna comunicazione, informazione o richiesta era mai arrivata. Ho iniziato a chiedere informazioni preoccupata e ho scritto al Prefetto affinché mettesse in atto tutte le procedure tecnico-giuridiche necessarie per la tutela della salute. Nessuna risposta. Quindi cominciamo ad allertarci e mandiamo a tutti gli altri sindaci una richiesta di informazioni per capire cosa stesse succedendo, quali garanzie ci venissero fornite e chi altro fosse coinvolto. Per uscire dall’isolamento e metterci in rete aderiamo al comitato cittadino di tutela dal 5G e vado ad incontrare diversi esponenti attivi a livello nazionale come il Senatore Saverio De Bonis (Gruppo Misto) che da anni sostiene le cause per i diritti di tutela ambientale e della salute.

Adottiamo la moratoria con delibera del comune e l’ordinanza per chiedere la sospensione del servizio fino a che non ci fossero adeguate informazioni sulla sicurezza per la salute dei cittadini. Il prefetto ci risponde che la richiesta ha un difetto di procedura burocratica e non la accoglie. Per informarmi meglio partecipo al convegno in Abruzzo e la preoccupazione aumenta, sento la responsabilità verso i nostri cittadini. Ricevo una telefonata da Asstel (Assotelecomunicazioni) e vengono ad incontrarmi. Mi spiegano che non è stato un sorteggio ma una vera e propria scelta per il “grave divario digitale” in cui versava il mio comune e cerca di rassicurarmi: il 5G è una opportunità e non ci sono dati scientifici che provino un rischio per la salute». Questo è vero, perché proprio nessuno, né governi, né aziende ha mai stanziato un euro per verificarne i rischi. Quindi il problema è chi chiede grazia di innocuità prima dell’installazione o chi in assenza di verifiche scientifiche dichiara che il servizio è sicuro? Chi deve portare le prove?

https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2019/11/Camera-dei-Deputati-su-5G-1024x563.jpeg

L’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente) è un organo deputato al controllo del rispetto dei limiti di legge, ma alla richiesta di informazioni della sindaca Biglio dichiarano di non avere informazioni. Ora L’ANPCI sta per sottoscrivere con lo studio di avvocati che da anni partecipa alle dispute legali sulla tutela della salute, un accordo di programma per offrire una possibilità di tutela a garanzia legale ai piccoli comuni con agevolazioni a livello finanziario.

Sul tema dell’assenza di studi sui rischi per la salute, il consigliere comunale di Trento, Andrea Maschio (5 stelle), interviene al convegno per annunciare che Trento è il primo comune in Italia dove è stata approvata una mozione per lo stanziamento di un finanziamento sulla sperimentazione sui rischi del 5G per salute. «Attraverso un emendamento al bilancio abbiamo creato una quota economica per lo studio scientifico: il comune stanzierà 30.000 euro in due anni, 0,255 centesimi ad abitante. Ovvio che lo studio costerebbe più di 2 milioni di euro ma se ogni comune si attivasse con le stesse cifre procapite avremmo il primo studio italiano e indipendente».

Oggi, tra delibere, determine e ordinanze sindacali 76 comuni hanno preso ufficialmente posizione cautelative e di contrasto netto per la tutela salute ma il numero è destinato a crescere. Inoltre, aumentano i cittadini che attraverso petizioni e diffide ai propri sindaci e ai ministri cercano di sensibilizzare i propri concittadini. Così anche fuori dall’Italia. Già un anno e mezzo fa 300 sindaci negli USA fecero una maxi denuncia alla Commissione Federale delle Comunicazioni bloccando l’installazione delle antenne nei propri comuni. Molto atteso l’intervento dell’avvocato Stefano Bertone dello studio legale torinese Ambrosio&Commodo. Esperto di cause civili e contenziosi in questa materia, collabora da anni con associazioni come la A.P.P.L.E di Padova (Associazione Per la Prevenzione e la lotta all’Elettrosmog) e con il professor Levis, già cattedratico di Mutagenesi Ambientale all’Università di Padova, un luminare riconosciuto a livello internazionale.

https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2019/11/berlino-1.jpg

«Noi applichiamo nei processi, già da 10 anni, le evidenze scientifiche che l’esposizione alle radiazioni del 3G e 4G sono collegate ai tumori cerebrali e ad altre manifestazioni cliniche. Tante cause sono state vinte anche se non ancora in via definitiva perché impugnate; l’iter è lungo». Continua l’avvocato: «una causa a Firenze è stata vinta proprio dall’attuale ministro Bonafede che quindi è bene informato in materia».

