Nascono i Consigli Comunali dove i giovani diffondono la gentilezza

In Piemonte, e più precisamente in 19 Comuni del canavese, saranno i giovani a diffondere atti gentili: è partito in questi giorni il progetto “Ragazze e Ragazzi Spazio alla Gentilezza”, che vedrà l’attivazione in ogni paese di un Consiglio Comunale presieduto da giovani che insieme metteranno in pratica azioni concrete per creare comunità e rispondere ai bisogni dei territori.

Torino – Chi ha detto che i giovani sono svogliati, pigri, inconcludenti? E chi ha detto che non hanno voglia di lavorare o di partecipare alla vita della propria città? La lista dei luoghi comuni e dei falsi stereotipi sulle nuove generazioni la conosciamo bene e oggi vogliamo parlarvi di un progetto appena partito che li vede protagonisti e che ci dimostra, ancora una volta, quanto la loro partecipazione alla vita politica sia fondamentale per il futuro dei luoghi in cui viviamo, dal piccolo paese alla grande città!

Il suo nome è “Ragazze e Ragazzi Spazio alla Gentilezza”. L’obiettivo? Dare spazio ai giovani per cambiare le nostre città dal basso grazie alla loro inventiva, creatività e voglia di mettersi in gioco. Il progetto intende renderli protagonisti di pratiche gentili per accrescere il benessere delle comunità: così sta partendo sul territorio del Canavese, in provincia di Torino, creando una rete solida che promuove partecipazione e senso di comunità. E il sogno è dargli ampia diffusione con una ricaduta in sempre più comuni italiani.

Comuni in rete per promuovere la gentilezza

In particolare, saranno 19 i Comuni canavesani (e uno limitrofo) che a partire da gennaio parteciperanno a “Ragazze e Ragazzi Spazio alla Gentilezza”: l’iniziativa prevede, nel corso del 2022, di attivare in ogni paese un Consiglio Comunale dei Ragazzi e delle Ragazze che coinvolge anche le scuole del territorio (dove presenti) e insieme ai giovani vuole generare buone pratiche di gentilezza, ossia azioni concrete e positive messe in atto per rinforzare i comportamenti civici e sociali e dare una risposta ai reali bisogni della comunità. Insomma, si tratta di un progetto di cittadinanza attiva a tutto tondo che vuole dare spazio ai più giovani affinché siano loro a ideare, costruire e realizzare nuovi progetti condivisi nei luoghi in cui vivono e che hanno a cuore. Il progetto è sviluppato dall’Associazione Cor et Amor, che coordina l’attuazione del Progetto Nazionale Costruiamo Gentilezza ed è sostenuto dalla Regione Piemonte con il Bando 5 a favore degli Enti del Terzo Settore. Massimo Stellato è il segretario e co-progettatore dell’Associazione Cor et Amor e racconta che «questo progetto rappresenta una grande opportunità per fornire ai giovani degli strumenti pratici utili a dare risposte ai propri bisogni e a quelli della comunità. L’esperienza maturata sarà condivisa e diffusa nell’ambito del Progetto Nazionale Costruiamo Gentilezza, affinché altri Comuni ed enti possano beneficiarne. Ringraziamo tutti i sindaci e gli enti che ci hanno dato fiducia».

Tra i comuni in questione ci sono Bollengo, Burolo, Candia C.se, Cascinette d’Ivrea, Castellamonte, Favria, Lessolo, Livorno Ferraris, Maglione, Mathì, Nole, Nomaglio, Pavone C.se, Quagliuzzo, Quincinetto, Rivarolo C.se, Rueglio, Strambino, Strambinello, Vistrorio.

Il progetto

Durante tutto il percorso i ragazzi saranno affiancati da tutor locali e a condividere buone pratiche di gentilezza innovative parteciperanno anche gli studenti dell’ente di formazione Ciacche proporranno le proprie idee ai diversi consigli comunali dei giovani.

A partecipare all’attuazione del progetto non mancherà poi il Consorzio in Rete che metterà a disposizione la propria esperienza in ambito educativoAiga Ivrea e l’Associazione Camera Civile di Ivrea che si occuperanno della parte normativa relativa alla formazione dei ragazzi e Volto, ente per il volontariato che sosterrà il progetto con la propria consulenza tecnica. Per ogni comune i giovani eletti saranno responsabilizzati nell’individuare un bisogno della propria comunità su cui agire e lavoreranno insieme per generare una buona pratica di gentilezza. Infine, insieme a Radio Spazio Ivrea verrà data voce alle esperienze vissute dai giovani partecipanti per diffondere le buone pratiche attivate.

Un progetto a costo zero

Uno degli aspetti centrali del progetto, così come testimoniato dalle precedenti iniziative organizzate dall’associazione Cor et Amor, è la sua realizzazione a costo (quasi) zero: pensiamo al progetto delle Panchine viola della Gentilezza realizzate da cittadini, insegnanti e bambini di tutta Italia che riportano frasi positive per promuovere atti gentili come buona pratica sempre più diffusa, oppure l’iniziativa degli assessori alla gentilezza ormai presente in tutte le regioni o l’introduzione della più recente Cronaca Viola, un genere giornalistico, libero e condiviso, per portare alle persone un’informazione diversa. In questo modo il progetto di “Ragazze e Ragazzi Spazio alla Gentilezza” dimostra che con le idee e la collaborazione reciproca spesso non sono necessari soldi per mettere in atto un cambiamento.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2022/01/consigli-comunali-gentilezza/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

EquAzione: la bottega che diffonde consapevolezza in montagna

A Chiusa di Pesio, in provincia di Cuneo, è attiva un’associazione che sta facendo della giustizia sociale e dell’aiuto a favore delle persone a sud del mondo la sua “equazione”. Attraverso la vendita di prodotti equo e solidali e progetti di volontariato che coinvolgono i più giovani, propone un approccio alternativo al commercio convenzionale. Vi parliamo oggi dell’associazione EquAzione e della sua bottega etica.

Cuneo – Consumo critico, turismo responsabile, acquisti etici. Quante volte questi pensieri si traducono in un impegno quotidiano e concreto per combattere le diseguaglianze anche dalla parte opposta del pianeta? Quella di oggi è una storia che parla di una scintilla scaturita da una consapevolezza inaspettata che ha dato il via a un progetto di divulgazione, che a sua volta ha attivato un intero territorio. Così il semplice acquisto di caffè, cacao, cioccolato e the equosolidali per sé e per la propria famiglia ha portato all’apertura di EquAzione, associazione che divulga la cultura equosolidale in tutta la valle Pesio attraverso la vendita diretta in bottega. Succede a Chiusa di Pesio, dove Giovanni Dalmasso, presidente dell’associazione, porta avanti questo approccio commerciale etico insieme all’ex presidente Luca Curetti, promuovendo sostenibilità, rispetto per le persone e per l’ambiente ed equità sociale ed economica.

