Mais ogm: si cerca il compromesso

Il mais ogm 1507 della Pioneer pende come una spada di Damocle sulle teste dei cittadini e dei consumatori europei. Mercoledì 12 febbraio la Commissione Europea avrebbe dovuto autorizzarne la coltivazione ma, visti i “mal di pancia” di ben 23 stati su 28, il commissario europeo Tonio Borg prende tempo.pannocchie_ogm_mais_pioneer

Martedì il Consiglio Europeo non aveva raggiunto la maggioranza qualificata per fermare il mais ogm 1507 della Pioneer a causa del sì di soli 5 Paesi; teoricamente dunque, in assenza di un espresso parere contrario degli Stati membri, la Commissione sarebbe costretta a dare il via libera. Ma il commissario Tonio Borg ha preso tempo per cercare di raggiungere un compromesso che permetta almeno a ciascuno di decidere per sé.
I paesi che hanno votato sì sono stati Spagna, Regno Unito, Svezia, Finlandia ed Estonia, aiutati dalle decisive astensioni di Belgio, Portogallo, Repubblica Ceca e Germania. Quindi se anche voi mal digerite l’idea di dovervi mangiare per forza ogm, potete sempre iniziare a boicottare tutti i prodotti che provengono da questi Stati.
Borg ha ribadito che “la richiesta di concedere l’autorizzazione alla coltura risale al 2001, 13 anni fa. Da allora ci sono stati sei pareri positivi dell’Efsa e due sentenze della Corte di giustizia che ci impongono di decidere”; in assenza di una diversa disposizione del Consiglio Ue, che non c’è stata, “dovremo dare l’assenso”.
Sui tempi però in cui il via libero sarà dato formalmente Borg si tiene vago: “abbiamo aspettato tredici anni…”. Il suo obiettivo è di mettere in condizione gli Stati ad approvare un’altra direttiva, la “proposta coltivazioni”, secondo la quale l’autorizzazione verrebbe data ma si lascerebbe agli Stati la possibilità di negarla sul proprio territorio, permettendo quindi a ognuno di decidere per sé. “Abbiamo già fissato una discussione nel Consiglio Agricoltura del 3 marzo” ha annunciato Evangelos Venizelos a nome della presidenza di turno Greca.
La discussione potrebbe richiedere ancora altri mesi e arrivare addirittura al semestre di presidenza italiano, ovvero dopo le elezioni. “Penso che quella direttiva sia estremamente importante perché concede la possibilità di decidere per sé” ha dichiarato il ministro degli Affari europei Enzo Moavero Milanesi al termine del Consiglio. L’Italia è contraria all’autorizzazione alla coltivazione ma ora sostiene la proposta di compromessoIl problema vero è che non può esistere compromesso, in quanto la contaminazione è un fatto e la coesistenza un’utopia. Le coltivazioni ogm contaminano per decine e decine di chilometri tutto quanto intorno.
“Nonostante le proprietà miracolistiche propagandate dalle grandi multinazionali che producono Ogm, sono rimasti solo cinque su ventotto i Paesi (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) a coltivare Ogm nell’Unione Europea, con appena 129mila ettari di mais transgenico MON810 piantati nel 2012” ha scritto in una nota la Coldiretti secondo cui “sarebbe assurdo e contrario allo spirito comunitario un eventuale via libera della Commissione Europea alla coltivazione del mais 1507”. Dello stesso parere Greenpeace secondo cui l’approvazione da parte dell’esecutivo di Bruxelles di questa coltivazione sarebbe “illegale”. “La Commissione non può ignorare le preoccupazioni scientifiche, politiche e giuridiche espresse dalla grande maggioranza dei paesi, di due terzi del Parlamento europeo e supportate dalla maggior parte dei cittadini europei” ha dichiarato Marco Contiero, policy director per le politiche agricole dell’Ong.

