Effetto serra e cambiamenti climatici: la politica dorme, la natura no

Disastri ovunque, allagamenti, venti fortissimi, morti. La natura presenta il conto dell’effetto serra provocato dalla stupidità e avidità umana; e la politica cosa fa? Nulla. Guarda… il telegiornale.9947-10739

Venti  fortissimi, di una violenza inaudita, mai vista, che nemmeno gli anziani ricordano; piogge che in pochi minuti fanno arrivare al suolo l’acqua di una intera stagione; straripamenti di fiumi;  persone portate via dalla forza delle acque o investite da alberi che cadono; allagamenti; crolli di case e ponti; pali di cavi elettrici che vengono spazzati via; mareggiate che distruggono la costa, danni ingentissimi. La natura presenta il conto dell’effetto serra provocato dalla stupidità e avidità umana; e la politica cosa fa? Zero, nulla, niente. Ci si accapiglia per ridicoli punti di spread, si rassicurano mercati e banche, si parla di cose assurde, inutili, superflue tranne che di quello che è veramente importante, prioritario e che determina la nostra esistenza. E la cosa più incredibile è che l’unico argomento che regna sovrano sono i soldi, ma stranamente tutti i soldi che si pagano e si pagheranno per i danni da effetto serra, e che sono ben più alti di miseri punti di crescita del maledetto PIL, sembra come se non esistano, come se li pagassero i marziani e non noi cittadini. Sembra che niente riesca a scalfire l’ignavia, l’indifferenza, il menefreghismo di fronte alla nostra sopravvivenza e salvaguardia.  Cosa deve accadere ancora per mettere al primo posto l’ambiente e la difesa delle persone che non è certo quella di potere andare in giro armati? Perché un tornado non lo fermi se gli spari, le onde alte dieci metri non le blocchi inviando i blindati dei carabinieri e la pioggia torrenziale non la metti in galera perché si è comportata male. Ma chi urla “padroni a casa nostra” o simili banalità forse non si è accorto, o poverino non sa, che l’unico vero padrone che decide tutto è la forza della natura, che dei microscopici e arroganti uomini fa quello che vuole, quando e come vuole.  Ma si sa, il potere dà quasi sempre alla testa e con un qualsiasi titolo o medaglietta appuntata al petto della carriera, ci si sente onnipotenti anche se si conta meno di zero. In fondo, come fa gente ipocrita, incompetente, impreparata, ignorante, senza idee, senza soluzioni, senza lungimiranza ma soprattutto al soldo di potentati economici, a poter veramente fare qualcosa di serio per frenare l’effetto serra? In fondo il politico nella stragrande maggioranza dei casi si preoccupa solo di cosa paga a livello elettorale e mediatico. Al momento  la distruzione dell’ambiente e la nostra estinzione non regalano ancora percentuali di voti, quindi è come se non esistessero.

I media poi preferiscono dare spazio al grande fratello VIP, alla ultime uscite autunno inverno di moda a ad ogni possibile stupidaggine ma delle notizie vere e importanti se ne parla chissà forse da qualche parte in un trafiletto, due righe nella pagina web dei quotidiani. Non si vuole guardare in faccia alla realtà, non si vuole cambiare, molto probabilmente anche perché non si saprebbe nemmeno come a giudicare dalle menti eccelse che abbiamo in questo paese. Ma forse semplicemente anche di fronte alla catastrofe climatica che ormai hanno presente pure i bambini, non si vuole fare nulla pensando che si possa perdere qualche spicciolo, qualche privilegio, qualche poltrona, qualche yacht, qualche Ferrari.

Politici, media, banchieri, industriali senza scrupoli ci stanno portando sull’orlo del baratro e forse stanno aspettando che tornado come quelli che si abbattono sulla Florida radano al suolo il parlamento e chissà se allora si inizierà a pensare che la questione è seria. Ma probabilmente neanche a quel punto si agirà, si dirà che è colpa degli immigrati, dei musulmani, degli alieni cattivi e si continuerà ad andare avanti come se nulla fosse. Fino a quel momento mi raccomando dormite tranquilli, non fate nulla, ci penserà la natura a darci la sveglia e non penso che guarderà in faccia a nessuno e anche chi crede ora di avere il didietro al caldo capirà chi è il vero padrone di tutto e di tutti. Solo la natura è padrona a casa sua e a casa sua ci abitiamo noi.