«Per caso – racconta Giovanni – nell’autunno del 1997 mi capitò tra le mani un opuscolo sul consumo critico. Fu un’illuminazione: all’improvviso decisi di approfondire e scoprire la provenienza di tutti i prodotti che consumavo quotidianamente e rimasi indignato, realizzando che dietro alcune insospettabili etichette si celano in realtà multinazionali dai comportamenti criminali». Secondo Giovanni è sufficiente un piccolo granello di sabbia per far inceppare quel mastodontico ingranaggio inumano. E così, spalleggiato dall’instancabile impegno dei volontari, decide di portare avanti la sua battaglia etica tra le montagne della valle Pesio aprendo la bottega EquAzione.

L’associazione: dalla solidarietà all’impegno ambientale

Oggi l’associazione partecipa a svariate manifestazioni sul territorio, di taglio sociale e ambientale: giornate del libero scambio, mercatini, fiere, fino al “muliticassonetto ecologico” che ha trovato casa proprio in bottega. In accordo con il comune di Chiusa Pesio, EquAzione infatti ospita e gestisce un cassonetto in cui si possono depositare tappi sia di plastica che di sughero, lampadine, pile. Un’iniziativa verde che si aggiunge a tutte le altre socialmente importanti, sia per la parte di emisfero “meno fortunato” che per la comunità locale. Il filo conduttore di tutte queste attività è proprio l’equazione che dà il nome all’associazione: giustizia (nei rapporti commerciali, soprattutto internazionali) corrisponde automaticamente a meno emigrazione economica dai paesi poveri dell’Africa, del Sud America o del Sud Est Asiatico. Tema, quello dell’immigrazione, di drammatica attualità in questi ultimi anni.

La bottega

Quando a Chiusa di Pesio si è liberato un locale di proprietà comunale, la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo ha emesso un bando per sviluppare economie circolari e locali. Così il Comune si è reso disponibile a partecipare al bando e a concedere all’associazione EquAzione il locale commerciale in comodato d’uso gratuito, a patto che l’associazione implementasse la sua offerta con la commercializzazione di prodotti sfusi e/o locali, nell’ottica della riduzione degli sprechi e dell’attenzione verso le situazioni di fragilità presenti sul territorio.

«La richiesta del bando di coinvolgere realtà locali ci ha fatto conoscere le Cooperative Sociali del territorio Proposta 80 di Cuneo (che gestisce il locale Centro Mauro, in cui trovano assistenza disabili gravissimi) e Fiordaliso di Borgo San Dalmazzo, che tra l’altro si occupa dell’accoglienza di donne vittime di violenza. Nella nuova bottega si possono acquistare i prodotti di artigianato delle due cooperative, contribuendo direttamente a sostenerne l’attività».

I prodotti sfusi, equi e solidali

Oltre ai prodotti sfusi e alla spina, all’interno della bottega ora si posso acquistare anche i detersivi e i prodotti corpo della linea eco-social Aperegina, forniti da una cooperativa sociale di Trento che promuove l’occupazione di persone fragili in ambito carcerario. Nell’autunno del 2021 l’associazione ha avviato in modo sperimentale e temporaneo la vendita diretta dei pregiati e rinomati Marroni di Chiusa di Pesio, vera eccellenza gastronomica del territorio.

«Tramite un broadcast riusciamo a vendere notevoli quantità di olio evo biologico di Libera Terra e di agrumi bio della Cooperativa Sociale SOS Rosarnoconcorrendo in modo diretto al sostegno di queste importanti iniziative sociali ed ecologiche. Nello specifico, tramite l’olio di Libera Terra (e gli altri prodotti dell’omonima cooperativa che si trovano negli scaffali della bottega) si contribuisce concretamente alla diffusione della cultura della legalità e al contrasto dell’operato delle mafie. La vendita degli agrumi bio della cooperativa Rosarno si inserisce in un quadro complessivo di lotta al dilagante fenomeno del capolarato del nostro Paese».

L’impegno dei giovani e il senso di comunità

Come ci racconta Giovanni, le prospettive per lo sviluppo del progetto sono buone e l’impegno da parte di tutti e tutte è tanto: «Speriamo di riuscire a contagiare sempre più persone disposte a donare un po’ del proprio tempo, soprattutto i giovani. Il loro entusiasmo è coinvolgente e rappresentano sicuramente il futuro della nostra associazione».

A suo parere in ogni realtà urbana, anche piccola, si dovrebbe offrire la possibilità ai cittadini di conoscere il commercio equosolidale, soprattutto sul piano culturale. «D’altronde, sul lungo periodo, sono convinto che l’attuale strategia commerciale della GDO (Grande distribuzione organizzata), aggressiva e finalizzata esclusivamente al profitto immediato, si rivelerà controproducente, proprio perché sullo stesso scaffale espone una barretta di cioccolato fairtrade accanto a quello delle multinazionali». Facciamo inceppare quell’enorme ingranaggio inumano e facciamo la nostra parte.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2022/01/equazione-bottega-montagna/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Frigo di quartiere: le comunità si reinventano per aiutare chi ha bisogno

Spreco alimentare e povertà sono due concetti che sempre più spesso si incontrano nei progetti di solidarietà e mutuo aiuto: oggi vi parliamo del “Frigo di quartiere”, iniziativa che si sta diffondendo in sempre più città e che è pensata per donare cibo alle persone in difficoltà attraverso frigoriferi collocati in spazi urbani e a completa disposizione di chi ne ha bisogno. Un esempio è l’esperienza di Torino.

Torino – Avete mai sentito parlare del frigorifero di quartiere o di comunità? Si tratta di un’iniziativa che sta facendo molto parlare di sè e che vede negli angoli delle strade, nei condomini o nei parchi, piccoli o grandi frigo in cui i cittadini si impegnano a riporre cibo a disposizione delle persone bisognose.

In particolare, quella del frigo di quartiere è una tra le numerose iniziative incluse nel progetto Im.patto, lanciato da Nova Coop in sinergia con realtà piemontesi e che porterà nelle diverse province della regione progetti che coinvolgeranno la cittadinanza sul tema del cibo, del benessere e della salute.

A Torino, ad esempio, è pensata per coinvolgere le periferie attraverso un effettivo “patto” con il territorio che si concretizza in nuove alleanze con i soggetti che a diverso titolo hanno partecipato alla Call for Ideas di Nova Coop: un patto che vuole mettere in atto azioni di partecipazione ma anche progetti di scambio e reciprocità capaci di generare benefici sull’intera comunità.

