Indossiamo… tracce nascoste di veleni

Nel settembre scorso Greenpeace, nell’ambito della campagna Detox, aveva chiesto ai marchi dell’abbigliamento outdoor se utilizzassero PFC nei loro prodotti. Gran parte aveva risposta sì ma senza fornire dettagli. Ora sono pronti i risultati dei test di laboratorio…ed ecco quanti veleni ci portiamo addosso ogni giorno!

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Nei mesi scorsi Greenpeace ha acquistato una quarantina di prodotti dell’abbigliamento outdoor e li ha inviati a un laboratorio indipendente per le analisi. I risultati confermano la presenza di PFC nel 90 per cento dei prodotti analizzati, solo quattro articoli ne sono risultati privi. «In 18 prodotti sono state registrate concentrazioni elevate di PFC a catena lunga, ovvero i più pericolosi, nonostante la maggior parte dei marchi dichiari pubblicamente di aver eliminato questi composti dai loro prodotti» spiega Mirjam Kopp, responsabile del Detox Outdoor Global projec. «Il PFOA (Acido Perfluoroottanoico) ad esempio – un PFC a catena lunga responsabile di numerose patologie e malattie gravi come il cancro – è stato individuato in alcuni prodotti di marchi molto popolari come The North Face e Mammut. I risultati confermano lo scarso rispetto di questi marchi per la natura e per la nostra salute: non si fanno scrupolo di usare sostanze chimiche pericolose nelle loro filiere produttive. Insieme a tutti gli amanti della natura e degli sport all’aria aperta li sfidiamo a mostrarci veramente cosa vuol dire essere aziende leader nel rispetto dell’ambiente: per questo motivo chiediamo loro di smettere subito di usare sostanze chimiche così pericolose sottoscrivendo un impegno Detox. Ciò che preoccupa è che queste sostanze si degradano molto lentamente una volta immesse in natura entrando così nella catena alimentare e causando una contaminazione  pressoché irreversibile. Abbiamo trovato i PFC in alcune delle aree più remote del pianeta, in animali come delfini e orsi polari e persino nel sangue umano». I prodotti risultati contenenti Pfc sono quelli di marchi come The North Face, Patagonia, Mammut, Columbia e Haglofs.

Leggete qui il rapporto di Greenpeace

Cosa sono i PFC

I composti perfluorurati (PFC), sono molecole in cui tutti i legami carbonio-idrogeno sono sostituiti da legami carbonio-fluoro. Questi composti sono stati largamente impiegati negli ultimi cinquant’anni in virtù delle loro peculiari caratteristiche chimico fisiche. I PFC si presentano come lunghe catene carboniose (almeno 6 atomi di carbonio tranne i composti più recenti), che terminano con un gruppo polare. Questa struttura chimica conferisce una particolare resistenza termica nonché inerzia chimica, ed una eccezionale idrofobicità e lipofobicità. Caratteristiche queste ultime che hanno reso estremamente differenziato l’impiego dei PFC sia in ambito industriale che in quello domestico (polimeri plastici, carta, fibre tessili e pellame, schiume antincendio, cosmetici, casalinghi, etc.). In totale, si contano 23 classi chimiche di PFC. Queste molecole causano contaminazione ambientale. I PFC risultano resistenti nei confronti delle degradazioni possibili in natura (fotolitica, idrolitica, biotica aerobica o anaerobica) e sono in grado di bioaccumularsi negli organismi viventi, concentrandosi nella catena alimentare. Si sono dimostrati in grado di causare un’ampia gamma di effetti avversi, sia in studi di laboratorio, in vitro e in vivo, che in studi epidemiologici. L’esposizione potrebbe anche incrementare la permeabilità cellulare nei confronti di altri composti tossici, come ad esempio le diossine, potenziandone l’azione. Inoltre, l’interruzione della comunicazione cellulare, di per sé fondamentale per la crescita della cellula, può tradursi nella promozione di crescita cellulare anormale, e dunque nello sviluppo di tumori, specie in caso di esposizione cronica.

Fonte: ilcambiamento.it

Inquinamento in casa, ecco dove si nascondono gli interferenti endocrini

La nostra casa ci sembra il luogo più sicuro e confortevole, distante da inquinamento e veleni. Eppure secondo il dossier di Generations futures siamo circondati da molte sostanze nocive conosciute come interferenti endocrini.perturbatori-endocrini-620x350

Gli interferenti endocrini sono una serie di sostanze che interferiscono con le normali attività del sistema endocrino e contenute in moltissimi ingredienti che compongono alimenti, cosmetici e oggetti che ci circondano. Ad esempio in alcuni cibi sono presenti a causa dei pesticidi utilizzati: peperoni, lattuga, fragole, uva, arance, pesche, pomodori di campo, pesche noci, sedano, patate, cetrioli, pere, mele e ciliegie; ne sarebbero privi: rucola, litchi maturi, barbabietole, mais, mirtilli rossi, zucchine, banane, kiwi, mango, cipolle e melanzane. La contaminazione del pesce a causa del mercurio è tossica per il sistema neurologico umano e risultano più contaminati i pesci predatori come: pesce spada, storione, la cernia, scorfano, salmone atlantico. Sono da preferire per l’alimentazione, invece: acciughe, gamberi, aringhe, ostriche, cozze, salmone selvatico, sardine. Ma le tracce degli interferenti endocrini si trovano anche nel grano, pasta, biscotti, cereali, panini. Non va meglio per i cosmetici dove la presenza del Triclosano in dentifrici, deodoranti e gel doccia e usato come antibatterico, antifungino, antivirale, conservante e anticalcare, va a interferire con il lavoro della tiroide, muscoli e cuore. In cucina troviamo ancora interferenti endocrini nelle padelle antiaderenti con teflon essendo composto da PFC o perfluorinato (PFC) riconosciuto come cancerogeno e interferente endocrino. Usare oggetti con teflon danneggiato o graffiati contamina i cibi. Altro interferente endocrino è il BPA o Bisfenolo A vietato nei biberon ma ancora presente in molti oggetti e utensili da cucina in plastica, come rivestimento interno di scatole, lattine e bottiglie di plastica. Dovrebbe scomparire dal 2015 dai contenitori per alimenti. Tra gli interferenti endocrini compaiono anche i ftlati Utilizzati per ammorbidire la plastica e stabilizzare profumi e presenti in prodotti che usiamo ogni giorno come diffusori di fragranze, oli naturali, bottiglie di plastica, lattine per bevande, scatole di plastica, imballaggi in plastica, vernici, colle, adesivi, cosmetici. Queste sostanze bloccare l’effetto del testosterone e alterano la produzione di ormoni tiroidei. Veniamo alle soluzioni individuate nel dossier di Generations Futures:

Consumare prodotti biologici. L’AFSSA Agenzia francese per la sicurezza alimentare riconosce che:
“La produzione biologica vietando l’uso di pesticidi sintetici, elimina i rischi associati a questi prodotti per la salute umana.

Un recente studio condotto su decine di gruppi di bambini dimostra che la transizione al cibo biologico fa scomparire i residui di insetticidi organofosforati nel loro corpo mostrando la scomparsa dei metaboliti di questi insetticidi dalle urine dei bambini durante l’uso di 5 giorni di cibo biologico! In ogni caso per quanto riguarda gli utensili meglio affidarsi a oggetti prodotti con materiali naturali e evitare di usare il più possibile la plastica per i contenitori alimentari.

Fonte: Neo-Planete, Generations Future