Agricoltura sostenibile: usare un drone per limitare i pesticidi

PBK, startup dell’incubatore I3P del Politecnico di Torino, sta sperimentando un drone in grado di effettuare trattamenti mirati nei campi agricoli. Per risparmiare fitofarmaci e avere meno pesticidi nel piatto.agricoltura-drone-pesticidi

Meno pesticidi in agricoltura, meno pesticidi nel piatto. Questa è l’idea che sta alla base di una agricoltura sostenibile, dalla quale possa derivare una alimentazione sana e sicura per tutti noi. La tecnologia, per fortuna, può aiutare molto a raggiungere questi obiettivi. PBK, startup dell’incubatore I3P del Politecnico di Torino, sta lavorando in questa direzione con un primo prototipo di drone UAV (cioè radioguidato a distanza) finalizzato alla agricoltura di precisione. Cioè quel tipo di agricoltura che utilizza le più moderne tecnologie per minimizzare il lavoro e gli interventi fitosanitari in campo. Ad esempio tramite l’utilizzo di un GPS che, collegato alle macchine agricole, permette la guida automatica di trattori e mietitrebbiatrici. Oppure, come nel caso del “PBKopter“, tramite l’utilizzo di un drone che grazie alla elevata libertà di movimento può raggiungere i punti più ostici di una coltura agricola e spruzzare gli agrofarmaci solo dove effettivamente serve. Una strategia, per capirci, esattamente opposta a quella attualmente in uso negli Stati Uniti.

I trattamenti mirati – spiegano gli ideatori del drone – consentono di utilizzare solo la quantità di fitofarmaci necessari a garantire l’efficacia dell’azione, senza dispersioni nell’aria o a terra, con contenimento dell’inquinamento anche acustico“.
Con lo stesso drone si possono ottenere benefici, ad esempio, nella lotta alle zanzare: la leggerezza e manovrabilità del PBKopter permette interventi estremamente mirati e selettivi, ben diversi dalle vecchie disinfestazioni massicce effettuate spruzzando centinaia di litri di prodotti chimici sulle piante. Un esempio pratico sono le immense risaie del nord Italia, dove l’ambiente estremamente umido è perfetto per la proliferazione delle zanzare. Fino ad oggi, per limitare il problema, si è ricorso all’uso di elicotteri che spruzzavano veleno anti zanzare dal cielo, disperdendone una gran parte dove non serviva. Con il passaggio ai droni si potrà, al contrario, utilizzare solo la quantità realmente necessaria di prodotti chimici con un enorme risparmio economico e una maggior tutela per l’ambiente.

Fonte: ecoblog.it

 

Smart energy, dal Siebel Energy Institute 300mila euro per sei progetti del Politecnico

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Anche il Politecnico di Torino alla conferenza “Energy Grid Cybersecurity” organizzata a Washington dal Siebel Energy Institute che con 300 mila dollari finanzierà sei progetti di ricerca. Il problema della sicurezza delle reti energetiche e il supporto che le ICT possono fornire per prevenire e risolvere situazioni critiche, sia di natura accidentale, che criminale, sono stati oggetto della conferenza “Energy Grid Cybersecurity”, che si è svolta a Washington, D.C (USA) dal 3 al 5 marzo scorsi; l’incontro internazionale è stato organizzato dal Siebel Energy Institute, un consorzio che vede il Politecnico di Torino partner di 8 tra i più prestigiosi centri di ricerca sui temi della smart energy: Carnegie Mellon University, École Polytechnique, Massachusetts Institute of Technology, Princeton University, University of California at Berkeley, University of Illinois at Urbana-Champaign, University of Tokyo e Tsinghua University. Scopo del consorzio, promuovere una rete internazionale e di altissimo livello tra soggetti che si occupano di ricerca in questo settore e valorizzare i progetti delle più prestigiose università internazionali; tra queste, il Politecnico, che ha ricevuto sei premi del valore di 50 mila dollari ciascuno, per un totale di 300 mila dollari, per progetti dei quali è capofila:

– Smart Grid Resilience: Automatic Real-time Detection and Prediction of Critical Conditions and Preventive Network Management Through Distributed Sensing, Smart Metering, Environmental/Social Info. Capofila: Ettore Bompard – Politecnico di Torino. Il progetto si pone come strumento per assicurare la continuità dalla fornitura energetica anche in situazioni critiche per le reti di distribuzione come incidenti, catastrofi naturali o attacchi. Utilizzando i dati provenienti da fonti eterogenee (consumatori, prosumer, sensori distribuiti sulla rete, contatori intelligenti, strumenti di monitoraggio ambientale) si genera un algoritmo aggiornato costantemente che permette di prevedere condizioni e situazioni critiche, ottimizzando quindi il funzionamento della rete.

