Cascina Rapello rinasce: sarà una casa nella natura per educare piccoli e grandi

È attiva la campagna di raccolta fondi per sostenere il bellissimo progetto di riqualificazione della settecentesca Cascina Rapello portato avanti dalla cooperativa sociale Liberi Sogni. L’obiettivo? Ristrutturare lo stabile e renderlo adatto a ospitare laboratori, concerti, dibattiti, lezioni e numerose altre attività incentrate sull’educazione ambientale e sulla valorizzazione del territorio e delle sue tradizioni.

LeccoLombardia – «Il mondo è grande, ma partiamo da qui», scrivono da Liberi Sogni. Per loro il “qui” è il progetto Cascina Rapello, un luogo in cui convivialità e armonia abbracciano la natura, sul Monte Di Brianza, in provincia di Lecco. Liberi Sogni ha lanciato il 16 ottobre 2021 la raccolta fondi “Vivi e sostieni Cascina Rapello” – di cui Italia Che Cambia è media partner – per la ristrutturazione di questo cascinale settecentesco immerso nel bosco e incorniciato da imponenti castagni secolari che caratterizzano il panorama. Cascina Rapello è un generatore di consapevolezza, un ritorno alla terra e alla cura dei prodotti che consumiamo sulle nostre tavole, alla creatività e alle relazioni umane da coltivare con lentezza, al di là della frenesia quotidiana che ci travolge. Quando rinascerà ospiterà al suo interno diversi ambienti da vivere e condividere: un’aula didattico-formativa, un laboratorio di trasformazione dei prodotti della terra e del bosco, un magazzino per i prodotti agricoli, un’aula polifunzionale in cui si terranno concerti, conferenze, spettacoli, uno spazio di ospitalità per il pernottamento e uno dove pranzare e cenare. Sarà tutto accessibile anche a persone con disabilità, realizzato in gran parte con materiali naturali ed ecologici. Adriana Carbonaro, responsabile dell’ufficio stampa della cooperativa sociale Liberi Sogni, mi ha fatto varcare la porta di Cascina Rapello raccontandomi questo sogno che sta prendendo forma diventando realtà.

Com’è nata l’idea di Cascina Rapello?

In questi anni la nostra Cooperativa ha sviluppato progetti educativi, sociali e culturali in diversi contesti del lecchese: scuole, comuni, musei. Ancora oggi continua a farlo, ma sentivamo forte il bisogno di un luogo tutto nostro che non dipendesse dal tal bando o dall’incarico di turno. Cercavamo un posto sul Monte di Brianza, luogo a noi molto caro perché è qui che dal 2010 realizziamo progetti di educazione in natura e tutela ambientale per minori, ma anche per giovani e adulti, in connessione con le associazioni locali, le amministrazioni comunali e le scuole: i campi estivi residenziali, il crazy-bosco, la libera università del bosco.

Parlaci del luogo che avete individuato.

Così dopo mesi di ricerche, nell’estate del 2020 abbiamo scoperto la settecentesca Cascina Rapello, una cascina abbandonata e da ristrutturare, raggiungibile a piedi e incastonata tra 9 ettari di terrazzamenti e boschi di castagno. Ci è parso subito il luogo ideale per accogliere tutte le nostre progettualità in una dimensione più quotidiana. La Cascina e i terreni sono stati acquistati con un mutuo dalla Cooperativa, mentre per la ristrutturazione e lo sviluppo del progetto contiamo su una comunità di persone che ci credano insieme a noi e che, in varie forme e secondo le proprie possibilità, possano partecipare a questo percorso di ritorno alla natura e alla terra.

Avete già qualche idea su come impiegare la cascina?

Il primo lockdown è stata l’occasione per ripensarci come cooperativa e ridiscutere i nostri sogni e obiettivi. Più tempo passavamo imprigionati in casa, più cresceva la voglia di uscire, di stare all’aria aperta, di compiere quel salto che coltivavamo nei cuori da tempo. Abbiamo sempre lavorato a contatto con il verde tra torrenti, boschi e sentieri di montagna, ma volevamo che il nostro rapporto con la natura assumesse un carattere quotidiano e non solo settimanale o stagionale, perché l’agricoltura richiede una relazione quotidiana, così come la cura degli animali – abbiamo trovato quattro asine sul posto, che abbiamo adottato con amorevolezza e rispetto per chi abitava questo luogo prima del nostro arrivo. Questa è oggi la nostra nuova casa. Qui è dove abbiamo scelto di tornare alla terra e dove trovano e troveranno dimora tanti progetti sociali, culturali e ambientali per grandi e piccini. Cascina Rapello, diventerà sempre più un polo sperimentale e accogliente di ritorno alla natura e alla terra, con linguaggi e forme sempre nuove, di riscoperta di saperi e tradizioni antiche ma anche un incubatore che darà spazio e sostegno a tanti sogni e nuove idee.

