Comunità energetiche: approvato l’emendamento nel MilleProroghe

C’è il sì alla nascita delle cosiddette “comunità energetiche” con l’approvazione nel decreto Mille Proroghe dell’emendamento che detta i criteri per la produzione e lo scambio di energia da fonti rinnovabili.

Comunità energetiche: approvato l'emendamento nel MilleProroghe

C’è il sì alla nascita delle cosiddette “comunità energetiche” con l’approvazione nel decreto Mille Proroghe dell’emendamento che detta i criteri per la produzione e lo scambio di energia da fonti rinnovabili.  L’approvazione è arrivata da parte delle commissioni Affari Costituzionali e Bilancio della Camera. Il testo votato promuove la creazione di comunità energetiche e di sistemi di autoconsumo da fonti rinnovabili. Si potranno valorizzare lo scambio di energia da fonti rinnovabili per utenze poste all’interno della rete di distribuzione (progetti locali) e la creazione di vantaggi per l’energia autoconsumata istantaneamente, in modo da spingere configurazioni capaci di soddisfare al meglio i fabbisogni e di integrare sistemi di accumulo e di mobilità elettrica, sistemi efficienti, riducendo così lo scambio con la rete e contribuendo alla stabilità del sistema.

I condomini potranno installare pannelli sui tetti per poi dividere l’elettricità prodotta e agli imprenditori di una determinata area sarà consentito avere un impianto unico, eliminando le barriere che fino a oggi impedivano di scambiare energia pulita, ad esempio, in un distretto produttivo. L’emendamento, firmato dal senatore M5S  Gianni Girotto, dovrebbe approdare in Aula, alla Camera, mercoledì. Si tratta di una misura che anticipa il recepimento della direttiva europea 2018/2001 dedicata alla promozione delle fonti rinnovabili e che promuove la creazione di comunità energetiche e di sistemi di autoconsumo da fonti rinnovabili. L’obiettivo è far diventare i cittadini ‘prosumer’ (produttori e consumatori).

LA FASE SPERIMENTALE

Per il momento, ci sarà una fase sperimentale nella quale sarà consentito installare impianti non superiori a 200 kilowatt di potenza (per la realizzazione delle configurazioni a bassa tensione), che dovranno entrare in esercizio dopo l’approvazione definitiva del Milleproroghe e con un limite di tempo (fino al 30 giugno 2021). Si prevedono incentivi non cumulabili con quelli già in corso per lo ‘scambio sul posto’, ossia chi immette energia in rete. Resteranno, invece, le detrazioni fiscali per gli impianti rinnovabili. L’energia prodotta potrà essere consumata subito, immessa in rete oppure ‘caricata’ in accumulatori ed essere usata in seguito.

“Finalmente sarà possibile produrre e scambiare l’energia pulita – ha commentato Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – nei condomini e tra imprese, tra edifici pubblici e attività commerciali. In questo modo si apre la strada per progetti locali di impianti solari in autoproduzione ma anche per scambiare localmente l’energia in eccesso, con riduzione di sprechi e vantaggi tanto ambientali quanto economici per imprese, famiglie e comunità”.

Fonte:ilcambiamento.it

Ecco l’impianto solare più grande al mondo: dà corrente a 80mila rifugiati siriani

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Il più grande impianto solare mai costruito si trova in un campo profughi a Za’atari in Giordania. Ben 40mila pannelli fotovoltaici per rifornire di energia elettrica 80mila rifugiati. Quando le rinnovabili incontrano il sociale…

È stato inaugurato a novembre del 2017 il più grande impianto solare mai costruito. La centrale, costituita da ben 40mila pannelli fotovoltaici si trova nel campo profughi di Za’atari, in Giordania. Il progetto, che rifornisce di energia ben 80mila rifugiati siriani, è stato finanziato dal governo tedesco attraverso la KfW Development Bank che ha investito 15 milioni di euro per la realizzazione di un’opera che può produrre fino a 12,9 megawatt.

