Plastica, quale futuro? Intervista a Giorgio Quagliuolo

Intervista a Giorgio Quagliuolo, Presidente di Corepla sullo smaltimento della plastica: obiettivo 2020, rifiuti zeroSONY DSC

A margine del convegno organizzato da Corepla e Legambiente sul riciclo della plastica, questa mattina a Roma, abbiamo intervistato il Presidente di Corepla Giorgio Quagliuolo: una vita spesa a maneggiare materie plastiche, un “amore”, come lui stesso ha rivelato, per questo materiale che si tramuta nell’impegno di una vita, prima come imprenditore ed oggi proprio come presidente Corepla.

“Partiamo dal presupposto che sono un imprenditore che lavora nel settore della plastica, ho fatto anche il metalmeccanico e sono presidente di Corepla, che si occupa del riciclo di imballaggi in plastica, sono il Presidente di Unionplast, associazione di Confindustria che raccoglie i produttori e trasformatori di materie plastiche: è chiaro che la plastica è centrale nella mia esistenza. E’ veramente un materiale che amo. E’ chiaro che la plastica ha delle criticità, siamo ben consapevoli di questo, che cerchiamo di risolvere mettendo in atto quelle azioni che ci consentono le tecnologie disponibili, cercando di modificare ed implementare l’impianto normativo in modo da consentirci di dare sostenibilità sia ambientale che economica al materiale che amiamo.”

Con il convegno di oggi mi sembra che su questo abbiate ricevuto un importante appoggio da Legambiente, quindi da una parte dell’ambientalismo associazionista militante. Una novità per un imprenditore di un settore che spesso ha trovato un avversario nella realtà dell’ambientalismo.

“Con Legambiente ci sono state nel passato parecchie incomprensioni, un passato che non è stato sicuramente improntato da rapporti di grande cordialità. Nonostante questo l’evento di oggi lo abbiamo fortemente voluto, fortemente cercato: è stato il mio personale ‘pallino’, è un anno che ci lavoriamo e penso che sia stato un discreto successo. Almeno, io sono soddisfatto di come sono andate le cose: ritengo molto importante che ci sia quantomeno un confronto sereno, pacato e cordiale con il movimento ambientalista e penso che oggi questo sia emerso in maniera chiara.”

Quali sono i vostri obiettivi industriali? Nel corso del convegno si è puntato molto sulla“riconversione energetica” e meno sul riciclo e sul riuso. Ho forse mal interpretato?

“Ha parzialmente ben interpretato. Per noi la riconversione energetica è indispensabile fin dove non si riesce a trovare una soluzione tecnologica che porti al riciclo. Oggi quasi la metà delle plastiche non è riciclabile, è inutile che ci stiamo a raccontare delle storielle. […] Possiamo intervenire in due modi: o mettiamo in atto degli incentivi o dei sistemi punitivi per cui si obbliga gli utilizzatori a richiedere imballaggi riciclabili, e questo potrebbe essere una soluzione (però vorrebbe dire una regolamentazione del mercato difficile da applicare in un paese liberale come l’Italia) oppure troviamo delle forme di gestione dei rifiuti differenti da quelle che esistono oggi. Dobbiamo dare sostenibilità sia economica che ambientale a quello che oggi non è riciclabile: mi domando quanto sia vantaggioso a livello ambientale raccogliere, selezionare e poi mandare a bruciare delle plastiche che non sono riciclabili. Queste operazioni comportano movimento di mezzi, di attrezzature, di macchinari, tutta roba che consuma energia, che brucia petrolio, che crea danno ambientale. E, alla fine, la plastica finisce comunque bruciata. Allora: non vale forse la pena termovalorizzare da subito quello che oggi non è riciclabile liberando risorse che possono essere destinate ad aumentare la raccolta differenziata e a fare ricerca per rendere riciclabile quello che oggi non lo è?

Quale è il vostro obiettivo?

“L’obiettivo finale è riciclare tutto, questo è indiscutibile e vorrei che fosse chiaro. Nel percorso per arrivare a questo dobbiamo gestire in maniera differente le materie che oggi non sono riciclabili, liberando risorse per poter rendere sostenibile ciò che facciamo e fare ricerca.”

Su questi temi, da parte della politica avete avuto un orecchio attento?