Fonte: ilcambiamento.it

Quando il potere globale si mangia la politica

La Politica è ormai robetta locale, è il Potere ad essere divenuto globale. Con queste parole, il più grande sociologo vivente, Zygmunt Bauman, è solito sintetizzare il processo di spoliticizzazione dell’economia, a favore di un potere transnazionale che detiene tra le sue mani le sorti dell’intero pianeta e dei suoi abitanti.potere_nelle_mani_di_pochi

Alle parole del grandissimo sociologo, aggiungerei che il Potere è sì globale nei suoi effetti, ma è sempre più concentrato nelle sue determinanti. Cioè,nelle mani che lo esercitano. La concentrazione del Potere, infatti, procede parallelamente a quella della ricchezza. E non è ormai più un mistero che l’attuale livello di iniquità distributive non abbia precedenti nell’intera storia del genere umano. Se cinquant’anni fa la ricchezza del più ricco 5% della popolazione umana era pari a 30 volte la ricchezza del 5% più povero, vent’anni fa lo era 60 volte e oggi lo è all’incirca 150 volte. Una recente analisi dell’Oxfam annuncia che il 2016 sarà finalmente l’anno in cui la ricchezza dell’1% più ricco del pianeta supererà quella della restante popolazione: un’ulteriore, amara legittimazione allo slogan internazionale del movimento Occupy “siamo il 99%”.Gli effetti sociali di questo livello di disuguaglianze sono potenzialmente deflagranti. La mia personalissima convinzione è che tale frattura non sia ancora degenerata solo perché, abilmente narcotizzata da un sistema mediatico egemonico, la popolazione “civilizzata” non ha ancora pienamente raggiunto la consapevolezza degli effetti sistemici di una tale situazione. Né soprattutto è mai stata correttamente informata sulle cause, come invece tento di fare io nei miei interventi pubblici di presentazione del mio libro e di introduzione alla Bioeconomia, focalizzando l’attenzione proprio sul dogma dell’utilità, vero e proprio “mostro sacro” dell’impostazione culturale dominante. Sul piano culturale ed economico, poi, occorre tenere sempre ben presente come dal 1989, ben sepolta sotto le macerie del muro di Berlino, sia stata (definitivamente?) archiviata l’unica concezione alternativa e su larga scala allo sviluppo socioeconomico dell’umanità: da allora, infatti, il pensiero unico capitalistico e neoliberista si è trovato la strada spianata, sia sul piano delle prassi umane che, soprattutto, su quello del pensiero. Provate a spiegare oggi a un ragazzino di quindici anni che può esistere un “mondo” che non sia fondato sulla competizione, sull’arrivismo, sul darwinismo sociale e sul predominio dell’avere sull’essere! Come dico sempre, esistono ovunque provvidenziali “sacche di resistenza” illuminata in tutti i campi (alimentare, medico, educativo, economico, spirituale…), ma fintantoché queste “cellule di alterità” resteranno autoreferenziate e prive di un coordinamento evoluto, il massimo che potranno fare sarà salvare se stesse (che è già tantissimo, mi raccomando), ma non potranno mai illudersi di mettere anche minimamente in discussione il sistema culturale egemonico. Solo per fare l’ennesimo esempio, è di qualche giorno fa la notizia che Nikkei – holding dell’informazione finanziaria asiatica – sia sul punto di concludere l’acquisto del Financial Times, testate e case editrici satellite incluse. Un colosso della cultura finanziaria globale, già titolare del Nikkei-daily (il quotidiano, distribuito in quasi 5 milioni di copie, diventato un “must” per i CEO di tutto il mondo) s’impadronisce della più autorevole testata giornalistica economico-finanziaria occidentale! Politica locale e potere globale, ricordate? Concentrato nelle mani di pochissimi: Tsuneo Kita, CEO dei Nikkei, è un uomo. Uno solo. Una persona, capite? Con delle idee, dei progetti, degli obiettivi. Chi, come il sottoscritto, ha lavorato vicinissimo al vertice di compagnie di migliaia di persone sa benissimo come la “cinghia di trasmissione” della cultura aziendale sia apparentemente lunghissima, ma, nella pratica, inesistente. In questo modo, le pochissime mani che concentrano il Potere avranno gioco facile a condizionare le menti e le prassi – cioè: le vite – di migliaia e milioni di persone!  Senza andare dall’altra parte del mondo, pensiamo anche a quanto sta accadendo in casa nostra, con la fusione di RCS e Mondadori; o con quella, meno recente, di FIAT con Chrysler, acclamata dai circuiti informativi mainstream come il trionfo internazionale della forza persuasiva del “made in Italy”, peraltro abilmente orchestrata da un individuo che – ricordiamolo – guadagna in un anno centinaia di volte quello che guadagnano i suoi collaboratori. Secondo gli analisti, il 2015 sarà l’anno che farà registrare il record assoluto del valore economico delle operazioni di compravendita societaria a livello mondiale, superando dell’11% il precedente record del 2014: un settore che non conosce crisi, apparentemente. Un settore, guidato da personaggi al cui cospetto se la darebbe a gambe un branco di squali bianchi (a digiuno), che favorisce la massificazione giuridica delle società quotate, all’interno di un mondo in cui, purtroppo, già da decenni avviene la massificazione culturale delle persone che ne subiscono le conseguenze. In quella che io amo definire economia di prossimità – e che Ivan Illich definiva “società vernacolare” – credo risiedano le risposte. Un’economia fatta di vite basse illuminate da pensieri alti. Per non soccombere al cospetto del mostro capitalistico, per scoprire la pienezza di noi stessi all’interno di una dimensione necessariamente limitata ma inevitabilmente rigenerante, per rifiutare consapevolmente l’inafferrabile concetto di accumulo e dedicarsi alla sapiente amministrazione dei beni domestici. Che – udite, udite! – è esattamente ciò che significa “economia”.