Ecco di che cosa si tratta.

L’impianto solare che nasce nel campo profughi

Nel campo rifugiati di Za’tari, i profughi siriani possono accedere all’energia elettrica grazie al più grande impianto solare mai costruito. Una centrale capace di ridurre le emissioni annuali di biossido di carbonio di 13 mila tonnellate all’anno. Un quantitativo pari a 30 mila barili di petrolio. Un modo per garantire un bene importantissimo a chi non ha più nulla. L’impianto solare, inoltre, garantisce un risparmio annuo di circa 5,5 milioni di dollari, che l’UNHCR, l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, reinvestirà in assistenza umanitaria.

L’impianto solare

La centrale si trova alla periferia del campo di Za’atari ed è composta da 40 mila pannelli fotovoltaici disposti in file lunghe centinaia di metri. Un’area pari a circa 33 campi da calcio. Il merito del progetto, però, non è solo quello di aver rifornito di energia elettrica i rifugiati. Per la costruzione dell’impianto solare, infatti, sono state impiegate non solo persone che vivevano al di fuori del campo, ma anche 75 rifugiati siriani. Un’occasione per lavorare e acquisire competenze che, si spera, potranno essere adoperate nel prossimo futuro.

Gasem, 31enne siriano, afferma:

«Io e gli altri rifugiati siriani che hanno lavorato al progetto abbiamo tratto molti benefici da questa esperienza. Abbiamo sviluppato le nostre conoscenze e le nostre competenze tecniche e, personalmente, mi ha anche permesso di trovare un lavoro in un altro progetto legato al solare al di fuori del campo».

Il nuovo impianto solare fornirà energia elettrica per 12-14 ore al giorno, permettendo non solo di illuminare il centro, ma anche di migliorare la conservazione dei cibi e accedere a standard di igiene più accettabili. La situazione precedente era molto difficile. A causa degli alti costi di produzione dell’energia, la disponibilità di corrente era limitata a sole 6 massimo 8 ore dopo il tramonto. La centrale è stata inoltre collegata alla rete nazionale della Giordania. L’energia prodotta e inutilizzata, quindi, sarà reimmessa nella rete per supportare il fabbisogno energetico della comunità locale.

Riduzione delle emissioni e assistenza umanitaria

La creazione dell’impianto solare nel campo profughi di Za’atari ha permesso alla Giordania di ridurre di 13 mila tonnellate all’anno le emissioni di biossido di carbonio. L’enorme risparmio economico che ne deriva sarà reinvestito nell’ulteriore assistenza umanitaria dei circa 650mila rifugiati siriani registrati nel paese.
La centrale non è l’unico esempio di come le rinnovabili possano svolgere anche una funzione sociale. Ricordiamo ad esempio il progetto del Perù di qualche anno fa, finalizzato a garantire l’accesso gratuito all’elettricità agli oltre due milioni di abitanti più poveri.

