Cereali: ne esistono 10mila varietà, ma 8 specie monopolizzano il mercato

All’Expo 2015 si parla di alternative ai prodotti cerealicoli che monopolizzano il mercatoImmagine

Nel mondo esistono circa 10mila specie di cereali, ma il mercato ha imposto una progressiva omologazione concentrando la produzione su otto varietà di cereali. Essendo alla base della dieta della maggioranza della popolazione mondiale, in virtù dell’elevata capacità nutrizionale a fronte di costi moderati, i cereali e i tuberi restano alla base della dieta della maggioranza della popolazione mondiale. A Expo 2015 il tema viene affrontato nell’ambito della riflessione sul nutrimento da offrire al pianeta: dall’individuazione di tecniche e strategie condivise in grado di supportare una maggiore richiesta dipendono gli equilibri di una Terra sempre più popolosa. Rinunciare alla biodiversità e al patrimonio cerealicolo mondiale può essere un grande errore e un pericolo per il sostentamento globale, ecco perché Expo 2015 ha accolto le esperienze provenienti da Bolivia, Congo, Haiti, Mozambico, Togo e Zimbabwe per fare il punto della situazione sui cereali alternativi a grano, riso e mais che rappresentano, insieme da altri cinque cereali, la quasi totalità delle coltivazioni.

Il mercato mondiale dei cereali si basa su otto varietà, mentre esistono diecimila specie, molte delle quali hanno le qualità per resistere ai cambiamenti climatici, e altri che possono avere quelle qualità che noi non utilizziamo più,

spiega Filippo Ciantia, responsabile dei Cluster e delle Best Practices per Expo 2015.

Esemplificativo delle possibili alternative ai cereali “classici” è la quinoa che Antolin Ayaviri, ambasciatore della Bolivia in Italia, chiama il “grano d’oro”, in omaggio alle sue qualità nutrizionali:

La quinoa, per esempio, è nutriente come la carne, le uova e il pesce, ma soprattutto è senza glutine. Questo vuol dire che si tratta di un alimento veramente meraviglioso che può essere consumato da tutti senza nessun problema. E se il mondo occidentale potrà diversificare la propria alimentazione affidandosi a cereali come la quinoa, allo stesso tempo i Paesi in via di sviluppo potranno mutuare da quelli sviluppati le tecnologie per evitare che una raffinazione sempre più spinta delle farine crei diabete e ipertensione a causa dell’alto tasso glicemico dei cereali trattati con le metodologie tradizionali.

A picture taken on September 28, 2012 shows corn in cobs in a field in Godewaersvelde, northern France.  AFP PHOTO PHILIPPE HUGUEN        (Photo credit should read PHILIPPE HUGUEN/AFP/GettyImages)

Fonte:  Aska

© Foto Getty Images

Slow Food e Fao unite per il 2014, anno dell’agricoltura familiare

Patto di ferro fra i due organismi internazionali a sostegno della biodiversità104523432-586x367

Si consolida la collaborazione fra Slow Food e la Fao. Lo scorso maggio Carlo Petrini e José Graziano Da Silva hanno siglato un protocollo di intesa per dedicare il 2014 all’agricoltura familiare. In una conferenza tenutasi di recente a Bruxelles, Da Silva ha affermato che l’agricoltura familiare deve essere considerata un’opportunità da valorizzare e non un elemento marginale dell’economia. Il direttore generale della Fao ha inoltre aggiunto come si debba passare dal modello fast food di produzione massiva e commercio su larga scala, al paradigma Slow Food basato sui circuiti locali e la varietà dei prodotti tradizionali. La produzione locale e la dimensione familiare della produzione sono uno dei principi cardine sui quali Slow Food ha costruito la sua storia e uno dei primi passi della collaborazione fra Fao e Slow Food è la pubblicazione de La Quinoa in cucina, un libro presentato ieri a Roma che è un’esempio degli sforzi che Slow Food opera in tutti e cinque i continenti per la preservazione delle coltivazioni tradizionali e dimenticate. Il libro è scaricabile in formato Pdf.

La quinoa è solo l’inizio. Secondo Da Silva,

Durante il 2014 FAO e Slow Food lavoreranno nel recuperare la ricchezza delle ricette locali custodite dalle comunità e soprattutto dalle madri che nelle case utilizzano i cibi locali per sfamare le proprie famiglie.

Carlo Petrini, presidente di Slow Food, ha ribadito quello che sarà il contributo di Slow Food all’agricoltura familiare: verranno organizzati mercati locali, orti scolastici e di comunità, verrà favorito l’accesso al mercato per i piccoli produttori e verrà catalogata la biodiversità agroalimentare a rischio scomparsa. E in autunno si rinnoverà l’appuntamento con il Salone del Gusto e Terra Madre l’appuntamento con cadenza biennale che farà convergere nei padiglioni del Lingotto di Torino contadini e produttori da tutti e cinque i continenti.

Fonte: Slow Food

L’aumento della domanda di quinoa distrugge l’ambiente in Bolivia. E’ ora di passare ai prodotti locali

La domanda crescente a livello globale di quinoa sta devastando l’ambiente e mettendo in ginocchio centinaia di contadini in Bolivia

La quinoa, piatto tipico della cucina andina e in particolare della Bolivia, è un vero toccasana per l’alimentazione umana. E’ quanto sostiene la FAO che ha persino dedicato a questo piccolo seme l’anno corrente, il 2013. L’enorme quantità di sostanze nutritive eccellenti, tra cui anche moltissime proteine, ha fatto della quinoa un prodotto richiestissimo da ogni parte del pianeta. Inoltre, pare sia naturalmente in grado di adattarsi alle condizioni ambientali e climatiche più estreme così da poter essere piantata con risultati soddisfacenti sui più svariati terreni, anche quelli più secchi. Tuttavia, l’aumentata richiesta di questo seme sta portando problemi ambientali e di sicurezza alimentare davvero seri in Bolivia, il Paese che, da sempre, ne è il maggiore produttore. Stanno diventando sempre più frequenti, infatti, le grandi monocolture per la produzione della quinoa che non solo inaridiscono i suoli con l’uso estensivo di fertilizzanti e concimi chimici, ma richiedono anche grossi quantitativi d’acqua per “accelerare” il ciclo biologico delle piantine. Questa scelta produttiva, poi, sta mettendo in ginocchio intere produzioni alternative alla quinoa, che corrono il rischio concreto di sparire con conseguenze disastrose sull’equilibrio ecologico della Bolivia. A questo, poi, si aggiungono le sempre maggiori tensioni che derivano dalla corsa alla terra e che stanno sfrattando tantissimi piccoli coltivatori dai loro terreni. Come se non bastasse, poi, il prezzo di questo seme è addirittura triplicato nel corso degli ultimi anni. Il risultato è che sono moltissimi i boliviani che, oggi, non possono più permettersi un’alimentazione completa e bilanciata. Tutta una serie di ragioni che non fanno altro che spingerci verso il consumo responsabile di prodotti a provenienza locale. Almeno se non vogliamo che le nostre scelte alimentari gravino sul diritto al cibo di altri, lontani migliaia di chilometri, e sugli equilibri ecologici del pianeta.

Fonte:  Terra Nuova