“Ni. Qualche orecchio è attento, qualche orecchio fa finta di essere attento e qualche orecchio proprio ha l’otite.”

Fonte: ecoblog.it

Mujica se ne va, il saluto del presidente che ha stupito il mondo

Da oggi il nuovo presidente dell’Uruguay è Tabaré Vazquez, che succede a Pepe Mujica dopo il ballottaggio di domenica. L’ex tupamaro che ha fatto voto di sobrietà lascia dietro di sé una importante eredità ma anche problemi ancora da risolvere.elezioni_uruguay

«Dieci anni di vittorie», così Pepe Mujica ha definito i suoi due turni da presidente dell’Uruguay, prima di lasciare definitivamente il governo del paese al successore uscito dalle urne domenica. Tabaré Vazquez ha stravinto, era già stato presidente prima di Mujica. ll voto in Uruguay è obbligatorio per i 2,6 milioni di elettori (su 3,3 milioni di abitanti) che dopo aver confermato nel primo turno la maggioranza parlamentare alla coalizione di sinistra, sono tornati al voto nel ballottaggio presidenziale scegliendo Vazquez. Lascia la scena, dunque, un personaggio che ha veramente stupito il mondo e che moltissimi ricorderanno per il discorso fatto davanti all’Onu con cui ha condannato lo scempio che si sta facendo del pianeta. In questi dieci anni si è guadagnato una formidabile popolarità personale e ha ascoltato le esigenze del paese e le differenti anime del Parlamento, compiendo passi in avanti notevoli. «Le leggi di questo periodo che si commentano nel mondo, quella sull’aborto, sul matrimonio omosessuale e sulla marijuana, sono state approvate con i soli voti del suo partito, altrimenti non sarebbero mai passate» spiega Rosario Touriño del settimanale uruguyano La Brecha. Ex guerrigliero Tupamaro, Mujica era espressione di una sua lista personale, il Movimiento di Participacion Popular, che ha radici marxiste-leniniste e rivoluzionarie, anche se nel momento di entrare in politica ha incorporato personalità dei partiti tradizionali, soprattutto piccoli imprenditori rurali del Partido Nacional, dal quale lo stesso Mujica proviene e che già avevano partecipato al movimento Tupamaro. Il partito Frente Amplio appare infatti come un’alleanza di centrosinistra, malgrado le destre per anni abbiano tentato di farlo passare comespauracchio “socialista”. Negli anni di governo la redistribuzione della ricchezza è migliorata, anche se, dice Rosario, «si può fare di più». E se a Mujica soprattutto la sinistra ha rimproverato di essere caotico e di non avere realizzato cose annunciate, è però vero che è risultato aperto alle proposte del parlamento. Ora ci si attende che Vazquez estenda il fondo per le cooperative e le imprese di economia sociale e che mantenga l’università tecnologica che Mujica ha fondato. «La differenza più grande fra i due è che Mujica crede molto di più nel Mercosur, avendo una formazione Tupamaro, credendo nel concetto di “patria grande” latinoamericana che era alla base della loro lotta, quando le guerriglie del continente si coordinavano – spiega Rosario – Molta gente è convinta che con Vazquez l’attenzione verso il Mercosur invece decrescerà, poiché sembra preferire il modello cileno, cioè fare affari con il Mercosur senza integrarlo politicamente, con un’ottica più globale e meno concentrata sulla regione». Intanto in Uruguay la disoccupazione è al minimo storico, il 5.8%; c’è stato un aumento dei salari, permane l’obbligo della contrattazione collettiva e il numero di iscritti ai sindacati rimane stabile mentre in tutto il resto del mondo crolla. Esiste il cosiddetto ingreso ciudadano, un reddito di base per i cittadini in condizione di povertà estrema; molti di coloro che lo percepivano hanno volontariamente rifiutato di continuare a riceverlo dopo avere trovato lavoro. Resta molto da fare, sempre secondo Rosario, «sul versante educativo, dato che nella fascia degli adolescenti c’è molto abbandono scolastico e un tasso del 60% di bocciature, mentre la scuola elementare continua a funzionare molto bene». Secondo Rosario, quello dell’Uruguay è stato ed è un governo ideologicamente di centrosinistra, «non socialista o comunista», che «sta perdendo l’appoggio della sinistra delusa», cioè di chi si oppone all’estrattivismo, delle organizzazioni sociali femministe e ambientaliste. «Invece il Partido Comunista e il sindacato hanno scommesso fortemente su Vazquez. Sono favorevoli al modello economico, alle miniere a cielo aperto, perché dovrebbero creare lavoro nel paese. La sinistra intellettuale in generale è delusa». Soprattutto di fronte al fatto che i capitali stranieri stanno diventando i proprietari dell’Uruguay. «I brasiliani sono i padroni di gran parte della terra uruguaiana e, insieme agli argentini, delle aziende di macellazione della carne e delle fabbriche di birra – prosegue Rosario – Siamo di fronte ad un processo di concentrazione della proprietà della terra a favore di capitali stranieri che preoccupa la stessa sinistra Frenteamplista».