– URBE – Understanding the Relationship Between Urban Form and Energy Consumption Through Behavioral Patterns (Capofila: Patrizia Lombardi – Politecnico di Torino). La ricerca studia i profili di consumo energetico dei cittadini degli spazi urbani negli edifici (calore, gas e elettricità) e la mobilità delle varie zone della città, in relazione sia alla morfologia urbana (ad esempio distanza media tra casa e luogo di lavoro, distanza dai servizi) che ai modelli comportamentali (ad esempio orario di lavoro e attività domestiche, mezzi di trasporto utilizzati). L’obiettivo è quello di definire, in modo efficace e efficiente, politiche di pianificazione urbana per creare condizioni ottimali di vivibilità.

– CCG – Cars, Communications, and the Grid (Capofila: Marco Ajmone Marsan – Politecnico di Torino). Lo studio analizza i vantaggi ottenibili dall’utilizzo congiunto di tre diverse tecnologie: comunicazioni wireless, car sharing e distribuzione di energia elettrica. A tal fine vengono implementati modelli matematici e di simulazione basata su dati reali. L’apporto professionale di esperti del settore di telecomunicazione, energia, trasporti ed economia aiuterà a pianificare una valutazione dei vantaggi tecnologici e economici e l’identificazione delle tecnologie necessarie per ottenerli.

– Power Aware – Lights Off, Brains On (Capofila: Antonio Vetrò – Politecnico di Torino).  Il progetto realizza una piattaforma web che mette a confronto modelli di consumo di energia per i cittadini con caratteristiche simili (in relazione ad esempio alle dimensioni dell’abitazione, al numero dei componenti familiari, al numero e alla tipologia di apparecchi) e predispone strategie di consumo per ridurre gli sprechi. Sono previsti servizi aggiuntivi per il calcolo preventivo dei consumi, così da cercare di modificare in maniera efficiente le abitudini di consumo.

– Big Data Platform for FFCS Design: From Gas to Electric (Capofila: Marco Mellia – Politecnico di Torino). Lo studio parte dalla piattaforma web in supporto a sistemi di car sharing che consente di noleggiare un’auto in un’area geografica definita. La piattaforma può fornire informazioni riguardo l’auto (posizione, condizioni generali, livello di carburante). L’applicazione di tecnologie di analisi di Big Data permette di decidere in che modo affinare il servizio. Tale approccio potrà essere utilizzato in futuro anche nel settore pubblico, per la gestione, ad esempio, del traffico urbano o del trasporto pubblico.

– Multi-modal Crowd Sensing to Monitor Buildings in Smart Cities (Capofila: Alessandro Rizzo – Politecnico di Torino). Utilizzare auto e droni per monitorare le condizioni di salute degli edifici e dei beni culturali. È questo l’obiettivo del progetto, che studia come si potrebbero utilizzare questi mezzi per installarvi sistemi di misurazione a infrarossi avanzati che possano, ad esempio, fornire indicazioni sull’umidità delle pareti, le dispersioni termiche, l’integrità strutturale delle facciate, ecc. Il progetto si propone di garantire l’accuratezza delle misurazioni, coniugandola con la sicurezza dei mezzi utilizzati. Il Siebel Energy Institute si propone inoltre di valorizzare anche la formazione, istituendo una rete tra le Scuole di Dottorato che prevede anche il finanziamento di borse di studio e progetti comuni. Quest’anno è stata premiata tra i dottorandi del Politecnico Maria Ferrara, del Dipartimento Energia.

