Piantare alberi contro il cambiamento climatico: il sogno della Foresta condivisa del Po piemontese

Avete mai sentito parlare della “Foresta condivisa del Po piemontese”? Si tratta di un’ambiziosa iniziativa per realizzare una “foresta di vicinato” a cui chiunque può contribuire. Grazie a un finanziamento del Ministero della Transizione il progetto metterà a dimora più di 7.000 alberi e 3.000 arbusti per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Al giorno d’oggi, con accresciute sensibilità e consapevolezza rispetto ai nostri stili di vita, stiamo imparando il valore della condivisione per ridurre il nostro impatto sul pianeta. La sostenibilità così passa attraverso l’uso comune di automobili, abiti usati, orti urbani o progetti di prestito e restituzione come le stoviglioteche, il bookcrossing e tanto altro ancora. Ma ci credereste se vi dicessimo che è possibile condividere anche un’intera foresta?

Ci auguriamo di sì e non possiamo che confermarvelo raccontandovi un progetto che si sta impegnando a proteggere la biodiversità e le ricchezze del territorio. Si chiama “Foresta condivisa del Po piemontese” e, come vi abbiamo già accennato in questo articolo, è “condivisa” proprio perché chiunque può contribuire a realizzarla diventandone partner, dalle istituzioni fino al semplice cittadino, dalle aziende agricole alle imprese private e alle associazioni.

Il progetto di riforestazione

La novità è che recentemente il progetto è arrivato primo su scala nazionale. Ci spieghiamo meglio: il Ministero della Transizione Ecologica (MiTE) ha recentemente finanziato 38 progetti in tutta Italia e questa foresta, che si estende per oltre 200 chilometri, è arrivata con successo al primo posto. L’iniziativa è stata infatti presentata tramite la Città Metropolitana di Torino nell’ambito del “Programma Sperimentale per la Riforestazione Urbana” che ha stanziato finanziamenti dedicati alle città metropolitane che hanno potuto presentare fino a 5 progetti di messa a dimora di alberi, manutenzione e creazione di foreste urbane e periurbane.

Oggi questo enorme parco, che si estende all’interno della regione Piemonte lungo il percorso del fiume Po, ha ricevuto un finanziamento di 500.000 euro e metterà in atto interventi di riforestazione al suo interno e nelle immediate vicinanze. Nei prossimi mesi saranno messi a dimora su 16 ettari 7.754 alberi e 3.713 arbusti in due aree di intervento: la prima è situata tra i comuni di Verolengo e Lauriano mentre la seconda riguarda aree molto vicine tra loro in Carignano e Carmagnola, all’interno di due siti della Rete Natura 2000. In questo caso tutti i terreni (ad eccezione di un’area demaniale a Carignano già in concessione all’Ente-Parco) sono stati messi a disposizione dai Comuni.

Contrastare il cambiamento climatico

Il piano prevede l’attivazione di azioni concrete che possano contribuire a contrastare il cambiamento climatico: tra queste c’è l’eradicazione delle specie esotiche invasive, la messa a dimora di arbusti e alberi che miglioreranno la qualità ecologica degli habitat forestali e la gestione e cura delle aree riforestate, anche per prevenire il ritorno delle cosiddette specie aliene per i prossimi sette anni. Nella scelta degli alberi e degli arbusti sono stati valutati con attenzione gli aspetti legati alle provenienze autoctone tipiche della Pianura Padana, considerando in particolare le condizioni ecologiche delle aree di intervento: ad esempio sono state selezionate tra le specie arboree la farnia, il cerro, il ciliegio selvatico, l’acero campestre, l’olmo ciliato, l’ontano nero, il salice bianco, il pioppo bianco, il pioppo nero, il carpino bianco e il ciliegio a grappoli e tra quelle arbustive il biancospino, il nocciolo, il sanguinello, il sambuco e l’evonimo.

