Trivelle entro 12 miglia, il ministero aggira il divieto. Greenpeace, Legambiente e Wwf Italia: ‘Inaccettabile’

view.php

Le associazioni : “Il meccanismo introdotto dal MISE consente alle società petrolifere titolari di concessioni entro le 12 miglia dalla costa già rilasciate di modificare il programma di sviluppo originario e quindi costruire nuovi pozzi e piattaforme”

Inaccettabile per Greenpeace, Legambiente e Wwf Italia il decreto ministeriale che deroga al divieto di nuovi pozzi e nuove piattaforme entro le 12 miglia, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 aprile. È la smentita definitiva di tutte le parole spese dal governo durante il periodo referendario di aprile scorso per dire che il referendum sollevava questioni di lana caprina, in particolare perché la legge escludeva già nuove trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa. Il meccanismo introdotto dal MISE consente, infatti, alle società petrolifere titolari di concessioni entro le 12 miglia dalla costa già rilasciate di modificare, e quindi ampliare, il loro programma di sviluppo originario per recuperare altre riserve esistenti, e dunque costruire nuovi pozzi e nuove piattaforme. Fino all’altro ieri, nuovi pozzi e nuove piattaforme entro le 12 miglia potevano essere realizzati solo se già previsti dal programma di sviluppo originario. Ora chi ha la concessione può farci sostanzialmente quello che vuole per tutta la vita utile del giacimento. Per le tre associazioni ambientaliste è gravissimo che il governo proceda in questo modo su una questione così delicata, escludendo il Parlamento e non tenendo minimamente conto della volontà chiarissima espressa da 15 milioni di italiani nonostante il mancato raggiungimento del quorum al referendum contro le trivelle.

Fonte: ecodallecitta.it

Trivelle, stop della Croazia alle ricerche nell’Adriatico

 

HUNGARY-CROATIA-ENVIRONMENTAL-OIL-GREEPEACE-PROTESTCROATIA-ENERGY-GAS-OIL-TOURISM-ENVIRONMENT

 

CROATIA-ENERGY-GAS-OIL-TOURISM-ENVIRONMENT

Operations Inside Croatia's INA Industrija Nafte d.d. Oil Refinery And Gas Stations

Il delegato dell’Ambasciata di Croazia in Italia Llija Zelalic, nel corso del convegno che si sta tenendo sulla Fregata Maestrale ad Ortona (Chieti) sulla Macroregione Adriatico-Ionica, ha reso nota una notizia che potrebbe rappresentare una svolta nella tutela ambientale dell’Adriatico:

“La Croazia per salvaguardare le sue coste ha sospeso i progetti per le piattaforme per la ricerca del petrolio nel mare Adriatico e penso che dovrete anche voi in Italia e sul l’altra sponda del nostro mare prendere in considerazione questa eventualità. Questo é un grande pericolo per il mare Adriatico”

Proprio oggi si sono incontrati a Spalato rappresentanti di organizzazioni e movimenti ambientalisti da Albania, Croazia, Montenegro, Slovenia e Italia che aderiscono al network SOS Adriatico, con il dichiarato intento di creare una bandiera comune per la battaglia contro le estrazioni petrolifere in mare.

Fonte: ecoblog.it

Piattaforme petrolifere: la strategia della Croazia nell’Adriatico

Mentre con la risoluzione n. 52 l’Italia restringe le concessioni alle piattaforme offshore, dall’altra parte dell’Adriatico il governo croato accende il semaforo verde per la ricerca e l’estrazione in ben 29 aree marine

Il Governo della Croazia ha dato il via nelle scorse settimane a una nuova strategia energetiche che prevede 29 aree offshore nelle acque territoriali del mar Adriatico, per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi. A comunicarlo è stata la Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche del ministero dello Sviluppo Economico che ha spiegato come Ivan Vrodljak, ministro dell’Economia di Zagabria, abbia ufficializzato l’apertura di un’asta finalizzata all’assegnazione delle licenze per la ricerca e l’estrazione. Secondo le fonti governative sarebbero state individuate 8 aree nell’Adriatico settentrionale e 21 nell’Adriatico centrale e meridionale: la superficie di ciascuna di queste aree varia dai 1000 a i 1600 chilometri quadrati. La procedura di assegnazione prevede un periodo di sfruttamento di ben 25 anni.

Dall’altra parte dell’Adriatico, ovviamente, c’è l’Italia dove due giorni prima della diffusione della notizia sulla mossa della Croazia, il Senato ha approvato la risoluzione n. 52 che contiene due ordini del giorno che hanno come destinatario l’esecutivo: il primo prevede una ricognizione della disciplina in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi, il secondo la sospensione di nuove attività concessorie entro le 12 miglia marine e in aree marine e costiere protette. Nel “pacchetto” ci sono anche misure compensative per le comunità interessate e una strategia comune con gli altri Paesi dell’area mediterranea “per una severa regolazione dello sfruttamento di giacimenti sottomarini di idrocarburi liquidi”.