Fonte: ambientebio.it

Francia, inaugurato il primo chilometro di autostrada solare

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Lo scorso 22 dicembre in Francia è stato inaugurato il primo tratto di autostrada a energia solare, un chilometro di provinciale all’interno del Comune di Tourouvre-au-Perche, in Normandia, progettato in pannelli solari fotovoltaici sui quali transiteranno i veicoli.  A realizzare il progetto e l’opera sono stati l’impresa Colas (del gruppo Bouygues) e l’Istituto nazionale per l’energia solare francese, che hanno messo in piedi una partnership con l’università della Savoia: la strada è composta da 2.800 metri quadrati di pannelli fotovoltaici al suolo, sotto forma di “piastrelle” e rivestite con una speciale resina che consente loro di sopportare anche il peso dei Tir più grandi, garantendo al contempo la stessa aderenza dell’asfalto. L’energia elettrica prodotta dai pannelli sarà immessa nella rete elettrica locale: il chilometro di strada fotovoltaica permetterà di erogare illuminazione pubblica per una cittadina di circa 5.000 abitanti. Il costo non è per nulla contenuto, 5 milioni di euro finanziati dal governo parigino per appena un chilometro di strada, e i benefici sarà possibile calcolarli sul medio e lungo periodo solo tra qualche tempo. Resta tuttavia un’esperimento molto interessante: il test in Normandia durerà un paio d’anni durante i quali i tecnici francesi stimano che il tratto verrà percorso da circa duemila veicoli al giorno e che l’energia prodotta in un anno supererà i 280 megawattora. L’energia prodotta potrà anche essere utilizzata per le colonnine di ricarica delle auto elettriche, un mercato sempre più in espansione anche in Francia. Se tutto andrà bene e se i risultati del test saranno soddisfacenti il governo francese ha già annunciato la visione futura: Ségolène Royal, ministro dell’ecologia e dell’energia, ha infatti dichiarato nel febbraio scorso che l’intenzione è quella di implementare oltre 1.000 km di strade con pannelli solari fotovoltaici entro i prossimi cinque anni. Forse saranno di più ma certamente il futuro è già qui.

Fonte: ecoblog.it

5 consigli per risparmiare e rendere la casa ecologica

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Rendere la propria casa ecologica è un dovere che ognuno di noi dovrebbe rispettare: una casa eco-friendly, infatti, non solo fa risparmiare sugli sprechi energetici, ma fa anche un favore al pianeta, limitando di molto lo spreco delle sue preziosissime risorse. Inoltre, è assolutamente il caso di approfittare della Legge di Stabilità per apportare le giuste modifiche alla propria casa, usufruendo delle convenienti detrazioni fiscali. Ecco 5 consigli per rendere la vostra casa ecologica.

Scegliere il piano energetico

Il primo passo per limitare i consumi superflui di energia è optare per un piano energetico pensato appositamente per voi.  Questo significa scegliere i fornitori di energia più convenienti per la vostra situazione e per i vostri consumi. Consultate indirizzi web come questo www.facile.it/energia-luce-gas/compagnie.html  che raccolgono tutti i prezzi e le offerte di diversi fornitori di energia e rendono più facile la scelta della tariffa migliore. La caduta del monopolio Enel ha  abbassato i costi energetici, creando un mercato concorrenziale attraverso il quale è possibile risparmiare molto sulla bolletta.
Installare i pannelli fotovoltaici

Una delle soluzioni migliori per risparmiare le risorse del pianeta, utilizzando energia pulita, è senza dubbio l’installazione dei pannelli fotovoltaici: questi strumenti consentono di immagazzinare l’energia del sole e di sfruttarla per la luce elettrica e per il riscaldamento dell’acqua. Utilizzando i pannelli solari, non solo coprirete i vostri consumi, ma potrete anche vendere l’energia in esubero e metterla a disposizione degli altri. Gli impianti fotovoltaici costano, ma sarà una spesa che si ripagherà molto velocemente.

 

Sfruttare il calore geotermico

I raggi solari diretti non sono l’unica fonte di energia pulita che potete sfruttare per risparmiare sugli sprechi energetici. Anche il sottosuolo, infatti, fornisce un grande quantitativo di calore: ancora una volta merito dei raggi solari, il cui calore viene immagazzinato dal terreno. Il segreto sta nel saperlo sfruttare: in commercio è possibile trovare numerosi impianti in grado di sfruttare la geotermia per riscaldare gli ambienti della casa, e per risparmiare tanti soldi.

Utilizzare i doppi vetri

Una delle cause maggiori degli sprechi energetici è rappresentata dalla dispersione del calore dell’abitazione verso l’esterno: colpa dei vetri e degli infissi, normalmente non in grado di mantenere costante il calore all’interno dell’abitazione. Per questo motivo, il consiglio è di procedere all’acquisto e all’installazione dei doppi vetri, in grado di proteggere la vostra casa dalle fughe di calore. Utilizzare i doppi vetri può portare anche al risparmio di svariate centinaia di euro ogni anno, sempre che li utilizziate nel modo corretto: lasciare aperte le finestre, infatti, vanificherebbe tutto.