Il resto del Sud America?

Da non dimenticare che in Brasile, alle elezioni di fine ottobre, ha vinto ancora Dilma Roussef, del PT (Partito dei lavoratori), con il 51% contro il 49% del rivale Aecio Neves. In Bolivia, Evo Morales del Mas (Movimento al Socialismo), che era da mesi il candidato alla presidenza favorito in tutti i sondaggi contro il democristiano Jorge Quiroga e Samuel Jorge Doria Medina della Unidad Democrática, governerà per i prossimi 5 anni, avendo ottenuto al primo turno il 61% dei voti e un’ampia maggioranza in parlamento lo scorso 12 ottobre. Tesissima la situazione in Argentina, dove a ottobre la presidente Cristina Kirchner, aveva detto parole durissime contro gli Stati Uniti: «Se mi succede qualcosa che nessuno guardi al Medio Oriente. Guardate al Nord, per favore”. Gli Usa e svariati circoli finanziari argentini sono stati tacciati di organizzare un complotto per rovesciare il suo governo e per eliminarla fisicamente. Dalla Casa Rosada aveva ribadito: “Spero di sbagliarmi, ma ho l’impressione che si voglia rovesciare il governo e che vogliano farlo con aiuti dall’estero“. Nel suo intervento, la Kirchner si è soffermata a lungo sulla situazione finanziaria del suo Paese e sui cosiddetti “fondi avvoltoio”., fondi finanziari speculativi che hanno innescato una feroce battaglia giuridica negli Usa contro il governo argentino, con la pretesa del rimborso del 100% sul debito contratto, circa 1,3miliardi di dollari. «Il reale problema – ha detto la Kirchner – è che loro (gli Stati Uniti, ndr) vogliono sgretolare la ristrutturazione del nostro debito, vogliono un ritorno al passato, quando l’Argentina era in ginocchio e supplicava prestiti a tassi esorbitanti. E se per fare ciò devono passare sopra la sovranità e le norme di diritto internazionale, non hanno alcun problema: distruggono tutto come fanno ovunque nel mondo». Il riferimento è alla sentenza emessa dal 2012 dal giudice di New York Thomas Griesa, diventata pochi mesi fa esecutiva, che ha dato ragione ai fondi avvoltoi. L’Argentina rischia così un nuovo default a distanza di appena 14 anni dall’ultimo blackout finanziario. Ma la partita è ancora aperta, perché il Congresso ha recentemente approvato la “Ley de Pago Soberano de Deuda” (legge per il pagamento del debito sovrano) che ha permesso alla Kirchner di far partire i pagamenti in scadenza e bypassare il blocco decretato dal giudice Griesa. In Venezuela il governo socialista di Nicolas Maduro affronta una situazione economica border line e una tensione politica e sociale altissima. Di recente è stato ucciso un deputato socialista con la compagna.  L’economista Attilio Folliero ha commentato così l’accaduto: « In Venezuela assistiamo ad una nuova strategia dell’oligarchia. Dopo aver cercato inutilmente di riprendersi il potere e la gestione delle immense risorse del paese attraverso elezioni, colpi di stato, serrate padronali, tentativi di omicidio del presidente, guerra economica, restrizione di ogni tipo di bene sul mercato e qualsiasi tipo di destabilizzazione possibile, è passata ad una nuova fase: l’omicidio selettivo dei principali membri della rivoluzione bolivariana. Ha comiciato col più giovane deputato e probabilmente il più indifeso Robert Serra. Si preparano tempi difficilissimi per il Venezuela». Convivono in America Latina molte anime, da Alba, che raggruppa paesi con un’impronta progressista, come Ecuador, Bolivia, Venezuela, Cuba e altri, fino al tentativo di mettere in piedi l’Alleanza del Pacifico, che punta a riunire economie neoliberiste come Perù, Messico, Colombia e Cile, in sintonia con gli Stati Uniti e altre potenze finanziarie mondiali.

