Autobus ATM, arrivano dalla Polonia gli Euro 6 di ultima generazione

Saranno 125 in tutto i nuovi autobus ATM Euro 6, a pieno regime da aprile 2015. I primi già in funzione a settembre sulla linea 58. Forniti dalla polacca Solaris Bus, costano 228mila euro l’uno, sono di ultima generazione e a bassissimo impatto ambientale. Ad avvenuto inserimento, il 40% dei veicoli su gomma ATM sarà del tipo EEV – Enhanced Environmentally-friendly Vehicles – o Euro 6380100

Saranno già in servizio a settembre i primi due degli 85 nuovi autobus Euro 6 ATM, di ultima generazione, che sostituiranno gradualmente i vecchi Euro 2 (con filtro antiparticolato) ancora in funzione entro Natale e arriveranno a 125, entro aprile 2015. Gli autobus sono stati acquistati dalla polacca Solaris e costano 228mila euro l’uno.
Il primo veicolo, arrivato al deposito ATM di via Novara dopo un viaggio su strada dallo stabilimento di Poznan (Polonia), inizierà il servizio sulla linea 58, tra Baggio e Cadorna. Un altro verrà consegnato entro settembre, poi partirà la produzione di Solaris che porterà Milano ad avere i primi 85 nuovi autobus Euro 6, entro Natale.
Il modello prodotto dalla Solaris Bus è l’“Urbino”, Euro 6, con pedana d’accesso per disabili e sistema di videosorveglianza. Autobus di elevato standard tecnologico, economicità d’uso e a basso impatto ambientale. Di colore verde, in linea con i bus già in esercizio, i nuovi Euro 6 sono silenziosi e dotati di tutti i più moderni comfort: accesso per disabili, 32 posti a sedere e 63 in piedi, spazio riservato alle carrozzelle e ai passeggini, sistema di videosorveglianza, impianto di spegnimento incendi per il vano motore. Soprattutto l’emissione degli inquinanti – polveri sottili, anidride carbonica e ossidi di azoto – è pressoché azzerata, così come previsto dall’ultima normativa europea in materia, entrata in vigore dall’1 gennaio 2014. Dopo i primi 85, i nuovi modelli arriveranno a 125 entro aprile 2015, grazie all’ultimo investimento deliberato da ATM. Solaris Bus è stata scelta dopo una gara pubblica, a livello europeo, cui hanno partecipato tutti i maggiori costruttori di autobus. L’azienda polacca distribuisce in 28 Paesi nel mondo ed è fornitrice di tutte le principali città europee.  Il costo dell’operazione è di 228 mila euro per ogni veicolo, spesa sostenuta da ATM per la metà con fondi propri e per metà con contributi regionali. Il contratto ATM-Solaris prevederebbe la possibilità di acquisire fino a 250 modelli di “Urbino” allo stesso prezzo, con opzione fino ad aprile 2018.
ATM – ha comunicato il presidente Bruno Rota – sta realizzando investimenti importanti, di grande complessità, con forti ricadute positive sulla vita dei cittadini, rispettando rigorosamente i tempi previsti e sta facendo uno sforzo notevole con risorse proprie”. L’obiettivo di ATM è quello di rendere sempre più efficiente anche la rete su gomma (134 linee, per più di 1.100 chilometri di estensione) che ogni giorno trasporta oltre un milione di passeggeri, che si aggiungono al milione e oltre serviti giornalmente dalle linee della metropolitana. Ad avvenuto inserimento dei nuovi bus, il 40% dei veicoli della flotta ATM sarà costituito da mezzi a livello di emissione del tipo EEV – (Enhanced Environmentally-friendly Vehicles), come gli ecobus a gasolio, o Euro 6.

 

Fonte: ecodallecitta.it

Centrali a carbone in Polonia, pressioni su Bruxelles per fermare i progetti a Opole

Come riferisce l’esclusiva di Euractiv, i parlamentari europei e gruppi ambientalisti stanno sollecitando la Commissione europea a intervenire repentinamente per bloccare la costruzione di due nuove centrali a carbone in Polonia176536357-594x350

La Polonia si appresta a costruire due nuove centrali a carbone da 900mW a Opole e sembra abbia violato anche le leggi europee in materia di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS). Questa l’esclusiva che presenta oggi Euractiv riferendo che parlamentari europei e associazioni ambientaliste stanno lavorando per fare pressione sulla Commissione europea affinché siano sospesi i progetti. Il primo ministro polacco Donald Tusk, ha annunciato che a Opole oltre all’ampliamento da 1.8GW sarà costruita anche una unità di stoccaggio per la CO2 (CCS) da 2,7 milioni di euro anche se non sono ancora giunte le autorizzazioni, peraltro richieste ignorate da Varsavia. In effetti un anno la Corte Suprema della Polonia aveva stabilito che la costruzione di Opole era legale,poiché il governo non aveva prodotto alcuna direttiva nazionale sui CCS a recepimento delle direttive europee. Il che de da un lato potrebbe aprire la strada a procedure europee per infrazione con multe salate, dall’altro lascia campo libero al Governo polacco di determinare come costruire le centrali a carbone non tenendo conto dell’impatto sull’inquinamento dell’aria se non in riferimento alle normative nazionali e non europee. Ma le emissioni di questo impianto sono state stimate pari a 1,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica per i prossimi 55 anni. Il che porta molto lontano la Polonia dal raggiungere l’obiettivo del 15% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020.