Fonte: ilcambiamento.it

Marco Boschini ed i Comuni virtuosi: “il cambiamento è lento, ma inarrestabile”

Ho incontrato Marco Boschini per la prima volta molti anni fa, quando era nel consiglio direttivo del Movimento per la Decrescita Felice. Da allora ho avuto modo di assistere a molti eventi organizzati dalla sua Associazione e di visitare molte delle amministrazioni iscritte ad essa. Posso quindi affermare con cognizione di causa che quanto lui coordina e rappresenta riassume il meglio della politica italiana attuale. Fatti e non “interessanti prospettiva per il futuro”.

Ma facciamo un passo indietro: Marco Boschini è fondatore e coordinatore dell’Associazione Comuni virtuosi  ed è stato per anni assessore all’Urbanistica, all’Ambiente e al Patrimonio del Comune di Colorno (in provincia di Parma).

Il video che vi proponiamo questa settimana contiene una breve intervista che ci ha rilasciato lo scorso giugno in occasione del Festival della Lentezza, il nuovo format che prende il posto della tradizionale Festa dei comuni virtuosi.
Ma in questo articolo voglio riproporvi un estratto dell’intervista che ho realizzato con Marco nel 2013 e che ben ricostruisce la loro straordinaria esperienza. Scrivevo allora:

“Ho incontrato Marco in un bar della bellissima piazza principale di Parma. Qui discutiamo di casta e anticasta (1), Comuni virtuosi e politica vergognosa. Il suo tono nella conversazione rimane controllato, ma dai suoi occhi e dalla sua gestualità traspaiono passione, stanchezza, delusione, speranza. Cominciamo dall’inizio. Che cos’è un Comune virtuoso? «Intanto una precisazione: i Comuni virtuosi non esistono! Esistono decine di amministrazioni che stanno sperimentando, su tematiche specifiche, singole azioni particolarmente lungimiranti e all’avanguardia, che mirano a una sostanziale riduzione dei consumi e dell’impatto sull’ambiente.10437680_870473423023584_2623369087208399879_n

Esiste però un’idea di Comune virtuoso, frutto di una raccolta di buone prassi ormai enorme, che ci spinge a delinearne l’identikit. Un Comune virtuoso, dunque, agisce su cinque livelli di intervento, che sono poi le categorie del nostro Premio nazionale: gestione del territorio, impronta ecologica, rifiuti, mobilità, nuovi stili di vita. Per ognuna di queste categorie esistono ormai esperienze consolidate a dimostrazione che è possibile, e conveniente, intervenire a favore dell’ambiente invertendo la rotta di un modello di sviluppo divenuto insostenibile e distruttivo.

L’Associazione dei Comuni virtuosi nasce nel maggio del 2005 su iniziativa di quattro enti localiMonsano (AN), Colorno (PR), Vezzano Ligure (SP) e Melpignano (LE), che si ritrovarono quasi per caso ad Alcatraz da Jacopo Fo. È nato tutto da una chiacchierata dove abbiamo capito che nei nostri territori stavamo realizzando politiche importanti. Ci siamo detti: perché non trovare un modo di tenerci in contatto? Ed è nata l’Associazione. In poco tempo il numero di Comuni iscritti è aumentato notevolmente, dimostrandoci che i nostri progetti possono essere applicati ovunque e in qualunque contesto.»