Una riqualificazione ambientale lunga trent’anni

Tutto ciò è possibile grazie all’impegno degli Enti di gestione delle Aree protette del Po vercellese-alessandrino e delle Aree protette del Po torinese che stanno riqualificando, di anno in anno, centinaia di ettari di terreno, in gran parte pubblico. Un’ambiziosa iniziativa che vuole riprendere e consolidare gli interventi di riqualificazione ambientale avviati negli ultimi trent’anni lungo la fascia fluviale del Po. Con questi nuovi interventi si supereranno i 70.000 alberi già in fase di impianto nel vasto territorio metropolitano e questo rappresenta dunque un nuovo ed importante passo in avantianche per la “Foresta condivisa del Po piemontese”.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2022/01/foresta-condivisa-po-piemontese/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Piantare alberi salverà il mondo, ma attenzione a come lo fate

Da Stefano Mancuso a Simonetta Bagella, sono tantissimi gli addetti ai lavori che testimoniano quanto sia importante piantare alberi per fronteggiare la crisi ambientale. Ma questa azione va svolta con consapevolezza, in tempi e modi progettati accuratamente, per evitare di arrecare all’ecosistema più danni che benefici. Tagliare o piantare alberi? Questa è la questione che si pone di centrale importanza oggi, l’ago della bilancia verso la distruzione o la salvezza del nostro pianeta. Nonostante la battaglia in primo piano oggi sia la pandemia, non bisogna assolutamente mettere in secondo piano una questione altrettanto preoccupante come l’emergenza climatica. Si tratta infatti di due questioni connesse e fondamentali per il futuro del genere umano. Covid e crisi climatica «sono più simili di quanto si pensi», afferma Stefano Mancuso. In realtà ci sarebbe un’azione semplice quanto efficace da compiere, non tanto per risolvere il problema, quanto per evitare la catastrofe: piantare alberi! Alberi come mascherina per tutelare noi stessi e gli altri, restando nella similitudine. Certo, non c’è ancora il vaccino per la crisi climatica, ma esiste una soluzione per ritardare la deadline. Piantare alberi. Questo il farmaco, tanto semplice quanto potente.

«Circa un miliardo a testa per ogni abitante della terra», aggiunge Mancuso parlando di cifre. «Se noi piantassimo alberi in tutti i luoghi della Terra dove è possibile farlo senza generare impatti negativi con le colture agricole o con gli ambienti a elevata biodiversità, si potrebbe riassorbire dai 2 ai 10 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno», gli fa eco Giorgio Vacchiano, ricercatore in gestione e pianificazione forestale presso l’Università Statale di Milano. Certo non è questa l’unica soluzione al problema: «È evidente – prosegue Vacchiano – quanto si dovrebbe lavorare in parallelo alla riduzione delle emissioni gassose che, se continuano con questo trend, non ci sarà più spazio sulla Terra per piantare alberi sufficienti ad assorbirle».

Perciò il cammino è segnato: piantare alberi, smettere di deforestare e ridurre le emissioni di CO2. È così che, di fronte a un problema complesso come la crisi climatica, si dovrebbe procedere con una eguale pluralità di azioni risolutive. «Siamo all’interno di un sistema complesso e come tale va trattato», commenta Simonetta Bagella, docente in Scienze naturali presso l’Università di Sassari.

«Di fronte al taglio indiscriminato di alberi – prosegue la ricercatrice –, l’impiego di petrolio e la diffusione abnorme di emissioni di CO2 in atmosfera, è sempre più urgente innanzitutto riforestare laddove si è tagliato e al contempo ridurre l’inquinamento». Sarà solo invertendo la freccia involutiva che si potrà intravedere un futuro migliore per il pianeta.

Piantare alberi dunque, ma quali? Dove e come? Perché deve essere una piantumazione non casuale, ma ben progettata, affinché da elemento positivo e curativo, l’albero non si trasformi in un nemico dell’ambiente e un’aggravante della situazione. Per esempio, spiega Bagella, «molte specie esotiche invasive, piantate nei nostri habitat, hanno creato solo ulteriori problemi invece di risolverli».

