La mobilità urbana sostenibile strumento per migliorare la qualità della vita: il caso di Medellín

La storia di Medellín, seconda città più grande della Colombia, con una popolazione di quasi 4 milioni di persone. Che dall’inizio degli anni ’90, si è trasformata da una città violenta ed estremamente povera in un luogo più sicuro e molto dinamico costellato di parchi ed edifici suggestivi.

All’interno della ricerca condotta dalla Coalizione per le transizioni urbane che ha portato alla pubblicazione del rapporto “Climate Emergency, Urban Opportunity”,  era emerso chiaramente il messaggio che la battaglia per salvare il nostro pianeta si vince o si perde nelle città. Un esempio positivo a livello mondiale è quello della città colombiana di Medellín, la cui trasformazione, a partire dall’importanza data al concetto di connettività urbana sostenibile, sta dando i primi frutti. mobilità urbana sostenibile,qualitMedellín è la seconda città più grande della Colombia, con una popolazione di quasi 4 milioni di persone. Dall’inizio degli anni ’90, si è trasformata da una città violenta ed estremamente povera in un luogo più sicuro e molto dinamico costellato di parchi ed edifici suggestivi. Grazie ad una combinazione tra investimenti nei trasporti, aggiornamenti nella regolamentazione urbanistica ed edilizia e progetti architettonici iconici nei quartieri più svantaggiati, i suoi residenti ora godono di standard di vita più elevati e un nuovo senso di orgoglio civico. L’esperienza di Medellín mostra come interventi audaci e creativi per connettere le persone alle opportunità possano rivitalizzare una città degradata. Originariamente Medellín prosperava grazie alle ferrovie, alle esportazioni di caffè e ad un robusto settore manifatturiero. Negli anni ’60 e ’70, l’economia della città ha iniziato a ristagnare man mano che la sua popolazione cresceva, e con molti colombiani che fuggivano dalla violenza della guerriglia nelle campagne e si insediavano in nuove comunità. In questi insediamenti informali mancavano i servizi di base come l’acqua e i servizi igienici e spesso si insediavano in aree molto precarie come le ripide colline intorno alla città, rendendo difficile la connessione con il centro della città stessa. Con la contrazione dell’economia, i residenti di Medellín si diedero al mercato nero degli alcolici, elettrodomestici, marijuana – e infine cocaina. Questo spinse Medellín nell’epicentro del fiorente commercio di droga della Colombia. Mentre i cartelli della droga e le milizie locali si scontravano con il governo nazionale, Medellín divenne la città più pericolosa del mondo, con un tasso di omicidi che arrivò al 4 per 1.000 nel 1992. Nel 1991, la Colombia approvò una nuova costituzione che garantiva più potere e risorse ai governi delle città. Con essa venivano richiesti alle città nuovi piani di sviluppo municipale a fronte di significativi trasferimenti fiscali con il conseguente rafforzamento della propria responsabilità e una maggiore trasparenza. Nel 1993, un Consiglio presidenziale fu convocato specificamente per affrontare la povertà e la violenza a Medellín, riunendo il governo nazionale e locale, le imprese private, le comunità, le organizzazioni e il mondo accademico. Così è nato PRIMED (Programa Integral de Mejoramiento de Barrios Subnormales en Medellín), un programma per integrare le comunità, sorte in modo informale, con il resto della città. Con PRIMED sono state ristrutturate oltre 3.500 case, costruito e migliorato le infrastrutture vitali e trasferito circa il 70% delle famiglie che vivevano sui ripidi pendii che non rendevano sicure le costruzioni. Sono stati oltre 100.000 i residenti a beneficiare di questo programma, dando la priorità ai quartieri che registravano il valore più basso dell’indice di sviluppo umano. Il tutto fu realizzato ad un costo relativamente basso, per la mole di interventi svolti, di 23 milioni di dollari. Oltre a migliorare i servizi di base, il Consiglio presidenziale supervisionò gli investimenti pubblici nelle scuole, nelle biblioteche e nei parchi. Questi progetti furono pianificati per essere belli e funzionali e simboleggiare l’impegno della città a trasformare le proprie comunità. I miglioramenti nei trasporti furono ritenuti strategici ed essenziali per collegare fisicamente le comunità al resto della città. La costruzione di una funivia urbana iniziò nel 2000 e meno di tre anni dopo, la linea K fece il suo viaggio inaugurale. Trasporta fino a 3.000 passeggeri all’ora e ha ridotto di molto i tempi di viaggio. Due ulteriori linee di funivia urbana (metrocable) furono successivamente aperte rispettivamente nel 2008 e nel 2010. Le funivie urbane sono risultate fondamentali perché hanno contribuito a collegare le aree più povere con quelle aree ove vi erano maggiori opportunità economiche e sociali.  Il sistema dei trasporti locali è stato poi integrato con altri investimenti rilevanti, come la rete ferroviaria urbana che era all’epoca l’unica in Colombia. Sebbene progettato e gestito dal governo della città, il governo nazionale ha fornito il 70% dei fondi necessari per questo enorme progetto. La metropolitana di Medellín trasporta circa 256 milioni di passeggeri ogni anno con solo una frazione delle emissioni dovute ad una analoga rete di trasporti basata sulle automobili. Il design dei progetti, l’approccio partecipativo e la migliore accessibilità hanno contribuito ad attrarre a Medellín investimenti esteri: tra il 2008 e il 2011, 46 imprese internazionali si sono trasferite lì, investendo collettivamente oltre 600 milioni di dollari. Medellín ha anche ospitato eventi culturali e politici di livello mondiale, dal World Urban Forum 2014 ai tour di personaggi come Madonna e Beyoncé. I redditi pro capite sono i più alti di qualsiasi città colombiana e le disuguaglianze all’interno della città sono diminuite. Sebbene lungi dall’essere perfetto, e con molta strada ancora da fare, la moderna Medellín, nominata alcuni anni fa “città più innovativa del mondo”, è molto lontana dalla violenza e dalla disperazione che vi regnava negli anni ’90. Approcci innovativi per migliorare la connettività, in particolare per i residenti a basso reddito, potrebbero aiutare altre città fragili ad affrontare la povertà, l’esclusione e la vulnerabilità, una priorità ancora maggiore poiché i rischi climatici diventano sempre più frequenti e gravi. Parte del successo della trasformazione, economica, sociale ed ambientale, di Medellín, risiede in quel concetto di sinergia che più volte abbiamo auspicato tra le azioni del governo nazionale e quello locale. Solo lavorando insieme con una visione unitaria si raggiungono obiettivi ambiziosi.

