Ciclovia della Sardegna, firmato protocollo d’intesa per la progettazione e la realizzazione dell’infrastruttura

388050_1

Il ministro Franceschini ha firmato un protocollo d’intesa con Regione e Ministero dei Trasporti . Due le direttrici: una da Alghero a Cagliari lungo il versante occidentale, l’altra da Santa Teresa di Gallura al capoluogo lungo quello orientale.

Diventa realtà la Ciclovia della Sardegna. Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha firmato un protocollo d’intesa con la Regione e il Ministero dei Trasporti per la progettazione e la realizzazione dell’infrastruttura cicloturistica che darà nuovo impulso al turismo sostenibile nell’Isola. Due le direttrici: una da Alghero a Cagliari lungo il versante occidentale, l’altra da Santa Teresa di Gallura al capoluogo sardo lungo quello orientale. Due anche gli itinerari trasversali: da Porto Torres a Santa Teresa attraverso la costa settentrionale, da Dorgali a Macomer attraverso Nuoro. Mibact e Mit collaboreranno con i propri organi territoriali alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale. Il Mibact poi dovrà verificare che il progetto isolano sia tra quelli individuati dal Piano strategico per il turismo, dovrà promuovere la Ciclovia della Sardegna attraverso l’Enti e mettere in relazione il tracciato con le banche dati inerenti il patrimonio tutelato attraversato dal percorso tramite il portale HUB-Geo-Culturale del ministero.

“Le ciclovie – spiega Franceschini – sono determinate per dare vita a un modello di sviluppo sostenibile e diffuso capace di governare la crescita dei flussi turistici. Non a caso il primo obiettivo del piano strategico del turismo è investire su nuovi percorsi in grado di attrarre quel turismo di qualità che contribuisce al benessere economico e sociale del territorio”.

ciclovie-610x366

La ciclovia della Sardegna si inserisce nel progetto delle sei nuove ciclovie previste dalla legge di stabilità 2017 e dalla manovra di aprile. Per tre di queste sono già stati firmati i protocolli d’intesa tra Ministero dei trasporti, Ministero dei beni culturali e Regioni: si tratta della ciclovia del Garda, dellla ciclovia della Magna Grecia e della ciclovia della Sardegna appunto. I protocolli delle restanti – la ciclovia Tirrenica, quella Adriatica e la Trieste-Lignano Sabbiadoro-Venezia – verranno firmati entro l’anno. Quello delle ciclovie costituisce un “sistema economico che vale per l’Italia circa 3,2 miliardi di euro”, ha dichiarato qualche settimana fa il ministro dei trasporti e infrastrutture Graziano Delrio. “Penso che nell’arco di pochi anni, a differenza dei tempi più lunghi che occorrono per le strade, possiamo mettere in piedi un sistema senza precedenti. La rete nazionale delle ciclovie turistiche, inserite nella programmazione delle Regioni e nell’allegato del Mit al Def come vere e proprie infrastrutture di ‘serie A’, sta prendendo forma nelle realtà e nella consapevolezza collettiva, con già 4 progettazioni in corso e 3 in partenza con questa firma. Una mobilità lenta, in grado di integrarsi con altre modalità come il treno o le navi, per godere nel modo migliore del BelPaese”.

Nello specifico, la ciclovia del Garda consiste in un itinerario ad anello di 140 km lungo le sponde del lago di Garda e interessa il territorio della provincia autonoma di Trento e delle regioni del Veneto e della Lombardia; quella della Magna Grecia ha una estensione di circa 1.000 km ed abbraccia i territori delle Regioni Basilicata, Calabria e Siciliana. Le quattro ciclovie della stabilità 2016 (ciclovia del Sole, Ven-To, Acquedotto Pugliese e Grab) sono ora allo step successivo, quello della progettazione. Per la realizzazione del sistema nazionale di ciclovie turistiche sono stati stanziati per il triennio 2016/2018 89 milioni di euro per le quattro ciclovie prioritarie previste al comma 640 della Legge di Stabilità 2016 mentre, le ulteriori risorse previste dalla legge di bilancio 2017 pari a 283 milioni di euro andranno a finanziare la realizzazione di quelle ciclovie che verranno individuate dal Mit nel periodo 2017/2024.