Per il Politecnico, essere parte del Siebel Energy Institute è una grande opportunità”, commenta il Rettore Marco Gilli, a Washington insieme alla Prorettrice Michela Meo, referente delle attività del Politecnico per il Siebel Energy Institute: “Si tratta di una rete internazionale molto prestigiosa con partner accademici e industriali, all’interno della quale è possibile promuovere e sviluppare qualificati progetti di ricerca collaborativa, confrontarsi costantemente con i migliori ricercatori al mondo in questo settore emergente e insieme valorizzare le nostre strutture di ricerca e trasferimento tecnologico, primo tra tutti l’Energy Center del Politecnico e il futuro Centro Interdipartimentale dedicato all’energia”.

Fonte: ecodallecitta.it

 

 

Retrace, il progetto di riciclo rifiuti e valorizzazione degli scarti in Piemonte

Primo incontro per il progetto Interreg Europe RETRACE, coordinato dal Dipartimento Architettura e Design del Politecnico di Torino, che propone l’approccio sistemico per l’elaborazione di piani di sviluppo basati sulla “circular economy”8

Dalla valorizzazione dei residui di lana al reimpiego delle componenti dei veicoli a fine vita, al riuso degli scarti nelle costruzioni edili: sono solo alcuni esempi di buone pratiche nell’ambito dell’economia circolare, tra quelli discussi oggi nel corso del primo Stakeholder Group Meeting del progetto RETRACE (A Systemic Approach for REgions TRAnsitioning towards a Circular Economy), coordinato dal Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino e con la Direzione per la competitività del sistema regionale della Regione Piemonte quale partner. RETRACE, volto a proporre nuove policy per la promozione dell’Economia Circolare e del Design Sistemico a livello regionale, è vincitore del bando europeo Interreg Europe con oltre un milione e mezzo di euro di finanziamento in quattro anni per lo scambio e il trasferimento di buone pratiche unitamente a partner provenienti da Francia, Slovenia, Spagna e Romania. L’analisi di numerose Good Practice locali legate al tema dell’economia circolare in Piemonte è stata all’ordine del giorno dell’incontro, che ha visto la partecipazione degli stakeholder regionali di RETRACE, tra i quali figurano incubatori d’impresa, poli di innovazione, Camera di Commercio di Torino, fondazioni e associazioni. Partendo dalla discussione dei singoli casi studio si è proceduto con l’analisi delle politiche che hanno permesso l’attuazione di tali buone pratiche, in linea con gli obiettivi del progetto RETRACE. Gli esempi discussi hanno incluso progetti finanziati attraverso bandi europei, come ad esempio il progetto GreenWoolFsviluppato all’interno di un bando Life+ che si occupa della valorizzazione degli scarti di lana sulcida, o il progetto di ANFIAper la valorizzazione degli scarti delle automobili nato a seguito della normativa europea sulla dismissione dei veicoli a fine vita. Le buone pratiche presentate hanno riguardato settori molto diversi tra loro, quali l’agroalimentare, i rifiuti speciali, le materie plastiche, l’edilizia e l’energia; la selezione operata ha avuto infatti l’obiettivo di mostrare la vasta possibilità di applicazione dell’approccio sistemico e dei principi dell’economia circolare in numerosi campi. A seguire, è stata presentata la seconda Field Visit, delle sette previste dalla tabella di marcia del progetto RETRACE, che avrà luogo nella regione francese dell’Aquitania (partner del progetto) il 22-23 Settembre 2016 e a cui avranno la possibilità di partecipare due tra i quattordici stakeholder regionali coinvolti per confrontarsi insieme ai partner del progetto su queste tematiche a livello europeo. Infine si è lavorato insieme per l’organizzazione del primo Regional Dissemination Event previsto a Torino per l’autunno 2016.

SCHEDA PROGETTO – RETRACE (“A Systemic Approach for Regions TRAnsitioning towards a Circular Economy”)

