In Germania i quartieri a Zero Emissioni sono già una realtà

Quello che più colpisce in Germania circa gli interventi sulla questione ambientale e climatica è la loro capacità di affrontare le problematiche in maniera sistemica, sono infatti riusciti ad individuare quali sono i punti fondamentali di un approccio sensato e conveniente per quello che riguarda il risparmio energetico e l’uso delle energie rinnovabili.corso_germania

Normalmente da noi il dibattito è su quale fonte energetica prediligere ed è ovvio che un ragionamento del genere non è il migliore se prima non ci si è chiesti di quanta energia c’è bisogno e se quella che si utilizza la si spreca. Applicando quindi dei criteri intelligenti e razionali, in Germania si è sviluppato il concetto di Casa Passiva cioè un abitazione che prima di tutto riduce al minimo i consumi e poi pensa a come produrre la pochissima energia che necessita. Anche grazie all’istituto delle Case Passive di Darmsadt e all’Energie und Umweltzentrum (Centro per l’Energia e l’Ambiente) di Springe  si è diffusa la prassi del risparmio e uso razionale dell’energia e molti privati e amministrazioni pubbliche hanno adottato questi concetti applicandoli alle loro realtà. Ormai sono migliaia le case che vengono costruite o ristrutturate con standard passivo ottenendo risultati eccezionali se si pensa che una casa di cento metri quadrati può spendere all’anno di riscaldamento due o trecento euro al massimo, in un paese dove il clima è molto rigido come la Germania. Questi risultati si ottengono soprattutto con una coibentazione efficientissima, finestre e infissi estremamente performanti, oltre che applicando sistemi di recupero del calore. Una delle città più all’avanguardia nel settore delle rinnovabile e delle case passive è la città di Hannover che ha avuto per molti anni assessore all’ambiente e all’economia accorpati, nonché vicesindaco, Hans Monninghoff che è tra i fondatori dell’Energie und Umweltzentrum che da 35 anni si occupa professionalmente di queste tematiche. Ad Hannover già nel 2000 è stato realizzato il quartiere di Kronsberg con criteri innovativi per quello che riguarda l’edilizia e l’approvvigionamento energetico con costruzione di case a basso consumo, case passive e alimentazione energetica anche da fonti rinnovabili. Attualmente nei dintorni di Hannover è in costruzione il più grande quartiere in Europa a zero emissioni con trecento abitazioni tutte costruite con standard passivo, più un intero supermercato realizzato con questi criteri e il tutto poi sarà alimentato interamente da fonte rinnovabile. La vivibilità all’interno di questi quartieri è poi notevole con largo uso di verde, soluzioni innovative per la gestione e il deflusso delle acque, per la mobilità e i rifiuti. Tutto ciò è possibile verificarlo e toccarlo con mano attraverso il corso di formazione per italiani giunto alla ventiseiesima edizione che l’associazione Paea propone dal 12 al 19 agosto all’Energie und Umweltzentrum  dove tra le varie lezioni proposte, per la prima volta verrà fatta una visita guidata al quartiere a zero emissioni di Hannover per rendersi conto direttamente che anche da noi è possibile ripetere simili esperienze. Cittadini, amministratori di città e di condominio, tecnici, impiantisti, progettisti hanno una grande occasione per prendere idee e riportarle nelle loro realtà facendo tesoro di soluzioni che possono essere senza particolari problemi applicate anche da noi con benefici evidenti dal punto di vista ambientale ed economico.

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Fonte: ilcambiamento.it

La luce nelle metropoli? Ci pensano i LED

Molte città italiane pensano a illuminare strade, quartieri e palazzi con tecnologie LED. Una scelta responsabile, visto che un’illuminazione più efficiente può contribuire a ridurre sprechi e soprattutto risparmiare

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Diverse città italiane hanno iniziato o sono pronte a rifarsi il look, illuminando strade, quartieri e palazzi con tecnologie LED. Una scelta responsabile, visto che un’illuminazione più efficiente può contribuire a ridurre lo spreco di risorse preziose del pianeta e le conseguenti emissioni di anidride carbonica, migliorando così la qualità dell’aria che respiriamo e incidendo meno sul riscaldamento globale. Ma non solo: i benefici ambientali si associano a vantaggi anche economici.  Si tratta infatti ormai di un prodotto disponibile in varie forme, sia per interni sia per l’illuminazione pubblica, che permette di abbattere notevolmente, soprattutto nel lungo periodo, l’energia consumata e i relativi costi, diventando così ‘concorrenziale’ rispetto alle lampadine a basso consumo. Tanto che, a quanto pare, sempre più il LED sarà il protagonista dell’illuminazione del futuro.

