Commercio equosolidale: il Fairtrade in Italia piace:+17% nel 2013

Fairtrade da record: +17% nel 2013: i prodotti del commercio equosolidale certificato toccano la cifra record di 76 milioni di euro

Cresce a due cifre il commercio equosolidale in Italia facendo registrare un’impennata nel giro d’affari pari al 17% che tradotta in soldoni equivale 76 milioni di euro nel 2013. I consumi italiani per cacao, zucchero e cotone scelgono il nuovo modello di commercio etico. Il boom di vendite si realizza in un contesto di crisi il che fa riflettere sulla necessità dei consumatori di affidarsi evidentemente a pochi prodotti ma di qualità che assicurino anche attenzione sia all’ambiente sia ai diritti dei lavoratori che li portano sul mercato. Infatti, secondo la ricerca condotta i Nielsen per Fairtrade Italia e presentata nei giorni scorsi all’incontro “Fairtrade sostenibilità sociale e ambientale per un’azienda responsabile” a Milano rivela che attesta che per il 97% degli intervistati è importante il processo produttivo; per il 65% i prodotti etici sono già conosciuti e che il 41% li considera affidabili.fairtrade-526x350

Il marchio Fairtrade è conosciuto dai consumatori grazie alla qualità dei prodotti anche se è la comunicazione ad averli interessati e coinvolti il che porta a riconoscere questo genere di prodotti come etici appunto all’interno della loro categoria. Infatti, il prodotto fairtrade a essere maggiormente venduto sono le banane che hanno fatto registrare il +8% ossia 9.000 tonnellate e quelle biologiche fanno registrare addirittura il +13% il che vuol dire che 6 delle banane vendute nel 2013 avevano la certificazione sia biologica sia del commercio equosolidale; si piazzano bene anche i prodotti dolciari che hanno ingredienti Fairtrade: +52%; il caffé fa registrare il +15% con anche le 550 tonnellate di caffè verde.

Ha detto Paolo Pastore direttore operativo di Fairtade Italia:

Fairtrade è un circuito virtuoso che continua a registrare segnali positivi. Il trend di sviluppo ci incoraggia a portare avanti il lavoro svolto negli ultimi anni, oggi anche alla luce della ricerca di mercato Nielsen. Questo accade nei 20 anni dalla nostra fondazione, che festeggeremo ad ottobre, e ci dà piena soddisfazione rispetto ai risultati raggiunti.

Infine è stato presentato un nuovo modello commerciale per cacao, zucchero e cotone che saranno denominati Fairtrade sourcing programs permettendo, in pratica, alle aziende di poterli acquistare per tipologie di prodotto o per l’intera produzione secondo le condizioni Fairtrade.

Fonte: ecoblog.it

Approvata la norma dell’indicazione europea dei prodotti

Il Parlamento europeo ha approvato la norma sull’indicazione di origine obbligatoria per i prodotti europei tranne alimentari e medicinali. «Si tratta di una boccata d’ossigeno per le tante piccole e medie imprese italiane soffocate dalla crisi e attaccate quotidianamente dalla contraffazione. Il Made In Europe contribuirà in questo modo nei fatti e non a parole a rilanciare la nostra economia e la creazione di posti di lavoro» ha detto l’eurodeputato Andrea Zanoni.madein

Il Parlamento europeo ha approvato la norma sull’indicazione di origine obbligatoria per i prodotti europei tranne alimentari e medicinali. «Si tratta di una boccata d’ossigeno per le tante piccole e medie imprese italiane soffocate dalla crisi e attaccate quotidianamente dalla contraffazione. Il Made In Europe contribuirà in questo modo nei fatti e non a parole a rilanciare la nostra economia e la creazione di posti di lavoro» ha detto l’eurodeputato Andrea Zanoni.
La settimana scorsa a Strasburgo è stato approvato il Regolamento per la Sicurezza dei prodotti al consumo incluso il marchio Made In. «Si tratta di una grande vittoria per il settore manifatturiero di qualità italiano contro gli interessi della grande distribuzione difesa ad oltranza da alcuni Paesi del Nord Europa – ha spiegato l’eurodeputato Zanoni –  Adesso l’auspicio è che l’Italia faccia sistema e sfrutti l’occasione della Presidenza di turno dell’Ue, il cosiddetto semestre italiano che inizierà il prossimo 1 luglio, per far approvare questo importantissimo regolamento in sede di Consiglio».
Il nuovo regolamento, comprensivo della norma sul Made In su tutti i prodotti europei ad esclusione di alimentari e medicinali, è stato approvato dopo un’accesa battaglia tra chi sosteneva gli interessi dei piccoli produttori di qualità e delle piccole e medie imprese dell’artigianato e chi invece si è schierato con la grande distribuzione tipica del Nord Europa. Le migliaia di piccoli produttori di qualità, come artigiani e piccoli imprenditori, di cui è ricca l’Italia, hanno bisogno di protezione dalla concorrenza sleale e di misure che valorizzano la loro attività. «Il marchio Made In può costituire un forte incentivo anche per la creazione di posti di lavoro in quanto è in grado di dare una forte boccata di ossigeno alle tante Pmi italiane oggi stritolate dai grandi mercati e dalla crisi – ha aggiunto Zanoni – Questo è un esempio concreto di quanto si possa fare a Bruxelles al servizio dei cittadini e di chi lavora con onestà. È in questo modo che si valorizza il lavoro e si tutelano i lavoratori. Il resto sono chiacchiere».