Ma quali gli obiettivi raggiunti e quali quelli da raggiungere? «Credo che in questi anni sia passato il messaggio della possibilità di un’alternativa nel modo di amministrare le nostre città e territori locali: non più solo la logica delle grandi opere, degli inceneritori, dei centri commerciali e del cemento a tutti i costi. Resta da lavorare ancora molto perché le esperienze di qualche decina di Comuni italiani possano diffondersi come un virus positivo negli oltre 8000 Comuni presenti sul territorio nazionale».cambiare

Gli chiedo se, per cambiare la politica, sia sufficiente partire dal basso, dai comuni, o bisogna puntare al parlamento. «Noi siamo partiti dal basso, crediamo sia l’unica strada oggi percorribile. Certo sarebbe fondamentale, in questo momento, poter contare su un parlamento “complice”, che mette in campo leggi, incentivi e sostegno per le nostre azioni locali. Invece accade l’esatto opposto…»

In effetti, girando il Paese ho scoperto che i Comuni delle piccole città sono spesso amministrati da persone oneste, che prendono stipendi bassissimi – in molti casi sotto i 1000 euro – e che si ritrovano a dover gestire la rabbia delle popolazioni pur essendo impotenti. «Non solo! Spesso, a causa delle leggi dello Stato, noi non possiamo pagare le imprese a cui abbiamo affidato i lavori, e diventiamo quindi complici del disagio diffuso. Le famiglie vengono a chiederci sussidi, le richieste di sfratti sono aumentate. Se si vuole risollevare l’economia bisogna ridare spazio alle iniziative locali, valorizzare chi sta tutti i giorni sul territorio e punire, invece, quei Comuni che si indebitano in modo grossolano.»

Esiste anche un premio. «È il Premio Comuni virtuosi. È nato per far emergere, valorizzare e premiare quei sindaci che si battono ogni giorno, tra mille problemi, e che riescono, con un po’ di fantasia e tanta buona volontà, a dar vita ad azioni virtuose che mettono in discussione questo assurdo modello di sviluppo! Arrivati a questo punto, a fianco dell’annunciazione delle buone prassi, è necessario sperimentare strumenti e percorsi di formazione permanente che rendano più semplice la replicabilità concreta dei progetti in atto. Molte amministrazioni ci chiamano e la scuola si sta rivelando uno strumento molto utile. Uno dei nostri principi è riassumibile nello slogan “vietato non copiare”: è fondamentale studiare le politiche che hanno funzionato e provare a riportarle nel proprio territorio.»

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Provo a chiedergli se è ottimista per il futuro di questo paese. «Sono ottimista perché vedo e incontro ogni settimana, in giro per l’Italia, centinaia di persone per bene, esperienze incredibili e vincenti. Il cambiamento è inarrestabile, lento ma (a mio avviso) invincibile.»”.

Già, il cambiamento è lento, diceva Marco nel 2013. Due anni dopo intorno alla lentezza ci ha costruito un meraviglioso Festival, tra concerti di Capossela, performance di Celestini e Travaglio, interventi di Sindaci, professionisti, giornalisti, urbanisti e molto altro ancora. Lento e inarrestabile. Grazie a gente come lui. Grazie a gente come te, che stai leggendo questo pezzo e che proprio oggi puoi decidere di cambiare le cose.

  1. Marco Boschini è autore, tra le altre cose, di due libri sul tema dei Comuni virtuosi, l’Anticasta (con Michele Dotti) e Viaggio nell’Italia della Buona Politica.

fonte: italiachecambia.org

L’escalation nucleare dietro la retorica politica

Thalif Deen ha lavorato per le Nazioni Unite, ha scritto per l’Hongkong daily e il The Standard e ha partecipato, dal 1992 in poi, a tutte le principali conferenze Onu. Il suo punto di vista non è da sottovalutare e oggi afferma: «Ogni potenza nucleare sta spendendo milioni per ampliare il proprio arsenale».guerranucleare

Tra Stati Uniti e Russia si assiste ad una nuova guerra fredda e il pericolo nucleare sta conoscendo una preoccupante escalation, al di là di ogni retorica politica. Non ci sono più solo le cinque potenze nucleari che il mondo conosce da decenni: Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Cina e Russia. Ci sono altri regimi, altre nazioni, rampanti o affermate che siano, che si stanno guadagnando a morsi la loro fetta di follia. L’Economist ha dipinto di recente uno scenario pessimistico: «Un quarto di secolo dopo la fine della guerra fredda, il mondo fronteggia il crescente pericolo di un conflitto nucleare».