L’ampliamento della superficie boschiva infatti non è sempre felice. Ne è prova anche l’aumento incredibile degli incendi e la distruzione delle foreste, eventi di fronte a cui non basta piantare nuovi alberi, magari a rapido accrescimento. Certo, sembrerebbe l’azione più istintiva e urgente da fare, almeno a livello emotivo, tuttavia andrebbe progettata con cautela e attenzione. Perché il bosco non è solo un insieme indiscriminato di alberi: è un mondo complesso, un universo abitato da una biodiversità interconnessa e resiliente. Bisogna anche avere cura di piantare alberi giusti, al momento e nel posto giusto: è questa la strada per la transizione ecologica che è anche transizione sociale e tecnologica. Piantare alberi subito, con rigore e progettazione. Ne parleranno a novembre i delegati di tutti i paesi della Terra nella discussione sulla messa in atto degli Accordi di Parigi. E tra questi c’è anche il tema della riforestazione.

«Foreste nuove da piantare, vecchie da ripristinare e tutti e tre i miliardi di ettari già esistenti sulla Terra da gestire», prosegue Vacchiano. Questo può fare la differenza per far fronte alla crisi climatica attraverso l’assorbimento della CO2, la mitigazione del clima, la riduzione dell’inquinamenti, specie in città e molte altre potenzialità insite nella piantumazione. A ciò però, deve seguire anche la tutela delle foreste. Perché la foresta bambina ha bisogno di cure e attenzioni per dare il suo massimo e per creare quell’ambiente ricco di biodiversità e intercomunicazione a beneficio di tutti gli esseri viventi. Piantare alberi è anche un’azione che garantisce benefici economici: mette in moto una filiera produttiva etica e positiva; offre lavoro alle persone; ci dà modo di ripensare gli alberi come fonte per la bioedilizia e l’efficienza energetica. Crescere diversamente: crescere nel rispetto degli equilibri ambientali e dei bisogni di tutti gli esseri umani. Più foreste e meno città. Foreste più tutelate e città meno inquinate. È questa la pianificazione del futuro. Un futuro più green e sostenibile, un mondo più ecologico e meno inquinato. Sembrano banalità e luoghi comuni, eppure è questo l’unico futuro possibile.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/10/piantare-alberi-attenzione/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

“Noi piantiamo alberi e ci prendiamo cura della comunità”: la rete di attivisti del litorale laziale

Piantare alberi è un modo per prendersi cura dell’ambiente, ma anche della comunità e soprattutto delle nuove generazioni. Ne è convinto l’instancabile attivista Rosario Sasso che a fa parte di una rete di volontari e associazioni che sul litorale laziale promuovono la piantumazione di nuovi alberi nei giardini pubblici, ma anche l’educazione ambientale, la giustizia sociale, la lotta contro la cementificazione e i rifiuti che invadono strade e spiagge. Rosario Sasso, I have a dream. È questo l’appello più che mai esplicito del referente, a Ladispoli (RM), di Salviamo il Paesaggio – Difendiamo i Territori, associazione ambientalista che opera per la salvaguardia dell’ambiente e la piantumazione di nuovi alberi. Grazie a lui nella cittadina marittima è stata ripresa la manifestazione nota come la Marcia degli Alberi, che per molti anni si svolgeva solo a Roma e Taranto. Ormai, grazie all’impegno di Rosario e altri volontari, Ladispoli è giunta alla V° edizione. Un piccolo gruppo di attivisti ci attende nel parco giochi di via Firenze, dove lo scorso anno si è conclusa la Marcia. «L’impegno per l’ambiente non è mai troppo», ci accoglie Rosario, a cui fa eco tutto il gruppo. Una piacevole passeggiata tra i giovani alberelli è solo un assaggio dello spirito della manifestazione e dei fitofori, cioè i portatori di alberi, che con gli zaini colmi di piantine da interrare, guidano i partecipanti per le strade della cittadina. Durante l’ultima edizione, sono state messe a dimora decine di piante, soprattutto lecci, carrubi, roverelle, ulivi, sughere, corbezzolo, mirto, alloro, ed è stata realizzata un’area di aromatiche ed una di alberi da frutto.