Ma cosa possono fare i comuni e le amministrazioni? «Lo stato definisce i parametri ma i comuni hanno il dovere di minimizzare le esposizioni tenendo conto dell’agente fisico; si può chiedere di bloccarlo sottoponendolo a moratoria perché esistono elementi di possibile rischio non contrastati da prove di innocuità.

Lo stato è in grado di garantire che onde 5G sono innocue per salute pubblica? Se non lo può fare, si assume la responsabilità civile e penale? Si può continuare a dire che sono sicure?

Anche per questioni di ricaduta legale sull’amministrazione pubblica bisogna riconsiderare il significato di servizio pubblico in merito alle comunicazioni e alla connettività che lo stato deve assicurare. Il diritto all’internet delle cose, al controllo a distanza di apparecchi anche medicali, a nuovi servizi fino a che punto può essere spinta? Con quale grado di consenso della collettività? La copertura cumulativa, continuativa e simultanea di raggi che seguono ogni microchip che indosseremo non potrà non investire anche i più esposti, bambini e donne incinte. Vale la pena di ripensare a cosa vuol dire servizio pubblico, quali diritti chiedere, definirne i valori».

Un ulteriore motivo di preoccupazione sono gli scandali PhoneGate negli Usa e in Francia: le aziende produttrici di cellulari hanno dichiarato emissioni, dai dispositivi mobili, molto inferiori a quelle consentite attraverso test di assorbimento che avvenivano ad una distanza dai 25 ai 15 mm dal corpo. Questo ha portato al ritiro di centinaia di migliaia di cellulari.Racconta il dott. Mark Arazi che proprio in questi giorni, in seguito allo scandalo PhoneGate Alert, il governo Francese è stato costretto a rendere pubblici i risultati dei test che incriminavano 9 tipologie di telefonini su 10 studiati, di superare, di molte volte, le soglie di radiazione consentita. Tali documenti sono stati tenuti nascosti per 3 anni e ora il governo ha iniziato ad informare la cittadinanza sull’uso del cellulare.

https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2019/11/Sindaca-Franca-Bilio.jpg

Franca Biglio, Sindaco di Marsaglia

Ad esempio mai usare il telefonino a contatto con il corpo! Ogni centimetro in meno dal corpo aumenta esponenzialmente l’indice di assorbimento, quindi neanche in tasca ed è necessario usare sempre auricolari e con i fili e mai il wireless. Wifi da usare il meno possibile, quindi attenzione ai treni ad alta velocità dove per ogni vagone rimbalzano all’interno delle lamiere le radiazioni anche di 100 cellulari contemporaneamente in funzione!

Conclude il convegno l’Onorevole Sara Cunial (Gruppo Misto). In questi anni ha sostenuto i cittadini coinvolti nei diversi conflitti ambientali e a tutela della salute aprendo le “porte del palazzo” e permettendo le conferenze stampa a chi volesse porre questioni di solito inascoltate dalla politica. «Dare voce ai sindaci per il diritto all’autodeterminazione, non solo sul 5G, fa parte di un disegno più ampio per difendersi dalle imposizioni calate dall’alto. Bisogna unirsi per contrastare i continui attacchi; riprendersi il diritto di scegliere come vogliamo vivere. Io vengo da Vicenza devastata dallo scandalo industriale per lo sversamento di PFAS, fino a poco tempo fa sconosciute. Nel 2013, andati all’Istituto Superiore di Sanità con le prime analisi, siamo stati derisi. Tutto in nome del profitto a favore di pochi ma a discapito della salute pubblica. Ormai le armi sono smussate, la società civile e suoi portavoce, i sindaci, gli assessori, i consiglieri sono la speranza per il futuro». Poi cita Primo Levi: “I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere davvero pericolosi. Sono più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e obbedire senza discutere…”.

