Cambiamo Agricoltura: il nuovo Ministro delle Politiche agricole punti a transizione agroecologica

CambiamoAgricoltura è una coalizione nata nel 2017 per chiede una riforma della PAC che tuteli tutti gli agricoltori, i cittadini e l’ambiente. Sostenuta da oltre 70 sigle della società civile è coordinata da un gruppo di lavoro che comprende le maggiori associazioni del mondo ambientalista e del biologico italiane. E’ inoltre supportata dal prezioso contributo di Fondazione Cariplo

La Coalizione CambiamoAgricoltura augura buon lavoro al nuovo Ministro alle politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Patuanelli, ed auspica che il cambio alla guida del Ministero di Via XX Settembre determini un rilancio della transizione agro-ecologica della nostra agricoltura.

Nella sua agenda il Ministro Patuanelli avrà alcuni appuntamenti importanti, primo fra tutti l’avvio del tavolo di concertazione con le parti sociali ed economiche e la società civile per la redazione del Piano Strategico Nazionale della PAC (Politica Agricola Comune) post 2020, atteso da oltre un anno. Il Trilogo UE dovrebbe completare l’iter della riforma della PAC entro il mese di maggio e la partita della prossima programmazione, che sarà operativa dal gennaio 2023, si sposterà completamente nel terreno dei singoli Stati membri. Molti Stati hanno già avviato da tempo il confronto con le Associazioni agricole e ambientaliste, mentre il nostro paese è rimasto fermo al palo, nonostante ripetuti solleciti inviati dalla Coalizione #CambiamoAgricoltura, rimasti inascoltati. Le Strategie UE “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”, con i loro obiettivi sfidanti (riduzione del 50% dei pesticidi e antibiotici, riduzione del 20% dei fertilizzanti chimici, aumento della superficie in agricoltura biologica fino al 25% a livello europeo, aumento fino almeno al 10% delle aree agricole destinate alla conservazione della biodiversità) impongono un cambio di rotta all’agricoltura italiana, per fare della sostenibilità ambientale e sociale un punto di forza delle produzioni “Made in Italy”.

Per la Coalizione #CambiamoAgricoltura l’Italia ha le carte in regola per puntare ad obiettivi più ambiziosi, come il 40% di superficie agricola utilizzata certificata in agricoltura biologica entro il 2030, e l’utilizzo degli aiuti PAC condizionati alla ristrutturazione delle filiere della zootecnia intensiva, per affrontare la crescente insostenibilità di questo comparto, in particolare in Pianura Padana, e scegliendo senza remore la strada  della transizione agroecologica per tutta l’agricoltura, l’unica in grado di coniugare la salute dell’uomo con quella dell’ambiente, nell’ottica di “One Health”.

Per questo sarà importante l’imminente approvazione da parte del Parlamento della nuova Legge sull’agricoltura biologica e il Ministero dovrà assicurare il massimo impegno per la sua rapida e concreta attuazione. Un altro impegno prioritario per il nuovo Ministro, condiviso con i suoi colleghi della Salute e della Transizione Ecologica, è l’approvazione del nuovo Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, ormai scaduto dal febbraio 2018. Si tratta del principale strumento per l’attuazione della Direttiva UE sui pesticidi, 2009/128/CE, fondamentale per poter raggiungere gli obiettivi delle Strategie UE “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”.

La Coalizione #CambiamoAgricoltura è disponibile su tutti questi temi e sul futuro dell’agricoltura italiana ad un confronto e collaborazione costruttiva con il nuovo Ministro ed invierà per questo nei prossimi giorni una richiesta d’incontro.

CambiamoAgricoltura è una coalizione nata nel 2017 per chiede una riforma della PAC che tuteli tutti gli agricoltori, I cittadini e l’ambiente. Sostenuta da oltre 70 sigle della società civile è coordinata da un gruppo di lavoro che comprende le maggiori associazioni del mondo ambientalista e del biologico italiane (Associazione Consumatori ACU, Accademia Kronos Onlus, AIDA, AIAB, Associazione Italiana Biodinamica,CIWF Italia Onlus, FederBio, ISDE Medici per l’Ambiente, Legambiente, Lipu, Pro Natura, Rete Semi Rurali, Slow Food Italia e WWF Italia). E’ inoltre supportata dal prezioso contributo di Fondazione Cariplo.