Proteggere le mura esterne dell’abitazione

Un altro metodo per risparmiare sui consumi è dotare la propria abitazione di una struttura in grado di mantenere il calore all’interno della casa: la logica è la stessa alla base dei doppi vetri, ma i vantaggi sono decisamente maggiori. Si può proteggere la propria casa ricoprendola con un cappotto, una sorta di fodera esterna montata al di fuori dell’abitazione, oppure procedere alla coibentazione interna delle pareti con la tecnica dell’insufflaggio.

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L.P.

Hikari, l’isolato che produce più energia di quanta ne consuma

Inaugurato a Lione un isolato a energia positiva. Gli edifici che lo compongono sono stati progettati dall’architetto giapponese Kengo Kuma

TO GO WITH AFP STORY BY FREDERIC GARLAND A photo taken on September 11, 2015 shows buildings in the Hikari development in the Lyon Confluence district. The development, built with green technologies, will be inaugurated on September 15. AFP PHOTO / JEFF PACHOUD        (Photo credit should read JEFF PACHOUD/AFP/Getty Images)

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Lione è stato inaugurato Hikari, il primo isolato a energia positiva, vale a dire in grado di produrre più energia di quanta ne consumi. Fra Rhône e Saône questo complesso di tre edifici progettato dall’architetto giapponese Kengo Kuma si trova all’interno di un eco-quartiere patrocinato dal WWF che nel 2020 dovrà riuscire a raggiungere un ambizioso traguardo: quello di produrre meno emissioni di CO2rispetto al 2000, il tutto su di una superficie di un milione di metri quadrati. Hikari spinge i limiti in materia di consumo energetico oltre tutti i confini finora conosciuti: nei 12800 metri quadrati dei tre edifici sono state utilizzate tutte le migliori soluzioni dell’architettura bioclimatica. “La principale innovazione di Hikari risiede nella mutualizzazione dell’energia prodotta” spiega Ana Vidal-Andujar, direttrice dell’Immobilier Sud-Est del gruppo Bouygues che ha collaborato con la giapponese Nedo e con la Toshiba. I tre edifici comunicano fra di loro per ripartire meglio le loro esigenze. L’eccedenza energetica è stoccata e restituita nelle ore di più forte richiesta. Uffici e alloggi non hanno gli stessi cicli energetici: quando i primi sono vuoti, gli alloggi raggiungono il consumo massimale. La produzione di energia è assicurata dai pannelli fotovoltaici installati sul tetto e sui balconi degli appartamenti con l’integrazione di un cogeneratore alimentato con olio di colza. Anche il raffreddamento senza consumi e tirate le somme fra produzione e consumo, si scopre che Hikari produce una quantità di energia dello 0,2% superiore ai propri consumi. Le performance energetiche vengono monitorate costantemente e ogni appartamento o ufficio può gestire autonomamente i propri consumi energetici.

Fonte:  Le Monde

“Risparmiare risorse è il nuovo umanesimo”: PeR, il Parco dell’Energia Rinnovabile

Mini pale eoliche, pannelli fotovoltaici e per il solare-termico di vario tipo immerso in prati, colline e campi agricoli. In Umbria, precisamente a Frazione Frattuccia, sorge il PeR, Parco dell’Energia Rinnovabile. Si tratta di “un centro scientifico, divulgativo e ricreativo in prima linea nella ricerca e nella sperimentazione di tecnologie, processi e azioni virtuose che migliorino la vita dell’uomo e riducono l’impatto delle attività della società civile sul pianeta”.

Al PeR si offre anche accoglienza, formazione e didattica per piccoli e grandi, relax e cultura.