Fonte: ilcambiamento.it

L’UE investe 98,2 milioni di euro per migliorare la qualità della vita degli europei

Una serie di nuovi progetti integrati LIFE aiuterà otto Stati membri ad applicare la legislazione in materia di ambiente e clima per affrontare sfide quali la carenza idrica, il cambiamento climatico, l’economia circolare e la perdita di biodiversità. I finanziamenti LIFE mobilizzeranno investimenti per altri due miliardi di euro, consentendo agli Stati membri di avvalersi di altri fondi europei, nazionali e privati.heading-newsletter-recupere-recupere

Per gli europei, l’ambiente è una faccenda seria, perché sono consapevoli che da esso dipende la qualità della loro vita. Secondo un recente sondaggio, i cittadini esprimono timori principalmente in merito alle conseguenze del cambiamento climatico, dell’inquinamento atmosferico e dei rifiuti, il cui volume è sempre più ingente. In materia di ambiente e clima, l’Unione europea (UE) si è dotata di normative volte a tutelare la qualità della nostra vita, ma la loro effettiva applicazione può rappresentare una sfida per molti.

“Un euro erogato da LIFE è in grado di mobilizzare 20 euro da altre fonti di finanziamento. Oltre a questo incredibile effetto leva, i progetti integrati LIFE offrono una risposta diretta ai timori dei cittadini europei in merito alla qualità dell’aria e dell’acqua e alle conseguenze del cambiamento climatico.”

Karmenu Vella, commissario europeo per l’Ambiente

È qui che entrano in gioco i progetti integrati, finanziati nell’ambito del programma L IFE per l’ambiente e l’azione per il clima: tali iniziative, infatti, aiutano gli Stati membri ad applicare con efficacia la legislazione dell’UE relativamente a natura, acqua, aria, rifiuti e azione per il clima accrescendo l’impatto dei finanziamenti per piani sviluppati a diversi livelli e assicurandone il successo a lungo termine. Questo nuovo pacchetto di investimenti sostiene progetti in Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Lituania, Malta, Spagna e Svezia.

Conservazione della natura

I progetti correlati alla natura sono cinque, di cui uno danese che si occuperà di creare e collaudare incentivi volti ad aiutare gli agricoltori a gestire i propri terreni in modo più ecologico. L’obiettivo consiste nel rendere economicamente allettanti agli occhi degli agricoltori le attività di pascolo e raccolta di biomassa da aree naturali, grazie allo sviluppo di prodotti specializzati di alto valore, venduti a un prezzo più elevato. I progetti in Grecia, Lituania e Svezia coadiuveranno la realizzazione di una serie di azioni prioritarie a favore della conservazione. Le iniziative previste permetteranno alle autorità competenti di ampliare le proprie capacità di redazione e attuazione sia dei piani per la gestione dei siti che di quelli per le specie, ma saranno al contempo utili per integrare la conservazione della natura in altri settori, come la silvicoltura, l’agricoltura e il turismo. Un progetto francese di ampio respiro mapperà gli habitat marini attorno alla Francia e alla Corsica, garantendo una gestione efficace e trasparente delle aree marine protette a favore di chi dipende dal mare per vivere o ne usufruisce a fini ricreativi.

Una buona gestione dell’acqua

Nell’ambito della direttiva quadro sulle acque, agli Stati membri dell’UE è richiesta la preparazione di piani di gestione dei bacini fluviali che assicurino il buono stato di conservazione dei corpi idrici. A tale proposito, saranno due i nuovi progetti integrati a portare il proprio contributo. Uno è in corso a Malta, dove problematiche quali la carenza idrica, le scarse precipitazioni e l’elevata densità di popolazione rendono impegnativa la gestione delle risorse di acqua dolce. Questo progetto prevede audit idrici, investimenti in misure di trattamento dell’acqua e incentivi per un maggiore riutilizzo. Il bacino del Douro si trova a cavallo del confine fra Portogallo e Spagna. Un nuovo progetto integrato avviato in questa regione, spesso colpita dalla carenza idrica, garantirà una migliore governance delle risorse idriche e una maggiore partecipazione pubblica nella gestione dell’acqua. Poiché si tratta di una zona sensibile per quanto concerne il cambiamento climatico, questo bacino fluviale è a tutti gli effetti un indicatore dei mutamenti che potranno avvenire in futuro in Europa. Pertanto, il progetto può rivelarsi un vero e proprio laboratorio per testare l’adattamento della gestione delle risorse idriche.

I rifiuti sono una ricchezza

Le famiglie della regione francese Provenza-Alpi-Costa azzurra producono rifiuti in quantità significativamente superiore alla media nazionale. Il sostegno all’innovazione nella prevenzione e nella gestione dei rifiuti consentirà di ridurre di molto il conferimento in discarica, in linea con la legislazione dell’UE in materia. Inoltre, servirà a stimolare lo sviluppo dell’economia circolare nella regione.

Efficienza energetica e adattamento ai cambiamenti climatici

In Belgio, gli edifici residenziali sono per lo più vetusti, perciò richiedono il 70 % in più di energia rispetto alla media europea. Oltre a promuovere la collaborazione tra Fiandre e Vallonia, un nuovo progetto integrato aiuterà le due regioni ad adottare politiche di ristrutturazione e riqualificazione per incoraggiare l’efficienza energetica. L’iniziativa prevede la ristrutturazione di più di 8 500 abitazioni in cinque città, ma più in generale intende dare il la alla riqualificazione di tutti gli edifici esistenti in Belgio. Il progetto mira pertanto a offrire un contributo all’obiettivo di riduzione del 75‑80 % delle emissioni di gas a effetto serra e dell’uso di energia entro il 2050. Superando ogni divisione settoriale e coinvolgendo parti interessate chiave, un progetto avviato in Spagna, più precisamente in Navarra, fungerà da esempio per altre regioni che non sono ancora riuscite a mettere in atto la propria strategia in materia di adattamento ai cambiamenti climatici. Tra le azioni previste per aiutare questa regione a conseguire i propri obiettivi climatici entro il 2030 troviamo la realizzazione di indicatori per il monitoraggio del clima e di sistemi per l’allerta preventiva delle alluvioni fluviali e delle emergenze relative al trattamento delle acque reflue.