Per vedere l’intero convegno clicca qui.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2019/11/5g-impegno-sindaci-difesa-salute-pubblica/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Isde e oncologi: «Radiofrequenze e tumori, l’ISS ritiri il documento che sminuisce la correlazione»

«Il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità sui rapporti tra utilizzo dei cellulari e cancro è inadeguato a garantire al meglio la salute pubblica»: è la denuncia dell’Associazione Isde Medici per l’Ambiente. Promossa una raccolta di firme per chiedere il ritiro del documento e una sua rielaborazione; già migliaia di firme in pochi giorni.

L’associazione Isde Medici per l’Ambiente critica duramente il rapporto pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità (rapporto “ISTISAN 19/11 – Radiazioni a radiofrequenze e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche”) e afferma come non garantisca affatto la salute pubblica.

«Nel rapporto – spiegano dall’Isde – l’ISS afferma che “l’uso comune del cellulare non sia associato all’incremento del rischio di alcun tipo di tumore cerebrale”, pur attribuendo “un certo grado d’incertezza riguardo alle conseguenze di un uso molto intenso… agli effetti a lungo termine dell’uso del cellulare iniziato da bambini e di un’eventuale maggiore vulnerabilità a questi effetti durante l’infanzia”. Gli autori del rapporto ritengono che le evidenze disponibili, comprese quelle recenti su modelli animali, “non giustificano modifiche sostanziali all’impostazione corrente degli standard internazionali di prevenzione dei rischi per la salute”».

L’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente – ISDE Italia ha dunque esaminato in dettaglio il rapporto ISTISAN «evidenziandone limiti e inadeguatezze – spiega l’associazione – e non condividiamo le conclusioni né la metodologia adottata nell’elaborazione del rapporto».

Il presidente del Comitato Scientifico ISDE, il dottor Agostino Di Ciaula, e il Prof. Benedetto Terracini già Professore di Epidemiologia dei tumori all’Università di Torino, hanno promosso un appello con il quale si chiede all’Istituto Superiore di Sanità e al Ministero della Salute di ritirare il documento e di rielaborarlo considerando in maniera adeguata tutte le evidenze scientifiche disponibili.

QUI si può firmare la petizione che ha già raccolto migliaia di adesioni

“Ai fini della prevenzione primaria e della tutela della salute pubblica – ha dichiarato il dottor Agostino Di Ciaula – non appare giustificabile ignorare o sottovalutare ciò che già sappiamo e declassificare come irrilevante ciò che ancora non sappiamo. Questo potrebbe trasformarsi in un’inaccettabile rilevazione e quantificazione a posteriori di danni altrimenti evitabili”.
“Nelle conclusioni si parla timidamente di incertezze scientifiche – dichiara il Prof. Benedetto Terracini – ma si evita di esplicitare la sostanza di tali incertezze e non si propone quale utilizzo farne a fini di prevenzione primaria, data l’affermata maggiore vulnerabilità dei bambini, alla quale sarebbe da aggiungere quella verosimile delle donne in gravidanza, e dei soggetti elettrosensibili”.

Fonte: ilcambiamento.it

Greenpeace: «Il governo giapponese mente sull’impatto di Fukushima su lavoratori e bambini»

A pochi giorni dall’ottavo anniversario del disastro di Fukushima, una nuova indagine di Greenpeace Giappone fornisce nuovi dettagli sugli effetti dell’incidente nucleare avvenuto l’11 marzo del 2011. E denuncia scorrettezze da parte del governo giapponese.

Aerial radiation survey with a drone conducted by Greenpeace in Namie, Fukushima prefecture.

A pochi giorni dall’ottavo anniversario del disastro di Fukushima, una nuova indagine di Greenpeace Giappone fornisce nuovi dettagli sugli effetti dell’incidente nucleare avvenuto l’11 marzo del 2011. L’indagine, spiega l’associazione ambientalista, rivela come «il governo giapponese stia deliberatamente ingannando gli organismi e gli esperti delle Nazioni Unite che si occupano di violazioni dei diritti umani».

Il rapporto “Sul fronte dell’incidente nucleare di Fukushima: lavoratori e bambini”, diffuso dall’organizzazione ambientalista, rivela che esistono ancora alti livelli di radiazioni sia nelle zone di esclusione che nelle aree aperte, anche dopo gli enormi sforzi di decontaminazione. Il lavoro realizzato da Greenpeace documenta inoltre quanto siano estese le violazioni del governo in materia di diritti umani regolati da convenzioni e linee guida internazionali, in particolare per quanto concerne lavoratori e bambini.

