Formaldeide: tutto ciò che devi sapere sul killer silenzioso presente in casa

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La formaldeide è stata indicata dallo IARC tra i composti a cancerogenicità certa. Purtroppo, è presente nelle nostre case sotto varie forme. Ecco quali sono i rischi che comporta e come limitarne gli effetti. La formaldeide è un composto volatile, utilizzato soprattutto nella produzione di materiali per l’edilizia e per i mobili. Ma anche per prodotti per la pulizia, o ancora colle, vernici, plastiche, disinfettanti, coloranti. Può essere inoltre impiegato nell’abbigliamento e nella tappezzeria. È una sostanza il cui utilizzo, soprattutto nei prodotti cosmetici (si può trovare nei prodotti per le unghie), è regolamentato, a causa dei rischi che comporta.

Scopriamo quali sono questi rischi e come prevenirli.

Formaldeide: cos’è e quali sono i rischi per la salute

La formaldeide è un composto organico in fase di vapore, caratterizzato da un odore pungente. Oltre a essere un prodotto della combustione, è emesso nell’aria da resine usate per l’isolamento, ma anche per truciolato e compensato di legno, tappezzerie, moquette, tendaggi e altri tessili sottoposti a trattamenti antipiega e per altro materiale da arredamento. È presente nelle abitazioni in livelli generalmente compresi tra 0,01 e 0,05 mg/m3.

Effetti sulla salute

Sul sito del Ministero della Salute, si legge che la formaldeide può avere nei soggetti varie reazioni avverse, tra cui: irritazione oculare, nasale e a carico della gola, starnuti, tosse, affaticamento ed eritema cutaneo. Le concentrazioni di questo composto generalmente presenti nelle nostre case, provocano in genere irritazioni delle vie aeree e delle mucose, in particolare dopo interventi edilizi o installazioni di mobili nuovi e arredi. Nel 2004, la formaldeide è stata indicata dallo IARC tra i composti del gruppo I (cancerogeni certi). Per questo, l’OMS ha fissato un valore massimo pari a 0,1 mg/m3 (media su 30 minuti).

Il possibile collegamento con i danni al cervello

Esiste una ricerca, condotta dalla Brown University, e pubblicata sulla rivista American Journal of Pathology, che accusa la formaldeide di procurare danni al DNA e di lesionare le proteine cellulari.

Secondo gli scienziati, questa sostanza tossica provocherebbe danni estesi alle proteine, compromettendo la loro capacità di riparare il DNA. Danni reiterati porterebbero a loro volta a disfunzioni e morte cellulare.

Le cellule nervose risultano più esposte ai danni causati dal composto alle proteine. L’accumulo di proteine danneggiate e compromesse è all’origine di malattie degenerative gravi, in cui funzioni cognitive importanti, come la memoria e la capacità di apprendimento, risultano pesantemente compromesse.

Misure per ridurre l’esposizione

Lo stesso Ministero della Salute indica una serie di misure utili a ridurre l’esposizione alla formaldeide. Tra le indicazioni fornite ci sono alcune azioni da compiere:

  1. Eliminare o limitare, dove possibile, l’impiego di materiali contenenti formaldeide;
  2. Utilizzare prodotti a basso contenuto di formaldeide, come prodotti a base di legno truciolare non a base di urea formaldeide;
  3. Aumentare la ventilazione;
  4. Utilizzare dispositivi di condizionamento dell’aria o deumidificatori per mantenere moderata la temperatura e ridurre i livelli di umidità (infatti il rilascio di formaldeide è più elevato all’aumentare della temperatura).

Non solo. Un’altra cosa che potete fare è mettere in casa la Dracena, conosciuta anche come tronchetto della felicità. Questa pianta, infatti, è capace di trattenere e ridurre nell’aria la presenza di alcuni allergeni, ma anche di sostanze altamente nocive come ad esempio il benzene, la formaldeide, il toluene e lo xilene.