Portavoce di Salviamo il Paesaggio e fitoforo zelante, Rosario Sasso è l’emblema di un attivismo instancabile a favore del verde pubblico. Insieme a molti altri volontari, s’impegna a mettere in atto iniziative ambientali, dedicate soprattutto alla piantumazione di nuovi alberi nei giardini pubblici, ma anche all’educazione ambientale, la giustizia sociale, la lotta contro la cementificazione e i rifiuti che invadono strade e spiagge.

«La Marcia è un’importante rappresentazione simbolica della Foresta che cammina», ci spiega Rosario. Di professione è un banchiere prossimo alla pensione, che da quasi vent’anni ha lasciato Roma con la famiglia per trasferirsi a Ladispoli dove, finalmente, ha potuto cambiare il suo stile di vita. Appena giunto sul litorale è entrato a far parte della rete territoriale di associazioni e singoli cittadini che si prodigano per la salvaguardia del verde urbano e per la lotta contro l’inquinamento ambientale. «Piantare alberi è un modo per prendersi cura dell’ambiente, ma anche della comunità e soprattutto delle nuove generazioni».

Il gruppo di Salviamo il paesaggio non è solo ad agire, ma è affiancato da numerose associazioni locali tra cui Scuolambiente, Libera contro le Mafie, Fare Verde, Humanitas, Lipu, VerdeMarino, Comitato Rifiuti Zero Ladispoli, Natura per tutti onlus e molte altre. Nonostante le diverse estrazioni, tutte hanno come obiettivo comune: lo sviluppo sostenibile del territorio, la lotta contro l’abusivismo, il consumo del suolo, il dissesto idrologico, l’inquinamento, la criminalità organizzata e la cementificazione selvaggia.

«C’è bisogno di un’azione costante e variegata che faccia da deterrente affinché le aree pubbliche restino verdi. Per questo portiamo avanti con costanza e impegno le nostre azioni, nonostante spesso sorgano difficoltà soprattutto con le istituzioni», ci spiega Rosario, mentre ci mettiamo comodi ai tavolini di un bar poco distante dal parco. «Noi non ci scoraggiamo certo! E non abbiamo alcun interesse politico, né ci immischiamo nelle controversie», replica Alessia Morici di Salviamo il Paesaggio Litorale Roma nord. «Abbiamo solo tanta voglia di fare qualcosa per migliorare l’ambiente. Lo facciamo per noi stessi, per i nostri figli e per l’intera comunità. Se cresce la coscienza ambientalista, infatti, nascono nuove generazioni di cittadini che hanno a cuore il patrimonio naturale in cui vivono», le fa eco Settimo Tidona di Scuolambiente. È incredibile come tutti i volontari siano coinvolti contemporaneamente in più di un’associazione e portino avanti moltissime iniziative. Tra le principali svolte degli ultimi anni, ci raccontano la nuova proposta: Adotta e cresci una quercia, grazie alla quale vengono date in adozione gratuita piccole piantine con l’impegno di curarle per 2/3 anni per poi metterle a dimora. Un’altra è Territorio Bene comune, dialogo aperto con il comune locale per discutere le proposte di legge volte a contenere il consumo del suolo. Un altro argomento in costante aggiornamento è nato dalla proposta comunale del 2011 denominata Sbilanciamoci con il verde nella quale le istituzioni esortavano i cittadini a intervenire nel Bilancio Partecipativo. Un gruppo di loro, denominatisi Verde Marino ha elaborato una proposta per gestire la piccola area verde di Piazza Odelscalchi con un progetto autofinanziato ricco di attività ambientali, progetti di bioedilizia e manifestazioni ludiche. Anche l’anno successivo hanno proposto un progetto simile, detto Il verde in comune per coinvolgere la società civile nella manutenzione delle aree verdi favorendo la socializzazione ed il coinvolgimento di tutti. In ultimo, la proposta di prendersi cura del giardino di viale Mediterraneo, area dedicata ad Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore”, simbolo della salvaguardia del mare e dell’ambiente, coinvolto in un attentato criminale che gli ha costato la vita nel settembre del 2010 ad Acciaroli. Proprio lì, ha preso avvio l’ultima Marcia degli alberi, alla presenza del fratello di Vassallo, commosso da tanta solidarietà e attivismo civico. Nei sogni di tutti, questa e molte altre aree verdi dovrebbero diventare uno spazio pubblico autogestito, sempre pieno di bambini e adulti di ogni età e provenienza.

