Scavi di Pompei, ultimatum dell’UNESCO. Il ministro Trigilia: “adotteremo tutte le misure necessarie”

L’UNESCO lancia un ultimatum all’Italia: occorrono provvedimenti concreti per proteggere e tutelare gli scavi di Pompei, patrimonio dell’umanità dal 1997.

TO GO WITH AFP STORY BY Guy CLAVEL A cou

Il ministro per la Coesione Territoriale Carlo Trigilia: “adotteremo tutte le misure necessarie”

Si è tenuto ieri un incontro fondamentale per il futuro di Pompei tra il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Massimo Bray, e il ministro per la Coesione Territoriale, Carlo Trigilia, a pochi giorni dall’ultimatum lanciato dall’UNESCO. I due ministri, lo rende noto il MiBAC, hanno ricordato che il Grande Progetto Pompei, approvato nel marzo 2012 e finanziato con fondi europei, ha già dato il via a una serie di importanti cambiamenti che ora saranno fortemente accelerati per la realizzazione, entro il 2015, degli obiettivi richiesti dall’Unione europea. In cima alla lista degli interventi ci sono la messa in sicurezza del patrimonio, arrestando le situazioni di degrado denunciate a più riprese, la garanzia di una migliore conservazione per il futuro e l’assicurazione del rispetto assoluto di condizioni di legalità e sicurezza, pur senza ricorrere a interventi straordinari. I due ministri hanno assicurato che velocizzeranno il piano delle opere, rafforzeranno la governance del progetto e adotteranno tutte le misure necessarie per potenziare le capacità gestionali della Soprintendenza e garantire una maggiore fruibilità dell’area archeologica. Tutto questo entro il 2015 grazie proprio a quei 105 milioni di fondi europei messi a disposizione del progetto. L’avanzamento dei lavori sarà monitorato e i cittadini potranno essere informati periodicamente grazie ad aggiornamenti che saranno comunicati in un sito internet realizzato proprio per l’occasione.

Il ministro dei beni culturali Massimo Bray: “ora al lavoro”

Il ministro dei beni culturali e del turismo Massimo Bray è intervenuto oggi pomeriggio in merito al monito lanciato dall’UNESCO sullo stato di degrado in cui versano gli scavi di Pompei:

“Pompei è un simbolo per il nostro Paese, il richiamo dell’Unesco è un allarme che prendo in seria considerazione e stiamo già lavorando per superare gli urgenti problemi del sito. Due dei primi cinque cantieri sono avviati, il terzo partirà in questi giorni e gli altri due sono fermi per un supplemento di controlli sulla trasparenza. Entro il 2015 dovremo aprirne 39, una sfida che abbiamo intenzione di vincere. Insieme al governo sono impegnato su Pompei e per un piano complessivo di rilancio dei Beni culturali.”

Pompei, l’UNESCO: “occorrono misure entro il 2013″

Le preoccupanti condizioni degli scavi archeologici di Pompei sono state spesso protagonisti della cronaca più recente, dal crollo della Schola armaturarum, la scuola dei gladiatori, a causa di gravi cedimenti strutturali nel novembre 2010 al cedimento di due muri della casa del Moralista appena un mese dopo, passando per le infiltrazioni che mettono a rischio altre strutture e per i danni apportati dalla luce ad alcuni mosaici che sarebbero dovuti essere meglio protetti. Pompei è uno dei monumenti nazionali più visitati al mondo che accoglie ogni giorno centinaia e centinaia di turisti e dal 1997 è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità, un tesoro nazionale che deve essere preservato a ogni costo.Per questo, visti i recenti problemi registrati, dall’Unesco arriva l’ennesima tirata d’orecchi, un vero e proprio ultimatum al Governo Italiano a prendere provvedimenti e trovare in fretta una soluzione. L’ultimo avvertimento arriva da Giovanni Puglisi, Presidente della Commissione Nazionale Italiana Unesco:

Una commissione Unesco ha presentato una relazione fatta in loco a Pompei nel gennaio scorso e che non è stata oggetto di discussione in Cambogia. In questa relazione del gennaio 2013 si mettono in evidenza, in maniera molto documentata, le carenze strutturali (infiltrazioni d’acqua, mancanza di canaline di drenaggio) e i danni apportati dalla luce (ad esempio alcuni mosaici andavano preservati dalla luce).

thn_scavi-archeologici-pompei-02thn_scavi-archeologici-pompei-03thn_scavi-archeologici-pompei-04thn_scavi-archeologici-pompei-05

I problemi non riguardano soltanto le strutture storiche di Pompei, ma sono relativi anche alle infrastrutture turistiche che ruotano intorno ad essere e al personale impiegato, ridotto rispetto alla richiesta:

Sono inoltre segnalate costruzioni improprie non previste dal precedente piano e la mancanza di personale. Inoltre entro il 1 febbraio del 2014, secondo tale relazione, bisogna delineare una nuova zona di rispetto poichè sono state rilevate intorno ai siti di Pompei e Ercolano delle costruzioni ulteriori, costruite spesso dagli stessi operatori dei siti, in modo che si riparino i siti stessi dagli abusivismi e da cose improprie.