A chi si rivolgeranno le attività che svolgerete qui?

Ci rivolgiamo in primo luogo a minori: bambin* e ragazzi*. Ma, come in tutte le nostre progettualità, adottiamo un approccio intergenerazionale e inclusivo, costruendo contesti accoglienti in cui ciascuno possa stare bene e trovare la sua dimensione, senza creare ghetti. A Cascina Rapello quindi puoi trovare l’anziano volontario che, insieme a giovani adulti con disabilità accompagnati dai loro educatori, si dedica alla cura dell’orto; giovani tirocinanti con fragilità, impegnati nella manutenzione del verde e a supporto degli eventi culturali per famiglie; gruppi di studenti delle scuole superiori che con i loro insegnanti partecipano ad attività di team building in natura; giovani di comunità minori e famiglie con bambini e ragazzi che in una domenica di ottobre autocostruiscono le porte da calcio con i pali di castagno e poi si cimentano in un torneo di calcio “selvaggio” sulle balze. È proprio una cascina per tutti e tutte, ciascuno con le proprie esperienze, carattere, talenti e peculiarità. Tutti accomunati dalla voglia di trasformazione, di riscoprire le cose buone, le relazioni genuine. Alla ricerca di amore, bellezza e felicità.

In che modo natura e uomo si incontrano qui?

Ci piacerebbe che la relazione con questo spazio fosse il più possibile ecocentrica, in punta di piedi: vogliamo gradualmente ristrutturare la cascina, prenderci cura del bosco attorno, tornare a coltivare quei terrazzamenti che probabilmente risalgono al 18esimo secolo, per dialogare con la natura senza offenderla. L’approccio che ci guida e ci ispira è quello dell’agroecologia, un modello molto antico che si basa su tecniche maturate nella connessione profonda tra le comunità e i territori, i luoghi e soprattutto i limiti che segnano i luoghi. Oggi il concetto di limite viene comunemente considerato con un’accezione negativa, in realtà è bene ricordare sempre che ogni cosa ha un limite. Hanno un limite la velocità, la confidenza, la vita stessa, tutto quello che facciamo. Ivan Illich parla di “austerità”, ma con un’accezione positiva, che significa esattamente tornare al cuore di ciò che ci rende felici: recuperare il tempo per noi stessi, per i nostri figli e per le nostre passioni, come una sorta di “allenamento di ritorno all’essenza”. In una dimensione di austerità positiva e low-tech possiamo ripensare gli equilibri tra ambiente, lavoro dell’uomo e tecnologie sostenibili per coltivare una visione migliore del mondo e dei sistemi di produzione.

Quali progetti nasceranno in cascina?

Alcuni progetti sono già partiti: “Io nel bosco”, un percorso articolato in cinque incontri per avvicinarsi alla natura attraverso diverse discipline artistiche per persone con disabilità e non solo; l’orto sociale-didattico, che ora ospita gli ortaggi invernali e in cui è possibile autoraccogliere i prodotti; gli eventi nei week end sportivi, culturali, artistici per bambini e ragazzi con un’attenzione ai soggetti fragili; un corso sul tema della transizione ecologica, e uno esperienziale di relazione e avvicinamento all’asino in partenza a novembre; le gite con attività e laboratori in natura per le scuole, le comunità minori, i centri estivi; la campagna di raccolta fondi per la ristrutturazione della Cascina. Altri progetti sono in cantiere o vorremmo ampliarli e svilupparli, ad esempio l’attività agricola e forestale per la quale stiamo costituendo un gruppo di lavoro di giovani del territorio interessati a sperimentarsi e cimentarsi in questo ambito con un taglio sociale, inclusivo ed educativo, l’addestramento e lo sviluppo di una proposta educativa e didattica con l’impiego delle nostre quattro asinelle. Sarà fondamentale, per rendere possibile tutto questo durante tutto l’arco dell’anno, avere un luogo fisico al chiuso e ben attrezzato che possa ospitare tutte le progettualità.

Un ritorno alla natura e alla terra dove i sentieri si tracciano insieme, secondo le possibilità di ognuno.