Fonte: il cambiamento

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Mais ogm: decisione rinviata

La Pioneer aveva chiesto di coltivare il mais 1507 nel 2011. Ma il consiglio europeo non ha deciso e la patata bollente passa alla Commissione. Intanto però solo 5 paesi europei su 28 sono d’accordo per dare l’autorizzazione.maisogmpioneer

La Pioneer aveva chiesto di coltivare il mais 1507 nel 2011. La Commissione l’ha proposto dopo una serie di test e valutazioni tecniche di impatto che aveva portato l’Efsa ad adottare conclusioni positive seppur tra mille polemiche e critiche. Secondo il servizio giuridico del Consiglio la Commissione sarebbe obbligata ad adottare la proposta non essendo i ministri stati in grado di raccogliere una maggioranza qualificata a favore o contro. In realtà però un voto del Consiglio non c’è stato, di qui lo spazio, secondo alcuni ministri, per poter anche ritirare la proposta. Domani la questione sarà discussa dai commissari che dovranno pronunciarsi. Il Consiglio Ue infatti non è riuscito a trovare una maggioranza qualificata a favore o contro l’autorizzazione alla coltivazione del mais geneticamente modificato 1507. Dopo un acceso dibattito fra i 28, la presidenza greca ha interrotto la procedura di voto rinviando quella che è stata definita una «patata bollente» alla Commissione europea che ha ora 24 ore di tempo per decidere se autorizzare la coltivazione del mais oppure ritirare la proposta. La prima richiesta di autorizzazione per il mais 1507 risale al 2001. Durante il dibattito, l’Italia ha confermato la sua posizione contraria all’autorizzazione, con il ministro Enzo Moavero Milanesi che ha invitato la Commissione a «riflettere sulla possibilità di ritirare la proposta se non c’è una maggioranza qualificata fra gli Stati». In tutto, dei 28 paesi solo 5 si sono espressi a favore del Mais 1507 (Spagna, Regno Unito, Svezia, Estonia e Finlandia), 4 hanno annunciato di volersi astenere (Germania, Belgio, Repubblica Ceca e Portogallo) e 19, compresa l’Italia, hanno espresso l’intenzione di votare contro l’autorizzazione. Il presidente di turno Evangelos Venizelos, sentito il parere giuridico secondo cui la Commissione può «finchè non sono avviate le procedure di voto» decidere di emendare o addirittura ritirare la proposta, ha sospeso il voto rinviando la decisione finale all’esecutivo. Il Commissario alla Salute e sicurezza alimentare Tonio Borg aveva però preannunciato l’intenzione e, in un certo senso, l’obbligo della Commissione di autorizzare la coltivazione dell’Ogm: «ci sono stati in questi 13 anni ben 6 pareri favorevoli dell’Efsa (l’autorità sulla sicurezza alimentare Ue, ndr) e, in assenza di una decisione politica dei 28, la Commissione deve basarsi sui pareri tecnici».

Fonte: il cambiamento

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OGM, decisione Ue senza contraddittorio. “Necessaria clausola di salvaguardia”

Con un pronunciamento relativo alla coltivazione di OGM in Friuli, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha di fatto riconosciuto la possibilità di seminare mais geneticamente modificato senza l’autorizzazione dello Stato. Slow Food contesta la mancanza di contraddittorio e sostiene la necessità dell’adozione della clausola di salvaguardia.mais__ogm2

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è espressa in merito alla domanda di pronuncia pregiudiziale richiesta dal Giudice di Pordenone Dott. Rodolfo Piccin relativa alla causa penale contro Giorgio Fidenato accusato di aver messo a coltura mais Ogm della varietà Mon810 senza avere ottenuto l’autorizzazione prevista in Italia secondo il decreto legislativo del 2001. Causa in cui Slow Food Italia, la Regione Friuli Venezia Giulia, la provincia di Pordenone, Coldiretti e Codacons si sono costituite parte civile. La corte afferma che “la messa in coltura di organismi geneticamente modificati non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati” dall’Unione Europea. “Riteniamo che la Corte Europea abbia commesso un grave errore di metodo e un errore di merito”, commentano Alessandro Lamacchia, Katjuscka Piane e Stefano Cavallito, avvocati che rappresentano Slow Food. Dal punto di vista del metodo, infatti, “invece di fissare un’udienza permettendo alle parti costituite nel processo, e sopratutto allo Stato italiano, di esporre le proprie ragioni, la Corte ha deciso senza contraddittorio. Sarebbe stato un atto di rispetto verso le nostre istituzioni nazionali quello di consentire per lo meno allo Stato Italiano di perorare la propria tesi”. Nel merito, la mancanza di contraddittorio ha creato un equivoco circa la natura dell’autorizzazione che lo Stato italiano richiede al coltivatore. “L’ordinanza della Corte, infatti, pare equivocare circa le finalità di questa autorizzazione, sostenendo che consentirebbe allo Stato italiano di opporsi, in via generale, alla messa in coltura sul suo territorio di sementi già autorizzate a livello comunitario”, spiegano meglio gli avvocati. La richiesta di autorizzazione alla semina consente invece di valutare ogni singolo caso tenendo presente tre fattori: la salvaguardia della biodiversità, la vicinanza con coltivazioni biologiche e convenzionali e il diritto di scelta dei consumatoricoltivazione__ogm

