Il Ponte: l’impresa sociale che dà occupazione ai più fragili

A Invorio, nella splendida cornice tra il Lago Maggiore e il Lago d’Orta, c’è una cooperativa che da anni sta valorizzando il tessuto sociale locale, promuovendo l’occupazione e l’inserimento lavorativo di persone fragili e creando intorno a sé una rete di aziende e imprese che stanno imparando da questo modello improntato alla solidarietà e alla crescita della persona. La storia che mi racconta Mauro Fanchini è una storia di cambiamento e coraggio, è il racconto di un imprenditore nell’ambito della comunicazione che un giorno decide di chiudere la sua attività, stanco di quello stile di vita divenuto per lui insostenibile. E, nella ricerca di un nuovo modo di vivere, si è imbattuto in quella che sarebbe diventata la sua nuova missione, quella di aiutare le persone più fragili accompagnandole in un percorso lavorativo e di crescita e che oggi, con tanta passione, mi racconta.

«Nel mio precedente lavoro come imprenditore non c’era attenzione al valore umano ma esclusivamente il bisogno di inseguire il guadagno. Per questa ragione ho deciso di cambiare vita, senza sapere in che direzione questa mi avrebbe condotto». Dal 2012 Mauro è il direttore della cooperativa Il Ponte, attiva ormai da 30 anni nell’alto novarese, in quella splendida cornice tra il Lago Maggiore e il Lago d’Orta, per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro di persone in situazioni di emergenza, di fragilità, di disabilità e di svantaggio sociale.

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Lo scopo? Trasformare in risorsa sociale ed economica l’operato delle persone che si trovano situazioni di vulnerabilità e per questo escluse da dinamiche lavorative, per riavvicinarle alla società e dare loro un maggior senso di indipendenza.

Immaginiamo un capannone con ampie vetrate al cui interno si trovano diversi tavoli da lavoro dove si svolgono attività di assemblaggio, montaggio, confezionamento e utilizzo materiali poveri, e dove ad ognuno viene assegnata una mansione adeguata alle sue esigenze e capacità.

«La particolarità della nostra cooperativa è che viene strutturata come fosse un’azienda» mi spiega Mauro. Un’azienda, però, incentrata sulla persona, che qui viene accompagnata in un percorso di crescita. A partire dalle mansioni più semplici come inserire un tappo su una penna allo svolgimento di compiti più complessi come saldare i fili per realizzare i cablaggi di un quadro elettrico. Si tratta di piccole tappe di un percorso che passo dopo passo permette a queste persone di acquisire nuove competenze, di mettersi in gioco e prendere sicurezza in se stesse e nelle proprie capacità.

Al momento la Cooperativa collabora con una ventina di realtà locali che operano in diversi settori produttivi e merceologici che offrono svariate tipologie di lavoro: dal montaggio delle scatole di cartone all’assemblaggio di parti o di prodotti finiti, dalle stampanti 3d alla lavorazione di tessuti.

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Ma ciò che più caratterizza la cooperativa è la capacità di mettere in rete le realtà locali, in una sinergia tra le varie organizzazioni per capire, insieme, quale sia il bisogno più immediato per il territorio e contribuire a mantenere lavori che in altre condizioni verrebbero facilmente delocalizzati. per questo motivo nel 2015 ha fondato, insieme ad altre cooperative sociali, imprenditori, consulenti, amministratori pubblici e insegnanti delle scuole l’associazione “Terre tra i laghi”, che ha per scopo di studiare ed elaborare strategie per valorizzare le risorse della zona.

«Ciò che noi vogliamo fare è instaurare un rapporto di collaborazione con le aziende del territorio per mostrare loro l’importanza dell’inserimento lavorativo di persone fragili, replicando e generando nuove attività simili a questa» mi spiega Mauro. «Ad esempio, entro fine gennaio, trasformeremo una piccola cooperativa improduttiva a Gravellona che seguirà il nostro modello e attiveremo dei laboratori di sperimentazione lavorativa che rimetteranno in gioco la manualità e la creatività delle persone».

La cooperativa si impegna quotidianamente a sensibilizzare l’opinione pubblica ma soprattutto il mondo profit e quindi le aziende e le imprese, mostrando loro che lavorare con persone fragili, con disabilità e in situazioni di difficoltà è possibile e si può fare. A tal proposito ha dato vita al progetto “Fare”, una piattaforma che unisce tutte le realtà attive sul territorio, con lo spirito di creare una rete con tutte le organizzazioni che hanno voglia di collaborare insieme.

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«È sempre più forte il bisogno di offrire opportunità alle persone svantaggiate perchè sempre più numerosi sono coloro che fanno fatica ad affrontare la società. Gli ultimi dati che si conoscono rispetto alla disabilità risalgono a 15 anni fa e parlano di un’occupazione intorno al 12%» mi spiega Mauro. «Ma il problema oggi non riguarda solo le persone con disabilità ma bensì le persone fragili. Spesso queste hanno difficoltà a relazionarsi con gli altri, con il lavoro, con le regole e ciò avviene soprattutto perché l’ambiente nelle aziende è molto competitivo e chi è fragile ne risente particolarmente».