«Nelle aree in cui operano alcuni di questi addetti alle bonifiche, i livelli di radiazione rilevati sarebbero considerati un’emergenza se fossero registrati all’interno di un impianto nucleare», afferma Shaun Burnie, esperto sul nucleare di Greenpeace Germania. «Questi lavoratori non hanno praticamente ricevuto nessuna formazione sulla tutela da radiazioni. Poco protetti e mal pagati, sono esposti ad alti livelli di radiazioni e se denunciano qual è la situazione rischiano di perdere il posto di lavoro. I relatori speciali delle Nazioni Unite per i diritti umani hanno assolutamente ragione nel mettere in guardia il governo giapponese su questi rischi e violazioni»

Dall’indagine di Greenpeace in Giappone, come spiega la stessa organizzazione in una nota, emerge che:

● I livelli di radiazione nella zona di esclusione e le aree di evacuazione di Namie e Iitate rappresentano un rischio significativo per i cittadini, bambini inclusi. I livelli sono da cinque a oltre cento volte più alti del limite massimo raccomandato a livello internazionale e rimarranno tali per molti decenni e nel prossimo secolo.

● Nella zona di esclusione di Obori in Namie, i livelli medi registrati di irradiazione erano pari a 4,0 μSv all’ora. Questi livelli sono così alti che se un operatore lavorasse lì per otto ore al giorno durante un intero anno, potrebbe ricevere una dose equivalente a più di cento radiografie del torace.

● In una foresta situata di fronte all’asilo e alla scuola della città di Namie, dove sono state revocate le ordinanze di evacuazione, il livello medio di radiazioni era di 1,8 μSv all’ora. Tutti i 1.584 punti misurati hanno superato l’obiettivo di decontaminazione a lungo termine fissato dal governo giapponese di 0,23 μSv all’ora. Nel 28 per cento di questa area, la dose annuale di radiazioni a cui sarebbero esposti i bambini potrebbe essere 10-20 volte superiore al massimo raccomandato a livello internazionale.

● Lo sfruttamento dei lavoratori è un fenomeno molto diffuso, compreso il reclutamento di persone svantaggiate e senzatetto a cui non viene effettuata alcuna seria formazione in materia di radioprotezione. Spesso vengono falsificati i certificati di identificazione o sanitari e si attuano registrazioni ufficiali non affidabili.

«Il rapporto- spuega Greenpeace – arriva a un mese dalla stesura di una serie di severe raccomandazioni che il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia ha indirizzato al governo giapponese. Se attuate, queste raccomandazioni porrebbero fine alle attuali politiche condotte a Fukushima e avrebbero come effetto il ripristino degli ordini di evacuazione, il pieno risarcimento agli sfollati e la piena applicazione di tutti gli obblighi relativi al rispetto dei diritti umani nei confronti degli sfollati e dei lavoratori».

«Alla radice del disastro nucleare di Fukushima, con le violazioni dei diritti umani che ne conseguono, c’è la pericolosa politica energetica promossa dal governo giapponese», dichiara Kazue Suzuki, della campagna Energia di Greenpeace Giappone. «Quello che la maggioranza dei giapponesi chiede è una transizione verso le fonti rinnovabili. Eppure, il governo sta cercando di riavviare i reattori nucleari e allo stesso tempo aumentare drasticamente il numero di centrali a carbone, il che contribuirà ad alimentare i cambiamenti climatici», conclude Suzuki.

Fonte: ilcambiamento.it

Uranio impoverito: morto un parà di 50 anni

Claudio Capocci, 50 anni, paracadutista in forza al Tuscania di Livorno, è morto a causa di una leucemia fulminante mentre era in missione all’estero