Tutto è iniziato nel 1999 quando è stato acquistato il rudere ed è iniziata la ricostruzione. A dar vita al centro è stato Alessandro Ronca (per saperne di più leggi il box a destra), presidente e Socio fondatore del PeR, che dopo anni di esperienza in paesi dalle difficili situazioni ambientali, in particolare in Africa, ha dedicato la sua preparazione sulle nuove tecnologie energetiche per ideare il Parco dell’Energia Rinnovabile con lo scopo di promuovere e perseguire uno stile di vita sostenibile.  Il PeR sorge volontariamente in un luogo privo di acqua potabile, di pozzi, o di fonti. “Volevamo dimostrare – spiega Alessandro Ronca – che si poteva essere autosufficienti anche in condizioni ‘difficili’. Se ci riescono in Africa, possibile che non ci si riesca in Umbria? Abbiamo così realizzato un complesso sistema di recupero e depurazione delle acque piovane unito ad una riduzione drastica dei consumi per l’intera struttura”. Efficienza energetica, distribuzione integrata dell’energia, autonomia energetica condivisa ed un uso ottimale dell’acqua sono dunque i principi  fondamentali che regolano il PeR. Questa, tuttavia, è una delle molte possibili idee di sistema ecologico. “Ogni luogo, ogni clima, ogni progettista, ogni contesto paesaggistico, ogni destinazione d’uso, la presenza o meno in loco di pietre e legno a chilometri zero, ogni diverso decennio di storia delle tecnologie dolci, ha le proprie priorità. Ne deriva una sorta di ‘stile’ dell’efficienza energetica. Ecco, voi siete benvenuti nel nostro stile, vi spiegheremo tutto ma senza la presunzione di insegnare niente, solo di testimoniare. L’unica asserzione assoluta che sentirete da noi, dunque, è questa: non imitate nessuno e traete ispirazione da tutti, cercate anche voi il vostro stile”.

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I fondatori stessi del PeR, portando avanti il loro progetto, hanno nel tempo modificato le loro convinzioni in merito alla sostenibilità. “Quando abbiamo iniziato – racconta Alessandro Ronca – ho cercato di usare più tecnologia possibile. Liberarsi dai condizionamenti, infatti, è uno dei passi più difficili da compiere. Via via mi sono reso conto che le tecnologie ‘più semplici’ sono spesso le più sensate”.  In quest’ottica, tutto al PeR comincia dalla più antica delle tecnologie umane per produrre calorie: l’agricoltura. Quella del Parco dell’Energia Rinnovabile è un’agricoltura “moderna”, nel senso vero della parola: abolizione dei fertilizzanti artificiali e degli antiparassitari chimici, lotta integrata, compostaggio, associazione, rotazione, dissuasori fotovoltaici per tener lontani i cinghiali, grandi cisterne per l’acqua piovana. “L’agricoltura del futuro non è quella della chimica e delle serre di plastica, quello è un retaggio novecentesco che non ha mantenuto la sua promessa di togliere il mondo dalla fame, anzi ha aumentato le differenze tra ricchi e poveri, provocato l’ inurbamento di metà della popolazione mondiale, impoverito i terreni, generato la selezione di nuovi parassiti famelici”.8436810019_50db196470_h

In linea con questo principio, il PeR è divenuto anche un presidio Slow Food della “fava cottora”, un legume che necessita di pochissima acqua per vivere e contiene “straordinarie qualità nutritive”.  Ogni attività al PeR, riflette dunque la filosofia del centro: “Vogliamo essere felici e rendere felici. Risparmiare risorse non è un sacrificio, è il nuovo edonismo, è il nuovo umanesimo. È lo spreco che comporta, a lungo termine, infelicità, sacrifici e lutti”.

 

Il sito del PeR 

Fonte:  italiachecambia.org/

Bastano 60 mila kmq di pannelli fotovoltaici per fornire energia a tutto il Pianeta?