Una progettazione, intelligente, sostenibile e inclusiva che sia in grado di prevedere, per ogni singola parte del ciclo di vita dei prodotti, il contenimento degli scarti e quando questi necessariamente si realizzano, la loro valorizzazione per non produrre rifiuti; esattamente come il ciclo della natura, che trasforma tutto ciò che crea.  Questo è il concetto di base del Design Sistemico e del progetto RETRACE (A Systemic Approach for REgions TRAnsitioning towards a Circular Economy), uno dei 64 progetti finanziati in tutta Europa dal programma europeo Interreg Europe che beneficerà di oltre 1,5  MLN di Euro di finanziamento in 4 anni. Il progetto RETRACE metterà in rete cinque diverse Regioni di paesi europei – Italia, Spagna, Francia, Slovenia e Romania. I referenti del progetto avranno quindi come obiettivo la definizione di specifiche policy territoriali da mettere a disposizione dei policy maker partecipanti all’iniziativa, per l’Italia la Regione Piemonte. Il Progetto RETRACE consolida infatti una virtuosa intesa tra il Politecnico e gli Enti Regionali, che a partire dalla fine dello scorso anno ha visto Politecnico e Consiglio Regionale siglare un Protocollo d’Intesa teso allo sviluppo territoriale tramite l’Approccio Sistemico e la Circular Economy. I primi due anni del progetto saranno incentrati sulla ricerca e la selezione di best practice, mentre gli ultimi due anni saranno dedicati alla fase di implementazione sui vari territori.

Fonte: ecodallecitta.it

 

eQuommerce, un nuovo modo di fare la spesa

E’ il primo social network dove gruppi di amici, vicini di casa o colleghi possono unirsi insieme per formare Gruppi di Acquisto Solidali (GAS) e dove i produttori possono inserire la propria azienda ed interagire direttamente con i GAS presenti sulla piattaforma. Il progetto è stato realizzato dalla start-up innovativa valdostana Made in Valley S.r.l.s., in collaborazione con il Politecnico di Torino.

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eQuommerce è un progetto realizzato dalla start-up innovativa valdostana Made in Valley S.r.l.s., in collaborazione con il Politecnico di Torino. E’ il primo social network internazionale pensato esclusivamente per far incontrare direttamente i produttori e le famiglie locali, al fine di aiutarle a risparmiare sulla spesa acquistando insieme direttamente dai produttori locali, senza intermediari, a favorire l’acquisto di prodotti genuini del territorio, verificandone personalmente la provenienza e la sostenibilità, e a sostenere le aziende a cui viene riconosciuto un prezzo equo per i prodotti ed il lavoro svolto. Il progetto nasce dopo aver constatato che il comparto agricolo mondiale dei piccoli e medi produttori è in forte crisi e che le famiglie hanno visto diminuire il loro potere d’acquisto e di conseguenza la possibilità di accedere a cibi genuini.  Anche i dati Istat del 6° e 5° censimento generale dell’agricoltura confermano la situazione di crisi, riportando una diminuzione del numero delle aziende agricole in Italia da 2.405.453 nel 2000 a 1.630.420 nel 2010 con un decremento pari al 32,2%. Fulcro del programma è il sito webwww.equommerce.com, nato per fornire uno strumento semplice, completo e flessibile per gestire tutte le attività connesse alla vita di un Gruppo di Acquisto Solidale (G.A.S.) e delle aziende che li riforniscono.  Ricordiamo, per chi ancora non ne fosse a conoscenza, che i G.A.S. sono gruppi di famiglie che acquistano insieme direttamente dai produttori locali, in modo da sostenere l’agricoltura tradizionale e da poter accedere a prodotti sani e genuini. Eliminando gli intermediari, si risparmia sulla spesa e si garantisce la tracciabilità degli alimenti acquistati. Ad oggi in Italia si contano circa un migliaio di G.A.S. e il fenomeno è in continua espansione. In tal senso, eQuommerce si propone di facilitare la nascita di nuovi gruppi e la gestione di quelli già esistenti, nel rispetto dei diritti dei consumatori e dei produttori. I principi fondanti su cui si basa il progetto sono: la volontà di riconoscere un compenso equo ai produttori e di permettere, al contempo, di acquistare a un giusto rapporto qualità/prezzo alle famiglie; il tentativo di favorire la nascita di rapporti di reciprocità e solidarietà tra chi produce e chi consuma; l’impegno verso una produzione rispettosa dell’ambiente e attenta a tematiche quali la sostenibilità e il risparmio delle risorse naturali (come l’acqua, il suolo e l’aria). In sintesi, equità, solidarietà e sostenibilità. Ma come funziona concretamente? La procedura è molto semplice. I consumatori potranno vedere sulla mappa interattiva le aziende agricole presenti intorno a sé, leggerne la scheda di presentazione in cui sono indicati i prodotti venduti e le modalità di gestione degli ordini. Per acquistare i prodotti di un’azienda, sarà sufficiente che i consumatori si uniscano ad un G.A.S. già presente sulla piattaforma oppure avranno la possibilità di crearne un nuovo, purchè sia formato da cinque utenti. La gestione degli ordini è molto semplice. Attraverso il portale, l’amministratore del G.A.S. aprirà un ordine ad un’azienda affiliata indicando il termine temporale entro il quale l’ordine sarà evaso. Tutti i membri del suo G.A.S. riceveranno una notifica sulla propria email e sul loro profilo eQuommerce inerente all’ordine aperto e potranno quindi aggiungere alla lista dell’amministratore i prodotti desiderati nelle quantità richieste. A ordine evaso, il G.A.S. che ha effettuato l’ordine è tenuto a lasciare una valutazione sull’azienda. Grazie a questo sistema di feedback, sarà possibile verificare la professionalità dell’azienda, la qualità dei prodotti e l’effettiva corrispondenza con quanto indicato sulla scheda. Viceversa, l’azienda dovrà esprimere una valutazione sul GAS, per premiare quelli più puntuali e affidabili. Registrarsi e acquistare sulla piattaforma eQuommerce avviene gratuitamente. La sostenibilità del progetto è garantita dal riconoscimento di una piccola percentuale sulle vendite effettive da parte delle aziende, la cui adesione alla piattaforma è gratuita.