Fonte: ilcambiamento.it

Messico, le dieci domande del premio Oscar Cuarón al presidente Peña Nieto

Il vincitore dell’Oscar per la miglior regia con Gravity ha acquistato una pagina sui principali giornali messicani per chiedere al suo presidente di spiegare alla popolazione

Alfonso Cuarón, il più importante regista messicano, autore di capolavori come Y tu mama tmabien e I figli degli uomini, ma soprattutto di Gravity che gli ha consentito di vincere il premio Oscar per la migliore regia, ha lanciato la sfida al presidente messicano Enrique Peña Nieto acquistando una pagina pubblicitaria sui principali giornali del Paese per porre dieci domande sulla controversa riforma energetica del Paese.

Io non sono informato sul perché il governo non abbia condiviso con me e con i messicani in generale ciò che abbiamo bisogno di capire. Attendo la sua risposta, insieme a molti messicani,

ha detto Cuarón riferendosi alla politica energetica del Paese.

La riforma costituzionale approvato nel 2013 prevede l’apertura del settore energetico pubblico alla partecipazione del settore privato. I chiarimenti del governo di Peña Nieto sul quanto e sul come questo slittamento verso la privatizzazione si realizzerà resta tutto da chiarire.

Il regista messicano pone altre questioni, dai riflessi della privatizzazioni sulle bollette dei cittadini all’impatto ambientale di una produzione energetica in mano a potenti multinazionali. E ancora:

In un paese come il nostro, dove lo Stato di diritto è così debole e spesso assente come può essere evitato il fenomeno della corruzione su vasta scala?Immagine11

Il presidente Peña Nieto ha risposto alla lettera di Cuarón con tre tweet nei quali ha spiegato che“aiuterà la comprensione delle portate e dei benefici della riforma” evitando sapientemente la natura di sfida personale fra lui e il regista. Ha detto che le risposte arriveranno quando saranno presentate le leggi secondarie. L’annuncio a pagamento è stato accompagnato dal sito www.diezpreguntas.com in cui la lettera è stata tradotta in inglese, tedesco, francese e italiano e da un account Twitter che ha prodotto un impatto immediato in Messico. L’hashtag #Cuarón è diventato ben presto un trend topic nazionale.

Cuarón è difficile da respingere perché è palesemente indipendente, è una persona di successo e sta agendo senza alcuna traccia di risentimento sociale e con l’unica preoccupazione di quanto sta accadendo in Messico. Si limita a chiedere chi beneficerà e chi invece soffrirà per una riforma così importante,

ha detto Sergio Aguayo, uno dei più importanti politologi messicani a Mvs Radio.US-OSCARS-PRESS ROOM

Fonte:  The Guardian

Foto © Getty Images

Legambiente a Corepla: “Si può riciclare molta più plastica di quanto dite”

Il vicepresidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani replica al presidente del consorzio Corepla Giorgio Quagliuolo: “Fortunatamente non è vero che il 50% della plastica raccolta non può essere riciclata e che l’unica destinazione possibile è l’incenerimento. La tecnologia esiste. Bisogna solo creare un mercato per questi materiali rimodulando il sistema degli incentivi”378400

Stefano Ciafani, in una recente intervista ad Eco dalle Città il presidente del consorzio Corepla Giorgio Quagliuolo ha affermato che il 50% della plastica raccolta non può essere riciclata e che l’unica destinazione possibile è la termovalorizzazione. Ce lo può confermare? 