Come riferiscono i gruppi ambientalisti la Polonia, unico Stato membro europeo a non aver notificato alla Commissione le misure adottate per conformarsi alla direttiva CCS, il che appunto consente che nello Stato si proceda troppo autonomamente anche a costo poi di pagare salatissime multe alla Ue. Per Jo Leinen parlamentare socialista (S&D) nel MEP, come ha riferito a Euractiv:

E’ molto urgente che la Commissione si attivi per fare pressione sulle autorità polacche e invitarle a seguire le norme UE. Opole è un banco di prova per il fatto che le nostre politiche sono valide o esistenti solo sulla carta.

Leinen con altri sei eurodeputati di cinque gruppi politici il mese scorso ha presentato interrogazioni parlamentari sulla questione al Commissario dell’UE sul clima, Connie Hedegaard. Ora le discussioni in Polonia tendono a sminuire l’impatto inquinante del nuovo impianto a carbone sostenendo che con le moderne tecnologie le emissioni sono ridotte di almeno 6 volte. Il primo ministro Tursk però nonostante sia stato già richiamato in passato dall’Europa per la sua visione sulla politica energetica della Polonia prosegue spedito per la sua strada e anzi proprio lo scorso 6 giugno aveva dichiarato:

Il governo troverà i fondi per sostenere questo investimento.

Ora il braccio di ferro tra Varsavia e Bruxelles riguarda l’inizio dei lavori che sarebbero dovuti partire il 15 agosto e che invece sono slittati al 15 dicembre, il che secondo gli ambientalisti fornisce un lasso di tempo sufficiente a Bruxelles per mettere lo sgambetto e mandare a gambe all’aria il progetto di Varsavia. Riguardo invece il mancato recepimenti della Polonia delle direttive Ue in materia di energie rinnovabili è già partita la richiesta di Bruxelles alla Corte di Giustizia europea di multare Varsavia per 133 mila euro al giorno fino al raggiungimento delle conformità. Ma non risulta che la comunicazione sia stata recepita da Varsavia. In effetti la posta in gioco è davvero alta e si quantifica in investimenti milionari a Opole a cui neanche l’Italia è indifferente se UniCredit Group la inserisce tra le possibili opzioni. Infatti proprio il 14 agosto è stato annunciato che il gigante francese dell’energia Alstom è entrato a far parte del gruppo di costruttori assieme ai polacchi Rafako, Polimex-Mostostal e Mostostal Warszawa. Ora la corsa è contro il tempo per evitare che sia iniziata la costruzione dei due nuovi impianti è iniziato, poiché poi sarà difficile invertire o addirittura bloccare i lavori.

Fonte:  Euractiv, Icis

 

Amianto: un altro passo verso un’Europa libera dall’asbesto

Il lungo cammino per bandire l’amianto dal territorio comunitario ha fatto un ulteriore passo in avanti con la seduta del Parlamento Europeo dello scorso 14 marzo nella quale è stata approvata la relazione Minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all’amianto e prospettive di eliminazione di tutto l’amianto esistente, redatta da Stephen Hughes, che nei mesi scorsi aveva già ottenuto pareri positivi da parte delle commissioni Ambiente sanità pubblica e sicurezza alimentare e Occupazione e affari sociali.

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Il testo affronta il problema amianto in maniera piuttosto articolata. Prioritario è il problema del censimento e della registrazione della presenza di amianto su suoli ed edifici pubblici e privati, nei luoghi di lavoro e nelle condutture per l’acqua. Secondo la proposta, l’amianto deve rientrare nelle strategie correnti riguardanti la sensibilizzazione e l’informazione tra i lavoratori, cittadini, organi di vigilanza e istituzioni. Inoltre la Commissione invita a realizzare centri di trattamento e inertizzazione dei rifiuti contenenti amianto. La sicurezza sui luoghi di lavoro è uno dei punti cardine della relazione; l’UE viene esortata a mettere a punto, entro il 2028, piani d’azione per la rimozione sicura dell’amianto dagli edifici pubblici e per l’informazione e l’orientamento dei privati a sottoporre le proprie abitazioni a controlli e valutazioni sui rischi connessi alla presenza di amianto. Nella relazione viene citato l’esempio virtuoso della Polonia che ha avviato un percorso con l’ambizione di diventare il primo Paese “asbestos free”. Secondo le indicazioni della relazione Hughes, l’azione globale dovrebbe essere coordinata dai ministri competenti, mentre le relative autorità competenti avrebbero il compito di verificare la conformità dei piani di rimozione a livello locale. Nel testo si parla anche di provvedimenti volti a sviluppare una formazione specifica in relazione all’amianto per ingegneri civili, architetti e dipendenti di aziende per la rimozione dell’amianto regolarmente registrate. Nella relazione, Hughes chiama in causa gli stati membri affinché provvedano alla formazione dei medici del lavoro, con conoscenze adeguate al trattamento delle patologie amianto-correlate. Tutti gli argomenti (compresi i temi legati alle assicurazioni, ai risarcimenti e alle associazioni dei familiari e delle vittime dell’amianto) hanno come obiettivo finale il divieto mondiale dell’amianto.

Fonte:  Quotidiano Sicurezza