Un’altra morte sospetta fra i soldati italiani all’estero e, ancora una volta, l’ipotesi più accreditata è che la leucemia fulminante che ha ucciso Claudio Capocci sia connessa all’esposizione all’uranio impoverito. Il militare, 50 anni compiuti lo scorso 11 agosto, è morto poche settimane dopo la diagnosi della malattia. Sulla morte del militare c’è la massima riservatezza, ma nella frazione di Ceppato, appartenente al comune di Casciana Terme Lari, la notizia della morte dell’appuntato scelto ha colpito profondamente i suoi conoscenti. Quando gli è stata diagnosticata la malattia, l’uomo si trovava nei pressi di Baghdad, con i colleghi del Tuscania. Dopo la diagnosi, nell’arco di pochi giorni, l’uomo è stato rimpatriato per essere ricoverato a Roma, ma il militare è giunto in condizioni di salute disperate nella Capitale dove è morto alcuni giorni fa. La notizia della scomparsa del parà si è diffusa a funerale avvenuto ed è solo l’ultima di una lunga lista che l’Osservatorio Militare continua a monitorare. Sono centinaia i militari italiani che sono morti o si sono ammalati a causa dell’esposizione all’uranio impoverito o al radon. Nello scorso marzo un altro paracadutista di stanza al “9 Col. Moschin” era morto per un’analoga patologia. All’inizio di ottobre si è spento il maresciallo Oronzo De Vincenzo, 53 anni. In circa quindici anni di attività l’Osservatorio Militare ha documentato ben 311 decessi e circa3600 malattie fra i militari italiani esposti a uranio impoverito e altri materiali radioattivi:

L’unico vero nemico che fino ad ora ha mietuto vittime è invisibile, non si combatte con le armi ma solo, se lo si vorrà, con la consapevolezza e senso di responsabilità delle nostre istituzioni: il cancro. Quel cancro che da tutto il mondo scientifico è considerato conseguenza dell’esposizione a territori bombardati con armi all’uranio impoverito,

si legge ne comunicato emesso lo scorso 11 ottobre, giorno delle esequie di Oronzo De Vincenzo.2973514-586x434

 

Embargo della Corea del Sud al pesce di Fukushima

158790507-586x390

 

La Corea del Sud vieta i prodotti provenienti dalla prefettura di Fukushima a causa della mancanza d’informazioni certe sull’acqua radioattiva fuoriuscita dalla centrale nucleare

Dopo le preoccupanti notizie degli scorsi giorni sugli altissimi livelli di radioattività delle acque marine nei pressi di Fukushima, la Corea del sud ha deciso quest’oggi, venerdì 6 settembre 2013, di vietare nel, proprio territorio, la produzione ittica proveniente dalla prefettura di Fukushima. Dopo l’incidente dell’11 marzo 2011, la Corea del Sud aveva già diminuito il consumo di pesci e crostacei, dopo che il Governo di Seul aveva limitato l’importazione di prodotti alimentari marini provenienti da Fukushima e dalle sette prefetture più vicine al luogo dell’incidente. Ora la proibizione concerne praticamente tutti i prodotti di questa natura.

L’inquietudine della popolazione è cresciuta a causa del fatto che centinaia di tonnellate di acqua contaminata dalle radiazioni stanno disperdendosi ogni giorno nel mare,

ha spiegato il Ministro degli Oceani e della Pesca coreano, Yoon Jinsook, che ha inoltre aggiunto che le informazioni fornite dal Giappone non permettono di sapere come la situazione andrà evolvendosi. A Tokyo, il portavoce del governo, Yoshihide Suga, ha avuto parole di biasimo nei confronti del provvedimento sudcoreano:

Le nostre norme di sicurezza sono strette, compresi i prodotti del mare, e si fondano sulle norme internazionali. Noi ci augureremmo che il governo sudcoreano agisse partendo da elementi scientifici.

Dalla centrale di Fukushima sono già sfuggite circa 400mila tonnellate d’acqua ricca di cesio, stronzio, trizio e alter sostanze radioattive. Questo volume aumenta di circa 400 tonnellate al giorno a causa delle infiltrazioni nei depositi in cui è stoccata l’acqua che ha il compito di raffreddare i reattori.