Fonte: ecodallecitta.it

Riforma della PAC, “l’Italia scelga un’agricoltura più sostenibile”

Le Associazioni del mondo ambientalista e dell’agricoltura biologica chiedono un incontro al Ministro Nunzia De Girolamo e alla Conferenza delle Regioni per l’applicazione in Italia della nuova PAC al fine di assicurare un futuro sostenibile all’agricoltura.2_agricoltura

Il tavolo unitario delle 14 Associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica (AIAB, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, FAI, Federbio – Upbio, FIRAB, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Slow Food, Touring Club Italiano, Pro Natura, Società Italiana Ecologia del Paesaggio, WWF) che da settembre 2012 lavora all’elaborazione di proposte per una riforma della PAC in grado di assicurare un futuro sostenibile all’agricoltura chiede un’incontro al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Nunzia De Girolamo e agli Assessori all’Agricoltura e all’Ambiente che coordinano le relative Commissioni della Conferenza delle Regioni, per presentare le loro richieste sulle decisioni che il Governo dovrà assumere d’intesa con le Regioni per l’attuazione della riforma della PAC nel nostro paese e sull’ impostazione dell’accordo di partenariato per la programmazione dei fondi Europei 2014 – 2020 e la definizione dei PAN pesticidi. Le 14 Associazioni valutano negativamente l’accordo che il 25 giugno scorso il Parlamento Europeo, il Consiglio Europeo e la Commissione Europea hanno raggiunto sulla riforma della PAC. Una delle poche cose positive dell’accordo è che le nuove regole comunitarie lasciano una buona possibilità di scegliere agli stati membri nell’applicazione della nuova PAC come ad esempio la flessibilità dei fondi tra i due pilastri, la definizione dell’agricoltore attivo, il tetto massimo degli aiuti e le misure per i giovani agricoltori e su queste opportunità il tavolo vuole contribuire con alcune proposte fra quali la prima è usare la flessibilità dei fondi tra i due pilastri per spostare il 15% dal primo al secondo, vero strumento per lo sviluppo sostenibile delle imprese e del territorio. “L’accordo raggiunto a livello europeo non ha prodotto la riforma della PAC attesa dai cittadini e dalla componente più avanzata del mondo agricolo che in questo momento di crisi economica chiedevano una svolta radicale verso un nuovo modello agricolo in grado di premiare le aziende più virtuose, che producono i maggiori benefici per la società, cibo sano, tutela dell’ambiente e capacità di creare lavoro per i giovani. Adesso ci sono alcune scelte che spettano all’Italia e che possono cercare d’interpretare le aspettative e le richieste della maggioranza dei cittadini per un’agricoltura più sostenibile, attenta ai beni comuni e all’interesse generale e su queste scelte chiediamo di essere ascoltati per poter contribuire portando le nostre proposte”, ha dichiarato la portavoce del Tavolo Maria Grazia Mammuccini.pesticidi9__