Dal 2014, anno della loro introduzione, sono stati avviati 25 progetti integrati da autorità competenti di 14 Stati membri, con azioni svolte in 18 paesi. Questi progetti stanno mobilizzando oltre 5 miliardi di euro in finanziamenti complementari stanziati da altri fondi europei, nazionali e privati affinché vengano attuate politiche in materia di ambiente e clima.

Per saperne di più

http://ec.europa.eu/environment/life/

fonte: https://ec.europa.eu/environment/efe/themes/funding-and-life/eu-invests-eur-982-million-improve-citizens-quality-life_it

 

“Si può fare!”, la rete delle buone pratiche

Nasce la rete dei Comuni e dei cittadini “Si può fare!” per la promozione di buone pratiche, la valorizzazione dei beni comuni e una decrescita mirata al miglioramento della qualità della vita.

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La carta d’intenti di “Si può fare!” è stata siglata qualche giorno fa a Padova. Si tratta di una rete tra amministrazioni comunali, associazioni, gruppi, cittadine e cittadini per la promozione di buone pratiche di sostenibilità ambientale e di solidarietà sociale nel territorio veneto. La rete nasce da un’idea semplice, ma impegnativa. «Alla base della società è all’opera una galassia di gruppi, collettivi, associazioni della cittadinanza attiva che quotidianamente intraprendono esperienze di collaborazione, solidarietà, mutualità per far fronte alle innumerevoli esigenze personali, familiari e delle comunità locali – spiegano i promotori – Gruppi di acquisto, banche del tempo, prestazioni volontarie, recupero e manutenzione del patrimonio demaniale, condivisione di beni, servizi e saperi, scambi economici non monetari. E molto altro ancora. D’altra parte le amministrazioni pubbliche locali più accorte hanno l’identico interesse di promuovere una società improntata sulla sostenibilità ecologica e sull’equità sociale. Anche il mondo della ricerca, della scuola e dell’università trova la propria ragion d’essere nell’elaborare percorsi di insegnamento, di sperimentazione e di innovazione capaci di muovere le persone verso un benessere profondo, responsabile, più umano e in armonia con la Terra, nostra “casa comune”. In concreto, Si può fare! si propone di far conoscere le “buone pratiche” che la cittadinanza è riuscita ad attivare, valorizzandole e aiutandole a diffondersi. Allo stesso tempo vuole essere un supporto a quelle amministrazioni comunali che desiderano trovare sistemi di governance il più partecipati possibile. Si può fare! si propone come una rete informale, leggerissima e apertissima, ispirata ai principi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica attraverso percorsi di condivisione delle pratiche della decrescita mirate al miglioramento della qualità della vita. Concretamente la rete ha dato avvio ad alcuni gruppi di lavoro: per svolgere una ricognizione (censimento) attraverso contatti e interviste dirette delle buone pratiche esistenti nella regione; per la elaborazione di un “Kit” (manuale) rivolto alle amministratori locali per aiutarle a districarsi nella giungla della “legislazione vigente” che spesso impedisce di avviare esperienze virtuose di buona amministrazione; per la realizzazione di un seminario sulle forme della democrazia locale partecipata; per l’individuazione di un evento che possa coinvolgere in modo unitario tutte le realtà operanti in Veneto».

Fino ad ora hanno dichiarato il loro interesse al progetto sindaci o amministratori locali dei seguenti comuni: Bassano del Grappa (VI), Campolongo Maggiore(VE), Mogliano Veneto (TV), Cinto Caomaggiore (VE), Feltre (BL), Marano Vicentino (VI), Mira (VE), Ponte San Nicolò (PD), Roncade (TV) e la Municipalità di Marghera (VE).

Le associazioni che hanno dimostrato il loro interesse sono: Aeres – Venezia, Arcipelago SCEC Veneto, ASPO – Associazione per il picco del petrolio, Associazione per la Decrescita – Nodo Triveneto, Centro di iniziativa politico culturale “Romano Carotti”, Contratto di Fiume Meolo-Vallio-Musestre, Cooperativa Retenergie – Nodo Veneto, Democrazia locale, Ecoistituto del Veneto “Alex Langer”, Eddyburg – Altro Veneto, Istituto Nazionale di Bioarchitettura – Venezia, Italia che Cambia, Legambiente – Veneto, Libera – Veneto, MAG – Verona, Mestre in Transizione, Movimento dei consumatori, Movimento per la Decrescita felice di Venezia e Padova, Rete di Economia Solidale

Verona, WWOOF Italia.

Info: sipuofareveneto@gmail.com

 

Fonte: ilcambiamento.it

Parte con un brulé la Social Street di Via Santa Giulia e dintorni

Un incontro per conoscersi e interagire, per provare a individuare interessi comuni, per migliorare la qualità della vita e dell’intero quartiere381813

Sabato 31 gennaio, nei locali della Cooperativa sociale Johar, si è svolto il primo incontro della Social Street di Via Santa Giulia e dintorni. L’incontro lanciato su facebook ha visto coinvolti, attorno ad un brulé, una ventina di abitanti di Vanchiglia che incuriositi dall’iniziativa, si sono confrontati sul tema della Social Street, su cosa è e sulle aspettative che ognuno di loro ha nei confronti della stessa. All’incontro hanno partecipato studenti, lavoratori, alcuni componenti del Comitato di Quartiere Vanchiglia e i redattori di Eco abitanti in Vanchiglia, che hanno raccontato il loro modo di vivere il quartiere, parlando delle problematicità e affrontando i temi della socialità e della vivibilità del quartiere soffermandosi sullo spreco di cibo, sul riuso e le attività per bambini e famiglie. L’obiettivo principale dell’incontro è stato quello di far conoscere e interagire i partecipanti fra loro, per provare a individuare un interesse comune sul quale lavorare e portare avanti progetti di comune utilità per migliorare la qualità della vita e del quartiere. Tra le tante idee e problematiche emerse durante l’incontro, una davvero curiosa è quella, al momento sospesa, intrapresa da alcuni ragazzi sul tema dello speco del cibo, che ponendosi come obiettivo quello di recuperare i cibi che negozianti e ambulanti gettano tra i rifiuti, hanno pensato di recuperarli attraverso il contatto diretto con i commercianti e redistribuirli all’interno dei condomini abitati dagli stessi ragazzi. Una iniziativa che rappresenta appieno i fini della Social Street.