Il gruppo potrebbe continuare a parlarci delle moltissime iniziative e idee fautrici di un cambiamento lento ma costante che, da Ladispoli, coinvolge l’intero litorale laziale. A interrompere i racconti è l’arrivo di Marina Cozzi, insegnante e presidente del Comitato Rifiuti Zero. «Anche la battaglia contro i rifiuti è un altro dei nostri impegni costanti. Dobbiamo usufruire delle risorse con parsimonia e rispetto e soprattutto rimboschire quanti più spazi pubblici possibile, sottraendoli alla cementificazione dilagante!», esordisce facendo eco alle parole degli altri volontari. Anche lei, come il resto del gruppo, si dice profondamente legata alla salvaguardia degli alberi e a ogni genere di iniziativa che coinvolga e sensibilizzi quante più persone possibili, soprattutto giovani e istituzioni locali in merito alla tutela dell’ambiente. È evidente dunque quanto l’obiettivo comune di questi e di tutti gli altri volontari locali, sia la diffusione capillare di una sensibilità ecologica rinnovata e la diffusione di una cultura della sostenibilità non solo a Ladispoli, ma in tutto il litorale laziale.

«È un fatto imprescindibile che ci riguarda come esseri umani. Essere volontari ci rende solo più uniti nei nostri intenti. Tuttavia non ne abbiamo mai abbastanza! Il lavoro di squadra è la chiave per la riuscita di ogni iniziativa!», conclude Rosario. Le sue parole commuovono anche noi che non possiamo esimerci dall’intonare lo slogan di questi formidabili attivisti del cambiamento ripetendo a gran voce: «Noi piantiamo alberi!».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/07/piantiamo-alberi-rete-attivisti-litorale-laziale/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Boschi al macello: è saccheggio totale

Il mondo vegetale sta vivendo una fase di saccheggio totale, in Italia, in Europa e nel mondo. E chi sa che solo in Italia il 45% delle erosioni è dovuto proprio al taglio dei boschi? Eppure non solo non si fanno nulla per arginare il fenomeno, ma si permette alle cose di peggiorare.

Mentre il pianeta collassa per i cambiamenti climatici e una parte dell’umanità si mobilità per cercare di fermare, o se non altro rallentare, questo fenomeno umano, appare al contrario come lo sfruttamento economico sulle risorse naturali non conosca freni nè frontiere. A farne le spese sono proprio i nostri salvatori, gli organismi che per eccellenza offrono una delle soluzioni più rapide ed indolori ai cambiamenti climatici: gli alberi.