 

Fonte: Le Monde

 

Fukushima: radiazioni 18 volte oltre la norma

Secondo una ricerca australiana la radioattività della centrale giapponese raggiungerà le coste californiane nel 2014 

fukushima2-586x351

L’emergenza Fukushima non si attenua, anzi, secondo le ultime rilevazioni il serbatoio che contiene acqua contaminata nella centrale giapponese di Fukushima è 18 volte più alto rispetto al 22 agosto con una radioattività di 1.800 millisievert all’ora, quantità in grado di uccidere una persona dopo un’esposizione di quattro ore. Ad annunciarlo è la Tepco, l’operatore che ha in gestione la centrale nipponica. Nella misurazione del 22 agosto il livello era di 100 millisievert/ora, il doppio della soglia di esposizione per i lavoratori delle centrali. In luglio la Tepco aveva annunciato una perdita e l’agenzia per la sicurezza nipponica aveva successivamente elevato la gravità dell’incidente dal livello 1 (anomalia) al livello 3 (incidente grave). Intanto un gruppo di ricercatori australiani ha pubblicato di recente sulla rivista specializzata Deep Sea Research Part I: Oceanographic Research Papers uno studio che prevede l’arrivo dell’acqua radioattiva fuoriuscita dopo gli incidenti successivi allo tsunami dell’11 marzo 2011 sulle coste californiane non più tardi dell’aprile 2014. Non ci saranno pericoli per la salute in quanto il tasso di radioattività, diluito nell’oceano in tre anni di diffusione, sarà inferiore ai limiti ammessi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Lo studio sulle correnti marine (che hanno già trasportato i detriti dell’incidente sulle coste californiane e statunitensi) ha permesso di quantificare temporalmente la conclusione della traversata. Alla base del l’itinerario della radioattività (in particolare il cesio 137) vi è la corrente Kuroshio che è il corrispondente pacifico della corrente del Golfo Atlantica.

Fonte:  Science Direct | Ansa

 

Fukushima, “le radiazioni possono uccidere in 4 ore”

1centrale_fukushima

La contaminazione alla disastrata centrale nucleare di Fukushima fa sempre più paura. Il livello di radiazioni nei pressi di tre serbatoi contenenti acqua contaminata nella centrale giapponese è infatti di 18 volte più alto rispetto al 22 agosto scorso, ovvero 1.800 millisievert all’ora. La legge giapponese fissa la soglia massima di esposizione alle radiazioni per i lavoratori delle centrali nucleari a 50 millisievert/ora. Il nuovo livello di radioattività è in grado di uccidere una persona esposta nel giro di quattro ore. Lo ha reso noto la Tepco che non esclude che l’aumento di radioattività sia dovuto ad infiltrazioni di acqua contaminata. Nelle scorse settimane la compagnia che gestisce l’impianto ha ammesso una perdita cronica di acqua sotterranea contaminata, più una fuoriuscita di 300 tonnellate di acqua da una cisterna. Il premier nipponico Shinzo Abe ha ribadito che il governo andrà avanti adottando tutte le misure necessarie per gestire le conseguenze del disastro nucleare, aggiungendo che predisporrà un piano per farlo “rapidamente”. Questa settimana il governo di Abe dovrebbe discutere questa settimana dei finanziamenti per la bonifica di Fukushima. Ieri intanto un milione di giapponesi hanno preso parte ad una gigantesca esercitazione per simulare un terremoto di magnitudo 9,1 e verificare la prontezza dei servizi d’emergenza. Dal 1960 ogni anno nel Sol Levante si celebra la Giornata nazionale per la prevenzione dei disastri per commemorare il terremoto del 1923 che provocò 100.000 morti. A due anni dal devastante sisma e tsunami del 2011, che causò anche l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima, il governo nipponico ha aggiornato le stime per il caso di un terremoto di magnitudo superiore ai 9 gradi, previsto entro 30 anni, che potrebbe provocare fino a 320.000 morti.

Fonte: il cambiamento

Fukushima, duemila lavoratori rischiano il cancro

fukushima_giappone_radiazioni2

 