Tra l’altro proprio ieri la Conferenza delle Regioni ha approvato la posizione sul negoziato per l’applicazione della Riforma della PAC con aspetti coerenti con le posizioni del tavolo e con un principio di fondo condivisibile e cioè che fino ad oggi non si è colto a livello nazionale un indirizzo politico vero mentre è assolutamente necessario in questa fase realizzare scelte chiare individuando priorità e strategie adeguate alla crisi economica che vivono le imprese agricole e l’intero sistema economico. Adesso quindi il Governo, d’intesa con le Regioni, dovrà definire il quadro strategico di riferimento per la programmazione di tutti i Fondi Comunitari per il periodo 2014 – 2020 e le 14 Associazioni auspicano che per la definizione dell’accordo di partenariato siano opportunamente coinvolte tutte le Associazioni del mondo agricolo, compreso quelle del biologico, e quelle di protezione ambientale attraverso forme di partecipazione non solo formali ma sostanziali. Le 14 Associazioni chiedono infine che in questo contesto sia completato il processo di definizione del Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei fitofarmaci. Infatti c’è una stretta relazione tra questo e la definizione delle misure agroambientali della nuova programmazione dello Sviluppo Rurale. Sul PAN pesticidi, dopo una prima consultazione delle parti sociali ed economiche interessate completata nei primi mesi del 2013, il processo per l’adozione del PAN si è bloccata in attesa che venga approvata dal Consiglio tecnico scientifico previsto dalla direttiva comunitaria e per il quale il Ministero dell’Agricoltura deve produrre il Decreto che ne formalizza la costituzione. Tra l’altro sul PAN le 14 Associazioni hanno prodotto osservazioni e proposte che mettono in primo piano la salute dei cittadini e degli agricoltori, la qualità dell’ambiente e delle aree rurali, la sicurezza alimentare e adesso vogliono di nuovo sottoporre queste proposte all’attenzione del Ministro Nunzia De Girolamo e degli Assessori all’Agricoltura e all’Ambiente che coordinano le relative Commissioni della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome affinché si facciano garanti della corretta ed esaustiva applicazione della Direttiva comunitaria sui pesticidi.

Fonte: il cambiamento

Politica Agricola Comune: raggiunto accordo Ue sulla riforma

Europarlamento, Consiglio e Commissione europea hanno raggiunto ieri un accordo sulla riforma della Politica agricola comune (Pac). “Troppo pochi gli sforzi per un’agricoltura più verde, giovane e di piccola scala”, afferma Slow Food. “Molte parole e pochi fatto per una falsa riforma che non aiuta né l’ambiente né l’economia”, commentano le Associazioni del mondo ambientalista e dell’agricoltura biologica.agricoltura__ue_

Europarlamento, Consiglio e Commissione europea hanno raggiunto ieri un accordo sulla riforma della Politica agricola comune (Pac)

Con la conclusione del dialogo a tre (tra Consiglio dei Ministri dei Paesi membri, Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo e Commissione Europea per l’agricoltura e lo sviluppo rurale) la Politica Agricola Comune verso il 2020 è stata ieri definita in quasi tutti i suoi aspetti principali. “Possiamo affermare con certezza che la nuova PAC non ha centrato gli obiettivi che si era data, volti a orientare l’agricoltura europea in maniera ‘più verde e più equa’. Tanto più sono state disattese le speranze della società civile, che aveva chiesto ‘soldi pubblici per beni pubblici’, cioè che le risorse comuni fossero destinate a obiettivi e beni comuni”. Slow Food giudica quanto meno con freddezza gli accordi a cui si è giunti, soprattutto perché lasciano troppa discrezionalità agli Stati Membri su questioni fondamentali, come il supporto ai piccoli agricoltori, il tetto massimo e la riduzione dei pagamenti più ingenti in favore di chi riceve meno (l’80% degli agricoltori europei), lo spostamento di risorse dal pilastro riservato allo sviluppo rurale in favore di quello, già preponderante, legato ai pagamenti diretti. “Una vera Politica Comune dovrebbe essere comune, e non interpretabile o ridefinibile a seconda degli interessi nazionali, che purtroppo generalmente vengono facilmente orientati dalle lobbies in favore di grandi produzioni e monocolture”, ha commentato a caldo Carlo Petrini, presidente di Slow Food. Si può parlare di ‘de-europeizzazione’ della PAC: “É chiaro che ora la nostra azione per un’agricoltura più verde e più equa dovrà spostarsi in direzione dei Governi nazionali, per fare pressione affinché la piccola agricoltura sostenibile non sia troppo penalizzata. La partita non è affatto finita”. Per quanto riguarda il cosiddetto ‘greening’ – le misure ecologiche da realizzare per ricevere il 30% dei pagamenti diretti – purtroppo il punto di partenza rimane debole. È una misura di principio importante, ma che nei suoi regolamenti attuativi rischia di esentare il 60% delle terre coltivate in Europa.agricoltura_2_