Basterebbero circa 60 mila kmq di pannelli fotovoltaici per garantire energia elettrica a tutto il Pianeta

Secondo la tesi di laurea presentata alla Technical University of Braunschweig da Nadine May, basterebbe riempire una superfice di circa 60 mila mq con pannelli fotovoltaici per fornire energia a tutto il mondo. Qualcosa pari allo Stato della West Virginia, insomma.AreaRequired1000-620x350

Ma allora perché non si installano semplicemente pannelli solari nelle aree più soleggiate del Pianeta? Perché più i pannelli sono distribuiti uniformemente e meglio è. La localizzazione potrebbe contribuire a diversificare le infrastrutture, ridurre le perdite di potenza inevitabili che si verificano con distanze di trasmissione lunghi e permettere a più paesi di condividere gli oneri di installazione e manutenzione. Abbiamo attualmente un sistema di produzione di energia centralizzato basato sul petrolio e tra i 10 paesi produttori principali almeno due sono in guerra e cinque sono considerati instabili. Il che ci dice che l’approvvigionamento potrebbe subire ripercussioni di varia natura come nel caso del conflitto Russia – Ucraina. Di certo l’autonomia energetica sta diventando una delle necessità dell’era contemporanea poiché l’approvvigionamento delle materie prime è spesso al centro di conflitti se non diretti anche indiretti. Le fonti rinnovabili vanno verso la direzione giusta e i paesi con alto irraggiamento solare sono ovviamente i più avvantaggiati. Ma in realtà sono i paesi più ricchi del Nord dell’Emisfero, sebbene con minor irraggiamento solare a approfittare dei pannelli fotovoltaici. Con soli 65 giorni di sole all’anno la Germania è stata definita leader dell’energia solare avendo ottenuto più della metà della sua energia totale dal Sole attestando una crescita del 34% per quest’anno. I pannelli fotovoltaici che attualmente usiamo però ci forniscono appena il 20% dell’energia catturata dal Sole e per diventare una valida fonte di approvvigionamento su larga scala ne dovrebbero catturare molta di più.

Fonte: CSMonitor
Foto | Land Art Generator

La casa che produce energia testata a Stoccarda

La prima casa che risparmia energia grazie alla domotica è stata costruita a Stoccarda nel quartiere WeissenhofsiedlungWerner-Sobek-2-270x360

B 10 è una casa energeticamente attiva: il nuovo termine è stato coniato dall’ingenere che l’ha progettata, Werner Sobek, docente di bioedilizia all’Università di Stoccarda che ha inteso così porre l’accento sul fatto che l’edificio che ha strutturato produce più energia di quanta ne consumi. Il progetto di Werner Sobek, finanziato dal governo federale punta allo standard Triple Zero® poiché l’edificio così potrà interagire e caricare veicoli elettrici grazie alla produzione di energia con pannelli fotovoltaici. Ma cos’è esattamente lo standard Triple Zero®? Lo spiega proprio Sobek che dice:

Il concetto di Triple Zero® da me coniato introduce un radicale requisito nel campo delle caratteristiche tecniche degli edifici sostenibili. Io dico che dobbiamo costruire in modo tale che le nostre case non abbiano bisogno di energia prodotta da materie fossili: zero energia fossile. Non produrre emissioni dannose: zero emissioni. Non lasciare rifiuti da costruzione, ristrutturazione o demolizione, ma reintrodurre in un ciclo tecnico o biologico tutti i materiali: zero rifiuti.

