Iniziativa dal basso e solidarietà in Nicaragua: la sfida dei Phoenix Projects

In Nicaragua un gruppo di giovani di diversa nazionalità ha deciso di aiutare le popolazioni indigene costruendo scuole e creando un sistema che partendo dall’istruzione riesce, allo stesso tempo, a lottare contro la malnutrizione e lo sfruttamento minorile. Si tratta dei Phoenix Projects, nati da un’idea di Dom Williams.phoenix_projects

È un’altra delle storie invisibili che mi preme raccontare. La racconto non solamente perché nel silenzio e senza eroismi ha un impatto profondo sul territorio ma, anche perché in questo periodo di aridezza internazionale rappresenta una luce e dimostra come delle azioni individuali portate avanti a livello locale da persone comuni con tanta determinazione e armandosi di umanità possano, a tendere, divenire modello potenzialmente perseguibile anche a livello macro. È la storia di quanto accade in America Centrale ed in particolare in Nicaragua dove da tempo un gruppo di giovani di diversa nazionalità ha deciso di dare una mano concretamente alle popolazioni indigene costruendo scuole e creando un sistema armonico che partendo dall’istruzione riesce, allo stesso tempo, a lottare egregiamente contro la malnutrizione e lo sfruttamento minorile. Un gruppo di giovani costituito da Dom e Doreen Williams che due lustri fa hanno deciso di spendere la propria vita in America Centrale e che, facendo appello semplicemente al buon cuore di donatori privati, sono riusciti a creare un sistema educativo parallelo a quello statale in maniera da garantire a tutti quanti, specie agli abitanti indigeni di comunità difficilmente raggiungibili, un livello minimo d’istruzione oltre che un maggiore livello di benessere e nuove opportunità di lavoro sul territorio. Nei paesi centroamericani il sistema scolastico nazionale pubblico impone alle famiglie di incorrere nel pagamento di tasse oltre che nell’acquisto di tutto il materiale scolastico e di uniformi, ciò che, in un contesto molto spesso di estrema povertà, scoraggia i genitori dal fare andare i propri figli a scuola.phoenix_projects_2

Così nasce l’idea di Dom Williams la cui intenzione era quella di spendersi in prima persona per garantire gratuitamente un livello educativo minimo ai bambini di alcune comunità indigene iniziando da quelle di una regione del Guatemala. Un’idea che diventa ben presto concreta progettualità attraverso i Phoenix Projects. L’avventura conosce e vive un crescendo inimmaginabile di anno in anno e così l’idea di costruire delle scuole rapidamente varca anche i confini dell’Honduras, del Nicaragua, dell’Ecuador e del Perù . Il programma strategico di Dom, accerchiatosi nel frattempo di fidati collaboratori locali ed internazionali, ha rapidamente dimostrato come fosse possibile attraverso la scuola lottare anche contro la malnutrizione e la fame, creando all’interno delle scuole delle mense scolastiche che assicurano ai bambini molto spesso l’unico pasto nutriente e completo della loro giornata. Ma non è tutto, convincere le famiglie a credere nell’istruzione dei propri figli ha altresì permesso di strapparli dai durissimi lavori di campo ai quali di regola sono destinati sin dalla tenera età per la raccolta del caffè che ci fa da sveglia ogni mattino. È la sfida di Dom e Doreen. Sin dal primo minuto hanno voluto mettere in piedi una strategia che non seminasse dipendenza e passività nei beneficiari locali. Il loro programma mira per di più a creare lavoro localmente in seno alle comunità, a farle crescere nelle loro capacità manageriali per la gestione del sistema e delle strutture scolastiche e, nel medio-lungo termine, nel rendere la progettualità scolastica auto sostenibile e totalmente slegata dagli aiuti internazionali.phoenix_projects3