Venticinque anni dopo il collasso sovietico, il mondo sta entrando in una nuova era nucleare. Shannon Kile, ricercatore e responsabile del Nuclear Weapons Project allo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), afferma che «sta emergendo un mondo nucleare multi-polare che ha sostituito l’ordine bipolare della guerra fredda». E non manca di sottolineare come le armi nucleari siano diventate l’elemento principale delle politiche di difesa e sicurezza nazionale dei paesi dell’Asia orientale e meridionale e del Medio Oriente, dove vanno a complicare le condizioni di instabilità che rendono imprevedibile qualsiasi scenario. Thalif Deen non manca poi di sottolineare «l’ossessione israeliana per il monopolio delle armi nucleari in tutto il Medio Oriente», il braccio di ferro tra gli Stati Uniti e l’Iran, il fatto che l’Arabia Saudita abbia sottoscritto con la Corea del Sud un accordo di cooperazione nucleare (forse per scopi di pace?) e la tendenza della Corea del Nord a mostrare i suoi “muscoli nucleari”. Qualche giorno fa Hyun Hak Bong, ambasciatore della Corea del Nord nel Regno Unito, è stato citato da Sky News per avere dichiarato che il suo paese sarebbe pronto a usare le armi nucleari in risposta ad un attacco nucleare da parte degli Usa. «Non sono certo gli Usa ad avere il monopolio» avrebbe detto Hyun. L’Economist ha scritto che ogni potenza nucleare sta spendendo denaro per aggiornare il proprio arsenale e il budget russo per la difesa è aumentato del 50% dal 2007, un terzo per le armi nucleari. La Cina sta investendo in sottomarini e batterie di missili mobili, mentre gli Usa stanno cercando di far passare al Congresso uno stanziamento di 350 miliardi dollari per la modernizzazione dell’arsenale, sempre nucleare. Kile ha poi spiegato che soni stati sviluppati nuovi sistemi missilistici di precisione che operano in sinergia con i satelliti, sistemi che starebbe usando anche l’India per individuare gli arsenali pakistani. Proviamo a pensare cosa può significare tutta questa potenza distruttiva in un mondo completamente instabile come quello di oggi.

Si ringraziano Thalif Deen e Inter Press Service

Fonte: ilcambiamento.it

Gli scienziati europei alla politica: “Avete scelto l’ignoranza”

In una lettera aperta ai politici europei un gruppo di scienziati denuncia lo stato di totale abbandono in cui versa la ricerca scientifica in Europa

E’ una lettera vibrante e dura che svela lo stato della ricerca in Europa (e non solo in Italia) ma sopratutto chiarisce quanto la scienza sia poco considerata nelle agende politiche di Bruxelles. Scrivono i firmatari, rivolgendosi ai politici europei:

Hanno scelto di ignorare che la ricerca non segue cicli politici; che a lungo termine, l’investimento sostenibile in R&S è fondamentale perché la scienza è una gara sulla lunga distanza; che alcuni dei suoi frutti potrebbero essere raccolti ora, ma altri possono richiedere generazioni per maturare; che, se non seminiamo oggi, i nostri figli non potranno avere gli strumenti per affrontare le sfide di domani. Invece, hanno seguito politiche cicliche d’investimento in R&S con un unico obiettivo in mente: abbassare il deficit annuo a un valore artificiosamente imposto dalle istituzioni europee e finanziarie, ignorando completamente i devastanti effetti che queste politiche stanno avendo sulla scienza e sul potenziale d’innovazione dei singoli Stati membri e di tutta l’Europa.

La situazione peraltro nel nostro Paese è drammatica: dal 2009, l’Italia ha visto abbassarsi del 90 per cento i post riservati alla ricerca, mentre in Spagna gli investimenti sono scesi del 40 per cento e meno del 10 per cento dei ricercatori che vanno via vene sostituito. Dal 2011, il bilancio di centri di ricerca e delle università greche si è dimezzato, con un blocco delle assunzioni. In Portogallo il taglio alla ricerca è stato pari al 50 per cento.

Per sostenere la scienza e gli scienziati europei possiamo firmare l’appello on line, e per ora siamo a 14 mila firme.euro-scientist-620x437

La lettera è firmata da:

Amaya Moro-Martín, Astrophysicist; Space Telescope Science Institute, Baltimore (USA); EuroScience, Strasbourg; spokesperson of Investigación Digna (for Spain).
Gilles Mirambeau, HIV virologist; Sorbonne Universités, UPMC Univ. Paris VI (France); IDIBAPS, Barcelona (Spain); EuroScience Strasbourg.
Rosario Mauritti, Sociologist; ISCTE, CIES-IUL, Lisbon (Portugal).
Sebastian Raupach, Physicist; initiator of “Perspektive statt Befristung” (Germany).
Jennifer Rohn, Cell biologist; Division of Medicine, University College London, London (UK); Chair of Science is Vital.
Francesco Sylos Labini, Physicist; Enrico Fermi Center, Institute for Complex Systems (ISC-CNR), Rome (Italy); editor of Roars.it.
Varvara Trachana, Cell biologist; Faculty of Medicine, School of Health Sciences, University of Thessaly, Larissa (Greece).
Alain Trautmann, Cancer immunologist; CNRS, Institut Cochin, Paris (France); former spokesman of “Sauvons la Recherche”.
Patrick Lemaire, Embryologist; CNRS, Centre de Recherche de Biochimie Macromoléculaire, Universités of Montpellier; initiator and spokesman of “Sciences en Marche” (France).