Fonte: ecodallecitta.it

 

Bioedilizia: cresce l’uso della canapa

Sta crescendo in maniera esponenziale l’utilizzo della canapa nella bioedilizia e anche in Italia sono già diversi gli esempi di costruzioni realizzate con questo materiale che si presta ad essere la risposta ideale soprattutto nelle zone mediterranee. Per esempio, l’associazione Paea, da anni impegnata sul fronte della progettazione e costruzione sostenibile, l’ha impiegata di recente con successo anche per un edificio nel sud dell’Italia.mattone_canapa

L’utilizzo della canapa nella bioedilizia sta crescendo a ritmi molto sostenuti anche in Italia, imponendosi sempre più come un materiale versatile e di ottima resa per costruzioni sostenibili in piena armonia con l’ambiente e con un occhio di riguardo alla salubrità. Per l’Italia più che di una scoperta, si tratta di una riscoperta, visto che fino ad alcuni decenni fa il nostro paese era il secondo produttore mondiale di canapa, ritenuta una risorsa sia nel settore tessile che in quello dell’edilizia. La coltivazione della canapa era fortemente radicata nella nostra tradizione tanto che tracce del suo utilizzo si ritrovano persino nelle parole di Leon Battista Alberti, nel “De Re Aedificatoria”, dove si sottolinea la sua utilità nell’edilizia poiché, aggiunta alle malte, ne migliorava le qualità. La coltivazione della canapa è però poi stata abbandonata fino a che, una decina d’anni fa, l’Unione Europea ha attivato finanziamenti destinati alla reintroduzione della canapa da fibra e alla costituzione di filiere di prodotti derivati, specialmente nel settore no food.
La Germania ha subito inserito la canapa nella sua filiera produttiva di punta, sviluppando materiali per il settore automobilistico, come fibroresine, plastiche e imbottiture, oggi utilizzati da tutte le sue maggiori case produttrici. La Francia, si è concentrata sulle malte fibrorinforzate, brevettando alcune tecniche: una per “mineralizzare” la canapa ricoprendola con silice al fine di renderla impermeabile all’umidità e poterla così utilizzare come isolante; un’altra per mescolare la canapa con calce naturale ed acqua per ottenere un composto simile al cemento, con una consistenza granulosa simile al sughero; un’altra ancora per utilizzare canapa non trattata assieme a calce per intonaci.
In Italia, recentemente la coltivazione della canapa è stata reintrodotta ritornando ad essere presente in due settori strategici: il tessile e la bioedilizia. Ed è proprio nella bioedilizia che l’associazione Paea, da anni all’avanguardia nella progettazione e realizzazione di edifici ecosostenibili, ha iniziato a reintrodurre l’utilizzo della canapa con ottimi risultati. Un esempio è un edificio residenziale nel sud dell’Italia. «Nella bioedilizia, la canapa  e il bio-composto di calce e canapa sono ritenuti estremamente interessanti in quanto risolvono molte problematiche legate alle costruzioni ecologiche e sostenibili in zone climatiche mediterranee» spiegano l’architetto Ilaria Cappelli e la biodesigner Marina Russo dell’Area Progetto di Paea. «A questo proposito Area Progetto dell’Associazione PAEA ha adottato per il progetto di un edificio residenziale in sud Italia la tecnologia del bio-composto di calce e canapa in quanto rispondente a varie esigenze come ad esempio l’ottenimento di requisiti di efficienza energetica, la regolazione dell’umidità e la salubrità del costruito, ottenuta con l’utilizzo di materiali atti al raggiungimento di tale obiettivo».
«Infatti – spiegano ancora Cappelli e Russo – costruire con fibre vegetali comporta vantaggi di carattere ambientale, ma anche etico, sociale ed economico. La canapa è uno dei materiali che offre i risultati migliori. Questo vegetale è di semplice coltivazione, poiché ha una rapida crescita, un basso consumo di acqua e rarissimi attacchi da parte dei parassiti. Una volta lavorata e separata dalla fibra per ottenere il canapulo, è ottima per sostituire gli inerti per la composizione di malte e calcestruzzi alleggeriti, poiché risulta refrattaria a muffe ed insetti e ricca di silice, ma soprattutto è un materiale carbon negative».  «Il biocomposto, ottenuto tramite la mescolanza di calce, canapa e acqua, viene lavorato in impastatrice e quindi applicato a mano o a macchina con tecnica a spruzzo, secondo gli impieghi. Dopo la messa in opera, il biocomposto indurisce per evaporazione dell’acqua e avviene un processo di carbonatazione e idratazione della calce. Il tipo di legante (calce aerea, calce idraulica ecc.), il tipo di truciolato di canapa (qualità e lunghezza del canapulo, ecc.) e le proporzioni della miscela dei due elementi, determinano materiali adatti a differenti impieghi in edilizia con caratteristiche distinte in funzione delle necessità da soddisfare. La tecnica dell’impasto in canapa e calce si può tradurre anche nella soluzione di blocchi prefabbricati di biocomposito in canapa e calce che, combinati con una struttura portante a telaio, sono atti alla realizzazione di muratura perimetrale, che assolve sia la funzione di tamponamento sia di isolamento».