L’INIZIATIVA DEL FRIGO DI QUARTIERE

In cosa consiste il progetto? Due frigoriferi verranno allestiti presso Il Boschetto di via Errico Petrella, progetto che vi abbiamo già raccontato in un nostro precedente articolo e che nel quartiere di Barriera di Milano, grazie al lavoro di Re.Te Ongun angolo di città è stato trasformato in questi anni in un progetto di agricoltura urbana dove bambini, famiglie, soggetti fragili e residenti si prendono cura degli orti che qui sorgono.

L’obiettivo, sin dalla sua nascita, è agevolare l’inclusione sociale di soggetti vulnerabili e svantaggiati attraverso pratiche agroecologiche e stimolare valori di cittadinanza attiva, avvicinando le persone alle pratiche di agricoltura urbana sostenibile e alle tematiche ambientali.

Foto di Peter Wendt tratta da Unsplash

Proprio per questo, il progetto del frigo di quartiere vuole diventare un simbolo per promuovere l’impegno sociale e la solidarietà: i frigoriferi saranno infatti destinati ai cittadini che ne hanno bisogno o che si trovano in condizioni di povertà. Al loro interno potranno trovare frutta fresca, oltre che le eccedenze alimentari donate da Coop e altri negozi, aziende e ristoranti che aderiranno all’iniziativa.

DAI COMMUNITY FRIDGES AL PEOPLE’S FRIDGE

L’iniziativa non è solo pensata per sostenere le persone in difficoltà, ma anche per diventare un elemento culturale di aggregazione sociale e un mezzo di promozione della salute e rafforzamento del legame tra cibo e sostenibilità. D’altronde, l’esperienza dei “frighi di comunità” si sta diffondendo in sempre più città, attraversando i continenti. È il caso dell’America, dove sono nati i “Community fridges”, grazie a movimenti spontanei organizzati dalla comunità per la comunità, per offrire un aiuto concreto a migliaia di americani che si trovano in situazioni di fragilità e la cui situazione già critica è stata resa ancora più difficile con l’arrivo della pandemia. Un altro esempio virtuoso è “The People’s fridge“, iniziativa che è stata realizzata a Brixton da un gruppo di commercianti, ispirata da esperienze simili e precedentemente avviate in Germania, Spagna, India. Così il progetto ha preso piede grazie all’ampio quantitativo di donazioni ricevute dai cittadini attraverso una campagna di crowdfunding che ha riscosso grande successo, stimolando altri quartieri londinesi a replicare l’esperienza. Un’esperienza che riguarda il Regno Unito è poi la comunità formatasi intorno alla Community Fridge Network, rete che ad oggi conta circa 200 realtà che hanno dato vita al loro frigo di comunità. La rete vuole incentivare la nascita di progetti analoghi e per questo offre una guida gratuita ai gruppi di persone che desiderano creare il proprio frigorifero comunitario, fornendo un supporto tra pari e consigli per la progettazione.

Foto tratta da Peoplesfridges

DARE SUPPORTO A CHI È IN DIFFICOLTÁ

Le esperienze, che oltrepassano i confini e si diffondo da una città all’altra, sono diverse e variegate: dai frigoriferi che ospitano cibo appena scaduto o vicino alla scadenza ai frigo collocati nei cortili dei condomini aderenti ai progetti che “salvano” avanzi di frutta e verdura che, a causa di qualche ammaccatura, non sono più considerati facilmente “vendibili”. Ciò che accomuna tutti questi progetti è l’impatto sociale e ambientale che li contraddistingue.

Tutti questi progetti nascono e si sviluppano per creare supporto alle nuove fragilità, con azioni di sostegno basate sulla reciproca responsabilità. La visione di fondo è rafforzare la connessione tra le persone e verso l’ambiente circostante, valorizzare la ricchezza culturale e la tradizione delle comunità locali, dare attenzione alla cura di sé, degli altri e del proprio contesto di vita, educare al consumo consapevole e, certamente, contribuire a una società migliore basata su convivialità e mutuo aiuto.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/11/frigo-di-quartiere-comunita/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

In Piemonte c’è una “foresta condivisa” di cui tutti possono prendersi cura

Quello della “Foresta condivisa del Po piemontese” è un percorso che coinvolge soggetti pubblici, privati, associazioni e cittadini, che insieme stanno collaborando per la riqualificazione di centinaia di ettari di terreno e la piantumazione di migliaia di alberi per proteggere questo prezioso bene comune. In Piemonte c’è un parco che è un bene di tutti: si chiama Parco naturale del Po piemontese ed è un sistema di fiumi, boschi, pianure e aree naturalistiche che si estendono per oltre 200 chilometri, fino ai confini con la Lombardia. Un’ampia area che negli ultimi trent’anni è diventata protagonista di un altrettanto ampio percorso di riqualificazione ambientale per proteggerne la biodiversità e i tesori che custodisce. Questo parco si estende all’interno della regione, lungo il percorso del fiume Po: negli anni passati le singole aree di particolare valore ambientale e paesaggistico, minacciate da possibili espansioni edilizie, erano gestite da tre differenti enti parco e tutelate mediante un sistema di riserve naturali, aree attrezzate e zone di salvaguardia. Recentemente, con la Legge Regionale (n. 11 del 27 marzo 2019) si è stabilito che tutte le aree protette presenti lungo l’asta fluviale del fiume costituissero un’unica area protetta: il Parco naturale del Po piemontese.

Fra le iniziative che in quest’area sono state realizzate ce n’è una particolarmente virtuosa: si chiama “Foresta condivisa del Po piemontese” ed è un progetto ancora in divenire che si sta occupando di attuare un percorso di rigenerazione che possa coinvolgere sempre più persone. Per questo viene considerata “condivisa”: perché c’è bisogno dell’aiuto di tutti. Chiunque infatti può diventare partner della realizzazione, ognuno con le proprie competenze e sensibilità, dalle istituzioni al cittadino, dalle aziende agricole alle associazioni, dagli operatori economici ai professionisti.

In questo modo il supporto del territorio e delle persone che lo compongono diventa fondamentale. Ma non è tutto: il parco vuole anche diventare una “foresta di vicinato” che, lungo la fascia del fiume Po, può essere raggiunta dai residenti che vivono nei centri attigui con mezzi lenti, in modo da non intaccarla e contaminarla. Tutto ciò è stato possibile grazie all’impegno degli Enti di gestione delle Aree protette del Po vercellese-alessandrino e delle Aree protette del Po torinese che in questi anni sono riusciti a mettere a dimora di migliaia di alberi e arbusti locali, oltre che a riqualificare centinaia di ettari di terreno, in gran parte pubblici.