“Molte parole e pochi fatti concreti per una falsa riforma della PAC che non aiuta né l’ambiente né l’economia”

La mancanza di un meccanismo di monitoraggio sull’impatto che la PAC potrà avere sui Paesi poveri o in via di sviluppo, poi, ci sembra non indichi una vera volontà di porre fine a pratiche commerciali che possono influire in maniera decisa sui problemi della fame, della malnutrizione e l’affermazione della sovranità alimentare delle comunità del mondo. I pochi miglioramenti che ci sono stati come un lieve aumento del sussidio ai giovani agricoltori o la semplificazione burocratica per le piccole aziende, non sono tuttavia sufficienti a orientare un giudizio che rimane complessivamente negativo. “Molte parole e pochi fatto per una falsa riforma che non aiuta né l’ambiente né l’economia”. È questo il Commento critico delle Associazioni del mondo ambientalista e dell’agricoltura biologica sulla riforma della PAC 2014 – 2020. L’accordo finale del ‘trilogo’ europeo (Parlamento, Consiglio e Commissione) sulla riforma della Politica Agricola Comune (PAC) è una delusione per le 14 Associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica (AIAB, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, FAI, Federbio – Upbio, FIRAB, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Slow Food, Touring Club Italiano, Pro Natura, Società Italiana Ecologia del Paesaggio, WWF). Per le Associazioni si tratta nella sostanza di una falsa riforma che non avrà sostanziali ricadute positive sulla tutela dell’ambiente, sulla salute dei cittadini, sulla competitività e l’innovazione delle imprese agricole italiane ed europee.  Molte parole e pochi fatti concreti per una falsa riforma della PAC che non aiuta né l’ambiente né l’economia, confermando i sussidi all’agricoltura industriale ed i vecchi privilegi senza introdurre vere innovazioni per una maggiore competitività e sostenibilità ambientale ed economica delle nostre imprese agricole. In questo momento di crisi economica era necessaria una svolta radicale per l’agricoltura europea ed italiana verso un nuovo modello in grado di premiare le aziende agricole più virtuose, che producono maggiori benefici per la società, cibo sano, tutela dell’ambiente e capacità di creare lavoro per i giovani. Questo si aspettavano i cittadini Europei e invece ancora una volta si è perso un’occasione storica di cambiamento”, ha dichiarato la portavoce del Tavolo Maria Grazia Mammuccini.grano_agricoltura

“In questo momento di crisi economica era necessaria una svolta radicale per l’agricoltura europea ed italiana”

Sono numerosi i motivi di delusione per le 14 Associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica per una annunciata riforma della PAC che non avrà nella quotidiana gestione delle pratiche agricole delle effettive ricadute positive per la tutela della biodiversità, il contrasto e adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile dell’acqua, il sostegno all’agricoltura biologica e multifunzionale, come ad esempio:

La spesa minima obbligatoria per le misure agro-climatiche-ambientali: prevista una spesa minima obbligatoria del 30% per le risorse nello sviluppo rurale, si sono però drasticamente ampliate le misure ammissibili per includere anche quelle con poco o nessun effetto ambientale positivo. Le Associazioni ambientaliste e del biologico chiedevano per questo un aumento al 50%. Con l’inclusione delle spese per investimenti materiali (per cui già si spendono in media il 22% del budget) l’aumento del 5% sarà facile da raggiungere e non produrrà concretamente nessun reale beneficio per l’ambiente.

Direttive UE su acqua e pesticidi: cancellato il vincolo del rispetto delle norme in applicazione delle due direttive da parte di tutte le aziende agricole che ricevono contributi dalla PAC (condizionalità), in cambio è stata prevista una consulenza tecnica obbligatoria per le aziende agricole sulle materie relative all’applicazione delle due direttive.  Questa norma non garantisce il rispetto delle due direttive da parte degli agricoltori perché non ci sarà nessun collegamento diretto con i sussidi che ricevono e rischia di rendere non efficace l’applicazione del Piano di Azione sull’uso sostenibile dei pesticidi che l’Italia deve ancora adottare per le forti resistenze delle lobby dell’agricoltura convenzionale basata sulla chimica.

