La campagna pesche e nettarine 2014 è già al collasso e i coltivatori per limitare i danni chiedono lo stop della produzione. Per l’Unione Nazionale tra le Organizzazioni dei Produttori Ortofrutticoli, Agrumari e di frutta in guscio è giunto il momento di fermare la produzione di pesche e nettarine poiché quest’anno il crollo dei prezzi, inferiori anche del 40%, sta portando al collasso l’intero comparto. Una caduta così vertiginosa che la stessa Unaproa stenta a credere dovuta probabilmente, dicono gli esperti a una serie di concause tra cui poco consumo di frutta, cambiamenti climatici, forte deperibilità che non consente lo stoccaggio. Il settore pesche e nettarine è considerato particolarmente strategico con oltre 1,5 milioni di tonnellate di produzione il che ci pone come leader europei nella peschicoltura che si sviluppa dal Nord al Sud della Penisola e che coinvolge diverse regioni italiane. In questo settore sono state adottate molte innovazioni che vanno dalla tracciabilità alla lotta integrata il che ci fa portare sulla tavola pesche e nettarine italiane di elevata qualità. Ma tanta qualità in pesche e nettarine non riceve adeguato compenso, sono pagate pochissime sul campo all’agricoltore, anche se poi al supermercato le troviamo a prezzo elevato senza risparmio per il consumatore. Il presidente Unaproa Ambrogio De Ponti va giù duro e dice:
Facciamo fronte comune assieme a Spagna, Francia e Grecia e sospendiamo la produzione di pesche. Serve un gesto shock provocatorio per far sì che vengano finalmente puntati i riflettori sul settore e si colga la reale entità del problema. Chiediamo che vengano definiti a livello europeo, per il tramite del nostro Ministero delle Politiche Agricole e Forestali dei costi di produzione al di sotto dei quali il prezzo pagato ai produttori non possa scendere. È una misura che innanzitutto si appella a una regola etica di rispetto del lavoro, un imperativo morale che impone che sia interrotto il cortocircuito di incompatibilità tra i costi di produzione e quanto riconosciuto dagli acquirenti. I Paesi importatori ci obbligano a produrre certificazioni su certificazioni, con un’incidenza notevole sui costi di produzione, senza garanzie sui prezzi per i coltivatori. Anzi, ben prima della stagione delle pesche, già a febbraio, eravamo a conoscenza di offerte al ribasso promosse dai distributori, non sostenibili.
E veniamo alle proposte di Unaproa che suggerisce di equiparare il ritiro della parte residuale di prodotto alla stregua della beneficenza, ossia senza il cofinanziamento da parte dei produttori il che aiuterebbe a coprire i costi; la seconda proposta è più tecnica e prevede una sperimentazione di 2 anni con la creazione di un fondo di solidarietà a partire da subito usato per calmierare i prezzi. Dice De Ponti:
l’emergenza non è procrastinabile e l’aiuto serve adesso. Inoltre, considerati i costi di produzione inferiori negli altri Paesi esportatori – si parla di circa un 50% in meno per quanto riguarda la Grecia e di un 30% in meno per la Spagna- chiediamo al nostro Ministro dell’Agricoltura un aiuto concreto per poter essere realmente competitivi, a cominciare, per esempio, dal taglio dei costi contributivi e da una protezione, laddove c’è produzione locale italiana, del prodotto interno rispetto a quello estero. La posta in gioco non è di poco conto: è l’implosione stessa dell’intero settore delle drupacee, con i gravi riverberi economici e sociali che la cosa comporterebbe.
«Ci preme in questo contesto sottolineare una volta di più, – conclude Ambrogio De Ponti – prima ancora che come rappresentanti di categoria come cittadini, contribuenti ed elettori dell’Unione europea che, aldilà della crisi contingente, abbiamo l’obbligo di promuovere il consumo di frutta e verdura come incentivo economico-sociale, considerata la sua provata ricaduta benefica sulla salute degli europei e dunque il doppio (indiretto oltre che diretto) impatto positivo sull’economia Ue».
Fonte: Unaproa
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