La raccolta fondi è attiva qui. Sognare insieme è magia.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/11/cascina-rapello-rinasce-natura/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Le valigette, due mamme artigiane realizzano giochi tattili per i più piccoli

Giochi su misura per bambini, realizzati a mano, da due mamme che hanno sperimentato la difficoltà dei momenti di noia e confusione dei propri figli, ma che non hanno voluto cedere al “trucco” del cellulare. Nasce così Le Valigette, un progetto educativo da cui prendono vita giochi artigianali colorati, divertenti e didattici.

Savona – Basta tablet! Alessia e Cristina sono due amiche artigiane di Albenga che hanno deciso di unirsi per creare giochi educativi che da cinque anni accompagnano la crescita di tantissimi bambini, liguri e non. Proprio con l’intento di far trascorrere alle famiglie “tempo di qualità” nascono Le valigette e i loro coloratissimi quiet book, libri tattili in stoffa capaci di sviluppare nuove competenze o di implementare quelle già acquisite. Sempre alla ricerca dei migliori materiali per realizzare le proprie creazioni, Alessia e Cristina sono anche in continua formazione pedagogica seguendo il metodo Montessori, per proporre ai più piccoli giochi – sicuri e certificati CE – che fanno da “ponte” tra genitore e bambino, incentivandone la relazione. 

Ho deciso di intervistarle per farmi raccontare il loro percorso.

Quietbook, valigette didattiche e di prescrittura, tovagliette e rotoli di stoffa da colorare sono oggetti che racchiudono attività importanti per lo sviluppo, da svolgere a casa ma soprattutto fuori, magari in pizzeria, in macchina, nella sala d’attesa di un ambulatorio: com’è nata l’idea di proporre ai genitori un’alternativa “colorata e tattile” a tablet e cellulari?

Il nostro intento è stato sin da subito offrire degli strumenti che stimolassero in primis i genitori a disabituarsi dal proporre tablet e altri dispositivi elettronici al ristorante, sull’autobus o in situazioni di noia, soprattutto fuori casa. Spesso in questi contesti si vede il genitore tirare fuori dalla tasca quell’alternativa “troppo facile” che va però a bloccare la creatività del bambino ed è proprio questo ciò per cui io e Cristina ci siamo sempre battute. Con una proposta stimolante e creativa invece il bambino ha modo di far viaggiare la fantasia: ogni valigetta o quiet book racchiude al suo interno tantissime attività che consentono al piccolo intrattenersi in maniera costruttiva e creativa, anziché passivamente. 

Perché vi siete avvicinate alla pedagogia montessoriana?

Ci siamo rese conto che sull’educazione e sulla pedagogia oggi esiste un mondo, ricco di informazioni, di libri e di correnti. La pedagogia di Maria Montessori però ci ha colpito subito, sia per la semplicità dei materiali – naturali e di recupero – che per gli approcci. Così abbiamo scoperto i quiet book e i giochi tattili, proposte educative molto affini al nostro modo di pensare. Nel frattempo io (Cristina) ho frequentato un corso di formazione sul tema, rivolto a insegnanti e a non addetti ai lavori, con un’apertura anche a influenze un po’ più moderne. Rispetto a qualche anno fa troviamo che ora sia molto più facile, per un genitore interessato ad approfondire, reperire informazioni – su Instagram, per esempio – e ci sono moltissimi professionisti che condividono il proprio sapere e realizzano podcast su vari temi pedagogici.

Siete mai state nelle scuole del territorio a portare un po’ della vostra creatività?

Sì, abbiamo curato alcuni laboratori creativi all’interno delle scuole, come quello sulle emozioni. Abbiamo creato un percorso che partiva dalla lettura e arrivava al gioco, dove ogni bimbo aveva la possibilità di tirare fuori le proprie esperienze legate a ogni singola emozione. Con il disegno creativo, poi, abbiamo realizzato tutti insieme il calendario delle emozioni che poi le insegnanti hanno appeso in classe. In aula abbiamo portato anche incontri incentrati sul cucito, sviluppando la manualità fine: durante il periodo natalizio creiamo insieme le calzine della befana e le stelle per l’albero di Natale e ogni bambino ritaglia la propria stella per la punta dell’albero. Tutte queste attività aiutano i bambini a concentrarsi e a sviluppare il “saper fare”.

Quali reti territoriali avete messo in piedi in questi anni di attività?