Il mondo vegetale sta vivendo una fase di saccheggio totale, le foreste sono bruciate dall’America Latina all’Africa per creare coltivazioni intensive di proprietà delle multinazionali, i cui prodotti sono poi consumati senza alcun ritegno o rimorso proprio da noi consumatori. In Russia e Canada grandi distese di foreste sono trasformate in carta e legna da ardere, le miniere radono al suolo colline e pianure. Lo sviluppo urbanistico sostituisce alle foreste dell’Asia palazzi, strade, parcheggi e centri commerciali ma anche in Europa si aprono sempre più vasti fronti di disboscamento, dalla Polonia ai Balcani dalla Germania alla Francia migliaia di tronchi crollano sotto i colpi mortali di motoseghe ed escavatori. Le foreste sono tra i principali serbatoi di carbonio del pianeta. Esse immagazzinano circa 289 gigatonnellate (Gt) di carbonio negli alberi e nella vegetazione. Il carbonio immagazzinato nella biomassa forestale, nel legno secco, nello strame messi insieme è maggiore di tutto il carbonio nell’atmosfera.  A livello globale, lo stock di carbonio nella biomassa forestale si stima che tra il 2000 ed il 2010 sia diminuito di circa 0.5 GT all’anno, principalmente a causa della riduzione del totale della superficie forestale (fonte FAO). In Italia viene sbandierato l’aumento della superficie boscata, con dichiarazioni di politici e amministratori che si dicono pronti a voler recuperare la superficie un tempo coltivata strizzando l’occhio alle agroindustrie e agli speculatore del legname, mentre dispensano sorrisi forzati e abbracci falsi per i movimenti ambientalisti che ora iniziano a far sentire la loro voce. Il fatto è che in gran parte del nostro territorio nazionale i boschi e le foreste sono visti e utilizzati quasi esclusivamente come risorsa economica. Se è vero che la superficie boscata è aumentata nel corso degli anni, è altrettanto vero che la qualità di tali ambienti lascia a desiderare. Ovunque, su Prealpi ed Appennini si praticano tagli cedui utilizzando macchinari enormi. Proprio recentemente è apparsa la reclame di una di queste mostruosità distruggi-vita che non lasciano in piedi un arbusto, alterano il suolo in modo devastante (occorrono parecchi decenni per rigenerare un solo compromesso dal passaggio di alcuni di questi mega trattori) riempiono l’aria di gas serra e procedono con velocità sempre maggiori nello sterminio della vegetazione. Il taglio ceduo poi lascia dietro di sé pochi e stenti alberi, leggi permissive e scarso controllo contribuiscono a produrre il resto del danno.

Fianchi interi di colline nel Chianti e nel Mugello, dalle Langhe alla Liguria sono compromessi, nessun castagno, quercia, carpino è al sicuro. Mentre la Regione Toscana dichiara l’emergenza climatica, fiumi rigogliosi di vegetazione riparia sono trasformati in deserti, leccete secolari e perfino territori demaniali protetti sono trasformati in biomasse che alimentano le tanto sdoganate centrali, che per funzionare divorano migliaia di metri cubi di legna in tutta la regione. in Italia i boschi che vengono sottoposti a tagli cedui sono il 43% del totale ma se guardiamo esclusivamente ai boschi di latifoglie, ovvero tutti i boschi tranne quelli di conifere il taglio ceduo è operato sul 70% della superficie. Si tratta di un dato apocalittico e basta pensare che dagli studi emerge come il 45% delle erosioni nel nostro paese è dovuto al taglio del bosco. Tutto ciò si traduce in due semplici parole: dissesto idrogeologico. Ovvero la possibilità concreta di alluvioni, smottamenti e frane. È curioso constatare che gli stessi tecnici e politici che spingono verso un maggiore sfruttamento boschivo, sono gli stessi che chiedono più soldi per opere di contrasto al dissesto idrogeologico e che spingono alla cementificazione e all’artificializzazione dei corsi d’acqua e dei versanti. Gli alberi che comunicano tra loro usando i funghi come ponte, gli alberi che sorreggono il suolo del nostre montagne e le sponde dei nostri fiumi, gli alberi che abbassano anche di 6°C la temperatura delle città durante l’estate, gli alberi che danno rifugio a centinaia di specie diverse, dagli insetti agli uccelli passando per rettili e mammiferi, gli alberi antichi che hanno vissuto dal tempo dei dei crociati potrebbero non sopravvivere ai crociati moderni, i predoni delle agromafie, delle multinazionali (che poi sono la stessa cosa). Le foreste potrebbero sparire a causa di scaltri o incompetenti politici per finire in qualche centrale elettrica a biomasse, nel pellet e nella legna delle pizzerie, nei camini. Per formare tutto questo ognuno di noi ha voce in capitolo, piantare nuovi alberi è un azione straordinaria di amore verso la natura e di rispetto per le generazioni future ma non basta. Infatti è necessario prima di tutto ed immediatamente fermare il disboscamento e la deforestazione. Se non se non agiremo in tal senso sarà come curare un raffreddore camminando in costume da bagno nella neve, ma convinti che una tisana calda sistemerà il malanno. Gli alberi sono vittime nel nostro presente, gli alberi e le foreste dovranno essere i protagonisti del nostro futuro.