Area Progetto di Paea segnala alcuni degli impieghi di questo materiale in edilizia:

-isolamento termico a cappotto esterno o interno delle pareti perimetrali di edifici esistenti

-Isolamento termico di coperture e sottotetti

-Isolamento e costruzione di  massetto sottopavimento

– Costruzione ex-novo di muratura isolante

– Realizzazione di divisori interni ad alto  isolamento acustico

– Vespaio areato

Le caratteristiche della canapa sono soprattutto:

Riciclabilità
Al termine della sua “vita utile” il biocomposto è totalmente riutilizzabile una volta frantumato e reimpastato con acqua e calce.
Biodegradabilità
Il materiale se smaltito si decompone naturalmente essendo privo di sostanze tossiche.

Ecocompatibilità
L’impasto è composto prevalentemente da truciolato vegetale mineralizzato con calce naturale, e quindi gode di elevati standard di eco-compatibilità: oltre ad essere riciclabile e biodegradabile, possiede un bassissimo livello di energia incorporata nel materiale (quantità di energia necessaria per la sua produzione, impiego e smaltimento).

Fonte: il cambiamento

Canapa Italiana - Ieri, Oggi e Domani
Muzi Santina

Voto medio su 1 recensioni: Buono

€ 18

11. Illuminazione e sostenibilità

Le soluzioni illuminotecniche, i prodotti e gli impianti utilizzano materiali e consumano energia. Dato che entrambe le risorse sono limitate, è importante tenerne conto nella progettazione dell’illuminazione. Le considerazioni relative al ciclo di vita del prodotto ed alle sostanze pericolose sono obbligatorie nelle direttive comunitarie RAEE e RoHS e si applicano a tutte le soluzioni di illuminazione. Le considerazioni relative al ciclo di vita del prodotto aiutano a risparmiare e ad ottimizzare l’uso di materiali ed i processi produttivi.