Fonte: ecodallecitta.it

Scirarindi, Svegliati! La Sardegna in movimento

 

Scirarindi in campinadese significa Svegliati! e quando Giovannella Dall’Ara, che insieme a Cristina Pusceddu ha dato vita al portale web e alla fiera annuale omonima, ce lo spiega il suo sguardo si illumina. In effetti nel giro di pochi anni si può davvero affermare che il loro invito sia stato ascoltato. Centinaia di realtà sono emerse dal buio, si sono attivate e spesso si sono messe in relazione.Sequence-1-1

Qui c’era già tutto” spiegano Giovannella e Cristina. “Quando siamo arrivate” – una dall’Emilia e l’altra, seppur di origini sarde, da Londra – “ci siamo rese conto che questa terra più di altre era un pullulare di iniziative concrete: dagli operatori olisitici a quelli della bioedilizia, dai ricercatori spirituali a moderni imprenditori. La Sardegna vera, quella lontana dai racconti televisivi, era ed è quella che noi definiamo la ‘Sardegna Naturale‘. Abbiamo quindi scoperto l’acqua calda in un certo senso! Il nostro lavoro è stato semplice e allo stesso tempo fondamentale: abbiamo messo insieme tutte queste realtà, unendo i puntini, offrendo uno strumento tecnologico che permettesse di emergere, promuoversi, contarsi e – allo stesso tempo – organizzando decine e decine di incontri ‘off line’, ‘in carne ed ossa‘. Molte delle realtà che sono sul nostro portale – aggiunge Cristina – non sanno nemmeno usare un computer e avevano quindi bisogno di qualcuno che le aiutasse a comunicare ciò che già stavano facendo”.

Sul sito, inoltre, vengono proposte le notizie inerenti le attività e gli eventi organizzati dai vari operatori iscritti.

Dal portale è presto nata l’idea di organizzare una grande fiera annuale, chiamata Scirarindi ovviamente, che quest’anno – 2014 – è giunta alla quarta edizione e si svolge il 29 e 30 novembre presso la Fiera di Cagliari.

Ogni anno questo evento raduna migliaia di persone da tutta l’isola interessate al programma offerto e, contemporaneamente, mosse dalla voglia di incontrare loro “simili”: persone che si muovono in modo consapevole e costruttivo e che si sentono lontane dagli stereotipi massivi e talvolta ignoranti che riguardano questa popolazione così peculiare e ricca di capacità e potenzialità ancora solo in parte espresse. “Si sta tornando a riscoprire la bioedilizia che qui si è sempre fatta”, mi spiegano ancora Giovannella e Cristina e mentre parlano osservo la gente che mi cammina intorno. Siamo nel centro di Cagliari, appena usciti da un altro evento interessante, Alig’Art, organizzato anch’esso da giovani donne – le ragazze di “Sostenible Happiness” – e penso a quanto questa città, in testa a molte classifiche che misurano la qualità della vita, sia poco rappresentata mediaticamente nonostante offra stimoli culturali, incontri, contaminazioni. Giovannella e Cristina catturano ancora una volta la mia attenzione spiegandomi che questo progetto è diventato quasi subito sostenibile anche a livello economico. Gli operatori pagano una quota per essere presenti sul sito e loro sono quindi riuscite a costruirsi un lavoro retribuito, garantendosi un’ottima qualità della vita e, contemporaneamente, offrendo un servizio importantissimo alle comunità locali. Dalla Sardegna, quindi, arriva un richiamo valido per tutta l’Italia, per ogni singolo italiano. Scirarindi! Svegliati! Svegliamoci!

Ecco perché Italia che Cambia sarà media partner della nuova edizione del Festival sardo. Ci vediamo il 29 e 30 novembre 2014 a Cagliari!

 

Il sito di Scirarindi

 

Visualizza Scirarindi nella Mappa dell’Italia che Cambia: clicca qui

 

Fonte: italiachecambia.org

Il perdono ti cambia la vita

Il rivoluzionario metodo del perdono in 7 passi per imparare a vivere meglio. Daniel Lumera, autore de I 7 passi del perdono, ha condotto uno studio olistico sul perdono mettendo in evidenza come esso sia in grado di migliorare la nostra esistenza sotto più punti di vista

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Daniel, che cos’è il perdono?

Il perdono è la capacità della nostra coscienza di riconquistare uno stato unitario di piena realizzazione. È un processo che accompagna l’essere umano attraverso l’abilità di liberarsi dalla sofferenza, di guarire profondamente le ferite della propria anima e di realizzarsi. È sia un processo che uno strumento molto potente in grado di guarire qualsiasi ferita, fisica o psichica che sia.

Di solito si pensa al perdono in chiave religiosa. Tu lo affronti dal punto di vista olistico. Qual è la differenza?