Come si legge sul sito del progetto, “ciascuno può diventare partner di questa iniziativa, ognuno per le proprie competenze e sensibilità. Naturalmente le Istituzioni rivestono un ruolo strategico di supporto: la Regione, le Province, la Città Metropolitana e i Comuni sono il tramite nella comunicazione ai cittadini e inoltre possono mettere a disposizione terreni, così come i privati”.

L’obiettivo è arrivare a piantare un albero per ogni abitante dei Comuni interessati dalle aree protette del Po piemontese entro i prossimi dieci anni, andando così a costruire la “foresta di vicinato” di quasi 200 chilometri, raggiungibile dai cittadini dei vari centri abitati disposti lungo la fascia fluviale con mezzi di trasporto sostenibili.

“I singoli cittadini e le associazioni possono essere ingaggiati come volontari per la messa a dimora delle piante o per la custodia delle aree, mentre le aziende agricole possono contribuire destinando alcuni terreni alla riforestazione, all’arboricoltura da legno e alla formazione di praterie, oppure creando siepi e filari, usufruendo dei finanziamenti messi a disposizione dal Piano di Sviluppo Rurale”.

Il processo di riqualificazione del territorio in questi anni è stato inoltre pensato per essere affiancato da un piano di comunicazione che sia finalizzato a sensibilizzare le associazioni, le scuole e i singoli cittadini per coinvolgerli nella realizzazione e per favorire il reperimento di sponsor pubblici e privati. Nella creazione di questo lungo corridoio verso il Po, l’impegno collettivo è quello di garantire dei veri e propri servizi ecosistemici, definiti come “molteplici benefici forniti dagli ecosistemi al genere umano”: tra questi c’è l’obiettivo di migliorare la qualità dell’aria, garantire una maggior stabilità idrogeologica dei terreni, favorire la biodiversità, la produzione legnosa sostenibile e la fitodepurazione delle acque. Tutto ciò potrà garantire non solo l’aumento della qualità ambientale e paesaggistica, ma anche un maggior benessere psico-fisico delle persone e uno sviluppo socio-economico reale, resi possibili da un progetto che nel tempo è diventato partecipato e collettivo per la tutela di un bene di tutti. Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/10/piemonte-foresta-condivisa/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Sfusi e Riusi: il negozio alla spina che dà lavoro alle persone fragili

Non solo un negozio sfuso che si impegna nella riduzione degli sprechi, ma anche un progetto che coinvolge detenuti, donne vittime di violenza e persone con disabilità. Vi parliamo oggi di Sfusi e Riusi, piccola attività che si trova nel comune di Chiusa di Pesio, in provincia di Cuneo. In questi anni vi abbiamo raccontato dei sempre più numerosi punti vendita che decidono di rinunciare agli imballaggi superflui e dannosi, promuovendo il riuso in tutte le sue sfumature. Li chiamiamo negozi sfusi o negozi alla spina proprio perché si impegnano a promuovere prodotti locali e spese più “essenziali”, mostrandoci che è possibile acquistare solo ciò di cui abbiamo effettivamente bisogno. Così facendo, queste piccole e sempre più numerose realtà incentivano azioni a breve termine finalizzate a un cambiamento a lungo termine. Il negozio di cui vi parliamo oggi è il progetto Sfusi e Riusi, che nasce nel piccolo paese di Chiusa di Pesio, in provincia di Cuneo.

Il punto vendita nasce in un’area di proprietà comunale e al suo interno trovano spazio alimenti dalla filiera garantita, prodotti agricoli locali, del commercio equosolidale e artigianato, oltre che una vasta gamma di detersivi, detergenti e saponi alla spina. Grazie alla collaborazione tra il Comune e alcune organizzazioni del territorio, come l’associazione culturale Equazione e le cooperative sociali Proposta 80 e Fiordaliso, il progetto vuole contribuire non solo alla tutela dell’ambiente in una logica di riduzione degli sprechi, ma anche alla promozione del benessere delle persone attraverso iniziative dal forte impatto sociale. I prodotti che si trovano all’interno di Sfusi e Riusi sono realizzati da una cooperativa che fornisce lavoro ai detenuti, ma sono coinvolte nel progetto anche donne vittime di violenza accolte dalla cooperativa Fiordaliso; inoltre una ricca selezione di manufatti è realizzata dagli ospiti del Centro Mauro di Chiusa di Pesio, gestito da Proposta 80, che da più di trent’anni si occupa del sostegno a persone diversamente abili, offrendo loro un supporto assistenziale, un’occupazione lavorativa e migliori condizioni economiche, sociali e professionali.

«Quando abbiamo letto il bando Ri-attivare proposto dalla Fondazione CRC, abbiamo pensato immediatamente a Equazione, l’associazione attiva da quasi diciotto anni sul nostro territorio, con lo scopo di diffondere pratiche commerciali eque, il consumo critico e la sostenibilità energetica/ambientale», ha spiegato Daniela Giordanengo, assessora alla comunicazione e alla cultura. Lo spazio, appena inaugurato, sarà gestito dai volontari dell’associazione Equazione e il progetto prevede lo svolgimento di laboratori didattici e momenti formativi per giovani e adulti. Inoltre, per mantenere uno stile di vita orientato alla sostenibilità, le consegne della spesa verranno effettuate a domicilio in bicicletta.

Come ha raccontato Gianni Dalmasso, presidente di Equazione, «attraverso il nostro operato speriamo di incuriosire sempre più persone sui temi che sono all’origine e motivazione del nostro esistere, oltre che del progetto stesso. Auspichiamo di attirare molti giovani, particolarmente sensibili ai temi della giustizia sociale e della sostenibilità ambientale, in modo che diventino parte attiva della nostra azione di volontariato».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/05/sfusi-e-riusi-negozio-spina-lavoro-persone-fragili/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Dal Piemonte a Riace, un forno solidale per “impastare umanità”

In Piemonte la Comunità Laudato Sì ha dato vita a un forno solidale e collettivo che vuole portare la lunga tradizione dei grani antichi e della lievitazione naturale sulle tavole delle famiglie bisognose. Il progetto si chiama “Impastiamo umanità” e si fonda su una rete di persone che insieme collabora superando il concetto di “assistenzialismo”. L’idea è piaciuta così tanto che è stata esportata anche a Riace, dove presto nascerà il “forno dei popoli”. A Stupinigi tutte le domeniche mattina i volontari e i cittadini si incontrano, lavorano, infornano e distribuiscono il pane ancora caldo, per donarlo alle persone bisognose. Nell’ultimo anno e mezzo hanno rimesso in funzione l’antico forno del paese rimasto inattivo dagli anni ’50, restituendogli una nuova vocazione non solo ecologica ma anche ambientale e sociale. Insieme producono un centinaio di pagnotte con ingredienti di alta qualità, a lievitazione lenta e realizzate con pasta madre attraverso un processo collettivo e condiviso per” impastare” insieme un’umanità dove le diversità sono gli ingredienti che rendono unica questa ricetta. L’esperienza del forno collettivo e solidale è nata un anno e mezzo fa per aiutare il territorio da sempre considerato “fragile” per via dell’alto tasso di povertà delle famiglie che qui vivono. Si pensi che dall’inizio della pandemia sono aumentate vertiginosamente le persone che hanno richiesto assistenza alimentare.