Info su: www.equommerce.com

Fonte: ilcambiamento.it

Spreco di cibo, le app per contrastarlo

FrigOK, Ratatouille, BringTheFood sono solo alcune delle app nate per contrastare il fenomeno dello spreco di cibo con l’obiettivo di incrociare la domanda e l’offerta: chi ha cibo in eccesso e chi invece fatica ad acquistarne380805

di Aglaia Zannetti

Il Rapporto 2014 Waste Watcher – Knowledge for Expo parla chiaro: in Italia lo spreco alimentare raggiunge gli 8,1 miliardi di euro e a livello mondiale ogni anno l’80% degli alimenti commestibili vengono gettati in spazzatura.
È così che nell’anno di Expo fioriscono app, portali e piattaforme contro lo spreco alimentare: l’ultima arrivata è l’applicazione Last minute sotto casa ideata da una Start up del Politecnico di Torino in collaborazione con l’Associazione Commercianti della città che incrocia domanda e offerta mettendo in contatto venditori e acquirenti interessati a conoscere in quali negozi poter acquistare a prezzi scontati merce vicina alla data di scadenza o prodotti freschi di giornata rimasti invenduti che, diversamente, finirebbe in pattumiera.
Nella stessa direzione, FrigOk, l’app gratuita per IOS e Android ideata da Bofrost (azienda tedesca di surgelati) che ci segnala, giorno dopo giorno, gli alimenti vicini alla scadenza presenti nel nostro frigorifero, associando bollini rossi, gialli e verdi a ciascun prodotto in modo da evitare inutili sprechi, e l’app Ratatouille, nata dall’inventiva di quattro giovanissimi ragazzi veneti, vincitori di una gara con il loro progetto di “frigo virtuale” – pensato soprattutto per campus universitari e condomini – che l’utente riempie con prodotti che sa che non riuscirà a consumare prima della data di scadenza o che non desidera più mangiare, mettendo così in circolo cibo che potrà scambiare o anche vendere.
Per gli utenti impiegati nel settore delle mense, ristorazione, esercizi commerciali e, più in generale, nel settore alimentare dell’industria, della grande distribuzione, della ristorazione organizzata l’app BringTheFood mette in contatto i “donatori di alimenti” con gli “enti beneficiari” avvalendosi della supervisione di Banco Alimentare Onlus che si occupa poi del recupero e della distribuzione delle donazioni segnalate. Dopo una fase di sperimentazione partita nel 2012 a Trento e Milano, ora l’app è disponibile anche per i cittadini che vogliano donare, a chi ne ha più bisogno, provviste in eccedenza, senza, in questo caso, la mediazione di Banco alimentare, andando così a creare un circuito virtuoso di scambio a km 0 tra singoli utenti. C’è anche chi ha pensato di dare una mano, unendo l’utile al dilettevole, a chi non brilla di fantasia in cucina , pensando ad una app che potesse indicare quali piatti è possibile cucinare partendo dagli alimenti e ingredienti presenti nel frigo di casa: Ricette al contrario, questo il nome dell’applicazione, crea una lista completa di materie prime a disposizione suddivisa in categorie, suggerendo così piatti creativi cucinati anche con avanzi.
E se la tecnologia tende una mano alla lotta contro lo spreco di cibo, tante sono le iniziative che vedono reti di cittadini dare il proprio contributo concreto, attraverso progetti solidali come, ad esempio, Pane in attesa, farina del sacco di 13 studenti padovani che hanno pensato al recupero di un bene prezioso come quello del pane che, negli esercizi commerciali che espongono il logo, potrà essere acquistato da un cliente che lo lascerà in dono al cliente successivo che dovesse averne bisogno. Anche noi ci siamo occupati, e continuiamo ad occuparci, del progetto di mappatura e raccolta della frutta cittadina “dimenticata”, Frutta Urbana dell’Associazione Linaria (qui il link agli articoli) che recupera e valorizza la frutta che cresce nelle nostre città, avviando anche un’operazione di “rivoluzione culturale” rispetto alla percezione che normalmente si ha di questa possibile risorsa alimentare.

