L’Unesco premia l’inquinamento e la chimica delle colline venete

Brindano i produttori di Prosecco del Veneto dopo il riconoscimento dell’Unesco a patrimonio dell’umanità per le colline di Valdobbiadene e Conegliano. Ma brindano e festeggiano molto meno la popolazione e l’ambiente, che subiscono ogni giorno l’inquinamento dato dall’uso massiccio dei pesticidi.

L’Unesco premia l’inquinamento e la chimica delle colline venete

L’Unesco ha assegnato il prestigioso riconoscimento di “patrimonio dell’umanità” a uno dei luoghi con la maggiore concentrazione di veleni usati in agricoltura come è la zona, famosa per il Prosecco, delle colline di Valdobbiadene e Conegliano. Il Veneto è un’altra di quelle regioni dove si fanno esperimenti sulle cavie umane che vengono riempite di veleni, poiché sono all’ordine del giorno gli inquinamenti di tutti i tipi e l’agricoltura convenzionale è uno dei maggiori responsabili. Però, vuoi mettere essere ricchi e produttivi che soddisfazione dà. Chi se ne frega di cancri, malattie a non finire; bisogna lavorare come pazzi, produrre, accumulare gli sghei e non si può e non ci si deve fermare di fronte a nulla.

Brindano i produttori di vini che con il premio dell’Unesco vedranno aumentare i loro già stratosferici profitti grazie a uno dei prodotti a più alto consumo di pesticidi e con un numero di trattamenti tra i più frequenti e invasivi. Un bombardamento di pesticidi che nelle zone premiate dall’Unesco è più del doppio rispetto alla media. Non bastano gli sbancamenti e la modifica del paesaggio, la distruzione di prati e siepi, non basta l’inaridimento dei suoli, la contaminazione di falde, acque e dei campi limitrofi, l’uccisione di insetti tra cui le api, l’inquinamento per adulti e bambini che si barricano in casa durante le frequenti irrorazioni che avvengono ovunque dato che ogni centimetro quadrato è stato colonizzato dalle vite. Niente ferma la stupidità umana, il tutto per coltivare una pianta che occupa enormi spazi e ne fa una delle monoculture più nocive dal punto di vista ambientale.  Vista la situazione a cui stiamo andando incontro, la monocultura si rivela un danno in più per una agricoltura già ora in grosse difficoltà. Con i cambiamenti climatici, con l’inaridimento e l’impoverimento dei suoli, si avranno produzioni agricole sempre minori soprattutto dei sistemi tradizionali. Sarà quindi inevitabile passare dalla monocultura alla pluricoltura, coltivando in grandissima parte piante e alberi che sfamano la gente. Chissà cosa ci faranno con tutti quei vigneti quando le crisi si faranno più gravi e le persone affamate non avranno abbastanza da mangiare. A quel punto i grandi capitalisti, che vengono ora glorificati per le loro magnifiche gesta che fanno risplendere il nome del vini veneti nel mondo, potranno arrotolare i loro soldi e provare a mangiarli per vedere se ce la fanno a sfamarsi, oppure potranno attingere alle loro produzioni di vini con i quali ubriacarsi a profusione e proporre anche alla popolazione di farlo, per distrarsi dalla fame. E come la principessa Maria Antonietta che disse “Se il popolo non ha pane, che mangi le brioche”, i nostri capi d’industria potranno dire al popolo: “Se non avete da mangiare, ubriacatevi che così vi passa tutto”.

Prima che sia troppo tardi, si riduca drasticamente la produzione vinicola, si converta tutto al biologico e al posto della vite si coltivino innumerevoli varietà agricole e frutteti in una combinazione di foresta commestibile così da ridare vita ad animali e persone, oltre che assorbire CO2. Non è più il tempo di ubriacarsi, è il tempo di prendere in mano la situazione e rendere il Veneto non l’odierna fabbrica  di veleni ma una terra fiorente e che preservi la vera ricchezza, quella della natura, non quella degli sghei.

Fonte:ilcambiamento.it

Per il vino italiano un’altra stagione da record: l’export 2013 segna un + 7%

La produzione vinicola italiana ha fatturato 5 miliardi di euro trainando l’export dell’agroalimentare verso livelli record

Il vino italiano trionfa in giro per il mondo. Il 2013 ha fatto registrare nuovi record di vendita con un + 7% di export e un giro d’affari complessivo di 5 miliardi di euro. Il vino rappresenta attualmente un vero e proprio traino per le esportazioni agroalimentari che, secondo quanto emerso da un’indagine Coldiretti su dati Istat del 2013, hanno raggiunto la cifra record di 33,4 miliardi di euro con una crescita del 5% rispetto al 2012. Il positivo andamento dell’export compensa soltanto parzialmente il forte calo dei consumi che si è verificato fra le famiglie italiane: pesce fresco (-20%), pasta (-9% ) e latte (-8%) sono i tre settori che hanno risentito maggiormente della contrazione dei consumi mentre la riduzione di carne (-2%) e ortofrutta (-3%) è stata decisamente più contenuta. All’estero il vino è il prodotto più ambito, ma anche l’ortofrutta, la pasta e l’olio di oliva restano apprezzatissimi, specialmente negli altri Paesi dell’Unione Europea nei quali l’export italiano realizza i 2/3 del suo fatturato. Il rialzo dell’euro potrebbe frenare le esportazioni di vino negli Stati Uniti, dove nel 2013 è stato superato il miliardo di euro di fatturato. Oltreoceano resta aperta un’altra questione: quella della battaglia che divide gli Stati Uniti dall’Unione Europea sui domini web .vin e .wine che i produttori europei vorrebbero regolamentare per tutelare la propria produzione doc e docg dalle imitazioni e dalle contraffazioni. Da un parte gli Stati Uniti rivendicano l’assoluta libertà nel difendere il proprio vino, dall’altra l’Europa chiede rispetto delle denominazioni d’origine controllata. A fine marzo, a Singapore, se ne parlerà in campo “neutro”. Per i vini europei la possibilità di un suffisso web .vin e .wine potrebbe valere milioni.141914114-586x354

Fonte:  Coldiretti