La produzione mondiale di petrolio (USA a parte) non è aumentata negli ultimi otto anni

Il mondo in sostanza ha raggiunto il picco: solo gli USA si ostinano a spremere giacimenti di bassa qualità e alto impatto ambientale per cercare una mitica autosufficienza energetica.Produzione-petrolio-2001-2012-corretto-586x500

Questo grafico mostra i dati ufficiali EIA di produzione del nostro liquido più amato: il petrolio (1). Senza contare gli USA, la produzione di greggio del resto del mondo (area blu nel grafico) di fatto non è più aumentata negli ultimi otto anni69,1 milioni di barili al giorno nel 2012 a fronte di 68,5 milioni nel 2005, ovvero lo 0,93% in più (2).

Nello stesso periodo il prezzo del petrolio è aumentato del 66%, da 56 a 94 dollari al barile, segno di un’offerta che non riesce a seguire la domanda. L’aumento netto della produzione mondiale, peraltro pari a un non certo brillante 1,8% è quindi essenzialmente legato alla crescita USA da 5,1 a 6,4 milioni di barili al giorno. Cosa è successo?

L’estrazione di greggio americana, dopo aver raggiunto il famoso picco del 1971 di 9 Mbbl/giorno, è calata inesorabilmente per 37 anni fino ai 4,9 Mbbl/giorno del 2008. In seguito all’aumento del prezzo del petrolio, le aziende petrolifere hanno intensificato gli sforzi per l’estrazione di petrolio non convenzionale, il cosiddetto tight oil (3).

Il tight oil possiede molti limiti e criticità. In forte sintesì (ne riparlerò meglio un’altra volta):

  • i singoli giacimenti sono piuttosto piccoli,
  • si esauriscono molto in fretta,
  • occorre usare la fortemente contestata tecnologia del fracking per recuperarlo,
  • occorre continuare a moltiplicare le perforazioni per compensare il rapido declino,
  • forse si è già giunti al “picco delle perforazioni”.

I proclami secondo cui “il peak oil è morto” oppure “gli USA produrranno più petrolio dell’Arabia” hanno più che altro lo scopo di rafforzare il ruolo geopolitico degli USA, ma con poco fondamento fisico e geologico.

(1) Sono debitore dell’idea di questo post a crudeoilpeak.info; ho naturalmente rianalizzato i dati dell’EIA ed ho prodotto un grafico maggiormente leggibile rispetto all’originale. I dati si riferiscono solo al “crude oil”, per cui non comprendono i “natural gas liquids”, cioè il GPL.

(2) Tanto per avere un’idea, nel 1980 era pari a 53 Mbbl/giorno e nel 1990  a 57 Mbbl/giorno.

(3) C’è una certa confusione nella terminologia relativa al petrolio non convenzionale. Il tight oil (petrolio di roccia compatta) è una bolla di petrolio “normale” intrappolato tra strati di roccia impermeabile; per essere recuperato occorre utilizzare la discussa tecnologia della fratturazione idraulica (fracking). Non va confuso con lo shale oil, olio di scisto, che è petrolio ottenuto dalla (costosa) raffinazione del cherosene ricavabile dagli scisti.

 

Fonte. Ecoblog

 

Abu Dhabi: inaugurata la più grande centrale solare a concentrazione da 100 MW

Ad Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti, è entrata in funzione una centrale solare a concentrazione da 100 MW. Anche se produce più petrolio del Messico, Il piccolo paese del golfo Persico guarda con interesse alle rinnovabili

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Abu Dhabi è il più grande dei sette Emirati Arabi Uniti. Grandi come il nord Italia, gli Emirati hanno una produzione di petrolio di 150 Mt all’anno, superiore a quella di Messico e Iraq, tanto per intenderci, e riserve dichiarate superiori a quelle della Russia. Ciò nonostante, gli Emirati si preoccupano per il futuro e iniziano ad investire in energie rinnovabili. In questi giorni è stata inaugurata dopo 3 anni di lavoro la centrale solare termodinamica  Shams-1 (che in arabo significa sole). La centrale copre un’area di 2,5 km² ed ha una potenza di 100 MW: 250 000 specchi parabolici forniscono energia termica al vapore che alimenta le turbine. Con un irraggiamento di 5,5 kWh/m² anno, non occorre infatti una grande superficie per sostenere i consumi di 20 000 famiglie. Secondo i progetti, Shams 1 verrà seguita da Shams 2 e 3 con l’obiettivo di produrre il 7% dell’energia elettrica da fonti rinnovabili nel 2020, il che non è poco per un paese che galleggia sul petrolio.

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Fonte: Ecoblog