L’avvertimento è chiaro: il Governo italiano ha tempo fino al 31 gennaio 2013 per adottare misure idonee per Pompei. L’Unesco, invece, avrà tempo fino al 1 febbraio 2014 per valutare ciò che farà il governo italiano e rinvierà ogni decisione al prossimo Comitato Mondiale 2014.

Tuttavia non si tratta di una relazione che mette Pompei tra i siti in pericolo, tra l’altro è stata fatta in piena collaborazione con il governo italiano e con il Ministero dei Beni Culturali, che pertanto sono perfettamente a conoscenza di questo atto.

L’emergenza è evidente e il Governo, nonostante la crisi e i tagli in tutti i settori, ha il dovere di correre ai ripari e proteggere uno dei siti più visitati del nostro Paese, un’attrattiva per migliaia di turisti ogni anno. Il tempo, però, stringe: il 31 dicembre è soltanto a sei mesi di distanza.

Fonte: ecoblog

Sibari come Pompei, intervenire prima che sia troppo tardi

Il 18 gennaio un’ondata di piena dovuta alla straripamento del fiume Crati, ha ricoperto l’area archeologica di Sibari, vicino Cosenza. Un immenso patrimonio storico giace sotto strati di fango e i danni, se non si interviene subito, potrebbero essere inestimabili.

parco_archeologico_sibari

 

Migliaia di anni di storia ricoperti da una spessa coltre di fango. È quanto accaduto all’area archeologica di Sibari(Cosenza), perla della Calabria ionica e antichissimo crocevia di popoli e culture. Dopo lo straripamento del fiume Crati, duecentomila metri cubi di acqua e fango hanno inghiottito tutto, dal Parco del Cavallo alle fontane monumentali, fino ad un impianto termale del I secolo. Sul caso è stata aperta un’indagine per accertare eventuali responsabilità e parte dell’area è stata messa sotto sequestro. L’allarme era stato già lanciato nel 2010 dalla sovrintendenza regionale che a gran voce aveva richiesto la manutenzione dei canali di bonifica a causa dell’elevato rischio di inondazione. L’appello è rimasto inascoltato e l’ondata di piena è arrivata puntuale il 18 gennaio a ricoprire pezzi di storia di inestimabile valore. L’ennesimo disastro annunciato, spettacolo tristemente noto, frutto di mala gestione e noncuranza a cui, dopo Pompei, è difficile abituarsi. Un gruppo di intellettuali, su proposta del Quotidiano di Calabria, ha deciso di rivolgersi direttamente al Presidente della Repubblica, al nuovo governo e agli enti competenti per salvare uno dei patrimoni culturali più importanti d’Italia. Chiedono che vengano destinati fondi e mezzi straordinari per la ripulitura, la messa in sicurezza ed il ripristino dello scavo archeologico, perché, come si legge nell’appello, una volta pompata via l’acqua: “il problema più grave sarà l’enorme quantità di fango che rimarrà sulle strutture e sugli strati antichi e che dovrà essere rimossa immediatamente, prima che abbia il tempo di solidificarsi e rendere tutte le operazioni di verifica dei danni, scavo, pulizia e restauro molto difficili o, addirittura, impossibili”. Il 23 e il 24 marzo, il Fai ha aperto il Parco al pubblico in occasione della ventunesima Giornata di Primavera, “affinché tutti, calabresi e italiani, possano vedere i danni della stupidità e della disonestà umana”, come dichiarato dal vicepresidente del FAI, Marco Magnifico. Sul sito web del FAI è inoltre in corso una raccolta firme “ Anch’io per Sibari”. Lo scopo è quello di non far spegnere i riflettori sulla vicenda. Secondo il FAI infatti, le aree golenali, ossia le aree di sfogo di un’eventuale piena non sono ‘libere’ ma bensì occupate da piantagioni di aranceti e, per questo motivo, non possono svolgere il loro compito di contenimento delle acque esondate. Sottoscrivendo l’appello, si chiede il ritorno della legalità nelle aree golenali e demaniali dell’area archeologica di Sibari. Una battaglia che mira, dunque, a diventare da stimolo per costruire basi solide perché una simile tragedia non si ripeta.