Secondo uno studio della Pike Research, per esempio, le lampade a LED stanno già conquistando ampi spazi nell’illuminazione stradale, i costi infatti sono diminuiti del 50 per cento nel corso degli ultimi due anni, e si prevede che continueranno a scendere. In particolare, secondo le previsioni, entro il 2015 i LED diventeranno leader nell’illuminazione delle strade dietro, in termini di vendite, solo alle lampade al sodio ad alta pressione, generando, entro il 2020, più di 2 miliardi di dollari di fatturato annuo. Mentre secondo un report di Navigant Research, alla luce della progressiva riduzione del prezzo, della migliore qualità raggiunta e dei risparmi legati a un’illuminazione efficiente, in generale il numero di unità vendute in tutto il mondo di lampade a LED crescerà da 68 milioni, nel 2013, a 1,28 miliardi entro il 2021. Del resto, come risulta da uno studio Ecofys Philips, migliorare l’efficienza energetica nell’uso generale dell’elettricità consentirebbe di risparmiare fino a 1900 miliardi di dollari entro il 2020. Risparmi che, come sostiene Eric Rondolat, CEO di Philips Lighting, potrebbero essere potenzialmente reinvestiti in città e nuove infrastrutture, a favore di una crescita più sostenibile.

Ma in cosa consiste questo modo innovativo di fare luce, che coniuga il massimo risparmio con elevata efficienza e resa estetica? LED è l’acronimo di Light Emitting Diode: diodo che emette luce. In altre parole, sono piccolissimi componenti solidi in grado di emettere luce quando attraversati dalla corrente. Una tecnologia, ormai, usata da decenni: il primo LED a emissione luminosa è stato introdotto nel 1962, ma era caratterizzato da un’emissione molto debole. Da allora, però, la tecnologia ha fatto passi da giganti in termini di efficienza luminosa, spettro di emissione, intensità, durata di vita, affidabilità e potenzialità applicative. Infatti, come sottolinea il Wwf, se negli anni 60 l’efficienza energetica di questo sistema era ancora molto bassa, tra il 2006 e il 2007 è migliorata notevolmente, raggiungendo il livello delle lampadine a basso consumo. E si prevede che la qualità e l’efficienza energetica continueranno a migliorare ulteriormente tanto che, tra qualche anno, questa tecnologia potrebbe dominare il mondo dell’illuminazione, soppiantando le attuali lampadine a basso consumo: migliore è infatti la performance per quanto riguarda il ritardo dell’accensione e la diffusione della luce, inoltre non contiene sostanze tossiche, come il mercurio e il sodio, che troviamo invece in tutte le cosiddette lampade a risparmio energetico. Ma non solo. «I LED sono sorgenti di piccole dimensioni che non si scaldano a centinaia di gradi come una vecchia lampadina a filamento, non necessitano di tubi pieni di gas come le lampade a fluorescenza e durano molto a lungo; inoltre non emettono i dannosi raggi ultravioletti e la loro luce non scalda gli oggetti illuminati: sono tutte ottime qualità per una sorgente luminosa. Non a caso la Gioconda e l’Ultima Cena di Leonardo sono illuminati con apparecchi a LED» commenta l’architetto Margherita Suss. Quindi meno energia elettrica consumata, meno rifiuti tecnologici e praticamente nessuna sostanza inquinante da smaltire. Intanto, l’Unione Europea ha adottato a dicembre scorso un regolamento (1194/2012) che indica i requisiti di progettazione ecocompatibile di faretti e lampadine LED. I requisiti minimi, che saranno applicati a partire da settembre, riguardano le ore di vita della lampada (se dura più a lungo, sono necessarie meno sostituzioni, quindi si generano meno rifiuti), l’efficienza energetica, la resa cromatica, il mantenimento del flusso luminoso e il numero di cicli acceso-spento. Ma già adesso ci sono buoni motivi, secondo l’associazione ambientalista, per scegliere i LED rispetto alle lampadine a basso consumo: garantiscono stessa efficienza energetica, se non addirittura superiore (70-80 lm/W), durano più a lungo (fino a 40mila ore), offrono una migliore resa del colore, un ottimo fascio di luce, luce brillante simile a quella degli spot alogeni, accensione immediata, nessuna irradiazione ultravioletta. «Ma come tutte le tecnologie “giovani” – aggiunge Suss, che collabora al progetto Lumière, un’iniziativa dell’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile) per ridurre consumi e sprechi di energia rendendo più efficienti gli impianti di illuminazione pubblica – il costo è ancora piuttosto alto. Una lampadina a LED di buona qualità costa ancora, infatti, quasi 10 volte la sua omologa a fluorescenza di pari prestazioni. E questo, purtroppo, permette l’invasione del mercato da parte di prodotti economici di bassissima qualità e affidabilità che tolgono “ossigeno” alla ricerca di settore. È come sempre l’utente finale che deve saper premiare la qualità e lasciarsi guidare dai professionisti per le scelte importanti attraverso un progetto illuminotecnico». Per orientarsi tra le soluzioni a LED attualmente disponibili per illuminare case e uffici, il Wwf propone una guida nel sito Top Ten, rivolto ai consumatori, per facilitare la scelta dei prodotti che assicurano un minor consumo energetico.

Fonte: lastampa