C’è una differenza sostanziale: finora il perdono è stato studiato solo in determinati contesti, soprattutto in chiave religiosa. Io penso invece che il perdono sia uno strumento olistico che agisce su 7 piani differenti di azione. Il primo di questi piani è quello fisico: è stato dimostrato che il processo del perdono agisce, fra gli altri, sul sistema immunitario, cardiovascolare, nervoso centrale; sul piano vitale libera i blocchi energetici e influenza i processi di rigenerazione dell’energia vitale rendendola più fluida. Sul piano emozionale il perdono è in grado di regolare la dieta emozionale, permettendo il manifestarsi di emozioni quali la compassione, l’amore e la gratitudine; mentre sul piano mentale influenza la salute mentale permettendo il manifestarsi di pensieri e idee positive e lo sviluppo dell’ottimismo. Sul piano causale agisce sugli eventi del passato che generano conflitti e squilibri nel presente, così come è in grado di agire sulla qualità delle relazioni e di espandere la coscienza. Sul piano spirituale è in grado di guarire le ferite più profonde dell’anima e da ultimo, sul piano coscienziale il perdono è in grado di attuare una vera e propria esperienza di autorealizzazione. Per queste ragioni, considero l’approccio olistico quello più completo perché offre una visione d’insieme del perdono, piuttosto che soffermarsi solo sulla dimensione religiosa o psicologica. Il mio metodo esplora per la prima volta tutte le dimensioni del perdono offrendo una visione completa e forse è il metodo più adeguato all’evoluzione della coscienza umana in questo momento storico.

Dagli studi che hai fatto emerge che il perdono è in stretta relazione con il benessere e la salute di una persona. L’incapacità di riuscire a perdonare può essere causa di malattie o problemi psichici?

Assolutamente sì. La mancanza di perdono è concausa di blocchi, malattie e altri disturbi fisici. Il primo passo del processo del perdono è la capacità di sbloccare un blocco che si è creato. Dall’esperienza che ho fatto emerge che la persona che non è in grado di sbloccarsi può andare incontro a grossi squilibri che coinvolgono i 7 piani di cui parlavo prima: può ammalarsi fisicamente, avere problemi depressivi o avere problemi legati alla propria salute mentale o emozionale. Il perdono è un’esperienza in grado di ridefinire la propria armonia ed è in grado di riequilibrare la persona e chi non è in grado di perdonare corre molti rischi.

Perché secondo te è più facile serbare odio e rancore che perdonare?

Credo che l’essere umano non sia consapevole che dietro al perdono c’è anche una logica puramente di convenienza: è una questione di salute, di qualità della vita e di benessere. Finché queste ragioni non saranno completamente chiare non credo che si possa comprenderne completamente l’importanza e la portata. Molte volte il perdono è considerato una debolezza, anche per mancanza di informazioni, quindi non si è disposti a perdonare, invece è esattamente il contrario: ci vuole molto coraggio per perdonare, e perdona solo chi ne ha compreso le ragioni profonde e ha capito che per vivere bene è necessario conoscere e passare attraverso questo processo benefico. Molti interpretano il passaggio del Vangelo sul perdono come un “lascia che ti facciano del male e non reagire”, ma è esattamente il contrario: quando si perdona, si decide di agire e reagire, ma lo si fa da una maggiore centratura, senza mettere in atto desideri di vendetta ma, coscienti di poter creare una realtà più armonica e consapevole.

È per questo che le persone che hanno subito i torti più grandi – penso a Nelson Mandela imprigionato per quasi 30 anni – riescono a trovare la forza di perdonare piuttosto che serbare sentimenti di vendetta?

Tutte le persone che sono realmente appagate, e sono a posto con la loro coscienza, non trovano nessuno stimolo nella vendetta e nel rancore, ma anzi hanno capito che se continuano a provare sentimenti di vendetta e rancore si condannano due volte, non solo per quello che hanno subìto, ma anche perché continuano a vivere prigionieri del dolore. È quindi controproducente, e questo dimostra che la nostra cultura è profondamente ammalata, perché non è stata in grado di spiegare e trasmettere autenticamente quei valori cardini che educano alla vita, all’amore e alla pace applicata alla vita quotidiana.

Cosa ti ha spinto ad appassionarti alle tematiche del perdono?

Ho sentito l’esigenza personale di integrare un percorso di autorealizzazione e ho incontrato il perdono in un momento molto forte della mia vita, riuscendo a sbloccare delle situazioni che creavano fortissimo disagio. Il perdono mi ha avvicinato a valori come l’accoglienza, la pace e la compassione, ed è capace di guarire qualsiasi aspetto dell’esistenza e di darci maggiore centratura. Ha poi il merito di liberarci dalla sofferenza, di aprirci agli altri, ci permette di entrare nella fase più elevata della realizzazione. Ho deciso di scrivere il libro solo dopo che sono arrivato alla fine del processo del perdono, dopo cioè che ho sperimentato il profondo potere guaritore, il benessere che ne deriva e ne ho compreso gli straordinari benefici.

 

Il perdono è un’esperienza in grado

di ridefinire la propria armonia ed è in grado

di riequilibrare la persona

Daniel Lumera

È formatore, scrittore e conferenziere; attualmente è docente della cattedra di Management pubblico-privato per la gestione della fiducia, e responsabile della Ricerca e Sviluppo per UNESCO Club Heritage. Collabora come docente con varie Università ed è l’ideatore del percorso formativo My Life Design: il disegno consapevole della propria vita. È fondatore della Scuola Internazionale del Perdono (International School of Forgiveness). Per maggiori informazioni: http://www. mylifedesign.info/

Fonte: viviconsapevole.it

Legambiente presenta Tutti in classe A, la radiografia energetica del patrimonio edilizio italiano

Tutti in Classe A: 500 edifici analizzati da Bolzano a Catania. Le termografie bocciano edifici progettati da Fuksas, Portoghesi, Krier. In troppe regioni regole inadeguate e nessun controllo sulle certificazioni promosse solo Trento, Bolzano, Piemonte e Lombardia. “1000 euro di risparmio per famiglia all’anno con interventi di efficienza in edilizia. Ma servono controlli e nuove politiche per la riqualificazione dei condomini”    classea