 

fonte: ecodallecitta.it

MUOS, tutto quello che non vi hanno mai detto: Blogo.it intervista Massimo Zucchetti

Blogo.it intervista il prof. Massimo Zucchetti, scienziato italiano e maggiore esperto del MUOS, le antenne militari americane installate a Niscemi.

Massimo Zucchetti è uno scienziato italiano, docente al Politecnico di Torino, al MIT e è esperto di energia nucleare e nello specifico sulla protezione dalle radiazioni tutte, anche elettromagnetiche. Un paio di giorni fa ha concesso un intervista a Blogo.it e alla sottoscritta a proposito dei MUOS – Mobile User Objective System, ossia le antenne che usano onde elettromagnetiche per comunicare con i satelliti e per predisporre una rete di controllo e gestione delle arre di interesse degli Usa: dal Mediterraneo al Nord Europa.mamme-no-muos-620x202

La conversazione dura circa 55 minuti e il prof. Zucchetti ci racconta tutta la storia di questo progetto che nasce nel 2006. Wikileaks nel 2011 pubblica un folto gruppo di cablogrammi con le comunicazioni tra Italia e Usa in cui gli americani sollecitano il governo italiano a fare pressione sulle popolazioni locali affinché le antenne siano installate. A rischio, se le antenne entrano in funzione come previsto il prossimo gennaio 2015, i voli civili in 4 aeroporti: Comiso, Catania, Sigonella e probabilmente Reggio Calabria. I rischi riguardano anche le persone: i soggetti più a rischio sono i bambini per cui sembra più alta la possibilità di sviluppare leucemie; l’ambiente poi in parte è stato già distrutto, avendo raso al suolo la maggior parte degli alberi della Sugheraia. Ebbene il prossimo 25 novembre il TAR Sicilia di Palermo è stato chiamato a esprimersi sulla legittimità delle antenne di Niscemi. Per fare ciò a chiesto a uno dei massimi esperti italiani e mondiali di onde elettromagnetiche, Marcello D’Amore professore emerito di elettrotecnica alla Sapienza di Roma che sostanzialmente convalida con argomentazioni più ampie, quanto sostenuto dal prof. Massimo Zucchetti chiamato in qualità di esperto dai cittadini niscmesi e anche dalla Regione Sicilia (con la Giunta Crocetta): i MUOS sono dannosi sia per la salute umana sia per l’ambiente. Le bonarie valutazioni dell’ISS sui MUOS dunque, presentate un anno fa, sono di fatto state smentite e hanno rappresentato sino a oggi il grimaldello che ha consentito agli americani l’avanzata dei lavori, giunti sino al completamento.