Quindi B 10 supera il concetto di casa passiva tanto da non avere necessità di un sistema di riscaldamenti ma puntando tutto sull’isolamento termico per trattenere il calore in inverno. B 10 che prende il nome dalla strada in cui è stata collocata, essendo una casa prefabbricata in acciaio e vetro riciclabili al 100%. B 10 è un progetto di ricerca triennale in fase di test: è aperta ai visitatori dopo di che sarà abitata da due studenti. Durante questa fase, i dati sull’efficienza energetica e i dispositivi di rete intelligente saranno valutati dall’università di L’Università di Stoccarda. Appena un anno fa un prototipo simile, un po’ più grande, da 130 mq era stato installato a Berlino e abitato da una famiglia di 4 persone. B 10 però non ha nulla in comune con la classica casa prefabbricata low cost poiché viene garantito massimo comfort e è personalizzabile nelle dimensioni e attrezzature. Il prototipo di Stoccarda ha una superficie di circa 80 metri quadrati e tutti gli impianti elettrici e per la domotica sono nascosti nelle intercapedini del soffitto o a pavimento. Stima Sobek che le case come B 10 presto saranno disponibili per l’acquisto a un costo di circa 3000 euro per metro quadrato e i proprietari non dovranno però mai pagare una bolletta elettrica. Attualmente Sobek riceve le richieste dall’estero per realizzare case attive. Per la Germania, l’architetto prevede che nel prossimo futuro tutte le case possano presentare reti attive con il vantaggio di usare energia proveniente da fonti sostenibili.

Fonte:  Werner SobekDuravitGreen Wiwo

Foto | Green Wiwo

Uno studente nigeriano inventa l’auto che cammina sfruttando vento e sole

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Segun Oyeyiola, uno studente d’ingegneria nigeriano  della Obagemi Awolowo University, ha convertito un maggiolino della Volkswagen in un’auto a energia eolica e solare, pronta a sfruttare le condizioni metereologiche estreme, presenti nel suo Paese, per ricaricarsi. Il progetto è stato portato a termine con un budget di 6mila dollari e il materiale utilizzato, materiale riciclato e di scarto, è stato donato per lo più da amici e familiari. Così, Segun Oyeyiola ha dimostrato a tutti che, attraverso l’atteggiamento giusto e un po’ di ingegno, è possibile fare la differenza. La sua creatività ha reso possibile, infatti, dare nuova vita alla sua vecchia macchina, in maniera insolita, questo è sicuro, ma soprattutto in modo sostenibile. Il maggiolino è stato dotato di un gigantesco pannello solare piazzato sul tetto e una turbina a vento posizionata invece sotto il cofano. Mentre il pannello sfrutta i raggi solari, la turbina si avvale invece del flusso d’aria emesso mentre l’auto è in movimento. Per garantire che la vettura non crollasse sotto il peso di tutte le ulteriori tecnologie eco-friendly che sono state installate, Oyeyiola ha montato anche un super sistema di sospensione. Una tale trasformazione è del tutto inusuale e offre una prospettiva completamente nuova di concepire la mobilità. Interessante inoltre il fatto che l’auto sia stata ammodernata usando rifiuti riciclati. Segun Oyeyiola ha dichiarato di avere una ferma intenzione di continuare a lavorare su sull’auto, per perfezionarla e farla diventare il futuro della mobilità sostenibile in Nigeria e, perché no, anche di luoghi più lontani. Non solo, il suo sogno è anche quello di rende accessibili i veicoli per le persone che non hanno molti soldi. Per adesso, il suo è costato meno di 6mila dollari. Un problema futuro alla realizzazione del suo sogno potrebbe essere quello legato al reperimento dei materiali necessari per la costruzione di altri veicoli e, laddove ci fossero, delle competenze necessarie per assemblarli. In più, Oyeyiola ha dovuto affrontare le critiche di altre persone che pensavano che il suo lavoro fosse una perdita di tempo. Ora che però ha un prototipo funzionante, il piano è quello di migliorarne la progettazione per fare diventare il suo mezzo la macchina del futuro per la Nigeria. Ovviamente, è necessario apportare numerose migliorie a quest’auto. Ad esempio, attualmente, la batteria impiega circa 4-5 ore per ricaricarsi, il che non la rende ancora una soluzione comoda. Ma Segun ha la caparbietà e le idee giuste per rendere il suo prodotto competitivo e valido.