Obiettivo è ampliare l’offerta occupazionale con nuove assunzioni e nuovi inserimenti, in accordo con i servizi sociali del territorio. «L’idea è quella di affiancare persone a persone: chi insegna e chi impara, nell’ottica di dare vita ad un’impresa sociale. In questo modo i lavoratori che vengono formati e inseriti in azienda diventano una risorsa: una catena virtuosa che dà il via a una crescita personale, professionale ed economica per tutti gli attori coinvolti. Ecco allora che tutte le attività produttive guardano soprattutto a ciò che ciascuno sa fare con l’obiettivo di aumentare e potenziare autostima, autonomia e responsabilità di chi lavora e di chi sta imparando un lavoro».

«Rispetto al lavoro da imprenditore che svolgevo prima, ora vivo quotidianamente una vera soddisfazione nella relazione, nelle persone, nella speranza che vedo intorno a me. Spesso giungono imprenditori in crisi per vedere come funziona la nostra cooperativa e ne rimangono sorpresi. Dal mio punto di vista la speranza non è un fatto individuale, è un fatto di una comunità. E sono proprio queste persone che fanno la differenza, alimentando una speranza che cresce ed insieme ad essa cresce la comunità stessa».Fonte: https://www.italiachecambia.org/2019/11/il-ponte-impresa-sociale-occupazione-piu-fragili/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Scollocamento, un altro modo di fare imprenditoria

Cambiare, rischiare e provare per superare la crisi attuale ed abbandonare dogmi e schemi non più proponibili. L’associazione Paea lancia il progetto di Scollocamento per imprenditori con l’obiettivo di realizzare un altro modo di fare imprenditoria dove etica, ambiente e persona sono al primo posto.

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“Per una nuova imprenditoria ci vogliono coraggio e idee nuove”

Con la crisi economica e la conseguente chiusura di molte imprese si crea una grande opportunità per ripensare completamente un sistema mercato fallimentare che si preoccupa solo di produrre merci in maniera esponenziale a discapito di persone e ambiente. Che siano in crisi gli imprenditori è facilmente concepibile ma cosa hanno fatto molti imprenditori quando c’erano i periodi di vacche grasse? Hanno accumulato, speso in cose folli, buttato soldi a destra e a manca e adesso si lamentano se sono in crisi. E perché non si è agito per tempo? Per quali motivi si dovrebbero salvare le imprese, per far loro produrre cosa? Riflettere su cosa ha senso produrre e per quale mondo è quanto mai indispensabile. Non è una strada semplice ma di sicuro con più prospettive che la vana attesa che tutto si rimetta in moto come prima e si possa produrre, spendere e spandere senza porsi alcuno scrupolo o problema. Per un cambiamento ci si scontra però con una mentalità come quella imprenditoriale che se da una parte è portata ad essere flessibile e innovativa, dall’altra troppo spesso è attaccata a dogmi e sistemi ormai non più proponibili. Prossimamente infatti si dovrà ripensare tutto in funzione della salvaguardia ambientale e servizi reali alla persona in un quadro di radicale riduzione dei consumi/sprechi a parità di comfort. Quindi non ragionare più in termini classici di crescita economica ma di qualità innanzitutto.

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Con la crisi economica e la conseguente chiusura di molte imprese si crea una grande opportunità per ripensare completamente un sistema mercato fallimentare

Gli spazi di intervento sono molto vasti, si pensi anche solo alla riqualificazione energetica degli edifici, alle fonti rinnovabili, all’agricoltura biologica, al turismo di qualità, alla mobilità sempre meno legata alle automobili, alla localizzazione da opporre alla globalizzazione per la quale necessariamente servirà un recupero e rafforzamento dell’artigianato inteso anche come riscoperta dei lavori e capacità manuali con tutti gli utensili che possono essere di supporto per un artigianato moderno che si richiama alla tradizione. Attendere quindi che tutto riprenda come prima o cambiare, rischiare, provare? Tanto che cosa può succedere oltre la crisi attuale, almeno si potrà dire di averci provato. L’atteggiamento però è spesso quello sbagliato, si vogliono garanzie, sicurezze, si vuole rischiare il meno possibile e così ci si spegne lentamente. Per una nuova imprenditoria ci vogliono coraggio e idee nuove dove l’imprenditore ha un ruolo sociale e si pone in maniera positiva nei confronti dell’ambiente e delle persone, accettando anche di non guadagnare cifre stratosferiche ma di dare un senso al suo lavoro e ai suoi prodotti. Ora è il momento di guardare seriamente in faccia la realtà e saper rischiare ed è questo anche il motivo per cui proponiamo al Parco Energia Rinnovabili il primo corso di Ufficio di Scollocamento per Imprenditori dove si possono avere spunti e idee nuove per cominciare o ricominciare con la prospettiva di un imprenditoria sana e cosciente per il mondo che verrà.

Fonte: il cambiamento

Ufficio di Scollocamento - Libro

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