In Piemonte la Comunità Laudato Sì ha dato vita a un forno solidale e collettivo che vuole portare la lunga tradizione dei grani antichi e della lievitazione naturale sulle tavole delle famiglie bisognose. Il progetto si chiama “Impastiamo umanità” e si fonda su una rete di persone che insieme collabora superando il concetto di “assistenzialismo”. L’idea è piaciuta così tanto che è stata esportata anche a Riace, dove presto nascerà il “forno dei popoli”. A Stupinigi tutte le domeniche mattina i volontari e i cittadini si incontrano, lavorano, infornano e distribuiscono il pane ancora caldo, per donarlo alle persone bisognose. Nell’ultimo anno e mezzo hanno rimesso in funzione l’antico forno del paese rimasto inattivo dagli anni ’50, restituendogli una nuova vocazione non solo ecologica ma anche ambientale e sociale. Insieme producono un centinaio di pagnotte con ingredienti di alta qualità, a lievitazione lenta e realizzate con pasta madre attraverso un processo collettivo e condiviso per” impastare” insieme un’umanità dove le diversità sono gli ingredienti che rendono unica questa ricetta. L’esperienza del forno collettivo e solidale è nata un anno e mezzo fa per aiutare il territorio da sempre considerato “fragile” per via dell’alto tasso di povertà delle famiglie che qui vivono. Si pensi che dall’inizio della pandemia sono aumentate vertiginosamente le persone che hanno richiesto assistenza alimentare.

Come ci raccontano Francesca Miola e Alessandro Azzolina della Comunità Laudato si’ di Stupinigi, «in questo periodo ci stiamo mettendo in contatto con le famiglie bisognose e la semplice azione di offrire il pane diventa “una scusa” per incontrarsi, conoscersi, raccontarsi e cercare di capire se ci sono altre esigenze all’interno di una determinata famiglia». Superando la logica dell’“assistenzialismo” a favore dell’inclusione, il cambiamento sta già avvenendo. «Alcune di queste famiglie vengono ad aiutarci e a loro volta si attivano per dare una mano». E questa è la vera missione: ridurre l’emarginazione sociale e far sentire le persone non un peso, bensì una risorsa fondamentale. Al forno la “domenica tipo” inizia la mattina molto presto: il gruppo lavora in squadre e la prima, quella più mattiniera, si occupa di accendere il forno a legna; successivamente la seconda, dopo che il pane è lievitato tutta la notte, impasta e inforna, per poi passare il testimone alla terza squadra che impacchetta il pane e lo distribuisce alle varie famiglie. Non manca poi un momento condiviso a fine giornata in cui i volontari si confrontano sul lavoro fatto in preparazione alla settimana successiva.

Come ci raccontano Francesca Miola e Alessandro Azzolina della Comunità Laudato si’ di Stupinigi, «in questo periodo ci stiamo mettendo in contatto con le famiglie bisognose e la semplice azione di offrire il pane diventa “una scusa” per incontrarsi, conoscersi, raccontarsi e cercare di capire se ci sono altre esigenze all’interno di una determinata famiglia». Superando la logica dell’“assistenzialismo” a favore dell’inclusione, il cambiamento sta già avvenendo. «Alcune di queste famiglie vengono ad aiutarci e a loro volta si attivano per dare una mano». E questa è la vera missione: ridurre l’emarginazione sociale e far sentire le persone non un peso, bensì una risorsa fondamentale. Al forno la “domenica tipo” inizia la mattina molto presto: il gruppo lavora in squadre e la prima, quella più mattiniera, si occupa di accendere il forno a legna; successivamente la seconda, dopo che il pane è lievitato tutta la notte, impasta e inforna, per poi passare il testimone alla terza squadra che impacchetta il pane e lo distribuisce alle varie famiglie. Non manca poi un momento condiviso a fine giornata in cui i volontari si confrontano sul lavoro fatto in preparazione alla settimana successiva.

L’iniziativa nasce grazie alla collaborazione con la Cooperativa Panacea, il patrocinio dell’assessora all’agricoltura e all’ambiente della Città di NichelinoValentina Cera, e al prezioso lavoro dei volontari che hanno preso a cuore il progetto. «Per noi la panificazione ha due significati importanti: uno è di sostegno, finalizzato a dare un piccolo contributo, seppur simbolico, all’economia di una famiglia. L’altro consiste nel fare educazione alimentare, trasmettendo alle persone l’importanza di alimentarsi correttamente. Ciò vale soprattutto per coloro che hanno problemi economici e che spesso, per risparmiare, hanno bisogno di rivolgersi ai discount dove in molti casi i prodotti non sono di qualità».

Uno degli aspetti più interessanti del forno solidale è la sua capacità di essere replicabile ovunque. Proprio per questo la Comunità Laudato Si’ è in contatto con realtà di altre regioni interessate al progetto. Una di queste è la comunità di Riace, piccolo comune dell’entroterra calabro conosciuta ai molti per essere diventata un caso virtuoso sul tema dell’accoglienza grazie al sindaco Mimmo Lucano e alla sua capacità di aver trasformato, negli anni passati, un luogo a rischio spopolamento in un esempio di riattivazione territoriale e di creazione di un nuovo tessuto economico locale.

L’iniziativa nasce grazie alla collaborazione con la Cooperativa Panacea, il patrocinio dell’assessora all’agricoltura e all’ambiente della Città di NichelinoValentina Cera, e al prezioso lavoro dei volontari che hanno preso a cuore il progetto. «Per noi la panificazione ha due significati importanti: uno è di sostegno, finalizzato a dare un piccolo contributo, seppur simbolico, all’economia di una famiglia. L’altro consiste nel fare educazione alimentare, trasmettendo alle persone l’importanza di alimentarsi correttamente. Ciò vale soprattutto per coloro che hanno problemi economici e che spesso, per risparmiare, hanno bisogno di rivolgersi ai discount dove in molti casi i prodotti non sono di qualità».

Uno degli aspetti più interessanti del forno solidale è la sua capacità di essere replicabile ovunque. Proprio per questo la Comunità Laudato Si’ è in contatto con realtà di altre regioni interessate al progetto. Una di queste è la comunità di Riace, piccolo comune dell’entroterra calabro conosciuta ai molti per essere diventata un caso virtuoso sul tema dell’accoglienza grazie al sindaco Mimmo Lucano e alla sua capacità di aver trasformato, negli anni passati, un luogo a rischio spopolamento in un esempio di riattivazione territoriale e di creazione di un nuovo tessuto economico locale.