Questo è quello che emerge dall’intervista ma fortunatamente non è più così. Grazie alla ricerca degli ultimi anni, oggi possiamo raccontare di esperienze industriali che permettono di riciclare anche le plastiche miste, che fino ad oggi venivano incenerite. E’ chiaro che il sistema si deve riorientare. La Revet di Pontedera ad esempio è già in grado di farlo e i polimeri prodotti vengono utilizzati dalla Piaggio per i propri scooter. Non più quindi un uso povero del materiale recuperato ma manufatti che rispondono a necessità prestazionali importanti. Il Plasmix quindi si può riciclare. La tecnologia esiste. Bisogna solo creare un mercato per questi materiali.

In che modo?

In Toscana ad esempio vengono incentivati gli acquisti verdi. D’altra parte anche per far decollare il fotovoltaico all’inizio sono serviti gli incentivi. Il paradosso oggi è che abbiamo incentivi alla combustione dei rifiuti sia negli inceneritori che nei cementifici. Non si capisce invece perché non ci debbano essere incentivi per il riciclaggio e gli acquisti verdi. Le Regioni e il Governo dovrebbero seguire l’esempio della Toscana ed aiutare i comuni in tal direzione. Se cresce il mercato per questi prodotti, aumenterà la domanda e, conseguentemente, anche l’offerta. Occorre dunque rimodulare tutto il sistema degli incentivi del ciclo dei rifiuti prevedendo un aiuto alla filiera della prevenzione e del riciclaggio, e non più solo alle raccolte differenziate. Che senso ha che oggi il fotovoltaico non venga più incentivato mentre continua ad esserlo l’incenerimento dei rifiuti? Bisogna dire basta agli incentivi per gli inceneritori e ai cementifici che bruciano rifiuti e parallelamente tartassare i conferimenti in discarica. In questo modo le due opzioni più convenienti diventeranno il riciclaggio e la prevenzione, ed esperienze come la Revet si moltiplicheranno.

Quali saranno i prossimi progressi tecnologici per il recupero della plastica? E a quale percentuale di recupero permetteranno di arrivare?

Oggi è possibile avviare il riciclo persino dei pannolini usa e getta. Il sistema industriale deve però essere più aperto alle innovazioni tecnologiche. Dobbiamo fare in modo che il rapporto 50-50 tra plastiche recuperate e plastiche incenerite diventi almeno un rapporto 80-20 a favore del riciclaggio, come del resto prevede la normativa europea. In questa direzione fortunatamente va l’accordo che Conai e Cnr hanno firmato nei giorni scorsi sulla ricerca per la maggiore riciclabilità di alcuni polimeri oggi meno riciclati. Ci auguriamo che presto si passi all’industrializzazione di queste ricerche.

Il presidente di Corepla, provocatoriamente, ha sottolineato come un ipotetico ritorno al sistema Replastic (che prevede la raccolta dei soli contenitori per liquidi: bottiglie e flaconi), porterebbe importanti vantaggi economici al consorzio. Potrebbe essere una strada percorribile?

L’ipotesi di tornare al sistema Replastic è impensabile. Bisognerebbe piuttosto ragionare su come applicare in modo sempre più stringente il principio del “chi inquina paga”. Sulla differenziazione del CAC (Contributo Ambientale Conai ndr.) infatti siamo molto in sintonia con il presidente Quagliuolo: il sistema deve premiare gli imballaggi con il maggior grado di riciclabilità facendogli pagare CAC più bassi.

 

Fonte: ecodallecittà

“Io non sono povero, sono sobrio. Quindi felice”

La sobrietà è merce rara, soprattutto nei politici e negli uomini di governo. L’ex tupamaro Josè Alberto Mujica Cordano, per tutti oggi Pepe Mujica, ci tiene a sottolinearlo: “Io non sono povero, sono sobrio”. E lui, oggi, è il presidente dell’Uruguay.Immagine