La risposta dello Stato italiano al singolo coltivatore, quindi, non è da intendersi come un’ulteriore autorizzazione alla semina di un certo tipo di semi Ogm, ma l’autorizzazione a piantare detto seme in quello specifico campo dopo avere considerato la possibile coesistenza di tale coltura con quelle limitrofe biologiche o convenzionali. “L’autorizzazione non è quindi generale, ma molto specifica: in linea con quanto affermato dall’art. 26 bis della direttiva 2001/18 secondo il quale ‘gli Stati membri possono adottare tutte le misure opportune per evitare la presenza involontaria di Ogm in altri prodotti’”, continuano i legali di Slow Food. L’autorizzazione prevista dallo Stato italiano è quindi una misura volta a tutelare la coesistenza ed è da intendersi al più, qualora venga negata, come una restrizione o un “divieto geograficamente delimitato” e non come un divieto di carattere generale come erroneamente ritenuto dalla Corte nell’ordinanza in esame. “La mancanza del contraddittorio non ha permesso di sottolineare questi e altri aspetti della norma nazionale e del caso concreto e di cogliere così anche le differenze con il caso Pioneer e le varie ragioni a sostegno delle posizioni delle parti civili costituite” concludono gli avvocati Lamacchia, Piane e Cavallito. “Questa decisione ci preoccupa e ci fa riflettere su come provvedimenti così importanti per il futuro di tutti vengano assunti in maniera così discutibile e – parrebbe – approssimativa. Invitiamo i Ministri dell’Agricoltura, dell’Ambiente e della Salute a dare attuazione, nel più breve tempo possibile, all’adozione della clausola di salvaguardia, così come peraltro è stato sollecitato proprio in settimana (e con voto unanime di tutti i gruppi Parlamentari) dal Senato. Occorre evitare che qualcuno, prendendo spunto da questa ordinanza, si senta autorizzato a seminare Ogm in Italia”, commenta Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia. Il Senato infatti ha approvato all’unanimità la mozione De Petris, che impegna il governo ad applicare in Italia la Clausola di Salvaguardia (in difesa della salute umana e dell’ambiente) nei confronti degli OGM, e anche ad attivare i necessari controlli affinché ogni possibile coltura transgenica abusiva venga scongiurata. Come ha sottolineato il Comitato Scientifico Equivita commentando la notizia,“l’Italia si aggiunge in tal modo ai già numerosi stati europei che si sono dichiarati OGM-free invocando questa Clausola, stabilita dalla direttiva 2001/18/CE (tra essi: Germania, Francia e Austria)”. Il risultato ottenuto, continua Equivita, “non riguarda soltanto i cittadini e gli agricoltori, non riguarda soltanto la loro salute, strettamente legata ad un cibo e ad un ambiente più sani” ma “riguarda anche la nostra stessa sopravvivenza: tutela tutti noi dalla ‘colonizzazione’ dei nostri territori cui mirano le multinazionali biotech (ben poco inclini a preoccuparsi di una equa distribuzione del cibo)”.

Fonti: Slow Food, Equivita

Gli OGM avanzano in Europa. L’Italia può ancora scegliere?

La partita sull’ingresso degli organismi geneticamente modificati in Europa si sta giocando nei tribunali, più che nelle sedi democratiche, con un’accelerazione che interessa anche paesi da sempre contrari al transgenico come l’Italia. Ma esistono ancora spazi di mobilitazione contro gli OGM.