Fonte: ilcambiamento.it

India: piantare 2miliardi di alberi per combattere disoccupazione e inquinamento

induia

Piantare più alberi per risolvere il problema della disoccupazione giovanile e migliorare la qualità dell’aria. È questa la soluzione proposta dal Ministero dello Sviluppo rurale indiano. Due miliardi di alberi lungo l’autostrada nazionale, stimano i funzionari, garantirebbero circa 300mila nuovi posti di lavoro da distribuire tra i giovani disoccupati presenti nel Paese. Non solo, due miliardi di alberi potrebbero contribuire a migliorare drasticamente la qualità dell’aria di una cittàNuova Delhi, che risulta essere tra le più inquinate al mondo. L’India, come del resto altri grandi Paesi asiatici, tende ad avere grossi problemi di inquinamento. Gli alberi potrebbero essere una risposta concreta. Secondo un recente studio condotto nel Regno Unito, infatti, le foglie degli alberi sarebbero in grado di catturare una notevole quantità di polveri sottili. Per accertarsene, gli scienziati hanno misurato la quantità di inquinamento atmosferico presente nei pressi di un centro abitato di Lancaster, attraverso l’uso di dispositivi di monitoraggio di polveri sottili e particolari tecniche di analisi delle informazioni. Dopo aver collocato di fronte a quattro case una sorta di “schermo” formato da 30 giovani alberi di betulle, disposti in fioriere di legno, i ricercatori hanno analizzato nuovamente i dati della qualità dell’aria dopo appena 13 giorni. Dalle analisi è risultato che, di fronte a tutte e quattro le case, la concentrazione di particelle di metalli era diminuita in una percentuale compresa tra il 52 e il 65%. Nello specifico, PM1, PM 2.5 e PM 10 erano ridotti del 50%. Esaminando poi le betulle al microscopio, i ricercatori hanno confermato che le superfici pelose delle foglie avevano intrappolato le particelle inquinanti, derivanti molto probabilmente dalla combustione o dall’usura dei freni dei veicoli di passaggio sulle strade adiacenti le abitazioni. Il Ministero dello Sviluppo rurale dell’India ha anche sottolineato la necessità della raccolta e conservazione dell’acqua affermando, in particolare, che se il 15% dell’acqua piovana venisse utilizzato, si potrebbe evitare la problematica inerente all’inefficienza delle risorse idriche, alimentando la gente e irrigando il terreno agricolo. Sembra che questo progetto vada ad aggiungersi a una serie di iniziative intraprese dal Paese per sviluppare la propria economia e ridurre l’impatto ambientale. L’India sta infatti investendo anche in energia solare e ha inoltre annunciato di voler stanziare più fondi per progetti sostenibili, raddoppiando la tassa sul carbone. Si era assistito a un’iniziativa simile a quella prospettata di piantare 2miliardi di alberi nelle strade del Paese, già l’anno scorso. Il progetto, arricchito di connotati molto più sociali e simbolici, aveva l’obiettivo di portare l’opinione pubblica a una maggiore considerazione della donna e delle nascite femminili. Allora, si era deciso di piantare 111 alberi nel villaggio Piplantri, per celebrare la nascita di una bambina. La speranza è che accanto a questi progetti sostenibili ne possano nascere molti altri, votati a sensibilizzare l’opinione pubblica di una nazione spesso devastata da episodi di violenza contro le donne.

(Foto: media.canada.com)

Fonte: ambientebio.it/