Quindi la decisione della Croazia potrebbe rendere vana qualsiasi norma di tutela nazionale. L’acqua – quella dell’Adriatico – è la stessa: i rischi sarebbero comuni, i profitti e i benefici economici della sola Croazia. La Croazia ha liberalizzato il settore, semplificano gli iter burocratici e diventando decisamente appetibile per le compagnie petrolifere che, secondo il titolare del dicastero dell’Economia Vrodoljak, potrebbero ricavarne miliardi. La politica croata è in netta controtendenza rispetto ai Consigli regionali di Veneto, Abruzzo, Molise, Marche e Puglia che spingono verso il divieto di ricerche di petrolio e gas e le linee guida della Commissione europea riguardanti Adriatico e Jonio che auspicano “un’economia blu rafforzata, un ambiente marino più sano, uno spazio marittimo più sicuro e attività di pesca responsabili”.165109926-586x390

Fonte:  Altreconomia

Foto © Getty Images

“Il petrolio mi sta stretto”: no alle trivelle nel Canale di Sicilia

Il prossimo lunedì 28 ottobre il WWF incontrerà il sindaco di Pantelleria per consegnargli le firme raccolte in questi mesi per fermare i progetti di piattaforme petrolifere nel Canale di Sicilia e chiedere l’istituzione di una nuova area protetta sull’isola, l’unica del Canale di Sicilia a non essere tutelata.trivelle_petrolio

 

Stretta finale per la campagna WWF “Sicilia: il petrolio mi sta stretto”: il prossimo lunedì 28 ottobre l’associazione incontrerà il sindaco di Pantelleria per consegnargli le firme raccolte in questi mesi per fermare i progetti di piattaforme petrolifere nel Canale di Sicilia e chiedere l’istituzione di una nuova area protetta sull’isola, l’unica del Canale di Sicilia a non essere tutelata. Ci sono quindi altri tre giorni utili per firmare la petizione e raccogliere quante più voci possibili perché quest’azione si realizzi davvero. Iniziata quest’estate dalla piccola isola mediterranea, paradiso naturale in un mare ancora incontaminato, la campagna WWF ha ricevuto tra gli altri il supporto di Luca Zingaretti, dei velisti siciliani della Sagola Biotrading, della piattaforma change.org ed è diventata globale dopo che il WWF internazionale ha scelto Pantelleria tra le sei icone naturali mondiali minacciate dai combustibili fossili, nell’ambito della campagna “Seize your power, riprenditi l’energia”.

“La campagna per Pantelleria è stata finora un grande successo, l’isola non si sente più ‘isolata’ ed è nato un processo che vede pescatori, promozione turistica, cittadini, amministratori locali a confronto per una gestione del mare coordinata e sostenibile – ha detto Marco Costantini, responsabile Mare WWF Italia che lunedì incontrerà il sindaco di Pantelleria – Il momento culminante è arrivato. Abbiamo ancora tre giorni per far sentire la nostra voce e dire no alle trivelle che rovinerebbero per sempre un’isola dall’incredibile bellezza – con i suoi fenicotteri, aquile, tartarughe marine, balenottere, tonni e pesci di ogni tipo – che ora tutto il mondo sta guardando e vuole proteggere. Lunedì saremo orgogliosi di portare al sindaco di Pantelleria le firme di tutte le persone che credono in questo progetto perché se ne faccia portavoce, e invitiamo tutti ad aderire con forza, perché un nuovo modello di sviluppo è possibile e con azioni come questa possiamo, tutti insieme, dimostrarlo”.

La “Perla nera del Mediterraneo”: Pantelleria

Pantelleria è un connubio di montagne e spiagge rocciose. La sua particolare posizione geografica tra Europa e Africa ne fanno un punto di passo per tutti gli uccelli migratori che si spostano tra queste Terre, fenicotteri cicogne, falchi aquile di provenienza asiatica. Nel suo mare vi sono tartarughe marine, balenottere, mobule (ovvero le mante del Mediterraneo), tonni e pesci di ogni tipo. Tre piattaforme petrolifere sono attualmente attive nel Canale di Sicilia, con una produzione media annua di 280.000 tonnellate di petrolio greggio estratto dai 35 pozzi, ma è stata concessa autorizzazione per esplorare la presenza di petrolio sotto il fondo marino e in diversi siti lungo la costa di Pantelleria. Data la natura geologica dei fondali del Mediterraneo, soggetta ad attività sismica, gli effetti negativi di tali attività sono significativamente maggiori che in altre aree. Le onde sismiche indotte per rilevare la presenza di petrolio e gas naturale sotto il mare infliggono gravi danni all’ambiente, in particolare alla biodiversità marina. Dallo Stretto di Sicilia passa tutto, dal più piccolo scambio di correnti superficiali e profonde, ai tonni e alle tartarughe in migrazione, alle flotte pescherecce degli stati mediterranei che si riversano lì per pescare il pesce più pregiato al mondo, il tonno rosso. Lì lo stato vorrebbe le trivelle. Per scongiurare il rischio e creare una nuova area protetta a Pantelleria, fino al 27 ottobre si firma su www.wwf.it/ilpetroliomistastretto.