Fonte: ambientebio.it

I prodotti cosmetici senza parabeni: l’elenco e come riconoscerli nell’INCI

Alcuni parabeni sono stati vietati. Come riconoscere dall’INCI i prodotti e i cosmetici senza questi elementi chimicicreme-586x384

I parabeni sono conservanti chimici usati in prodotti quali creme, shampoo, saponi, bagnoschiuma, deodoranti, cosmetici, tabacco, alimenti e medicinali. Alle volte vengono anche impiegati come additivi nei cibi. Ammessi fino al 2014, in seguito a ricerche scientifiche, la legge italiana ne ha vietati alcuni a partire dal 2014: Isopropylparaben, Isobutylparaben, Phenylparaben, Benzylparaben, Pentylparaben. Altri parabeni sono ancora utilizzabili: Metilparabene (E218, E219) e Propilparabene (E216), ma anche Butilparabene, Etilparabene (E214), Calcium parabene, Sodium parabene, Potassium parabene. L’unico modo per verificare prodotti cosmetici senza parabeni consiste nel leggere l’etichetta e l’INCI International Nomenclature for Cosmetic Ingredients, ossia gli ingredienti usati che vanno in ordine decrescente. E i parabeni hanno questi nomi indicati in etichetta: methylparaben, ethylparaben, propylparaben, isobutylparaben, butylparaben, e benzylparaben. Alcuni parabeni sono stati vietati a causa degli effetti dannosi sulla salute: gli effetti indesiderati più tenuti sono quelli che riguardano la loro capacità di agire come interferenti endocrini. Secondo alcuni studi (fra cui quello dell’Università di Reading che ha scoperto parabeni in 18 casi di tumore al seno su 20) quest’azione, potrebbe provocare l’alterazione della funzionalità tiroidea, del sistema riproduttivo, sviluppo prematuro del seno, nonchè deficit di attenzione ed iperattività nei bambini.

Foto | TMNews

Fonte: ecoblog.it

Stop dall’Ue ai test su animali per i prodotti cosmetici

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L’11 marzo 2013 diventerà probabilmente una data storica nella battaglia per superare il tabù dell’obbligo della sperimentazione animale. Entra, infatti, in vigore il divieto totale, in tutto il territorio comunitario, di testare e commercializzare ingredienti e prodotti cosmetici sperimentati su animali. “Il divieto imposto nell’Unione Europea – dichiara Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – segnerà una pagina importante a livello mondiale per il superamento dei tanti, troppi, e spesso inutili esperimenti fatti sulla pelle degli animali: le aziende cosmetiche utilizzeranno altri metodi per testare i vari prodotti, diventando così un esempio per tutti i settori che continuano, invece, ad utilizzare lo strumento della sperimentazione infliggendo agli animali terribili sofferenze”. L’associazione ambientalista, già protagonista della battaglia per salvare i beagle destinati alla sperimentazione dell’allevamento di Green Hill, torna dunque a ribadire il no all’obbligo di sperimentazione animale. “Sono ancora troppi in tutto il mondo – aggiunge il direttore generale di Legambiente – gli animali inutilmente usati come cavie da laboratorio, senza con ciò garantire maggiore sicurezza per la salute e l’ambiente. Ci auguriamo pertanto che il divieto imposto dall’Ue alle imprese cosmetiche, settore all’avanguardia nella ricerca senza utilizzo di animali, apra una profonda riflessione anche negli altri Paesi, negli altri settori economici e ancor più nel mondo della ricerca affinché capiscano ciò che i cittadini chiedono loro: ossia maggiore rispetto per gli animali e garanzia di solidità e ripetibilità di nuove conoscenze, cosa che la sperimentazione animale sempre più spesso non offre. L’Europa lo ha capito, ora spetta agli altri Paesi rompere questo tabù e perseguire la strada dell’innovazione”. “Indubbiamente, la messa al bando dei test sugli animali nel settore cosmetico rappresenta una svolta epocale, un importante passo avanti, che permetterà di salvare la vita a centinaia di migliaia di esseri senzienti. Ma la nostra battaglia non finisce qui perché ogni anno milioni di animali continuano ad essere sacrificati per altri tipi di esperimenti, anche medici, in nome di un modello che – lo ricordo – non è mai stato validato scientificamente” commenta Ilaria Ferri, direttore scientifico dell’Enpa, che prosegue: “E che non può essere assolutamente applicabile all’uomo, come dimostrano sia i numerosi ricercatori che ne hanno contestato le fondamenta, sia le migliaia di persone che hanno perso e continuano a perdere la vita a causa degli effetti collaterali dei farmaci”. Farmaci che paradossalmente avrebbero dovuto essere sicuri proprio perché testati sugli animali. “Dire no alla sperimentazione significa dunque non solo salvare la vita di milioni di esseri viventi – aggiunge Ferri – ma favorire il vero progresso della scienza medica attraverso la ricerca di terapie veramente efficaci per la salute dei pazienti”.

Fonte: il cambiamento

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