Mujica è un lucidissimo ottantenne che è stato eletto Presidente dell’Uruguay e che ha rinunciato agli appannaggi del suo status vivendo con cinquecento dollari o giù di lì in una casetta di due stanze; si sposta con un vecchio Maggiolino Volkswagen. Quando parla all’ONU o nei congressi internazionali, senza nessuna enfasi ma con un vigore che ammutolisce l’uditorio, ripete instancabile cose già note ma dando alla sua voce una vibrazione profetica: anno dopo anno stiamo intaccando, divorando il futuro delle giovani generazioni, le pubblicità di tutto il mondo reclamizzano stili di vita che ci porteranno al disastro inevitabile. Stili di vita che già ora, ove potessero imporsi globalmente, presupporrebbero non un solo pianeta ma tre! E dunque il modello propagandato, agognato è di una colossale falsità, un imbroglio planetario. Gli altri capi di Stato non fiatano quando don Pepe si rivolge a loro. Soffrono e non vedono l’ora di ritornare alle loro alchimie, alle convergenze parallele….Ma puntualmente, cioè al convegno successivo, Mujica scompagina quei loro discorsi, ridicolizza cifre utopiche spacciate come verità sacrosante, ma il tutto con toni dimessi, senza astio. Ha detto nei suoi discorsi più famosi, primo fra tutti quello davanti alla platea dell’Onu: “Si parla di sviluppo sostenibile, ma che cosa ci frulla in testa? Il modello di sviluppo e di consumo è quello attuale delle società ricche? Di nuovo mi sono chiesto cosa succederebbe a questo pianeta se gli indiani avessero lo stesso numero di auto per famiglia che hanno i tedeschi. Quanto ossigeno ci resterebbe da respirare? Il mondo ha forse oggi risorse sufficienti per far sì che 7-8 miliardi di persone possano avere lo stesso livello di consumo e spreco che hanno le più opulente società occidentali? O dovremo forse fare un altro tipo di ragionamento? Abbiamo creato una civiltà figlia del mercato, della concorrenza che ha portato a un progresso materiale esplosivo. Siamo in una società di mercato e questo ci ha portato alla globalizzazione cui assistiamo. Ma noi stiamo governando la globalizzazione o è la globalizzazione a governarci? E’ possibile parlare di solidarietà in una società basata sulla concorrenza spietata? Fin dove arriva la nostra fratellanza? La sfida che abbiamo davanti è grandissima, colossale, e la grande crisi non è ecologica, è politica. L’essere umano non governa oggi; sono le forze che l’uomo ha scatenato a governarlo. Non veniamo al mondo per svilupparci in termini generali; veniamo al mondo per cercare di essere felici, perché la vita è breve e ci sfugge. E nessun bene vale quanto la vita, è elementare. Ma se consumo la mia vita lavorando senza sosta per consumare sempre di più, aggredisco il pianeta e per mantenere quel consumo dovrò produrre sempre di più cose che durano sempre meno”. “Siamo in un circolo vizioso, ci sentiamo costretti a mantenere una civiltà usa e getta. Questi sono problemi di carattere politico e ci stanno dicendo che bisogna iniziare a lottare per un’altra cultura”. Mujica profeta, dunque, ma anche leader, più di moltissimi altri. Ultima sua mossa, ai primi di dicembre, quella di spiazzare i cartelli della droga legalizzando e nazionalizzando in Uruguay la coltivazione e la vendita della marjuana. Qualcosa di eclatante che forse può rinvigorire altre e decisive azioni volte a erodere il mito perverso del consumo senza freni e l’utilizzo senza limiti delle sempre più scarse riserve del pianeta. L’Uruguay non è certo l’America, ha tre milioni di abitanti, è uno dei paesi sud americani con storie di dittature, di persecuzioni. E prima ancora una storia ancor più tragica, quella della colonizzazione ispanica, di vessazioni, di massacri. Una piccola nazione, dunque, ma ciò che sta facendo Mujica è grande, così grande e potente che i media convenzionali ne parlano pochissimo, perché questo agire fa tremare certuni nelle altissime sfere. Pepe Mujica era, da giovane, un convinto oppositore della dittatura; si era convertito ai tupamaros, il movimento armato che si rifaceva al leggendario Tupac Amaru, un cacique che aveva capeggiato una lunga e sanguinosa contro i conquistadores spagnoli. Mujica ha pagato, assieme a molti compagni, la sua ribellione con quattordici anni di carcere e torture. Oggi Il suo vivere spartanamente da presidente della sua nazione gli appare cosa scontata: “Yo no soy pobre, Yo soy sobrio” usa dire d’abitudine. Una formidabile coerenza con lo stato del mondo costituito più di poveri che di ricchi. I fasti della sua carica altrove dispiegati (basti pensare all’enormità delle spese per la presidenza della Repubblica che Napolitano si ostina a voler mantenere) Mujica li ritiene un semplice e incongruo retaggio del Medio Evo. Filosofo di formazione, cita volentieri Seneca, Diogene…Diogene già, colui che ricevette Alessandro Magno e i suoi dignitari sulla soglia del suo poverissimo ricovero, pare fosse una botte. Alessandro che gli veniva promettendo tutto e di più, una personalità così grande. Al gentile rifiuto di Diogene sul presupposto che nessuno fa niente per niente, per cui lui non si sarebbe più sentito libero, Alessandro deluso rispose:

– Ma allora non possiamo proprio fare niente per te…..