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Quando il 6 settembre la Corte di Giustizia europea si è espressa a favore della Pioneer Hl Bred Italia srl., dando torto al Ministero delle Politiche agricole italiano – che tentava di impedire l’ingresso nel territorio nazionale di linee pure ed ibride del mais Mon 810, già ammesse a livello comunitario dal 1998 -, molti hanno parlato di una sentenza storica per il rapporto tra il nostro Paese e gli organismi geneticamente modificati. Il Ministero giustificava, infatti, il rifiuto di far entrare in Italia il mais transgenico sulla base del fatto le regole sulla coesistenza tra semi OGM e tradizionali, previste dal nostro ordinamento, non fossero ancora state approvate. Ma secondo i giudici di Lussemburgo, con l’autorizzazione alla commercializzazione, e poi con l’iscrizione delle varietà derivate nel catalogo comune della Commissione europea, la Pioneer aveva già acquisito il diritto alla distribuzione in tutti paesi dell’Unione, Italia compresa. Sulla scorta di questa sentenza, altri operatori del settore si stanno mobilitando per farsi spazio nel mercato italiano. Un nuovo procedimento è stato introdotto davanti alla Corte di Giustizia europea proprio in questi giorni e questa volta riguarda non la libera circolazione dei semi OGM, ma la loro messa in coltura. La causa riguarda infatti una persona tratta in giudizio nel 2012 per aver coltivato in Italia sementi di mais geneticamente modificato, senza avere ottenuto la debita autorizzazione. Secondo il Tribunale di Pordenone, infatti, il via libera di Bruxelles riguarda la sola commercializzazione, mentre per la messa in coltura è necessaria l’autorizzazione della competente autorità nazionale, cui la normativa europea assegna il compito di regolare la coesistenza tra colture Ogm e colture tradizionali. Dall’altra parte, invece, si fa riferimento al caso Pioneer sostenendo che la Corte Ue non si sarebbe pronunciata sulla necessità di avere anche l’autorizzazione dello Stato membro per la messa a coltura.

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Per uscire da questa incertezza, il Tribunale penale di Pordenone ha deciso chiedere alla Corte Ue se un Paese dell’Unione – in questo caso l’Italia, ma vale anche per gli altri – sia libero di subordinare le coltivazioni di OGM ad autorizzazione per tutelare il principio di coesistenza, anche nel caso di varietà già iscritte nel catalogo comune europeo. La posta in gioco è altissima: se la causa dovesse dare torto al Tribunale di Pordenone, sdoganata la commercializzazione, si aprirebbe anche alla coltivazione di tutte le varietà geneticamente modificate già approvate a livello comunitario, senza passare per l’approvazione da parte dei singoli Stati. In attesa di conoscere cosa deciderà la Corte di Giustizia europea, esistono almeno tre strade percorribili per mandare un messaggio in difesa dell’agricoltura convenzionale e biologica e per chiedere più autonomia per i Paesi Ue in materia di OGM. Uno: partecipare alla consultazione pubblica sull’agricoltura biologica lanciata dalla Commissione europea e aperta online fino al 15 aprile; il sondaggio è aperto a tutti i cittadini e rispondendo alle domande sulla coesistenza con il transgenico si ha l’occasione per far sentire la propria voce.

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Due: dopo la sentenza che ha tolto di divieto di coltivazione del mais Mon810, diversi Stati europei hanno adottato la “clausola di salvaguardia” per bloccare le semine OGM; l’Italia non lo ha fatto, ma alcuni cittadini hanno avviato una raccolta firme per chiedere ai ministri delle Politiche Agricole e della Salute di seguire l’esempio degli altri paesi. Tre, di maggiore impegno e guardando a più lungo termine: il nuovo commissario europeo alla Salute Tonio Borg ha annunciato che tra le priorità del suo mandato c’è la ripresa del negoziato sulla revisione della procedura comunitaria di autorizzazione degli OGM, bloccato ormai da mesi. Secondo quanto riportato dal suo portavoce, Borg avrebbe già avviato i colloqui con gli Stati membri contrari alla proposta della Commissione Ue, in particolare con Gran Bretagna, Francia e Germania, e punterebbe a riavviare la discussione tra i 27 già nel corso della presidenza irlandese dell’Unione, che ha iniziato il suo turno a gennaio e lo terminerà alla fine di giugno. L’Italia si era già espressa a favore della proposta della Commissione, perché lascia più autonomia ai singoli paesi nel limitare o vietare l’ingresso di organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale. Nei prossimi mesi è quindi importante fare sentire la propria voce – associazioni, produttori e singoli cittadini, ciascuno con i propri mezzi – perché il dibattito riparta effettivamente e perché l’autonomia dei paesi in questo campo venga riconosciuta.

Fonte: il cambiamento