Un incontro con Mimmo Lucano

Come ci raccontano Francesca e Alessandro, «siamo attualmente in contatto con l’ex sindaco Mimmo Lucano, che abbiamo avuto modo di conoscere durante un’esperienza a Riace e che ha molto apprezzato il nostro progetto». L’idea è quella di realizzare un vero e proprio “forno dei popoli” dove, attraverso la panificazione collettiva, le famiglie multiculturali racconteranno i loro territori di provenienza.

«Il bello del nostro gruppo è vedere che è composto da persone che prima non si conoscevano e nel tempo la comunità è cresciuta, portando automaticamente un impatto positivo sul territorio. E proprio in questo modo sconfiggiamo emarginazione e solitudine». Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/04/piemonte-riace-forno-solidale-impastare-umanita/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Green Deal, Piemonte e Puglia tra le regioni europee col maggior potenziale in tecnologie a basse emissioni

A dirlo è un nuovo studio di Bruegel, il think tank di Bruxelles specializzato in economia, secondo cui le due regioni italiane sono nel gruppo ristretto delle aree Ue più promettenti per la crescita di settori green. Il Piemonte e la Puglia possono svolgere un ruolo di primo piano nella ‘rivoluzione verde’ dell’Europa ma a patto che i governi locali sappiano sfruttare il potenziale del territorio. A dirlo è un nuovo studio di Bruegel, il think tank di Bruxelles specializzato in economia, che ha analizzato le condizioni per la crescita dei settori a basse emissioni di CO2 con più potenziale a livello regionale in Europa. In base a questa analisi, le due regioni italiane sono risultate essere nel gruppo ristretto delle aree Ue più promettenti per lo sviluppo delle tecnologie ‘verdi’.

Per consentire la decarbonizzazione – sostengono gli studiosi – la politica locale e nazionale dovrebbe mirare a rafforzare gli attuali punti di forza dei territori usando un approccio ‘orizzontale’ che consiste nel creare attività attorno a un settore preesistente per “farlo sbocciare e dare vita a un intero ecosistema” (anziché il più classico approccio ‘verticale’, di sostegno finanziario a singoli progetti ancorati al passato industriale). Così il Piemonte potrebbe sfruttare la capacità che già ha nelle filiere dell’elettrico e dei biocarburanti per diventare un centro innovativo di veicoli ‘green’.

Allo stesso modo, in Puglia potrebbero fiorire il settore dell’energia solare e quello dell’efficientamento energetico. “Non ha senso aspettarsi e applicare le stesse regole ovunque in Europa. Volendo fare politica industriale, è meglio non costruire torri d’avorio in mezzo al nulla, ma piuttosto realizzare qualcosa correlato a ciò in cui le regioni sono già ‘brave’ oggi”, spiega il ricercatore e co-autore dello studio Georg Zachmann. Secondo il quale i centri industriali locali vanno sviluppati e accresciuti “attorno a ciò che già si ha” sfruttando i massicci effetti dell’aggregazione. Nello studio, il think tank Ue fa anche riferimento alla Lombardia, che però – pur rappresentando la locomotiva d’Italia – non vanta una specializzazione in nessuna delle tecnologie analizzate “forse a causa del suo successo in molti settori diversi” osserva ancora Zachmann. Fra gli Stati membri, lo studio di Bruegel mostra che anche regioni svedesi, finlandesi e tedesche hanno un buon potenziale nel settore dei veicoli elettrici. Mentre per quanto riguarda l’efficientamento energetico, ci sono buone possibilità di sviluppo ovunque, compresi Est e Sud Europa. Ma – sottolineano gli studiosi – è soltanto l’inizio. Molti altri settori, tra cui agricoltura, trasporti e metalli, dovranno essere decarbonizzanti per avvicinarsi almeno all’azzeramento netto delle emissioni di gas serra stabilito nell’accordo di Parigi.

Per Zachmann, è importante non tanto dimostrare che una certa tecnologia incontrerà delle difficoltà in una certa regione, quanto identificare le risorse che già si hanno per puntare su quelle. In termini di finanziamento dell’Ue, un’idea interessante per il ricercatore è creare mercati per incentivare le nuove produzioni ‘verdi’ fra cui l’idrogeno, come è stato fatto in passato con le rinnovabili. 

Fonte: ecodallecitta.it

Forest Therapy: il bagno nella foresta che rigenera corpo, mente e spirito

Un’immersione totale nella natura può aiutare a ritrovare il benessere e riequilibrare corpo, mente e spirito. È il principio alla base dalla Forest Therapy, pratica orientale che negli ultimi tempi ha preso piede anche in Italia. Eugenio Berardi per primo ha avuto l’idea di promuovere questa pratica a Torino dopo aver scoperto un particolare bosco in città.

Forest Therapy o Shinrin-Yoku è una pratica nata nel 1982 in Giappone, come parte di un programma sanitario nazionale progettato per ridurre i livelli di stress della popolazione. Si tratta di una immersione totale e totalizzante nella natura che unisce scienza e spiritualità, i cui benefici sono stati studiati da ricercatori di tutto il mondo e molti sono stati gli studi realizzati per dimostrare scientificamente come questa pratica potesse realmente portare alla riduzione di stress, dell’adrenalina, contrastare l’iperattività, stimolare il sistema parasimpatico, deputato al rilassamento, andando a ridurre le reazioni di quello simpatico adibito alla funzione di lotta-fuga, andare a lavorare sulla pressione sanguigna e portare a una serie di altri effetti positivi per l’uomo. Una pratica che può prendere vita in un parco, in un luogo caratterizzato da molto verde, ma che trova la sua dimensione più vera e autentica nel bosco, nella foresta, dove le vere protagoniste sono le foglie degli alberi, grazie al rilascio di sostanze che producono effetti benefici atti a lavorare proprio sul sistema immunitario, ed è stato inoltre dimostrato che l’attività delle cellule NK (Natural Killer), adibite alla protezione di quest’ultimo, dopo del tempo passato nella foresta, aumenta: ad esempio dopo tre notti si ha un incremento dal 17% al 27%. In Italia si è iniziato a parlare di più negli ultimi tempi relativamente a questa terapia, prendendo piede a poco a poco; uno dei massimi esponenti del campo è Marco Nieri, i cui studi si sono concentrati soprattutto sull’elettromagnetismo degli alberi, mentre una delle più grandi esperte che ha dato un forte contributo allo sviluppo di questa realtà è Selene Calloni Williams.