Fonte:  Oggi Scienza
Foto | Euroscientist@Facebook

Urban food policy pact, l’alleanza tra metropoli per una politica alimentare sostenibile

Parte da Milano l’operazione “Urban food policy pact”. Trenta metropoli mondiali al lavoro per definire gli standard di una politica alimentare urbana sostenibile e condividerli per EXPO. Prima adesione: Hanoi, Vietnam380464

Trenta metropoli collegate in rete per il seminario web che oggi, da Milano, ha dato il via ufficiale all’operazione“Urban food policy pact”, il patto tra città proposto dal Sindaco Giuliano Pisapia che verrà firmato dal numero più alto possibile di realtà urbane nel corso di un grande evento in chiusura di Expo Milano 2015.
Londra, Francoforte, New York, Chicago, Melbourne, Amsterdam, Barcellona, Dakar, Osaka, Mosca, Tel Aviv: sono solo alcune delle municipalità che si sono messe in rete con Milano dai quattro punti cardinali. Obiettivo del primo appuntamento: mettere a fuoco i passi da compiere per la definizione di uno standard per le strategie alimentari urbane, e definire la tabella di marcia che condurrà alla firma dello “Urban food policy pact” da parte dei sindaci. Con una firma sicura fin d’ora: quella di Hanoi, annunciata venerdì scorso al Sindaco Pisapia nel corso di un incontro a Palazzo Marino con una delegazione in arrivo dalla capitale del Vietnam.  Il lavoro di preparazione del documento proseguirà nei mesi che portano a Expo Milano. Quattro le tappe principali: la creazione dei gruppi di lavoro internazionali; da ottobre a gennaio 2015 discussione delle tematiche e definizione degli standard da condividere; a fine febbraio appuntamento a Londra per scrivere la prima bozza del Patto; entro aprile vedrà la luce la versione definitiva del documento e verrà presentata alle altre metropoli del Pianeta; alla metà di ottobre 2015 il grande evento internazionale per la firma del Patto. L’operazione “Food policy” del Comune di Milano è in ogni caso una strategia internazionale che si avvale di più strumenti. Al lavoro in rete avviato oggi si affiancheranno quelli finanziati dai fondi europei: nei prossimi due anni Milano svolgerà il ruolo di capofila del progetto “Food Smart cities for development”, che la Commissione Ue ha recentemente deciso di sostenere con un finanziamento di 2,7 milioni di euro. L’iniziativa si inserisce nel quadro del Programma europeo DEAR (Development, Education and Awareness raising) e coinvolgerà dodici realtà urbane d’Europa, Africa e America latina. Tra i partner associati anche esponenti della società civile: Expo dei popoli – coordinamento di ONG, associazioni, reti della società civile italiana e internazionale che promuove il Forum dei popoli in programma per giugno 2015 a Milano, con un ruolo chiave nell’elaborazione del progetto – e le reti del Commercio equo e solidale.  Per parte sua Milano continua il percorso di implementazione di un sistema alimentare sostenibile per la città, che si avvale del supporto e delle competenze degli esperti della Fondazione Cariplo. Obiettivo è mettere a sistema le politiche che incrociano i temi dell’alimentazione da diversi punti di vista: territorio, welfare, educazione, ambiente, benessere e relazioni internazionali. È un modello già testato con successo altrove nel mondo – da New York a Vancouver, da Chicago a Londra ad Amsterdam – anche se declinato in modi diversi. Le “Food policies” sono nate infatti negli Stati Uniti negli anni ’80, si sono diffuse in tutto il nord America e in seguito nell’Europa del nord. Sono politiche che si propongono di migliorare gli aspetti della gestione del ciclo alimentare propriamente inteso (coltivazione, distribuzione e consumo), con tutte le attività che lo influenzano.

Fonte: ecodallecita.it

Clima, summit informale dei ministri per l’Ambiente a Milano: ma l’Italia che politica fa?

Una chiacchierata informale tra i ministri per l’Ambiente europei si svolge in queste ore a Milano per mettere a punto le strategie sul clima