È una storia d’intraprendenza, di coraggio, di rischio, di sfida al sistema ma anche di tanta solidarietà. Infatti in questi anni molti donatori di diversi paesi del mondo hanno appoggiato il progetto non solamente con un apporto finanziario ma spesso anche direttamente e concretamente impegnandosi sul territorio dopo la donazione. Parecchivolontari (oltre 2000 in 10 anni) hanno insegnato come docenti ai bimbi mentre altri hanno aiutato le famiglie nella costruzione di camini, come per esempio in Guatemala, all’interno delle fatiscenti abitazioni degli indigeni in maniera da contribuire a lottare contro le malattie respiratorie e le principali cause di morte legate all’utilizzo delle braci come mezzo di riscaldamento e di cottura all’interno delle case. Di anno in anno, si è passati così dalla diffidenza e dall’indifferenza delle famiglie al loro diretto coinvolgimento e all’incremento del numero di frequenze scolastiche. Si è presentata la necessità di costruire altre classi e poi anche altre scuole. Ma in questa parte del mondo niente sembra impossibile e grazie all’impegno di tanta gente di buon cuore e soprattutto grazie agli aiuti internazionali di donatori privati i sogni e le esigenze si sono trasformati in realtà concreta. Un circolo virtuoso dunque che culmina con la storia della scuola di Alexis Arguello in Nicaragua. Creata nel 2010, nel corso degli ultimi tre anni ha conosciuto un forte incremento delle presenze di scolari grazie anche all’importante apporto e contributo economico di un nutrito gruppo di donatori italiani, svizzeri e di altri europei che hanno permesso l’ampliamento della scuola con la costruzione di nuove classi, di cucine e bagni.

La scuola e l’intera struttura scolastica sono così cresciute molto da ogni punto di vista guadagnando in tutto il Nicaragua in notorietà e in ottima reputazione sia per il numero di scolari iscritti, impegnati e meritevoli che per il livello e la qualità dell’insegnamento. Ed ecco che arriva in Agosto scorso la buona notizia per Dom e Doreen. La perseveranza, la determinazione, gli sforzi e i contributi di tante persone, federatesi attorno a questa causa solidale, trovano il riconoscimento e l’apprezzamento del Ministero dell’Educazione nicaraguense (MINED) che, alcune settimane fa, in considerazione degli importanti progressi realizzati, dell’importanza e del benefico impatto del progetto nell’intera area di Chiriza in cui si è sviluppato, ha deciso di impegnarsi supportando la scuola con aiuti finanziari per coprire spese correnti e costi in maniera da prolungarne l’esistenza e permettere la realizzazione di uno dei sogni di Dom e cioè quello di arrivare all’auto sostenibilità del programma.phoenix_projects4

La decisione dell’autorità nicaguarense, che prende come modello il sistema di scuola ideato da Dom, rappresenta una prima in assoluto tra le scuole dei Phoenix Projects tra i vari paesi in cui sono attivi ed è senza dubbio un atto straordinario ed unico che, si spera, possa, creare dei precedenti importanti. “Ci sono voluti 10 per arrivare a questo stadio e ottenere i risultati odierni” ci racconta Dom. “Negli anni abbiamo formato delle persone locali che adesso sono capaci di condurre i progetti scolastici. Oggi le comunità indigene sono in grado di gestire autonomamente questi progetti ed è senz’altro un enorme passo in avanti.” ci dice con fierezza e poi continuando: “La prossima meta da raggiungere è quella di rendere tali progetti indipendenti dagli aiuti internazionali attraverso una pianificazione di sostenibilità già esistente”. Negli anni, parallelamente ai progetti scolastici, Dom e il suo team si sono preoccupati di aiutare il territorio e le famiglie degli scolari investendo sul futuro delle nuove generazioni attraverso una sorta di programma di microcredito non finanziario con il quale sono stati distribuiti semi e semenze per lanciare il processo agricolo di coltivazione che permette oggi non solo di soddisfare i fabbisogni alimentari delle comunità ma anche di sviluppare le loro attività commerciali. Si è dato il via inoltre al turn-over di animali da produzione come galline e mucche in maniera che le comunità possano dedicarsi all’allevamento migliorando le proprie condizioni di vita grazie alla diversificazione del sostentamento in terre che frequentemente vengono colpite da catastrofi ambientali. Dopo un certo numero di anni (2-3) in cui gli animali vengono presi in cura, da una delle famiglia degli scolari che frequentano la scuola, questi vengono poi restituiti e riassegnati ad altre famiglie. Tutto ciò ha innescato un lento processo di auto sostenibilità che si stima possa conseguirsi completamente per i prossimi lustri. È stato possibile così creare lavoro e opportunità lavorative non solo legate all’ambito scolastico ma nel settore agricolo, dell’allevamento, del commercio, dell’edilizia. In breve i risultati conseguiti nel corso degli anni dai progetti di Phoenix sono concreti, rilevanti, impattanti ed impressionanti. Un’altra storia invisibile che cerchiamo di rendere un po’ visibile perché di questo tipo di amore è bene raccontare e nutrire le persone e la società odierna. L’accoglienza dell’altro, il suo rispetto, il desiderio di dare dignità alla persona, la generosità e la passione unitamente all’impegno sociale e alla solidarietà tra gente aperta e vogliosa di un reale cambiamento di paradigma sono gli ingredienti, tanto semplici da mettere insieme quanto indispensabili, che lentamente possono fare convergere le nostre migliori potenzialità al servizio del benessere collettivo e verso la direzione di un concreto progresso umano.