Fonte: il cambiamento.it

Il Cibo Impazzito
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Le 5 cose che fanno funzionare un sistema di bike sharing

Lo rivela “The Bike Share Planning Guide” pubblicata in Usa82663689-586x390

Tutte le grandi città hanno provato, o stanno provando, a sviluppare sistemi di bike sharing, al mondo ce ne sono attualmente più di 600 e ne nascono ancora di nuovi. Il bike sharing aiuta a risolvere i problemi di traffico e inquinamento, e quello del cosiddetto “ultimo miglio”, ovvero l’ultimo tratto da percorrere per chi va al lavoro, o a scuola, dopo essere sceso dai mezzi pubblici. Eppure i risultati non sempre sono ottimali – basti pensare all’esperienza di Roma, risoltasi con un mezzo flop – perché per funzionare, un sistema di bike sharing deve avere determinate caratteristiche.

A illustrarle, ci pensa ora The Bike Share Planning Guide, uno studio pubblicato dall’ITDP (Institute for Trasportation & Development Policy) di New York, che ha preso in esame 440 sistemi di bike sharing e stabilito le 7 città con i servizi. Neanche a dirlo, nessuna di queste è italiana.

Si tratta di:

Barcellona, 10.8 viaggi per bici e 67,9 viaggi ogni 1.000 residenti;
Lione, 8,3 viaggi per bici e 5511 viaggi per 1.000 residenti;
Città del Messico, 5,5 viaggi per bici e 158,2 ogni 1.000 residenti;
Montreal, 6,8 viaggi per bici 113,8 viaggi ogni 1.000 residenti;
New York City, 8,3 viaggi per bici e 42,7 viaggi ogni 1.000 residenti;
Parigi, 6,7 viaggi per bici e 38,4 viaggi ogni 1.000 residenti;
Rio de Janeiro, 6,9 viaggi per bici e 44,2 viaggi ogni 1.000 residenti.

Ma quali sono i fattori che fanno funzionare un sistema di bike sharing? L’ITDP ha stabilito cinque parametri, visibili anche in questa infografica. Scopriamoli.

Densità di stazioni1795647401-586x390

Un bike sharing degno di questo nome deve poter contare di un numero tra le 10 e le 16 stazioni per ogni chilometro quadrato, con circa 300 metri di distanza media tra una stazione e l’altra. Le stazioni devono poi essere posizionate a una distanza adeguata dai punti di interesse vicini, distanza che possa essere facilmente percorsa a piedi. Una densità minore di stazioni abbassa il numero di utenti.

Rapporto tra numero di bici e residenti451022429-586x390

Ogni 1000 residenti nell’area coperta dal servizio, devono esserci dalle 10 alle 30 biciclette. Il numero va incrementato se si parla di aree metropolitane e con un gran numero di pendolari, perché in quel caso le bici devono servire sia ai residenti che ai pendolari. Se le bici non sono sufficienti, soprattutto nei periodi di punta, cala l’affidabilità percepita del servizio, e quindi il numero di utenti.

Area coperta dal servizio170330866-586x403

Un buon servizio di bike sharing dovrebbe coprire un’area di almeno 10 chilometri quadrati, tale da contenere un numero ragionevole di punti di partenza e di arrivo presunti per chi dovrà utilizzare il servizio. Aree urbane più piccole possono avere un’area di copertura minore.