Le nostre case possono essere comode e sicure, ben isolate e correttamente soleggiate, oppure possono essere scomode e dispendiose, troppo calde d’estate e fredde in inverno; possono contribuire a migliorare la nostra qualità della vita o, al contrario, pesare significativamente sulla spesa familiare per raggiungere minimi livelli di benessere e contribuire enormemente all’inquinamento urbano determinato dagli impianti di riscaldamento, che per scaldare adeguatamente questi edifici colabrodo bruciano combustibili fossili. L’innovazione ambientale rappresenta, inoltre, la via più interessante e utile per risollevare il settore immobiliare e dell’edilizia nel suo complesso, grazie alle notevoli opportunità che offre anche in termini occupazionali ed economici. Questi i presupposti dell’indagine di Legambiente Tutti in classe A, sulla qualità del patrimonio edilizio italiano, presentata oggi a Roma, dal vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini in una conferenza stampa che ha visto anche la partecipazione di Leopoldo Freyrie (Presidente CNAPPC, Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori), e Antonio Scala (Responsabile Energy Service Mass Market Enel Energia).  L’indagine ha preso in considerazione oltre 500 edifici in 47 città italiane, grazie a un team di esperti che viaggiando da nord a sud del Paese, ha fotografato con un’apparecchiatura termografica la situazione termica degli edifici confrontando le rese di costruzioni recenti, firmate anche da note archistar con palazzi costruiti nel dopoguerra e edifici dove sono stati realizzati interventi di retrofit, evidenziando come una riqualificazione energetica ben fatta possa permettere di realizzare risultati significativi di riduzione dei consumi energetici.

“In un periodo di crisi drammatica come quello che sta vivendo il mercato immobiliare italiano, la sfida di innovazione proposta dall’Unione europea va assolutamente raccolta – ha dichiarato il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini – perché attraverso la chiave dell’energia è possibile riqualificare gli edifici in cui viviamo e lavoriamo, per renderli oltre che meno energivori più belli, ospitali, salubri. E’ una opportunità che va colta fino in fondo, per arrivare ad azzerare le bollette delle famiglie, per creare lavoro in un campo ad alto tasso di occupazione e con importanti possibilità di ricerca applicata. Ma questa direzione di cambiamento responsabilizza tutti, dalla pubblica amministrazione agli imprenditori edili, dai progettisti ai cittadini. In 13 regioni – ha continuato Zanchini – non esiste alcun tipo di controllo sui certificati di prestazione energetica degli edifici  e così si calpestano i diritti dei cittadini che dovrebbero essere correttamente informati sulle prestazioni energetiche e sulla sicurezza delle loro abitazioni”.

L’analisi termografica ha riguardato edifici residenziali, scuole e uffici costruiti nel dopoguerra e altri più recenti. Sono state verificate anche le prestazioni di quelli già certificati di Classe A e di quelli ristrutturati, e di alcuni edifici costruiti dopo il 2000, ossia dopo l’adozione delle direttive europee in materia di risparmio energetico e isolamento Su gran parte di questi immobili, nuovi e già vecchi, i problemi sono evidenti. Da Milano a Torino, fino alla periferia di Bari, dal progetto C.A.S.E. a L’Aquila, al quartiere Parco Leonardo a Roma, si ravvisano problemi di elementi disperdenti, con distribuzione delle temperature superficiali estremamente eterogenee. Spesso anche per edifici che si promuovono come “biocase” o a basso consumo energetico. Che in “Classe A” si viva meglio lo dimostrano invece le termografie di edifici ben progettati,  costruiti e certificati, come il quartiere Casanova a Bolzano o alcuni immobili nuovi o ristrutturati a Firenze, Udine o Perugia, che mostrano un comportamento omogeneo delle facciate e l’assenza di ponti termici significativi, la precisa scelta di sfruttare al meglio l’esposizione dell’edificio e l’uso di specifici materiali per le diverse facciate al fine di sfruttare al meglio la radiazione solare, minimizzando i consumi energetici per il condizionamento invernale con un risparmio, per i fortunati abitanti di questi edifici, fino a 2mila euro ogni anno. Attenzioni e benefici che non ritroviamo, purtroppo, nemmeno in edifici progettati da architetti di fama internazionale e costruiti negli ultimi dieci anni, come mostrano le termografie realizzate su edifici costruiti a Milano, Roma e Alessandria da Fuksas, Krier e Portoghesi, dove l’analisi a infrarossi ha dato risultati simili a quelli di altri edifici recenti di firme meno prestigiose, con difetti nelle superfici perimetrali ed elementi disperdenti nelle strutture portanti.

“In tutti e tre gli edifici ‘famosi’ analizzati, l’impronta architettonica che si voleva proporre è chiara e riconoscibile – commenta Edoardo Zanchini – è indispensabile che tutti, dalle archistar ai tecnici e a chi costruisce, contribuiscano a rendere più bella e efficiente l’edilizia italiana”.