– Certamente Alessandro, ero qui seduto al sole per scaldarmi un poco dal freddo della notte, basta che vi facciate un poco più in là…

Fonte: il cambiamento

Una donna alla guida della FIAB: eletta Presidente nazionale Giulietta Pagliaccio

Dalla Venezia lascia il posto a Giulietta Pagliaccio, prima donna a capo della FIAB: “Stiamo vivendo un periodo di grazia per la bicicletta: un nuovo rinascimento per visibilità e popolarità. Ma altrettanto non si può dire delle politiche per la mobilità, ancora fortemente incentrate sull’auto privata”

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L’Assemblea generale dei delegati delle 130 associazioni aderenti alla FIAB, tenutasi a Vicenza nei giorni 6 e 7 aprile 2013, ha eletto una donna alla Presidenza nazionale: Giulietta Pagliaccio, già consigliera nazionale e vicepresidente nazionale della Federazione Italiana Amici della Bicicletta.
Prende il posto di Antonio Dalla Venezia, a capo della FIAB dal 2007, a sua volta dopo aver ricevuto il testimone da quello che può essere definito il presidente storico della FIAB, il milanese Luigi Riccardi, scomparso prematuramente il 16 giugno 2008.
“Stiamo vivendo un periodo di “grazia” per la bicicletta – ha dichiarato la neo presidente Giulietta Pagliaccio – una sorta di nuovo rinascimento almeno in termini divisibilità popolarità. Altrettanto non si può dire invece delle politiche per la mobilità ciclistica che ancora faticano ad essere considerate una priorità nel quadro più generale delle politiche nazionali e locali per la mobilità, ancora fortemente incentrata sull’uso dell’auto privata”
“Sono convinta – ha proseguito la neo Presidente – che il nostro lavoro ultraventennale su questi temi non è passato invano e anche questa nuova attenzione è frutto del nostro impegno che, insieme ad altre associazioni ambientaliste, hanno sollecitato l’attenzione nei confronti dei temi ambientali come possibile chiave di volta per un nuovo sviluppo economico e sociale”.
“Per affrontare le importanti sfide che ci attendono – ha detto ancora Pagliaccio entrando nel merito dei prossimi impegni – dobbiamo, tra le altre iniziative, rafforzare la nostra organizzazione e dare più forza ai coordinamenti regionali che meglio di altri possono fare un lavoro organico sul territorio con le associazioni per relazionarsi sempre meglio con enti e istituzioni affinché la mobilità ciclistica entri a pieno titolo nell’agenda delle istituzioni locali e territoriali”.
“Sono particolarmente lieta – ha concluso la presidente FIAB – della presenza di nuovi giovani soci nel consiglio nazionale, del rafforzamento della presenza della Sicilia e, per la prima volta, dell’ingresso di un rappresentante, pure giovane, della Sardegna. Insieme possiamo creare le basi per il rinnovamento della Federazione.”
Ma chi sono i componenti del nuovo Consiglio nazionale per il biennio 2013-14? Ecco i nomi.
Riconfermati: Antonio Dalla Venezia, Marco Passigato, Giacomo Scognamillo , Marco Gemignani, Enrico Chiarini, Pina Spagnolello, Valerio Parigi, Stefano Gerosa, Mariella Berti, Antonella Vial e Umberto Rovaldi. Eletti per la prima volta: Cristina Castellari, Simone Morgana, Paolo Fabbri, Matteo Fois, Francesco Baroncini, Giuseppe Amorelli.Eletti anche i probiviri (Beatrice Galli, Alberto Deana e Andrea Astolfi) e i revisori dei conti (Antonella Longo, Marco Celentano e Fabrizio Montaini).

Fonte: eco dalle città