Fonte: il cambiamento

Ecuador, il governo mette all’asta la foresta amazzonica

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L’Ecuador sta per mettere all’asta circa tre milioni di ettari di foresta amazzonica, polmone verde della Terra. L’intenzione delle autorità sarebbe quella di venderli alle compagnie petrolifere internazionali, in particolare a quelle cinesi. Il governo di Quito ha infatti organizzato un tour nelle capitali straniere che potrebbero essere maggiormente interessate all’affare. Lunedì a Pechino i rappresentanti dell’Ecuador hanno quindi illustrato le potenzialità energetiche dei terreni in vendita ai manager delle principali aziende petrolifere cinesi, tra cui la China Petrochemical e la China National Offshore Oil. L’intenzione delle autorità dell’Ecuador ha provocato la dura protesta di organizzazioni non governative e leader delle tribù locali, che denunciano una “sistematica violazione dei diritti sulle terre ancestrali”. La vendita della foresta amazzonica aprirebbe infatti la strada a nuove esplorazioni petrolifere e a nuove deportazioni di popolazioni indigene. In particolare, secondo l’organizzazione Amazon Watch, sono sette le popolazioni che rischiano di essere espropriate della loro terra. “Chiediamo che le compagnie petrolifere pubbliche e private di tutto il mondo non partecipino al processo di gara che viola sistematicamente i diritti di sette nazionalità indigene, imponendo progetti petroliferi nei loro territori ancestrali”, ha scritto un gruppo di associazioni indigene dell’Ecuador in una lettera aperta dello scorso autunno. Il ministro ecuadoregno per gli Idrocarburi, Andrés Donoso Fabara, ha replicato all’appello duramente accusando i leader della protesta di non fare gli interessi delle loro popolazioni, ma di inseguire di inseguire degli obiettivi politici. Eppure secondo Amazon Watch, un eventuale acquisto violerebbe anche le linee guida fissate congiuntamente dai ministri cinesi per l’Ambiente e per il Commercio estero. In base al documento approvato il mese scorso, infatti, gli investimenti all’estero dovrebbero avvenire “promuovendo uno sviluppo armonioso dell’economia locale, dell’ambiente e delle comunità”. Nel luglio scorso la Corte interamericana dei diritti umani ha stabilito di vietare sviluppi petroliferi nel Sarayaku, un territorio della foresta pluviale tropicale nel sud dell’Ecuador raggiungibile solo in aereo e in canoa, al fine di preservare il suo ricco patrimonio culturale e della biodiversità. La corte ha inoltre ordinato che i governi ottengono “previo consenso libero e informato” da gruppi indigeni prima di approvare le attività petrolifere sulle loro terre indigene. La foresta amazzonica, ecosistema più ricco al mondo di specie animali e vegetali, è già fortemente minacciata dalla deforestazione che tra l’agosto del 2012 e il febbraio del 2013 è aumentata del 26,6%. Secondo i dati raccolti dal sistema di rilevamento satellitare Deter, del National Space Research Institute (Inpe), soltanto in quell’arco di tempo sono andati distrutti 1.695 kmq di foresta, una superficie più grande di quella di San Paolo, la città più grande del Sud America. Nello stesso periodo dell’anno precedente erano andati distrutti, invece, 1.339 kmq di foresta.

Fonte: il cambiamento

L'uomo che Piantava gli Alberi

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