Foto | Mamme no Muos @ Facebook

Fonte: ecoblog.it

Metrogranda, Cuneo e le sue “sorelle” unite in un percorso circolare

Il progetto coinvolgerebbe il capoluogo insieme a Saluzzo, Savigliano, Fossano, Cavalermaggiore, Bra, Cherasco, Bastia e Mondovì. A qualche giorno dalla vista di Matteo Renzi al cantiere Tav di Chiomonte, in Piemonte si parla di un progetto in tutto e per tutto speculare all’Alta Velocità, nato per iniziativa del Politecnico di Torino è battezzato Metrogranda. Il progetto è innovativo e i suoi costi sarebbero davvero irrisori, con grandi benefici per la popolazione della Provincia di Cuneo, la cosiddetta “Granda” come il nome Metrogranda sottintende. L’idea è creare una “metropolitana” provinciale unendo in un viaggio circolare Cuneo alle altre città della pianura della Provincia Granda: partendo dal capoluogo il treno andrebbe a Saluzzo, quindi a SaviglianoFossanoCavallermaggioreBraCherasco,Bastia e Mondovì per poi rientrare su Cuneo. In tutto 150 chilometri di percorso con un breve tratto di “ramo secco” da rivitalizzare, quello che andava – fino alla terribile alluvione del 1994 – da Bra a Mondovì passando per Bastia Mondovì. L’anello di Metrogranda permetterebbe un’agevole connessione con altre linee ferroviarie piemontesi, interconnettendosi con la Torino-Savona, la Torino-Alba-Asti e la Torino-Ventimiglia. Qualche anno fa si era ipotizzato di riconvertire il “ramo secco” in una pista ciclabile, ora, in controtendenza con le politiche di trasporto di una Regione Piemonte che negli anni dell’amministrazione Cota ha tagliato treni e tratte soprattutto nella provincia più grande del Piemonte, un gruppo di lavoro del Poli torinese presenta un progetto teso al recupero della mobilità sostenibile. Sabato 13 settembre il comitato che sostiene Metrogranda ha organizzato una camminata da Bra a Cherasco per portare attenzione su questo interessante progetto di recupero della mobilità dolce.metrogranda-620x641

Fonte:  Salviamo il Paesaggio

S-Trike, la velomobile progettata dal Politecnico di Torino vince l’Engeneering Award

Si è svolto dall’8 al 10 agosto a Besançon, in Francia, lo Student Challenge Europeo al quale ha partecipato, vincendo il premio Engeneerign Award, il team studentesco del Politecnico di Torino, Policumbent, che ha presentato S-Trike, il prototipo di velomobile380088

Si chiama S-Trike ed è il nome del veicolo a propulsione umana ideato da un gruppo di studenti del Politecnico di Torino. Policumbent è il nome del gruppo di ingegneri, nato nel 2009, che ha presentato il proprio progetto allo Student Challenge Europeo vincendo l’Engeneering Award.  L’evento si è svolto in Francia, a Besançon, dall’8 al 10 agosto, e ha visto la partecipazione di altri due team studenteschi oltre a quello torinese, la Karel de Grote Hogeschool e l’Istituto Tecnico Don Bosco Hoboken, entrambi team belgi di Anversa. Per ora la velomobile ideata dal gruppo di studenti torinese è un prototipo da cui partire per miglioramenti e una futura immissione nel mercato. Nel dettaglio la S-Trike presentata a Parigi è stata realizzata con telaio e carena separabili, in modo tale da poter rinunciare a quest’ultima nei mesi estivi ed è stata progettata per esigenze legate più alla mobilità quotidiana che non per la partecipazione a competizioni sportive.

foto da Policumbent.it

Fonte: ecodallecitta.it

Bici senza raggi: un progetto tutto Italiano nato a Torino

A chi non piacerebbe avere una bicicletta così pratica da poter essere portata dentro lo zaino e tirata fuori all’occorrenza? Un sogno per molti ciclisti, soprattutto per quelli che vivono in una città frenetica! Ma da oggi è possibile. Infatti la prima bici senza raggi è italiana e ha un nome e una storia: si chiama Sada Bike ed è il prototipo realizzato dall’ingegnere 30enne Gianluca Sada, che ha fatto della sua invenzione una tesi di laurea, depositandone il brevetto ancor prima di laurearsi in Ingegneria dell’Autoveicolo al Politecnico di Torino.sadabike2-400x250

Il giovane inventore italiano ha realizzato una bicicletta che è essenziale quanto funzionale: ha le ruote prive di raggi e il suo telaio si può piegare, fino a diventare poco più ingombrante di un ombrello che entra in uno zaino o in un piccolo trolley.pic5