I cambiamenti climatici sono al centro del summit che si sta tenendo in queste ore a Milano tra i ministri europei per l’Ambiente. La chiacchierata informale serve a mettere a punto gli obiettivi da presentare a Ban Ki Moon in vista del Vertice con Ban Ki Moon che si terrà alle Nazioni Unite il prossimo 23 settembre. In sostanza l’Europa prova a presentarsi con un fronte unico e allineato di proposte compatte per evitare i fallimenti dell’ultimo minuto. E’ dunque l’occasione per dare un nuovo impulso ai negoziati che si andranno a discutere nel 2014 a Lima e nel 2015 a Parigi. Il summit di oggi è informale e non porterà a un risultato negoziale ma si cera piuttosto quel fronte compatto che a Parigi alla COP 21 potrebbe fare la differenza proprio nelle negoziazioni con le altre Nazioni. Ciò che manca però ancora e che resta da definire prima ancora degli incontri di Lima COP20 che si terranno dall’1 al 12 dicembre prossimi e di Parigi nel 2015 sono le rassicurazioni sul finanziamento e capitalizzazione del Fondo Verde per il Clima (Green Climate Fund). Mancano ancora i partecipanti peraltro e la riunione di oggi servirà anche a capire chi vi parteciperà sebbene sia chiaro che l’Ue tenga alla visibilità dei suoi Stati Membri al Vertice. Il Segretario Generale Ban Ki Moon ha reso noto che la Sessione plenaria della mattina sarà limitata ai Capi di Stato e/o di Governo, con i Ministri che possono partecipare alle sessioni parallele pomeridiane sulle azioni per il clima e discussioni tematiche. Ciò che resta ancora da definire è l’ alto livello di partecipazione da parte dei Capi di Stato e/o di Governo dell’UE. Proprio sulla presenza, dicevamo, l’Europa punta a dimostrare il ruolo di forte sostenitore di un’azione globale per il clima. Al Vertice COP20 dovrebbe prendere parte oltre 100 capi di Stato inclusi i rappresentanti dei BRIC, Brasile, India e Cina e Messico. I messaggi comuni relativi ai cambiamenti climatici che l’Europa vuole far emergere al Vertice COP20 riguardano sia le azioni specifiche dei singoli Stati membri sia quelli complessivi e che consistono in azioni che evidenziano:

i vantaggi di una transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio ed il successo dell’Europa nel dissociare la crescita economica dalla crescita di emissioni; sottolineare la nostra disponibilità ad una azione ambiziosa nell’ambito del nuovo accordo sul clima; fornire rassicurazioni del nostro forte impegno per un costante sostegno agli sforzi dei nostri
partners internazionali.

Mi rendo conto che sono obiettivi condivisibili ma almeno nel caso dell’Italia sembra di assistere a una politica bipolare, ossia se in Europa durante il semestre della nostra Presidenza proponiamo interventi volti a migliorare l’approccio delle politiche ambientali in casa nostra ci muoviamo verso un sistema di politiche energetiche con elevate emissioni di CO2 che nel quadro idilliaco delle proposte appena fatte rischia di penalizzarci seriamente. Nel merito vi invito a leggere la Sessione Crescita verde: inverdimento del Semestre europeo e Strategia europea 2020 e Crescita Verde e occupazione e ditemi se vi sembrano coerenti con le politiche italiane in merito?BspQPAPIUAA_91O

Fonte:  Minambiente

“Ci prendiamo la città”, il 23 marzo le Città vicine a convegno.

Quali conflitti teniamo aperti nelle nostre città che, con una rete di libere relazioni, rendiamo vicine? Sabato 23 marzo presso la Casa Internazionale delle donne di Roma si terrà il convegno annuale delle Città vicine “Ci prendiamo la città”.

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Le città che tanto amiamo, le nostre città natali o quelle dove abitiamo e lavoriamo, sono gli scenari dei drammi e dei grandi avvenimenti della vita contemporanea. Questi contesti straordinari, complessi e irripetibili di vita, ricchi di passato, di forme artistiche e architettoniche, di beni preziosi, splendidi palazzi e antichi tesori, dove tessiamo relazioni e ci impegniamo a realizzare momenti di vita pubblica, sono oggetto di speculazioni dissennate, di veri e propri furti e interventi distruttivi da parte dei poteri politici ed economici. Ma le città oggi sono anche matrici di nuove forme della politica. Pensiamo alle innumerevoli città italiane ed europee dove in questi ultimi anni hanno risuonato le voci, le grida, le manifestazioni di comitati cittadini, movimenti giovanili, studenti e docenti precari, pensionati e casalinghe, gruppi di donne, di operai e operaie in cassa integrazione, di badanti, infermiere, maestre elementari, extracomunitari, artisti e intellettuali. L’Aquila, Vicenza, Lampedusa, Napoli, Pomigliano, Val di Susa, Macao a Milano, e sempre a Milano “Le Giardiniere”, il teatro Valle a Roma, e altri importanti teatri in diverse città, il movimento “No Muos” di Niscemi, sono luoghi simbolici dove si manifesta una presa di coscienza e una rinnovata volontà di lotta. Di fronte alle disuguaglianze crescenti, tante e tanti, facendo leva sulla forza dei propri desideri e sulle relazioni, invece di lamentarsi o cadere nella trappola della contrapposizione sterile, inventano lavori, nuove forme di cooperazione e di economia, creano mercati, luoghi significativi di scambio dove circolano parole, idee, impreviste possibilità. I movimenti e le lotte del presente non hanno assunto la forma della rivendicazione dei diritti, ma quella dell’ironia, della baldanza, dello spiazzamento, della gioia di esserci, nonostante tutto, delle rappresentazioni artistiche nelle pubbliche piazze, della flessibilità e disponibilità a cambiare velocemente posizione per non farsi trovare, per sorprendere e disattendere le aspettative dei sistemi di potere.

