
Legambiente presenta Pendolaria, il Rapporto sullo stato del trasporto ferroviario in Italia “Nel 2019 si rischia un taglio del servizio. Basta parlare di Tav; qual è la strategia di Governo e Regione per i pendolari?”
C’è un’Italia in movimento, che aspetta il treno. Il trasporto ferroviario è un po’ lo specchio del Paese e delle sue contraddizioni, con segnali di straordinaria innovazione e regioni dove, invece, il degrado del servizio costringe centinaia di migliaia di persone a rinunciare a prendere il treno per spostarsi. A raccontare quanto succede sulle ferrovie italiane è il rapporto Pendolaria di Legambiente, che dal 2008 analizza ogni anno la situazione del trasporto ferroviario in Italia, con numeri e storie e il duplice obiettivo di illustrare i risultati di politiche e investimenti e di dare forza alla costruzione di un paese più sostenibile. Il numero dei passeggeri a livello nazionale aumenta, toccando quota 5,59 milioni e segnando un nuovo record rispetto al 2012 (+7,9% in 4 anni). Sono infatti 2 milioni e 874 mila coloro che ogni giorno usufruiscono del servizio ferroviario regionale e 2 milioni e 716 mila quelli che prendono ogni giorno le metropolitane, presenti in 7 città italiane, in larga parte pendolari. E per entrambi i numeri sono in crescita, come per l’alta velocità. Ma il paradosso c’è: diminuiscono i chilometri di linee disponibili e la crescita nasconde differenze rilevanti nell’andamento tra le diverse Regioni e tra i diversi gestori. In alcune parti del Paese la situazione è migliorata, mentre in altre è peggiorata e si è ampliata la differenza nelle condizioni di servizio. Se tra Firenze e Bologna, per esempio, l’offerta di treni non ha paragoni al mondo, con 162 treni che sfrecciano a 300 km/h nei due sensi di marcia ogni giorno, in diverse parti del Piemonte migliaia di persone non prendono più il treno per via dei tagli e del degrado del servizio. Il trasporto ferroviario soffre in particolar modo della riduzione dei finanziamenti statali, con una diminuzione delle risorse stanziate tra il 2009 e il 2018 pari a -20,4%, a cui si potrebbe aggiungere nel 2019 un ulteriore taglio di 300 milioni, per una clausola di salvaguardia nella legge di Bilancio che ha buone probabilità di scattare vista la situazione economica. A quel punto le risorse in meno sarebbero oltre il 6%, rispetto allo scorso anno, con la conseguenza di vedere meno treni nelle Regioni.
“In Piemonte i dati
indicano che l’emorragia di pendolari degli anni scorsi non si è ancora
arrestata. Per questo ci auguriamo che la riapertura ad inizio anno della linea
Saluzzo-Savigliano non resti una notizia positiva ma isolata, e che vengano
gettate le basi per la riapertura di tutte le linee tagliate nel 2011 –dichiara
Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. Quella
delle grandi opere è una falsa priorità e i numeri lo dimostrano in modo
lampante. Il vero deficit da colmare è nelle città e in un servizio ferroviario
regionale con troppe carenze. Più che di una sterile e inopportuna campagna
pro-Tav il Piemonte ha bisogno di affrancarsi dal ruolo di fanalino di coda tra
le regioni del Nord Italia, investendo con forza a favore di un trasporto
ferroviario pendolare di qualità”.
In Piemonte nel 2017 sono state in media 166.445 le persone che ogni
giorno hanno preso un treno, in diminuzione rispetto al 2016 quando
si attestavano a 167.556 mila. Per tornare almeno ai 175.400 viaggiatori
del 2011, anno in cui sono state cancellate 14 linee cosiddette “minori”, per
Legambiente servono maggiori investimenti. In Piemonte gli stanziamenti
per il servizio ferroviario si attestano a 5,51 milioni di euro l’anno,
appena lo 0,05% del bilancio regionale. Il paragone con le vicine regioni del
Nord Italia non regge: la Lombardia stanzia per il servizio ferroviario 176
milioni di euro, l’Emilia Romagna 37 milioni di euro, il Veneto 16,7 milioni.
L’Italia, insomma,
è spaccata a metà, con 9 Regioni e le
due Province autonome in cui i passeggeri sono aumentati e 10 in cui
sono diminuiti o rimasti invariati. Cresce il numero di persone che prende il
treno al nord – come in Lombardia (750 mila), è triplicato dal 2001 in Alto
Adige, raddoppiato in Emilia-Romagna, cresciuto di 60 mila in Puglia.
Analoghi i successi della metropolitana a Milano (con più passeggeri delle
altre 6 città italiane dotate di metro), dei tram a Firenze e a Bergamo. Molto
diversa la situazione del Piemonte dove a causa delle linee soppresse i passeggeri
sono calati del 4,4% mentre è drammatica in particolare la situazione in
Sicilia, dove si è passati da 50.300 a 37.600 viaggiatori (dal 2009 ad oggi) in
una Regione con 5 milioni di abitanti e grandi spostamenti pendolari, e in Campania
dove si è passati da 413.600 viaggiatori a 308.500 (ma con un trend in risalita
negli ultimi anni).