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Ma come ha fatto Sada a sostituire i classici raggi? Si tratta di uno degli aspetti tecnici più interessanti di questa invenzione e consiste nell’inserimento strutturale di piccole rotelle, che sono fissate al telaio per permettere alle ruote di girare e di mantenere una posizione corretta. Sebbene la sua idea di realizzare una bici senza raggi gli sia valsa soltanto 109 punti in sede di laurea (sic), Sada ha creduto così tanto nel suo progetto innovativo che per realizzarlo ha speso di tasca propria 4.000 euro, autofinanziandosi.sada-bike_258

E, in attesa che qualche azienda o finanziatore interessato si faccia avanti per produrre in serie la Sada Bike (rendendo possibile così la riduzione del peso del telaio e del prezzo), l’ingegnere Sada intanto può vantarsi dei vari riconoscimenti avuti per la sua idea, fra cui quello del Ministero della Gioventù che nel 2010 ha inserito il suo nome nell’elenco dei 200 giovani talenti d’Italia. La bici senza raggi ideata da Sada ha tutte le caratteristiche per diventare un bel prodotto made in Italy, che potrà incentivare l’uso del mezzo a due ruote nella mobilità urbana e agevolare gli spostamenti di coloro che devono alternare, nello stesso tragitto, la bici con la metropolitana.

Fonte: tuttogreen.it

Amianto, Olivetti sapeva dagli anni Ottanta. E l’inchiesta si allarga

Sin dal 1981 l’azienda era a conoscenza della presenza di amianto. E ora il processo potrebbe coinvolgere altri stabilimenti, oltre alle sedi dell’eporediese169331121-586x427

All’Olivetti sapevano tutto sin dai primi anni Ottanta, erano a conoscenza della nocività dell’amianto ma non hanno detto nulla: né ai lavoratori, né alla Commissione ambiente della fabbriche, né alla Rsu. Nel febbraio 1981 – dopo un’analisi del Politecnico di Torino – i vertici dell’Olivetti scoprono che nei campioni di talco– materiale utilizzato in numerosissime lavorazioni – vi è un’altissima concentrazione di tremolite, una sostanza tossica che sarà fra le cause dei morti (18 fino a questo momento) per amianto che sono attualmente l’oggetto dell’indagine della procura di Ivrea.

Gli ex operai della Olivetti raccontano di nubi di polvere e della dirigenza che portava aspiratori per sopperire al problema. Agli atti dell’inchiesta che vede coinvolti, fra gli altri, anche Carlo De Benedetti (presidente dell’azienda eporediese dal 1978 al 1996) e Corrado Passera, c’è una lettera del 13 febbraio 1981 in cui Maria Luisa Ravera, responsabile del servizio Ecologico e Processi dell’Olivetti, che chiede vengano effettuate analisi microscopiche su due campioni di talco. Dopo tre giorni arriva la risposta del Politecnico torinese a firma Enea Occella:

In entrambi i campioni è presente in elevate proporzioni la tremolite d’amianto. La concentrazione di tremolite supera le 500 mila unità per milligrammo, ben oltre, quindi, il limite tollerato di 1000 unità per milligrammo.

La quantità è, dunque, 500 volte superiore al limite tollerato.

Fino a quella data, il 1981, il talco viene utilizzato quotidianamente. Ma, attenzione, facciamo un salto in avanti, all’aprile 1988. Un’indagine del servizio Ecologia della Olivetti rileva la presenza di fibre d’amianto nelle officine San Bernardo e Galtarossa. Si teme che l’asbesto possa essere nocivo per i dipendenti. Un anno dopo, nel marzo 1989, l’ingegner Piero Abelli comunica che è necessario bonificare l’ambiente. Come? Non con la rimozione, ma con un fissativo oppure stuccando le parti a rischio di frantumazione e dispersione nell’ambiente. Un rattoppo per rimandare al futuro il problema. Intanto dal Piemonte, l’inchiesta della Procura di Ivrea rischia di estendersi altrove. Una famiglia del casertano si è fatta avanti per denunciare la morte di un congiunto che aveva lavorato dal 1966 al 1996 nella fabbrica di Marcianise. Altri stabilimenti sotto osservazione da parte della magistratura sono quelli di Crema e Pozzuoli. Insomma non è così remota che anche il processo all’amianto Olivetti assuma una rilevanza nazionale, come accaduto con l’Eternit.

fonte: La Stampa