Aree d’interesse ecologico – EFA:  per le superfici aziendali destinate alla tutela della biodiversità ed infrastrutture verdi è stata fissata la percentuale del 5% dal 2015 che potrà essere elevata al 7%, solo dopo una valutazione da parte della Commissione UE e successivo processo di codecisione con il Parlamento e il Consiglio, ma nessuna data per questa revisione è stata ancora fissata (potrebbe essere il 31 marzo 2017). La soglia per l’obbligo di applicazione delle EFA è stata fissata a 15 ettari, viene pertanto esclusa il 35,5% della superficie agricola in Europa. europa_agricoltura3

La riforma della PAC prevede un lieve aumento del sussidio ai giovani agricoltori o la semplificazione burocratica per le piccole aziende

La dimensione media delle aziende agricole italiane è 8 ettari, da questa norma del greening saranno pertanto escluse la maggioranza delle aziende agricole del nostro paese. Vengono inoltre ricomprese nelle EFA le superfici con colture che fissano l’azoto, il bosco ceduo a rotazione e le colture intercalari.

Greening e diversificazione delle colture (articolo 30): a parte il positivo riconoscimento dell’agricoltura biologica l’accordo prevede anche un principio di equivalenza discutibile ed esenzioni per le pratiche agro-ambientali di basso livello, che svuotano l’ecocompatibilità di tutta la sostanza. Per accedere ai finanziamenti del greening (30% del pagamento base) sono esentate da questa norma le aziende al di sotto di 10 ettari (33% della superficie agricola in Europa) e tra i 10 e 30 ha sono necessarie solo 2 colture, con la coltura principale che non copre più del 75% della superficie (questo significa che il 46% della superficie agricola europea è esente da uno dei tre requisi del greening) le aziende sopra i 30 ha, sono obbligate a tre colture, con la principale copertura massima del 75% e le due principali colture insieme per massimo del 95%. La dimensione media delle aziende agricole italiane è 8 ettari, anche da questa norma del greening saranno pertanto escluse la maggioranza delle aziende agricole del nostro paese.

Nessun reale rafforzamento del secondo pilastro sullo sviluppo rurale vero strumento strategico per le imprese agricole e per il territorio nel quale la conferma della previsione del finanziamento degli strumenti assicurativi contro le calamità naturali e la stabilizzazione dei redditi, misure estranee allo Sviluppo Rurale e che dovevano caso mai essere trasferite nel primo pilastro, finiranno per assorbire una parte rilevante delle risorse disponibili. Dopo l’approvazione definitiva dei regolamenti comunitari per la PAC si aprirà il processo di programmazione 2014 – 2020 a livello nazionale e regionale dove utilizzando gli elementi di flessibilità a disposizione ci sarà la possibilità di migliorare rispetto a quanto è stato approvato a livello europeo. L’impostazione degli strumenti operativi da parte del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e delle Regioni renderà evidente la reale volontà di scegliere un’agricoltura più sostenibile per l’ambiente, attenta ai beni comuni e all’interesse generale. Le 14 Associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica auspicano che almeno per questo nei prossimi mesi ci sia un ampio e costruttivo confronto con tutte le parti sociali ed economiche interessate all’attuazione della futura PAC.

Fonte: il cambiamento

PAC, prosegue il processo di riforma della Politica Agricola Comune

È in partenza il confronto fra le tre istituzioni europee che dovranno approvare la Politica Agricola Comune per il periodo 2014-2020. Un breve esame delle proposte sul piatto però, rivela che competitività e crescita economica prevalgono sulla reale volontà di imporre una svolta sostenibile.