Lavorare sul territorio non è semplice: in questi anni abbiamo sperimentato un’apertura e un interesse più di nicchia, anche se sono diversi i professionisti con cui lavoriamo. Quest’estate per esempio abbiamo collaborato con il campo estivo di Altopia: insieme a una docente di scienze abbiamo progettato e realizzato un libro tattile intitolato “Il viaggio della luce”. Attraverso il gioco e il tatto i bambini sono riusciti a interiorizzare anche concetti un po’ più difficili e hanno sicuramente compreso l’importanza di imparare giocando. Abbiamo all’attivo anche collaborazioni con pedagogiste e nutrizioniste: abbiamo realizzato libri-gioco sull’alimentazione, ideati appositamente per aiutare i bambini con difficoltà alimentari, libri per sviluppare la proprietà di linguaggio o per imparare la routine della giornata e i nomi delle varie attività quotidiane.

Il tatto è, quindi, una vera fonte di nutrimento emotivo e cognitivo per i più piccoli, che hanno bisogno di stimolare tutti i loro sensi. E di stare lontani dai dispositivi elettronici. 

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/10/valigette-giochi-tattili/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Roma, con “Ama per la scuola” la sensibilizzazione su rifiuti e decoro parte dai più piccoli

Gli ecoinformatori dell’Ama stanno realizzando una serie di incontri per sensibilizzare cittadini e commercianti sul decoro e la raccolta differenziata. Parallelamente, si svolgono con i più piccoli gli incontri di “Ama per la scuola”. Si parte dal VI Municipio381004

Questa mattina a Roma doppia operazione di sensibilizzazione e “ripasso” da parte di Ama sulla nuova raccolta differenziata dei rifiuti in VI Municipio. Gli ecoinformatori infatti stanno realizzando una serie di incontri nelle scuole dell’infanzia e primaria delle aree coinvolte nella raccolta “porta a porta”, per avvicinare i più giovani e le loro famiglie ai temi del riciclo dei materiali e della tutela del decoro urbano. Nel solo mese di novembre, saranno quasi 600 gli alunni del municipio coinvolti nel programma “Ama per la scuola”, che proseguirà anche nei mesi di dicembre e gennaio. Parallelamente operatori del nucleo ispettivo aziendale sono presenti sul territorio per rafforzare l’informazione diretta, ricordare ai cittadini che è vietato abbandonare i rifiuti sul suolo pubblico e contattare in particolare le utenze commerciali, fornendo le indicazioni pratiche per una corretta separazione delle 5 frazioni di rifiuto da raccogliere con i contenitori dedicati (marrone per l’organico, bianco per carta e cartone, blu per plastica e metalli, verde per il vetro, grigio per indifferenziato). Nel VI municipio il nuovo modello di raccolta differenziata (“porta a porta” e raccolta stradale “potenziata”) è stato avviato nel corso dell’estate del 2013. Oltre l’80% dei cittadini (circa 200 mila) è servito dalla raccolta “porta a porta”. Il restante 20%, pari a circa 49 mila abitanti, è servito dalla raccolta stradale opportunamente riorganizzata. La percentuale di raccolta differenziata si attesta mediamente intorno al 50%.ecodallecitta

Fonte: ecodallecitta.it

Piccoli mostri nell’armadio: la chimica nei vestiti dei bimbi

Si intitola “Piccoli mostri nell’armadio” il rapporto che Greenpeace ha diffuso sull’utilizzo di sostanze chimiche per fabbricare abiti e scarpe per i bambini. Vi proponiamo una sintetica guida che vi spiega cosa sono e come agiscono queste sostanze.mostri

L’ultimo rapporto di Greenpeace Asia rivela la presenza di sostanze tossiche pericolose nei vestiti per bambini di 12 marchi globali della moda. Da quelli sportivi come Adidas a quelli di lusso come Burberry. Si intitola “piccoli mostri nell’armadio” e ha dato l’avvio ad una campagna che chiede ai marchi che ancora utilizzano sostanze pericolose di eliminarle per salvaguardare la salute dei più piccoli. Prosegue dunque la campagna “Detox” di Greenpeace che in questo ultimo anno ha unito milioni di persone in tutto il mondo nella certezza che i vestiti che indossiamo non debbano contenere sostanze tossiche o pericolose e che non debbano inquinare l’ambiente. La campagna ha indotto già grandi marchi come Zara, H&M e Valentino ad impegnarsi a ripulire i loro prodotti e la loro filiera, lavorando con i fornitori per essere sicuri che nessuna sostanza pericolosa venga usata per fabbricare i vestiti che indossiamo.

Clicca qui per leggere la guida alle sostanze tossiche nei vestiti.

Fonte. Il cambiamento