(Foto: oaupeeps.com)

Fonte: ambientebio.it

Fotovoltaico, l’asfalto con pannelli solari autofinanziato su Indiegogo

L’asfalto con pannelli solari viene finanziato grassroots su indiegogo con quasi 2 milioni di dollari raccolti con il crowdfunding

Delle autostrade implementate da pannelli fotovoltaici ne scrivevamo molto tempo fa su ecoblog.it poiché il progetto per essere realizzato doveva superare una serie di difficoltà piuttosto complesse. Il concept di strade con pannelli fotovoltaici integrati Solar Roadways dal 2009 è andato avanti e è passato di mano in mano fino a approdare sulla piattaforma di crowdfunding Inidegogo finanziato con quasi 2 milioni di dollari. L’idea è di usare le autostrade come immense piattaforme per implementare pannelli fotovoltaici con vetro temprato e con luci a LED che integrano la segnaletica sia per produrre energia elettrica sia per il sostentamento delle stesse strade che sarebbero più facili da mantenere e che durerebbero tre volte più a lungo del comune asfalto. I pannelli fotovoltaici però funzionano e producono energia di giorno mentre la segnaletica delle strade ha necessità di essere alimentata anche di notte. In merito nelle FAQ si legge:

Abbiamo progettato il nostro prototipo sulla base della “memoria virtuale”, nel senso che tutta l’energia in eccesso viene messa in rete durante le ore diurne e quindi si può riprendere dalla rete di notte. Questo è importante perché l’energia solare è disponibile solo durante il giorno, ma i nostri elementi riscaldanti devono poter funzionare anche di notte in inverno nei climi nordici. Tuttavia, possiamo aggiungere eventuali dispositivi di accumulo di energia, ad esempio, batterie che possono essere collocate in un cavo per un facile accesso. Abbiamo scelto di non utilizzare le batterie nel nostro prototipo poiché temiamo l’alto impatto ambientale dei sistemi di accumulo.led-620x350

Anima delle autostrade con pannelli solari è l’inossidabile Scott Brusow che punta a pannelli solari che costino meno di 10 mila dollari ossia tre volte il costo dell’asfalto. I pannelli del prototipo sono però destinati a durare tre volte più a lungo delle strade asfaltate anche se però non entra nel merito della sicurezza del manto stradale e della capacità di drenaggio, per cui Brusow spiega:

Così andiamo in pareggio e peraltro con i pannelli fotovoltaici si genera elettricità.

Solar Roadways ha ricevuto due tranches di finanziamento dalla US Federal Highway Administration per la ricerca e lo sviluppo di un sistema di pavimentazione ma la Fase II, per costruire il prototipo di un parcheggio, si sta per concludere e ora hanno bisogno di raccogliere fondi per procedere con la produzione. Di fatto il progetto non è ancora abbastanza redditizio, infatti la chiave del successo sta nel tipo di vetro che comporrà i pannelli fotovoltaici: deve essere molto resistente e con elementi che possano sciogliere ghiaccio e neve, in grado di resistere a anni di traffico e autoveicoli pesanti; ma dovrà anche essere in grado di auto-pulirsi perché altrimenti le celle solari se sporche per polvere o pioggia non catturano abbastanza luce solare.

Spiega Brusow:

La nostra superficie di vetro è stato testata per la trazione, prove di carico e resistenza all’impatto in laboratori di ingegneria civile in tutto il paese e ha superato tutti i requisiti.

La fase di test nei parcheggi dicevamo necessita di finanziamento ulteriore e dunque ecco il crowfunding su Indiegogo che per ora tocca quasi 2 milioni di dollari, ben oltre il milione richiesto per procedere con la fase di test. Dopo i soldi si passerà alla realizzazione della pavimentazione da installare in un mega parcheggio e con la strada che produrrà energia per sfamare i centri commerciali: esempio un Wal Mart oppure un superstore che ospiti un parcheggio di almeno 800 mila metri quadrati. Vedremo se alla prova dei fatti la strada con pannelli fotovoltaici avrà un ROI interessante per passare alla fase di produzione in scala.

Fonte: Girst