Fonte: il cambiamento

 

Pompei e Vesuvio: parte la raccolta differenziata con 80 isole ecologiche

Nel sito Archeologico di Pompei e nel Parco Nazionale del Vesuvio il Conai ha installato 80 isole ecologiche e totem informativi che aiuteranno i turisti a differenziare i rifiuti per salvaguardare dei siti che ogni anno accolgono 2.500.000 visitatori.

374206

 

La differenza è dell’ospite, l’indifferenza del barbaro”. Con questo messaggio parte il 17 marzo il progetto per potenziare la raccolta differenziata nel sito Archeologico di Pompei e nel Parco Nazionale del Vesuvio, realizzato da Conai, Consorzio Nazionale Imballaggi, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, della Regione Campania, del Parco Nazionale Vesuvio e di Legambiente Campania. “Il Conai è un ente che garantisce a Istituzioni e Governo che vengano perseguiti e raggiunti gli obiettivi di riciclo di rifiuti di imballaggio raccolti in maniera differenziata: quello del Conai qui in Campania e nel sud d’Italia è un impegno civile da parte di un’organizzazione che, pur avendo personalità giuridica di diritto privato, sente forte la responsabilità di intervenire in luoghi così educativi della storia del nostro Paese”, ha detto Roberto De Santis, Presidente del Conai presentando le 80 mini isole brevettate per la raccolta differenziata e realizzate in plastica riciclata che sono in parte già state posizionate all’interno del sito di Pompei. Di queste, 60 mini isole verranno impiegate per conferire imballaggi in plastica e metalli, imballaggi in carta e cartone, e indifferenziato in 3 sezioni distinte; le altre 20 verranno invece utilizzate per conferire imballaggi in vetro e rifiuto organico. Negli scavi di Pompei, il 2° sito più visitato in Italia con circa 2.500.000 turisti all’anno, e nel Parco Nazionale del Vesuvio, che accoglie invece 500.0000 turisti ogni anno, sono stati installati 25 totem informativi e istituzionali; inoltre, sulle bacheche, localizzate nel Parco Nazionale del Vesuvio, vengono raccontati i materiali con un confronto fra il loro utilizzo nella storia e il processo di lavorazione oggi di ciascuno di essi. “È questa la rotta che dobbiamo seguire: meno grandi opere e più tutela e protezione dei nostri gioielli culturali”, ha detto Michele Buonomo, Presidente di Legambiente Campania. “Potenziare la raccolta differenziata dei rifiuti all’interno dell’area archeologica tra le più importanti al mondo, non a caso dichiarata dall’Unesco ‘patrimonio dell’Umanità’, nonché nell’area del parco del Vesuvio – ha aggiunto – rappresenta un chiaro segnale dopo anni di incuria e abbandono. I crolli e il degrado che hanno in passato violentato questa ricchezza non devono più ripetersi”. Ai visitatori sul Vesuvio, all’atto di acquisto del ticket di ingresso, verrà anche consegnata una shopper compostabile che sarà utilizzato dall’utente per conservare, per tutta la durata della visita, i propri rifiuti. Questi ultimi, alla fine del percorso, verranno conferiti dai turisti in appositi contenitori. “Un anno fa, il Governo ha cominciato la sua opera in maniera molto turbolenta in Campania con l’incombenza dei rifiuti che sembrava irrisolvibile”, ha detto Corrado Clini, Ministro dell’Ambiente. “Le Istituzioni competenti, me compreso, hanno convenuto che la scelta prioritaria per uscire dall’emergenza era quella di potenziare e rafforzare la raccolta differenziata di rifiuti e il recupero del materiale di scarto: non era una scelta facile in un territorio non attrezzato e in cui il ruolo della malavita organizzata ha reso difficile il compito del Governo Oggi – ha sottolineato Clini – a fronte dei numeri che mostrano una Regione arrivata al 45% di raccolta differenziata, possiamo dire però di aver raggiunto dei risultati insperati. A Pompei stiamo facendo qualcosa di concreto così come nel resto della Campania, portando avanti un programma di raccolta differenziata in un posto simbolico in Italia e nel mondo per la cultura: dobbiamo proteggere e valorizzare il patrimonio culturale, ma lo scopo è anche quello di migliorare la vita intorno al sito archeologico, di far crescere la percentuale della raccolta differenziata e di rendere i cittadini partecipi di un percorso di crescita e consapevolezza della cura dell’ambiente, di fermare la malavita organizzata che cresce solo se non c’è capacità di risolvere i problemi. Occorre dunque – ha concluso il Ministro – continuare con determinazione e coraggio su questa strada per sanare questi territori e il resto del Paese”.

Fonte. Eco dalle città