Manifesto WWF per un Mediterraneo di qualità

Per spiegare il valore del Mediterraneo e coinvolgere tutti i livelli della società nella sua tutela, il WWF ha stilato il Manifesto per un Mediterraneo di Qualità ed è ogni giorno in azione per realizzarlo. Un Mediterraneo di Qualità ha acque senza rifiuti – ha navi “attente” che non colpiscono i cetacei – ha relitti tristi o affascinanti ma non velenosi – ha aree marine protette che funzionano – ha una pesca sostenibile – ha coste rocciose, spiagge, scogli e falesie, e non una colata di cemento legale o abusivo – ha turisti responsabili e non calca umana – ha biodiversità in espansione, rigogliosa, viva e vegeta – ha tartarughe libere di nuotare che non rischiano la vita per la pesca accidentale. Ha soprattutto un mare senza piattaforme per l’estrazione di idrocarburi. Leggi il manifesto completo su wwf.it/mediterraneo.

Basta fossili: riprenditi l’energia!

In questi mesi il WWF sta promuovendo la Campagna globale “Ci tieni al futuro? Riprenditi l’energia! (Seize Your Power) rivolta ai cittadini per chiedere alle istituzioni finanziarie e ai governi del mondo di agire immediatamente investendo nell’energia rinnovabile e nell’efficienza energetica. Migliaia di cittadini in tutto il mondo stanno firmando la petizione per chiedere di finanziare il futuro delle rinnovabili e non il passato delle energie fossili.

Fonte: il cambiamento

 

Trivellazioni: “decreto Zanonato applicazione di una legge nefasta”

Il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato con il decreto ‘contro le trivelle’ non fa altro che applicare una legge che ha riportato le piattaforme petrolifere sotto le spiagge degli italiani. È quanto sostiene Greenpeace che commenta la firma del decreto di riordino delle zone marine aperte alla ricerca e coltivazione di idrocarburi annunciata dal ministro.petrolio_trivellazioni8

“Il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, sbandierando urbi et orbi un decreto ‘contro le trivelle‘ non fa altro che applicare il nefasto Art. 35 della Legge 83/2012 che ha riportato le piattaforme petrolifere sotto le spiagge degli italiani”, così Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia commenta la firma del decreto di riordino delle zone marine aperte alla ricerca e coltivazione di idrocarburi annunciata dal Ministro. Non solo, con questo decreto il Governo amplia le aree coinvolte dalle esplorazioni offshore, avvicinandosi alle Baleari e confermando la famigerata estensione verso e oltre l’Isola di Malta: un atto che Greenpeace definisce irresponsabile, contestato ovviamente dai maltesi che, non ha caso, hanno ricominciato quest’estate a sequestrare i pescherecci siciliani. Il vero problema, come tutti sanno – compreso il Ministro Zanonato – è che ci sono decine di istanze di ricerca per giacimenti di petrolio presentate negli scorsi anni in aree oggi “vietate”. In Italia il procedimento amministrativo è spezzato in tre fasi, con tre distinti processi di Valutazione di Impatto Ambientale: prospezione sismica, trivellazione esplorativa e trivellazione commerciale. La domanda di cui tutti attendono risposta è se il ministero dello Sviluppo economico (MISE) e il ministero dell’Ambiente considerano o meno un “diritto acquisito” dei petrolieri quello di realizzare oggi nuove trivellazioni a meno di 12 miglia dalla costa, per il fatto di aver ottenuto anni fa (con procedimenti talvolta contestabili) l’autorizzazione alla prospezione sismica o alla trivellazione esplorativa. “Invece di annunciare nuovi decreti basati su vecchie leggi che già in passato hanno creato molti problemi, il Ministro Zanonato farebbe bene a dire chiaro e tondo che tutte le prossime richieste di attività di ricerca e sfruttamento di idrocarburi in mare dovranno conformarsi alla legge in vigore” – continua Giannì. Sul tema Greenpeace ha già scritto al ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, che ha risposto confermando per iscritto che l’effettuazione di tre separati procedimenti di Valutazione di Impatto Ambientale (per la prospezione sismica, le trivellazioni esplorative e per quelle commerciali) deriva dalla “configurazione del procedimento principale, autorizzatorio o concessorio, nel quale la procedura di VIA si inserisce.” Quindi, delle due l’una: o il “procedimento principale” al MISE è costituito da tre fasi distinte e separate (e quindi ogni fase deve rispettare la norma vigente al momento) oppure lo spezzettamento della VIA di un procedimento unico costituisce l’ennesima violazione italiana della Direttiva 85/337/CEE sulla valutazione dell’impatto ambientale. “Greenpeace attende che qualche petroliere si permetta di richiedere una qualunque autorizzazione ad attività in aree non incluse oggi nella “mappa del petrolio” del Ministro Zanonato. Se questo tipo di istanza venisse accolta, chiameremo in tribunale il MISE che ci dovrà spiegare perché la legge non è uguale per tutti” – conclude Giannì.

Fonte: il cambiamento