In questo rapporto si segnalano, inoltre, la situazione e i problemi della normativa nazionale, l’articolato e inadeguato quadro di regole nelle diverse regioni in particolare per quanto riguarda controlli e sanzioni, ma anche le buone pratiche attuate da alcuni Comuni. Gli edifici, infatti, sono responsabili di una grossa fetta dei consumi energetici italiani e delle emissioni di gas serra. La direttiva europea 2002/91 ha introdotto precisi obiettivi in termini di rendimento energetico e l’obbligo della certificazione degli edifici nuovi (con le diverse classi di appartenenza, dalla A alla G) e nelle compravendite di quelle esistenti. Poi Bruxelles si è spinta oltre, con la direttiva 31/2010, che prevede date precise per una transizione radicale. Dal 1 gennaio 2021 tutti i nuovi edifici, sia pubblici che privati, dovranno essere neutrali da un punto di vista energetico, ossia dovranno garantire prestazioni di rendimento dell’involucro tali da non aver bisogno di apporti per il riscaldamento e il raffrescamento oppure di soddisfarli attraverso le fonti rinnovabili. Entro il 30 Aprile 2014, inoltre, il Governo italiano dovrà inviare a Bruxelles una ‘strategia a lungo termine per mobilitare investimenti nella ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e commerciali, sia pubblici che privati’. Nonostante la nuova programmazione europea 2014-2020 preveda consistenti risorse per l’efficienza energetica che possono diventare un volano per riqualificare il patrimonio edilizio e le città e non esista oggi alcuna ragione economica o tecnica che possa impedire che tutti i nuovi edifici siano progettati e costruiti per essere in Classe A di prestazione energetica (grazie al contributo di pannelli solari termici o fotovoltaici, pompe di calore geotermiche o altri impianti da fonti rinnovabili), continuiamo ad assistere a rinvii e ritardi nell’applicazione delle direttive e ad azioni di vero e proprio sabotaggio da parte delle solite lobby non interessate a salvaguardare gli interessi delle famiglie, dell’ambiente e delle imprese che puntano sulla green economy. Affinché si avvii una stagione di cambiamento e di innovazione profonda delle città italiane per migliorarne la qualità e la vivibilità, occorre, secondo Legambiente, percorrere diverse strade in parallelo: bisogna introdurre regole omogenee in tutta Italia per le prestazioni in edilizia e controlli indipendenti su tutti gli edifici con sanzioni vere per chi non rispetta le regole. Altrettanto indispensabile è dare certezza rispetto alla sicurezza antisismica degli edifici stabilendo l’obbligo di dotarsi di un libretto antisismico per tutti gli edifici esistenti. Per migliorare le prestazioni energetiche è necessario stabilire per i nuovi edifici e per le ristrutturazioni edilizie oltre una certa dimensione lo standard minimo obbligatorio di Classe A su tutto il territorio nazionale; va premiato, nelle ristrutturazioni edilizie, il miglioramento della classe energetica di appartenenza, e per facilitare questo processo occorre rendere permanenti le detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio (50-65%) offrendo un orizzonte temporale serio, e allargando gli incentivi gli interventi di consolidamento antisismico degli edifici. C’è bisogno di nuovi strumenti per il finanziamento degli interventi di riqualificazione. Occorre introdurre un fondo nazionale di finanziamento e di garanzia per gli interventi di riqualificazione energetica di edifici pubblici e privati, come prevede la stessa Direttiva 2012/27, per realizzare misure di miglioramento dell’efficienza e di sicurezza antisismica. E’ necessario poi, introdurre nuovi strumenti per gli interventi di retrofit energetico degli edifici condominiali. In Italia realizzare interventi di riqualificazione energetica complessiva di edifici condominiali è difficilissimo per un quadro di regole e incentivi inefficace. Occorre creare le condizioni tecniche e economiche per rendere vantaggiosi interventi che possono consentire di migliorare le prestazioni delle abitazioni e di garantire risparmi energetici quantificabili e verificabili per le famiglie, oltre che di consolidamento antisismico.

La pagella delle Regioni per l’efficienza energetica in ediliziaImmagine

Promosse e bocciate: la pagella delle Regioni  e Province autonome italiane rispetto all’efficienza energetica in edilizia: 1 -4  (in verde): promosse; 5 -8 (in blu): Regioni promosse ma con alcune lacune normative da recuperare;  9 – 10 (in giallo): Regioni bocciate per lacune normative; 11 -21 (in rosso): Regioni bocciate per assenza di normativa in materia.

Dossier completo: http://www.legambiente.it/contenuti/dossier/tutti-classe-A

Fonte:Legambiente

In calo il parco auto circolante: buona o cattiva notizia?

Negli ultimi due anni i mezzi circolanti sulle strade italiane si sono ridotti di 225 mila unità; un beneficio per l’ambiente e la salute, ma una spia della crisi energetica che non si risolleverà con artifici legali o manovre della finanza.

Per il secondo anno di fila la vendita di nuove auto è stata superata dalla rottamazione delle più vecchie (vedi il primo grafico qui sotto), con un saldo netto di meno 40 mila mezzi nel 2012 e di meno 115 mila nel 2013 (elaborazione dati ACI). La stessa situazione si registra per gli autocarri: meno 24 mila e meno 46 mila. Questo significa che per la prima volta nella storia della motorizzazione nel nostro paese ci sono meno auto sulle strade: probabile cattiva notizia per chi costruisce o vende le quattro ruote, probabile buona notizia per l’ambiente, la salute, la qualità della vita. Certo, una riduzione di 150 mila mezzi su un parco circolante di 37 milioni sta ancora passando del tutto inosservata, e può apparire come un semplice fattore congiunturale; guardando con più attenzione si comprende invece che il calo degli automezzi circolanti segue di qualche anno il calo di consumo di benzina e gasolio per il trasporto(secondo grafico qui sotto). Le vendite hanno raggiunto un picco nel 2004 a 38 milioni di tonnellate ed ora sono calate del 20% a poco più di 30 milioni, praticamente lo stesso livello del 1991. Non solo si vendono meno auto, ma si usano anche molto di meno; la crescita del costo del petrolio sta rendendo sempre più difficile la vita ad una società interamente basata su di esso. In questo mondo ci si muove un po’ meno e saggiamente si rinuncia a spendere tanta parte del proprio tempo di vita per potersi permettere un’auto: se due anni fa occorrevano 70 giorni di lavoro all’anno per potersi permettere di acquistare e mantenere un’utilitaria, ora ne occorrono molti di più.Immatricolazioni-nette-auto-Italia

Consumi-benzina-gasolio

 

Fonte: ecoblog

Noam Chomsky contro il fracking e le sabbie bituminose

Il celebre linguista e attivista politico ritiene folle spremere scarse risorse di cattiva qualità provocando devastazioni ambientali e danni alla salute. E’ soddisfatto che siano i nativi americani ad avere assunto la leadership della protestaNoam-Chomsky-586x369