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Insomma, se vogliamo aver cura delle città belle in cui viviamo, sono necessari gesti che tagliano scenari di finzione e aprono conflitti radicali. Bisogna prendersela questa cara “città del desiderio”! In questo, va anche ascoltata con attenzione l’esperienza di quelle e quelli che si assumono la responsabilità di decisioni che riguardano la vita comune, prendono posizione, cercano risposte concrete ai problemi e a volte sanno trovare mediazioni efficaci. E le città come le persone vanno messe in relazione, guardate, descritte, raccontate l’una a partire dall’altra e viceversa. Così nascono nuove e impreviste modalità di scambio tra città vicine e lontane. Ci vogliono momenti alti di confronto e di parola pubblica per far presente e articolare quello che non è immediatamente visibile, ma c’è e germoglia, opera cambiamenti: sono le invenzioni, le creazioni, le innovazioni di chi agisce nel presente, sapendo che il futuro in parte è già qui. Ovunque si possono riconoscere i segni tangibili del profondo cambiamento in corso. Dalle innumerevoli pratiche e azioni contestuali sta prendendo forma un’impresa di civiltà, degna di essere raccontata. Dalla politica della differenza, che ha dato vita a luoghi simbolici come la Libreria delle donne di Milano, l’Agorà del lavoro, il gruppo del mercoledì di Roma, l’incontro annuale di Torreglia e le stesse Città Vicine, sta nascendo una nuova umanità che trova luogo e si riconosce nella relazione, primo tessuto connettivo del corpo sociale. La vita quotidiana è informata tutti i giorni dalle pratiche di relazione: lì si genera la forza delle donne, l’autorità sociale femminile, lì stanno cambiando i rapporti tra uomini e donne. Ora anche alcuni uomini assumono in proprio la differenza, pensano a partire da sé e mettono in campo il desiderio. Così il “mondo comune delle donne” diventa il mondo reale, abitato da uomini e donne che si riconoscono comunità.

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Si terrà sabato 23 marzo presso la Casa Internazionale delle donne di Roma un convegno per rinnovare la scommessa delle Città Vicine e ragionare con il taglio della differenza su come affrontiamo i diversi problemi e le contraddizioni della vita attuale, quali conflitti teniamo aperti nelle diverse città in cui viviamo e che rendiamo vicine, attraverso una rete di libere relazioni. Il punto in cui siamo, al presente, è quello della messa in atto di una nuova figura dello scambio tra abitanti, comitati di quartiere, gruppi, associazioni, reti di donne, vicine e vicini di casa, movimenti in lotta per la qualità di vita in città e figure esperte di urbaniste/i, architette/i, paesaggiste/i; progettiste/i di giardini, artiste/i, attrici e attori, fotografe/i. Una figura che non ha ancora un nome. Si tratta di uno scambio di qualità tra saperi tecnici e saperi pratici, dove interagiscono conoscenze e abilità tradizionalmente maschili e conoscenze, esperienze, saperi, scoperte di origine femminile. Sono state le pratiche inventate in questi anni, insieme alle riflessioni, alle ricerche e alle affermazioni forti di architette e urbaniste coraggiose, fatte circolare non solo in ambiti accademici e professionali, ma in molti altri luoghi della vita sociale, politica e lavorativa, a determinare il cambiamento ancora in corso dell’architettura e dell’urbanistica. Oggi, infatti, le scienze della costruzione hanno cominciato a intercettare e registrare i corpi delle donne e degli uomini che abitano le città, esprimono desideri, aspirazioni e bisogni profondi, come quelli di bellezza, di armonia delle forme, di incontri e comunicazione, di voci umane e di silenzi, di aria buona da respirare, di sicurezza, di verde.

23 marzo 2013 ore 9.30 – 18.00

Roma, Casa Internazionale delle donne, Via San Francesco di Sales 1, Sala convegni “Carla Lonzi”: “Ci prendiamo la città” convegno annuale delle Città Vicine. La Casa internazionale delle donne di Roma dispone di una Foresteria in grado di ospitare in stanze singole e multiple. Per prenotarsi: 06/6893753. Sarà possibile, durante l’intervallo dalle 13 alle 14.30, consumare un pasto al self-service sempre alla  Casa internazionale delle donne. Per informazioni e contatti: Mirella Clausi mirellacla@gmail.com, 3284850943. Per commenti e contributi inviare a Nunzia Scandurra nunziascandurra@hotmail.it, 3397895759

Fonte: il cambiamento

La Città Sostenibile
€ 10