Materie prime…

> L’illuminazione utilizza una grande varietà di materiali

> L’impoverimento delle risorse di materie prime è un fatto innegabile

> Il risparmio di materie prime deve essere una priorità

> L’impiego di materiali sostenibili è la chiave per il futuro

Lavorazione…

> Evitare o minimizzare l’uso di sostanze pericolose

> Progettare soluzioni con rifiuti minimi o prive di rifiuti

> Utilizzare componenti, prodotti e metodi di lavorazione sostenibili

> Minimizzare l’imballaggio ed il trasporto

> Risparmiare energia

> Conservare materie prime

> Ottimizzare la progettazione13

14

 

Uso…

> Utilizzare il sistema in conformità al progetto

> Effettuare la manutenzione delle parti sostituibili

> Stabilire dei requisiti di manutenzione programmati

Termine del ciclo di vita…

> Considerare uno smaltimento privo di rifiuti

> Progettare il disassemblaggio ed il riciclo

Rifiuti elettrici

I rifiuti elettrici rappresentano la tipologia di rifiuti maggiormente in crescita. Gli equipaggiamenti di illuminazione rappresentano rifiuti elettrici e devono essere trattati nel rispetto della direttiva RAEE. È necessario ridurre al minimo i rifiuti prodotti al termine del ciclo di vita delle apparecchiature di illuminazione agendo per

> Progettare nuovi prodotti facilmente disassemblabili

> Raccogliere i prodotti al termine del ciclo di vita (obbiettivo: 85%)

> Praticare dei trattamenti

> Riutilizzare le parti riparabili

> Riciclare i materiali (obbiettivo: 90% delle parti raccolte)

La chiave per la sostenibilità è l’Ecodesign dei prodotti e dei sistemi.

Fonte: CELMA-ELC

10. Illuminazione ed energia

La luce del giorno, quando è disponibile, è gratuita. L’illuminazione elettrica è necessaria quando la luce diurna è insufficiente, ma consuma energia elettrica. Nell’UE, l’illuminazione è responsabile del 14% dei consumi di elettricità – 430 TWh ogni anno.10a

Misure significative per ridurre il consumo energetico

La misura più efficace è utilizzare l’illuminazione solo quando è necessaria. L’illuminazione dovrebbe essere controllata da:

> Sistemi di regolazione, per utilizzare i livelli di luce appropriati

> Sistemi di controllo della luce diurna, per ridurre l’illuminazione elettrica quando la luce diurna è disponibile

> Sistemi di rilevazione della presenza, per permettere alle persone presenti di utilizzare l’illuminazione

Queste importanti misure sono sfruttate al meglio quando l’illuminazione è progettata appropriatamente ed è installata, azionata e sottoposta a manutenzione nel modo migliore. Fin dall’inizio gli esperti dovrebbero essere coinvolti nel processo volto ad ottenere delle soluzioni di illuminazione energeticamente efficienti, in grado di essere utili alle persone sul lavoro e nella vita privata.

Una progettazione migliore per le persone

I requisiti di illuminazione sono pensati per le persone. Tanto la nuova illuminazione, quanto l’illuminazione rinnovata dovrebbero essere studiate da degli esperti. I nuovi prodotti offrono significativi miglioramenti in fatto di efficienza e di risparmio energetico

> Impiegando nuove tecnologie

Una corretta progettazione di questi prodotti consente di risparmiare fino al 15% di energia. Questo è già oggetto dei Regolamenti CE 244/2009 e 245/2009. L’approccio all’illuminazione quale sistema aumenta ulteriormente il risparmio energetico:

> Grazie ad una progettazione ottimizzata dell’impianto

> Grazie ad un’installazione, una gestione ed una manutenzione corrette

> Utilizzando delle misure basate sull’utilizzo energetico (kWh), per coinvolgere l’utente

Queste misure possono portare ad un risparmio oltre il 40%.

Nota: le misure basate sul carico installato (W/m2) consentono di ottenere risparmi limitati, <10%. La misurazione separata delle luci implica la partecipazione dell’utente e fornisce un feedback ed un controllo migliori sugli indici di consumo energetico.