«Nella nostra penisola ci sono varie zone dove poter vivere a 360 gradi questa pratica, in particolare in Piemonte e a Torino, dove ho scoperto esserci un bosco nella città, nella zona collinare, con la presenza di molti sentieri raggiungibili da tutti, che la rende un territorio dalle caratteristiche molto particolari in cui stiamo cercando di portare un progetto ecosostenibile al cui centro porre la natura come perno della vita delle persone, che trasporti con sé un pensiero e un’azione ecologica, fondata sull’importanza della realtà ambientale in cui siamo immersi, vista come fulcro, polmone pulsante della nostra società. In tutto questo ritengo però che l’uomo dovrebbe abbandonare questa tipica visione duale, contraddistinta da un Io e un Tu, quando invece dovrebbe percepire questa connessione con il Tutto, sentendosi parte di un ambiente Terra, con cui dovrebbe riconciliarsi per stare meglio, e non separarsi come invece da troppo tempo sta cercando di fare; è infatti attraverso la collaborazione che ci si riesce a unire, a percepire questo Noi, mentre con la competizione ci si tende ad allontanare, a separare senza costruire qualcosa di grande valore assieme. In questo periodo infatti siamo stati contattati da varie altre realtà, in maniera un po’ inaspettata, che ci hanno chiesto di dar vita a collaborazioni».

Sono queste le parole di Eugenio Berardi, che per primo ha avuto l’idea di dar vita in Piemonte, nella zona di Torino, a questa Forest Therapy; nel 2020 ha intrapreso il percorso per conseguire la qualifica di Forest Therapy Guide presso AISCON -Associazione Italo-Svizzera di Counseling, e ha frequentato il corso di “Bioenergetic Landscapes” ideato dal bioricercatore Marco Nieri. A Eugenio si è aggiunto anche Fabio Castello, dal 2020 Forest Therapy Guide qualificato professionalmente.

La funzione della guida in questa realtà è quella di condurre il gruppo, che parteciperà all’esperienza, verso le pratiche di meditazione in armonia con la natura circostante, in modo tale da poter procurare ai partecipanti un’attività in grado di far abbandonare l’ansia e lo stress accumulato, favorendo un benessere psico-fisico raro da trovare nella società veloce e dinamica in cui troppe volte ci lasciamo affogare.

«La prima esperienza all’aperto di Forest Therapy l’abbiamo realizzata Domenica 14 Giugno; si tratta di quattro ore totalmente immersi nel bosco, dove il gruppo si può sentire totalmente a contatto con l’ambiente circostante. Un esercizio prima di tutto sensoriale che mette in gioco tutti e cinque i sensi, con attenzione particolare all’udito, all’ascolto, in quanto siamo sempre meno abituati a percepire i suoni della natura, troppo attratti da quelli del cellulare, dei rumori della città e di tutta quella tecnologia che ha deviato il nostro sentire. Abbiamo varie attività da proporre e mettere in atto in futuro, che stiamo organizzando e cercando di dar vita, come ad esempio gruppi di meditazione post lavoro/ufficio».

Durante il periodo di quarantena, Eugenio e Fabio hanno preso parte a corsi online inerenti a questa realtà e si sono presi del tempo per pianificare il lavoro, dando vita a un programma che si sta evolvendo, crescendo piano piano, passo dopo passo. È proprio grazie al contatto con la madre Terra incontaminata e a questa pratica che l’uomo può prendersi un momento per sé, per separarsi, anche solo momentaneamente, dallo stress che ci si porta dietro. Forest Therapy ha dunque una funzione analoga a un bagno rinfrescante che consente di togliersi di dosso le tensioni accumulate, inoltre, permette di stimolare la concentrazione e la memoria, aiutando anche a dormire meglio, mitigando la depressione. Ci troviamo quindi di fronte all’ennesimo caso in cui la natura e il suo contatto ci concedono di stare meglio, non solo con noi stessi, ma anche in relazione con gli altri.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/06/forest-therapy-bagno-foresta-rigenera-corpo-mente-spirito/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Riparte il mondo dei camminatori e dei viaggi a piedi a passo lento!

Dal Trentino alla Calabria, dal Piemonte all’Abruzzo: da nord a sud e nelle isole sono tanti i viaggi a piedi in programma questa estate e proposti dalla Compagnia dei Cammini, associazione che da dieci anni promuove il turismo responsabile attraverso esperienze di cammino in Italia e all’estero con guide professioniste. Con l’inizio della fase 3, riparte anche il mondo dei camminatori e dei viaggi a piedi, un settore di nicchia che ogni anno raccoglie sempre maggiore consenso e che, grazie alla riscoperta del turismo di prossimità, quest’anno sta suscitando un interesse ancora crescente. Dopo il periodo di fermo, ripartono così anche i viaggi a passo lento della Compagnia dei Cammini – associazione di turismo responsabile dedita ai cammini lenti – che, per l’estate 2020, ha programmato un ricco calendario di viaggi per camminanti adulti e piccini, tutti nel rispetto delle norme anti Covid.

Visitando le Eolie, a passo lento (Foto della Compagnia dei Cammini)

«Dopo una stagione davvero buia, ripartiamo, lentamente come lentamente camminiamo, cercando di capire cosa si può fare con responsabilità, usando il buon senso e il rispetto delle norme – spiega Luca Gianotti, coordinatore della Compagnia dei Cammini -. Laddove non ci sentiremo tranquilli di assicurare in un cammino le norme di distanziamento fisico, preferiremo annullarlo, prestando attenzione alla differenza tra il sensato e l’insensato. Nel camminare ritroveremo i pensieri positivi e la voglia di cambiare il mondo per un mondo migliore». 
Distanziamento fisico, sicurezza sanitaria e igiene, saranno buona norma nei cammini proposti dall’associazione che offrirà cammini itineranti e stanziali con diversi livelli di difficoltà secondo il proprio allenamento in tenda, rifugi e B&B, tutti selezionati. Tra le proposte viaggi in Italia Nord a Sud e nelle isole e anche qualche proposta sull’estero laddove è concesso. Non mancheranno inoltre viaggi a piedi per famiglie e bambini con la Compagnia dei bambini. Tra i viaggi dell’estate 2020 per i principianti dal 12 al 19 luglio in Trentino un cammino itinerante all’insegna della tranquillità, della natura, dell’arte e del profumo del miele. Ospiti della meravigliosa Ca’ de Mel, una casa rurale del Settecento ristrutturata con rispetto e amore, recentemente trasformata in azienda apicultrice, si andrà alla scoperta degli altopiani del Bleggio e del Lomaso: terre di campi e castelli dove le comunità mantengono forti i legami di mutua cooperazione. Dal 1 agosto al’8 agosto in Abruzzo un altro cammino itinerante con zaino leggero con facili e bellissime escursioni alla riscoperta degli antichi “tratturelli” nei paesi del Parco Nazionale d’Abruzzo (Pescasseroli, Opi, Civitella Alfedena, Villetta Barrea).