Qualità delle bici173723777-586x383

Le bici fornite dal servizio devono essere di buona qualità, belle a vedersi, devono durare nel tempo, e venire incontro alle necessità dell’utente. Quindi è consigliabile dotarle di un cestino anteriore per mettere buste o borse. Devono essere dotate di un buon sistema antifurto, e nel design bisogna inserire delle caratteristiche uniche che ne scoraggino il furto e la ricettazione.

Facilità di utilizzo delle stazioni169629056-586x390

Su questo punto cade la maggior parte dei sistemi analizzati. Il ritiro e il rilascio delle biciclette nelle stazioni deve essere semplice e veloce. Il sistema di pagamento deve essere automatico e avere un’interfaccia di immediata comprensione. Inoltre è consigliabile un sistema di bloccaggio automatico delle bici, e un monitoraggio in tempo reale, in modo da vedere immediatamente se occorrono altre bici in una determinata stazione.

Fonte: ecoblog

Scollocamento, un altro modo di fare imprenditoria

Cambiare, rischiare e provare per superare la crisi attuale ed abbandonare dogmi e schemi non più proponibili. L’associazione Paea lancia il progetto di Scollocamento per imprenditori con l’obiettivo di realizzare un altro modo di fare imprenditoria dove etica, ambiente e persona sono al primo posto.

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“Per una nuova imprenditoria ci vogliono coraggio e idee nuove”

Con la crisi economica e la conseguente chiusura di molte imprese si crea una grande opportunità per ripensare completamente un sistema mercato fallimentare che si preoccupa solo di produrre merci in maniera esponenziale a discapito di persone e ambiente. Che siano in crisi gli imprenditori è facilmente concepibile ma cosa hanno fatto molti imprenditori quando c’erano i periodi di vacche grasse? Hanno accumulato, speso in cose folli, buttato soldi a destra e a manca e adesso si lamentano se sono in crisi. E perché non si è agito per tempo? Per quali motivi si dovrebbero salvare le imprese, per far loro produrre cosa? Riflettere su cosa ha senso produrre e per quale mondo è quanto mai indispensabile. Non è una strada semplice ma di sicuro con più prospettive che la vana attesa che tutto si rimetta in moto come prima e si possa produrre, spendere e spandere senza porsi alcuno scrupolo o problema. Per un cambiamento ci si scontra però con una mentalità come quella imprenditoriale che se da una parte è portata ad essere flessibile e innovativa, dall’altra troppo spesso è attaccata a dogmi e sistemi ormai non più proponibili. Prossimamente infatti si dovrà ripensare tutto in funzione della salvaguardia ambientale e servizi reali alla persona in un quadro di radicale riduzione dei consumi/sprechi a parità di comfort. Quindi non ragionare più in termini classici di crescita economica ma di qualità innanzitutto.

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Con la crisi economica e la conseguente chiusura di molte imprese si crea una grande opportunità per ripensare completamente un sistema mercato fallimentare

Gli spazi di intervento sono molto vasti, si pensi anche solo alla riqualificazione energetica degli edifici, alle fonti rinnovabili, all’agricoltura biologica, al turismo di qualità, alla mobilità sempre meno legata alle automobili, alla localizzazione da opporre alla globalizzazione per la quale necessariamente servirà un recupero e rafforzamento dell’artigianato inteso anche come riscoperta dei lavori e capacità manuali con tutti gli utensili che possono essere di supporto per un artigianato moderno che si richiama alla tradizione. Attendere quindi che tutto riprenda come prima o cambiare, rischiare, provare? Tanto che cosa può succedere oltre la crisi attuale, almeno si potrà dire di averci provato. L’atteggiamento però è spesso quello sbagliato, si vogliono garanzie, sicurezze, si vuole rischiare il meno possibile e così ci si spegne lentamente. Per una nuova imprenditoria ci vogliono coraggio e idee nuove dove l’imprenditore ha un ruolo sociale e si pone in maniera positiva nei confronti dell’ambiente e delle persone, accettando anche di non guadagnare cifre stratosferiche ma di dare un senso al suo lavoro e ai suoi prodotti. Ora è il momento di guardare seriamente in faccia la realtà e saper rischiare ed è questo anche il motivo per cui proponiamo al Parco Energia Rinnovabili il primo corso di Ufficio di Scollocamento per Imprenditori dove si possono avere spunti e idee nuove per cominciare o ricominciare con la prospettiva di un imprenditoria sana e cosciente per il mondo che verrà.

Fonte: il cambiamento

Ufficio di Scollocamento - Libro

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