Un rapido cambiamento ha senso

Il cambio climatico avviene naturalmente, ma le attività umane sulla terra accelerano il processo a causa dell’emissione dei gas serra principalmente CO2. Nell’UE, l’illuminazione è responsabile dell’emissione di circa 180 megatonnellate di CO2 ogni anno. Oltre il 60% dell’illuminazione elettrica attualmente utilizzata è inefficiente. Vi è una grande opportunità per la riduzione dell’energia consumata dall’illuminazione. Tuttavia, l’attuale tasso di rinnovamento dei sistemi di illuminazione interni ed esterni è pari solo al 5%. Sono necessarie politiche comunitarie ed interventi degli stati membri per accelerare il tasso di cambiamento verso soluzioni più efficaci ed efficienti.

 

> Pensare ecologicamente

> Agire economicamente

> Assicurare il futuro

Fornendo la luce giusta nel posto giusto, utilizzata al momento giusto, l’illuminazione contribuirà in maniera sostanziale agli sforzi dell’UE per raggiungere gli obbiettivi concordati a Lisbona, relativi al risparmio energetico ed alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica.11

 

12

 

Fonte: CELMA-ELC

Fondi per l’ambiente 2014-2020, il ministro Trigilia: “Dall’Ue 10 miliardi”

Il Ministro per la Coesione Territoriale Carlo Trigilia in Commissione Ambiente alla Camera: “Il problema è più legato alla capacità di progettazione e di intervento che al reperimento di risorse”Carlo_Trigilia_Ministro-586x512

Audito presso la Commissione Ambiente della Camera il Ministro per la Coesione Territoriale Carlo Trigilia ha fatto il punto sui fondi europei e nazionali per l’ambiente previsti tra il 2014 ed il 2020: 9 miliardi di euro più 1, ha detto il ministro, specificando che questa è la proposta che il suo dicastero avanzerà all’Europa. I fondi europei saranno da destinare agli obiettivi a diretta finalità ambientale: energia, mobilità sostenibile, prevenzione dei rischi, servizi ambientali ed asset naturali. Non trascurabile sarà anche l’apporto del Fondo Sviluppo e Coesione (Fsc), il cui rifinanziamento per il periodo 2014-2020 è previsto nella Legge di Stabilità 2014 per un importo complessivo pari a 54 miliardi.

“Nel Fondo sono previsti circa 54 miliardi in 7 anni, all’interno dei quali devono trovare spazio la prevenzione del rischio, la bonifica, la depurazione: interventi che non sono compatibili con le regole Ue: il problema è più legato alla capacità di progettazione e di intervento che al reperimento di risorse.”

Il Ministro ha spiegato che il problema italiano non è tanto garantirsi i 10 miliardi dei Fondi strutturali europei per l’Ambiente: ha infatti messo in evidenza come il problema delle politiche ambientali sia maggiormente legato al mancato rispetto dei tempi ed alle carenze della progettazione, che rallentano o interrompono il processo di realizzazione degli interventi.

Trigilia ha spiegato di aver già sensibilizzato il titolare del Ministero dell’Ambiente, Andrea Orlando, affinchè si dispongano le opportune misure di sostegno all’Autorità di Gestione dei programmi. Secondo il Ministro saranno in ballo, nei prossimi 7 anni, oltre 100 miliardi: 30 miliardi dall’Ue per il 2014-2020, 30 miliardi di derivazione nazionale, e 54 miliardi del Fondo sviluppo e coesione.

“Per il ciclo di programmazione 2014-2020 sarà assicurato l’impegno dei fondi strutturali per il rafforzamento delle politiche ambientali. […] Occorrerà una selezione degli obiettivi, concentrandosi e limitando lo spettro degli interventi: l’idea è che ci debba essere una visione nazionale per poi scendere nel dettaglio con la Regione.”

Un esempio lampante è quello del petrolchimico di Priolo che, nonostante ingenti finanziamenti garantiti nel corso degli anni, versa in una condizione di degrado ambientale assoluto.

fonte:  Ministero per la Coesione Territoriale