Noam Chomsky, il celebre linguista del MIT  nonchè il più influente attivista politico della sinistra libertaria USA ha preso duramente posizione contro lo sfruttamento canadese dello shale gas nel New Brunswick e delle sabbie bituminose in Alberta. In un intervista al Guardian ha detto  «Significa spremere ogni goccia di idrocarburi dal suolo  e cercare di distruggere l’ambiente il più rapidamente possibile, senza minimamente preoccuparsi di quale aspetto avrà il mondo dopo.» Fortunatamente le popolazioni native del Canada stanno assumendo la leadership delle battaglie contro i combustibili fossili e il cambiamento climatico. Il movimento Idle no more! si è diffuso rapidamente tra le 600 First Nations del Canada (1) ed ora è in prima linea contro lo sfruttamento delle sabbie bituminose, che a fronte di un ritorno energetico modesto è altamente inquinante e rappresenta un pericolo per la salute. «E’ abbastanza ironico che i cosiddetti “popoli meno sviluppati” sono quelli che stanno guidando la protesta nel tentativo di proteggerci tutti, mentre i più ricchi e potenti tra noi sono quelli che stanno cercando di portare la società alla distruzione» ha detto Chomsky. Secondo il ricercatore, i progressisti dovrebbero dare più spazio ai cambiamenti climatici nelle loro attività, ma in un modo che enfatizzi il fatto che affrontare il global warming può migliorare e non peggiorare le nostre vite: «Se è una profezia di sventura, smorza l’entusiasmo e la reazione delle persone sara, ok, mi godo questi ultimi anni finché ci sarà una possibilità. Ma se si tratta di una call to action, allora abbiamo ancora una possibilità, ad esempio, volete che i vostri figli e nipoti abbiano una vita soddisfacente e dignitosa?» Pur essendo un fautore della decrescita, ritenendo cioè fondamentale governare la sovraproduzione e il sovraconsumo delle nostre società, Chomsky considera il trasporto pubblico, l’agricoltura locale e l’efficienza energetica come esempi di come si possa crescere mitigando i cambiamenti climatici e migliorando la qualità della vita. «Se le banche sono state salvate dalla crisi del 2008», ha concluso «non ci può invece essere alcun bailout per l’ambiente»

(1) Le first nations sono gli oltre 600 popoli nativi del Canada, confinati dopo tre secoli di guerre coloniali europee in una miriade di minuscole riserve. Sono anche detti indiani, perpetuando nei secoli il grossolano errore geografico di Colombo.

Fonte: ecoblog

L’eolico non disturba e non fa male come le centrali a carbone

Un sondaggio condotto in Svizzera presso abitanti che vivono a meno di 5 Km di distanza da un parco eolico evidenza che le pale non disturbano la vita delle personeeolico-594x350

La propaganda contro l’energia eolica e i parchi eolici è sempre molto forte. In genere si sostiene che questa fonte di energia rinnovabile ottenuta dal vento non sia né economicamente conveniente e neanche pulita come sembra inquinando non solo i paesaggio ma anche la qualità della vita di chi abita nei pressi di una centrale eolica. Il sondaggio si è reso necessario perché la Svizzera dopo la decisione di dismettere progressivamente le centrali nucleari sta rivendendo il suo piano energetico e l’eolico effettivamente potrebbe rappresentare una delle fonti rinnovabili più interessanti per il piccolo paese stretto tra le Alpi. Nel merito le università Martin Lutero di Halle-Wittenberg e di San Gallo hanno condotto un sondaggio per misurare la qualità della vita delle persone che abitano a meno di 5 Km da un parco eolico. Sono state raccolte le risposte di 467 persone per cui il 76% ha dichiarato di non subire disturbo; il 18% ha riferito di subire un fastidio medio-forte mentre il 6% ha sostenuto di accusare disturbi molto forti per cui il rumore risulta fonte di stress tanto da impedire un sonno regolare. Il 78% comunque si è detto favorevole ai parchi eolici contro il 6% che si è detto sfavorevole mostrando però anche una grande capacità di impegno nel contrastare attivamente contro questa fonte di energia per il 36%. I vantaggi ravvisati dalla maggior parte dei cittadini riguardano la protezione dell’ambiente in quanto sostegno all’uscita dal nucleare e la maggiore indipendenza energetica; gli svantaggi di chi non ama questa fonte di energia riguardano i pericoli per i volatili e la violazione del paesaggio. In Svizzera attualmente sono presenti e attivi 33 grandi impianti eolici per un totale di potenza di 60 megawatt (MW) che nel 2012 hanno prodotto 88 gigawattora (GWh) di energia elettrica ovvero rifornito circa 25.000 famiglie. L’obiettivo è portare la produzione di energia elettrica dai parchi eolici a 600 GWh entro il 2020 e 4.300 GWh entro il 2050. Fin qui l’analisi della Svizzera che non dista un milione di chilometri dall’Italia, dove invece abbiamo la richiesta di 13 associazioni ambientaliste di una moratoria a nuovi impianti eolici e che hanno scritto perciò ai ministri Zanonato, Orlando e Bray. Le associazioni che hanno firmato l’appello sono: Italia Nostra, Presidente Marco Parini – Altura, Presidente Stefano Allavena – Amici della Terra, Presidente Rosa Filippini – Associazione Italiana per la Wilderness, Segretario Generale Franco Zunino e Presidente Onorario Carlo Ripa Di Meana, Comitato nazionale contro fotovoltaico ed eolico in aree verdi, Presidente Nadia Bartoli – Comitato Nazionale per il Paesaggio, Segretario Oreste Rutigliano – Comitato per la Bellezza, Presidente Vittorio Emiliani – Lipu, Presidente Fulvio Mamone Capria – Mountain Wilderness, Presidente Carlo Alberto Pinelli – Movimento Azzurro, Vice Presidente Vicario Dante Fasciolo – Verdi Ambiente e Società (VAS), Presidente Guido Pollice – Rete della Resistenza sui Crinali, Coordinatore Alberto Cuppini – TERRA CELESTE Associazione culturale, Presidente Luisa Bonesio. Sostanzialmente la vertenza delle 13 associazioni riguarda il sistema incentivi alle rinnovabili e scrivono:

Da Associazioni ambientaliste sensibili alla tutela del territorio, ci siamo espressi fin dall’inizio contro gli incentivi che hanno favorito la speculazione a danno del paesaggio, della natura, dei territori collinari e montani, sui crinali appenninici e nel Mezzogiorno, senza portare riduzioni significative, a livello complessivo, dei gas climalteranti.

Ovviamente non una parola contro le 13 centrali a carbone italiane e contro gli incentivi sotto forma di capacity payments oppure per la catttura e stoccaggio della CO2. Non una parola contro i possibili incentivi pari a quasi un miliardo di euro in incentivi che potrebbero essere versati alla nascente centrale a carbone del Sulcis e neanche una parola contro il sistema di incentivazione delle energie fossili tra cui il carbone appunto, di cui ampiamente abbiamo discusso e parlato dopo il libello di Chicco Testa.

Fonte:  Corriere del Ticino