Tra lupi e pastori, in Abruzzo (Foto della Compagnia dei Cammini)

Per i camminatori intermedi dal 26 luglio al 1 agosto 2020 un cammino stanziale nell’estremo Sud della Calabria all’interno del Parco nazionale dell’Aspromonte dove vive una minoranza linguistica denominata “Greci di Calabria”. Una terra accogliente con la sua musica dai ritmi travolgenti e la cucina tradizionale dai forti ma tipici sapori che ricordano un passato ancora “presente” tra borghi e fiumare dove non perdere l’occasione di fare dei rinfrescanti bagni. E ancora dal 22 agosto al 29 agosto la grande traversata Lubiana–Trieste, un itinerario pensato e costruito per ricollegare due piccole città-gioiello, due sorelle così vicine e così lontane allo stesso tempo. Un cammino a cavallo tra gli umori e i colori dell’Est e della Mitteleuropa, tra due città dai tanti nomi. Una discesa intensa nell’atmosfera di epoche diverse, e soprattutto un’immersione profonda nelle foreste e nei boschi. Solo per chi è veramente molto allenato e preparato fisicamente dal 20 luglio al 25 luglio in Piemonte lungo i percorsi occitani per sei giorni di cammino itinerante in terra contadina e resistente. Un cammino in terre di confine: la Valle Stura, infatti, si trova incastonata fra le rocciose cime che separano le Alpi Marittime dalle Cozie e corre per oltre 60 km – da Borgo San Dalmazzo fino al Colle della Maddalena – confinando con la Francia, con la pianura cuneese e con le valli Maira, Grana e Gesso.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/06/riparte-mondo-camminatori-viaggi-a-piedi-passo-lento/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Nasce la mappatura dei borghi in Piemonte per un ritorno alla montagna

Si tratta della prima mappatura scientifica dei borghi alpini e appenninici quella che Uncem ha realizzato in Piemonte e che nasce dalla necessità di stimolare il recupero e nuovi investimenti per le aree montane, affichè privati cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni tornino a puntare sulle risorse che le Terre Alte mettono a disposizione e combattendo il progressivo spopolamento, per rendere possibile il ritorno alla montagna. Una montagna che rinasce attraverso borghi abbandonati ora recuperati. Luoghi che raccontano storie del passato e che guardano al futuro. Case, botteghe, antichi mestieri che tornano a far rivivere un paese, per risentire la vita rinascere attraverso il profumo del pane appena sfornato, il rumore del falegname indaffarato nella lavorazione del legno o le voci di bambini che tornano allegri dalla scuola. Tutto questo ora può diventare realtà grazie alla mappatura dei borghi alpinirealizzata da Uncem – l’Unione nazionale dei comuni, comunità ed enti montani che, all’interno di un volume online di circa 600 pagine, raccoglie dati ed esperienze locali a conclusione di un lungo lavoro iniziato ben 15 anni fa. L’obiettivo? Realizzare uno strumento che metta in luce il grande patrimonio che sulle montagne piemontesi conta centinaia di borghi che necessitano di tornare ad essere il fulcro di economie locali generando una nuova crescita economica. Si tratta infatti di borghi e borgate, gioielli incastonati nei più suggestivi paesaggi del Piemonte che hanno visto progressivamente diminuire la propria popolazione fino quasi ad essere dimenticate, tra riduzione dei residenti, contrazione dei servizi essenziali, diminuzione del potenziale di reddito e di consumo locale ma anche declino dell’agricoltura e della pastorizia che hanno indebolito sempre più il sistema insediativo storico, riducendo intere zone allo stato di abbandono.

Centinaia di borghi abbiamo detto. Ma diamo un po’ di numeri: solo nelle Unioni montane del Torinese i borghi di montagna sulle Alpi e gli Appennini raggiungono i 1845 mentre sono 1450 quelli del Cuneese. Segue poi la montagna biellese con 573 insediamenti, il Verbano Cusio Ossola con 208 e infine l’appennino dell’astigiano e dell’alessandrino che ne conta 155. Il progetto guarda in grande e vuole rendere reale la rinascita della montagna. Sempre più numerosi sono infatti coloro alla ricerca di risorse per ristrutturare le proprie abitazioni nei borghi, per individuare immobili da acquistare o alla ricerca di nuove soluzioni per cambiare vita, per aprire un’azienda agricola o turistico-ricettiva. La nuova mappatura non rappresenta una guida turistica o un catalogo immobiliare, ma bensì di una fotografia dell’esistente, sulla base di dati pubblici inviati dalle Unioni montane in questi anni alla Regione. Un lavoro collettivo e condiviso che può essere considerato uno strumento potenziale per concentrare l’attenzione istituzionale ed economica sui borghi alpini e appenninici per attrarre nuovi investimenti e rivitalizzare così le aree interne.  

Il lavoro di Uncem si è concentrato sulla realizzazione di schede compilate da tecnici e consulenti delle Unioni montane con il supporto dei Sindaci. Suddivise per province, contengono dati di riferimento delle varie borgate, andando a creare un racconto dettagliato dei diversi insediamenti. Tra le informazioni emergono i servizi presenti all’interno dell’edificato, viene indicato lo stato di integrità dei borghi o viene quantificato il numero di manufatti che necessitano di interventi di ristrutturazione. I dati riportano anche le epoche di costruzione dell’edificato e i fabbricati di rilevanza architettonica, storica e artistica. Il lavoro di mappatura andrà ad integrare il sito dei Borghi Alpini, precedentemente realizzato da Uncem, che raccoglie esperienze e buone pratiche di rivitalizzazione attraverso la schedatura di tutti i borghi del Piemonte.

«Per la montagna, il progetto risponde a una chiara necessità di tornare a puntare sulle risorse che le Terre Alte mettono a disposizione, ricreare imprese, occasioni di una vita stabile, 365 giorni l’anno, secondo la tradizione sì, ma anche unendo temi forti che accompagnano la modernità degli insediamenti». Si legge sul sito. «Domotica, green economy, fonti energetiche rinnovabili, utilizzo del legno per il recupero e opportuno uso della pietra, nuovi stili progettuali che conservino volumi carichi di storia, ma che allo stesso tempo sappiano guardare al futuro».

Si tratta nel complesso di un documento rivolto a tutti, affinché tutti possano essere stimolati ad investire capitali per far rinascere i borghi e ridare un’opportunità di sviluppo alle Terre Alte. Ma rappresenta anche una dimostrazione della vitalità degli Enti locali e del loro impegno sul territorio in questi anni.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/02/nasce-mappatura-borghi-piemonte-ritorno-montagna/?utm_source=newsletter&utm_medium=email