Quasi duemila operai che lavorarono nella centrale nucleare di Fukushima nei giorni e nelle settimane seguite dal disastro nucleare, sono stati esposti a livelli tali di radiazioni che adesso rischiano il cancro alla tiroide. In seguito all’incidente nell’impianto, avvenuto nel marzo 2011, la Tepco ha condotto controlli su 19.592 lavoratori. Gli esami hanno stabilito che 1.973 operai lavorarono in un ambiente con indici di radiazioni superiori ai 100 millisievert annui (la Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni raccomanda livelli inferiori ai 20-100 millisievert). Il dato è superiore di 10 volte alla stima precedente della società che gestisce l’impianto sul numero di possibili vittime da cancro e arriva dopo che l’azienda era stata pesantemente criticata per aver fornito dati troppo ottimistici. Soltanto qualche giorno fa l’ex capo della centrale nucleare di Fukushima, Masao Yoshida, colui che autonomamente decise di raffreddare i reattori danneggiati dal sisma/tsunami del 2011 con acqua di mare violando gli ordini dei superiori, è deceduto in un ospedale di Tokyo per un cancro all’esofago. Yoshida, 58 anni, si era dimesso dal suo incarico nel dicembre 2011 a causa della malattia, ma soltanto dopo aver avviato gli sforzi per portare sotto controllo la struttura. La Tepco, annunciando la morte, ha escluso legami tra cancro ed esposizione radioattiva. Di recente ha destato nuovi timori il balzo della radioattività alla centrale nucleare di Fukushima, registrato nei campioni di acqua prelevati da un pozzo di osservazione vicino all’impianto. Le conseguenze del peggior disastro nucleare dai tempi di Chernobyl sembrano dunque ancora lontane dall’essere contenute.

Fonte: il cambiamento

FORNO A MICROONDE: energia dannosa alla salute?

10324_usare-il-microonde-e-dannoso

Rinunceresti al microonde? Riscaldi il latte, scongeli il pane e cucini cibo in un attimo. Ma cosa si cela di dannoso?

L’uso del forno a microonde è diventato così frequente che ormai pochi si pongono il problema sui danni che esso possa provocare. Tale dispositivo riscalda gli alimenti e le bevande in pochissimo tempo, vediamo però come funziona realmente. Grazie al flusso di microonde, l’acqua, i grassi e i carboidrati che costituiscono il cibo, assorbono l’energia delle microonde in un processo chiamato riscaldamento dielettrico. Tali molecole sono dei dipoli, ovvero hanno una estremità con carica elettrica positiva e un’altra con carica negativa; trascinate dal campo elettrico alternato delle microonde e indotte a ruotare, generano calore attraverso forze di attrito con le molecole vicine, provocando quindi un riscaldamento. Secondo varie ricerche questa forma di cottura distrugge alcune sostanze nutritive. I forni a microonde ad esempio convertono la vitamina B12 dalla forma attiva alla forma inattiva, rendendo il 30-40% circa di tale vitamina inutilizzabile. Diverse diatribe ci sono state anche sull’emissione di radiazioni e quindi sull’esposizione alle microonde in prossimità di forni a microonde accesi. Ci occuperemo però in questo caso soprattutto sulla cottura dei cibi e sugli studi eseguiti in merito.

A tal proposito si è molto discusso sul Dottor Hertel, medico nutrizionista svizzero, ricercatore dedito all’uso del forno a microonde e ai suoi effetti. Secondo alcuni esperimenti da esso eseguiti su persone tra i 20 e i 40 anni, il dottor Herten ha riscontrato e dedotto che l’uso del forno a microonde provoca: “una diminuzione a breve termine dei Linfociti (globuli bianchi); alterazione dei meccanismi naturali di riparazione delle cellule; forte calo dei valori degli eritrociti, dell’emoglobina degli ematrociti e leucociti (valori simili a quelli degli anemici) e derivante aumento dei livelli di colesterolo. Alterazione della permeabilità della membrana cellulare che diventa così preda di batteri, funghi e altri microorganismi”. Secondo poi altre sue conclusioni, la carne scaldata in microonde provoca: “d-nitrosoditanolamine (un agente ben conosciuto fra le cause del cancro); destabilizzazione dei composti biomolecolari della proteina attiva; le microonde alterano il comportamento catabolico degli alcaloidi di verdure, anche se queste vengano esposte per tempi molto brevi; i radicali liberi che causano il cancro si formano in alcune strutture molecolari; ingerire cibi trattati a microonde innalza la percentuale di cellule cancerogene nel sangue”. Altre ricerche poi suggeriscono di non riscaldare il latte nel forno a microonde, soprattutto quello destinato ai bambini e ai neonati, le microonde ne alterano la struttura rendendolo meno efficace (da un punto di vista nutrizionale) e potenzialmente tossico! Le più importanti industrie del settore negano tutto ciò e si difendono giustificandosi dal fatto che le radiazioni scompaiono non appena il forno si spegne e che non esistono seri riscontri sulle alterazioni proteiche dei cibi.

Fonte: supermoney