“Sono tanti i segnali positivi dalle città e dalle Regioni –commenta Edoardo
Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente– che mostrano una disponibilità
delle persone a usare treni e trasporto pubblico locale, confermata da tutte le
indagini. Quest’anno raccontiamo con tante storie proprio come ovunque siano
arrivati nuovi treni, sia stato migliorato il servizio e il numero dei
passeggeri sia cresciuto in modo esponenziale. Ma sono troppe le Regioni in
cui, al contrario, è stato ridotto il numero dei treni, sono diminuiti anche i
pendolari che ne usufruiscono e sono stati costretti a usare i mezzi privati. I
risultati prodotti dagli investimenti dimostrano che si può davvero migliorare
la vita delle persone, riducendo l’inquinamento e le emissioni di gas serra
generate dai trasporti, ma occorre avere una chiara idea dei problemi da
affrontare, per allargare il cambiamento a ogni parte d’Italia. Se si vuole
davvero migliorare la situazione per i pendolari, gli ambiti di intervento sono
quattro: aumentare le risorse, coordinare e controllare quanto avviene sulla
rete, cambiare le priorità infrastrutturali e fermare il taglio delle
cosiddette linee secondarie. Ad oggi –prosegue Zanchini– non si è capito
quale idea abbia il governo per il rilancio dell’offerta per i pendolari e per
il trasporto pubblico locale. Si fa un gran parlare di Tav, ma il rischio è che
come nelle precedenti legislature vadano avanti solo le autostrade, mentre le
opere che servono ai pendolari rimangono ferme, rinviate e incompiute”.
Il cambiamento
avvenuto negli spostamenti nazionali è rilevante, con numeri comunque inferiori
rispetto alle tratte regionali: 40 mila persone circa che prendono ogni giorno
gli Intercity e 170 mila l’alta velocità (tra Frecce di Trenitalia e Italo) per
spostarsi su collegamenti nazionali. Le persone che prendono il treno ogni
giorno aumentano sia sui treni a lunga percorrenza, in particolare con il clamoroso
successo dell’alta velocità, sia sui treni regionali e sulle ferrovie
metropolitane, purché ci siano. Perché se in questo inizio di secolo sono state
costruite nuove linee ad alta velocità per
1.213 chilometri, nel frattempo sono avvenute cancellazioni per 1.120 km è
sospensioni in altri 321 km, in territori rimasti ora senza collegamenti
ferroviari. Come poche volte in passato, i pendolari sono stati al centro degli
annunci del ministro delle Infrastrutture in questo inizio di legislatura. E
nel contratto di governo tra i due partiti che compongono la maggioranza
l’impegno è scritto con chiarezza. Tuttavia, in questi mesi, anche in
conseguenza del crollo del viadotto Morandi a Genova, al centro dell’attenzione
politica ci sono state le scelte sulle grandi opere. Nella legge di bilancio
ci sono alcune misure positive per interventi nelle città e sulla rete
ferroviaria. Inoltre è stato istituito un fondo presso il ministero
dell’Economia finalizzato al rilancio degli investimenti
delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese
e una quota del fondo è destinata alla realizzazione, allo sviluppo e alla
sicurezza di sistemi di trasporto pubblico di massa su sede propria.
Purtroppo negativa e in continuità con il passato è la scelta di destinare
ingentissime risorse all’autotrasporto anche in questa legge di bilancio.
Sono stanziati 1,58 miliardi di euro per le esenzioni dell’accisa
all’autotrasporto merci, a cui si sommano 240 milioni di euro per
rimborsi vari. Va ricordato poi che nel decreto Genova sono stati previsti 20
milioni di euro per gli autotrasportatori. Secondo Legambiente se il ministro
Toninelli vuole davvero rilanciare il trasporto ferroviario pendolare deve
aumentare le risorse, perché quelle attuali sono di oltre il 20% inferiori al
2009, e rischiano di ridursi ulteriormente se non si blocca la clausola nella
legge di bilancio. Il ministero delle Infrastrutture deve poi esercitare un
vero ruolo di coordinamento e controllo sulla rete, per evitare che continuino
tagli e disservizi in alcune Regioni. E occorre cambiare le priorità
infrastrutturali: mancano 10 miliardi di euro per le 26 incompiute che servono
ai pendolari italiani, individuate da Legambiente, mentre sono previste
ingenti risorse per autostrade e altre strade. Secondo Legambiente, la sfida
per il rilancio del servizio ferroviario in Italia consiste nel puntare
sulle città,che sono il cuore della domanda di trasporto nel nostro
Paese, sul Sud, dove i ritardi e i problemi sono incredibili, e su un
progetto di mobilità sostenibile per la grande area inquinata della Pianura
Padana. “Nel rapporto presentiamo proposte concrete che consentirebbero di
rilanciare le città e l’economia italiana. Ci auguriamo che il governo del
cambiamento scelga di percorrere questa strada” aggiunge Zanchini.
Legambiente sottolinea come nel bilancio dello Stato già esistano le risorse per realizzare un salto di qualità nel servizio ferroviario. Il problema è di indirizzare le rilevanti risorse presenti in maniera differente rispetto ad oggi, ridisegnando con chiari obiettivi le entrate legate ai trasporti (accise, Iva, tariffe autostradali, ecc.) e le voci di spesa (sussidi all’autotrasporto, servizio ferroviario, infrastrutture). In particolare per rilanciare il trasporto ferroviario servono risorse per: potenziare il servizio ferroviario regionale, e per garantire che il numero di treni sulla rete aumenti servono almeno 500 milioni di euro all’anno da destinare al fondo per il TPL e il trasporto ferroviario regionale per potenziare il servizio al sud con Intercity e Frecce; rilanciare gli investimenti infrastrutturali davvero utili al sud e nelle città, garantendo che almeno 2 miliardi di euro all’anno dei fondi introdotti con le Leggi di Bilancio 2018 e 2019 per gli investimenti dello Stato siano indirizzati a nuove linee di tram e metropolitane nelle città; acquistare nuovi treni per potenziare il servizio regionale e intercity, aggiungendo agli investimenti previsti almeno 600 milioni di euro all’anno per continuare il rinnovo del parco regionale circolante.
Dossier completo:
Fonte: ecodallecitta.it