Siamo in una fase cruciale del processo di riforma della PAC, la Politica Agricola Comune. Il nuovo piano poliennale 2014-2020 sarebbe dovuto entrare in vigore dal primo gennaio 2014, ma vari contrattempi – il più rilevante dei quali è stata la bocciatura del bilancio da parte del Parlamento Europeo – hanno provocato uno slittamento al primo gennaio 2015. In ogni caso, all’inizio di aprile partirà il confronto fra il Parlamento Europeo, la Commissione e il Consiglio per definire il testo definitivo della nuova PAC. Le associazioni ambientaliste, per voce della loro rappresentate Maria Grazia Mammuccini, hanno già esternato la loro delusione nei confronti dell’ipotesi di riforma. Ma vediamo qualche dettaglio in più del nuovo piano. Partendo da un inquadramento economico generale, va detto che le risorse destinate dall’Unione Europea alle politiche agricole verranno notevolmente ridimensionate: nel Quadro Finanziario Pluriennale 2014-2020 infatti, alla voce 2 “Crescita sostenibile: risorse naturali”, il differenziale rispetto al precedente settennio è di -9,1%, ovvero 38,2 miliardi di euro in meno, ed è l’unico dato negativo del programma. Entrando nel merito di quanto prevede la nuova PAC, possiamo vedere che essa ruota intorno a quattro pilastri principali: i pagamenti diretti agli agricoltori, l’Organizzazione Comune di Mercato unica, lo sviluppo rurale e il Regolamento Orizzontale che disciplina il finanziamento, la gestione e il monitoraggio della PAC stessa. Per quanto riguarda i pagamenti diretti, la linea generale prevede un allineamento nelle quote di ciascun paese membro e ha l’obiettivo di uniformare i pagamenti entro il 2019. L’Italia, che oggi riceve somme superiori rispetto a quelle della media UE, dovrà quindi aspettarsi una diminuzione degli aiuti finanziari. Nello specifico, cambierà anche il modo di ripartire gli aiuti ai coltivatori: dal regime di pagamento unico si passerà a un sistema articolato su quattro voci. Per prima cosa, un pagamento di base, che sarà erogato a tutti gli aventi diritto. Poi un pagamento “verde” – il cosiddetto greening –, che consisterà in un importo addizionale per chi adotterà pratiche ecologiche, vale a dire diversificazione tramite rotazione di almeno tre colture diverse, mantenimento dei prati stabili e permanenti, la riduzione dell’uso di prodotti chimici, la destinazione di una parte dei propri terreni a scopi ecologici, la tutela floro-faunistica e così via. I produttori biologici rientreranno di diritto fra i beneficiari del greening. La terza voce sarà quella dei giovani agricoltori, ovvero gli under 40, ai quali però è riservata una porzione abbastanza esigua del budget destinato ai pagamenti diretti. Infine, si cercherà di sostenere attraverso una misura d’aiuto specifica anche i piccoli agricoltori. Esistono inoltre due parametri aggiuntivi che possono dare accesso ad aiuti economici diretti, cioè l’ubicazione dell’azienda in aree svantaggiate ed eventuali situazioni di mercato particolarmente difficoltose.

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Il secondo pilastro, l’Organizzazione Comune dei Mercati (OCM) unica, serve a uniformare dal punto di vista giuridico ed economico il mercato interno, l’intervento sui mercati del pubblico e del privato, gli scambi con i paesi terzi, misure anticrisi straordinarie e le regole della concorrenza. Tuttavia, molti osservatori ritengono che l’OCM riformata non si discosti molto da quella prevista sin dal 2007 col Regolamento 1234. Va però sottolineato l’impegno che si ravvisa nel ridurre i passaggi di filiera e nel rivalutare il ruolo e il potere contrattuale dei produttori. Il terzo pilastro è quello relativo allo sviluppo rurale. Dagli attuali quattro assi si passerà a sei priorità, ovvero trasferimento di conoscenze e innovazione, competitività, organizzazione delle filiera alimentari e gestione dei rischi, tutela degli ecosistemi legati al mondo agricolo, ottimizzazione dell’impiego delle risorse e riduzione delle emissioni, occupazione e sviluppo nelle regioni rurali. Infine il quarto pilastro, il Regolamento Orizzontale, ha lo scopo di monitorare l’applicazione delle misure previste dalla PAC, in particolare quelle relative alla condizionalità, agli interventi sul mercato e ai pagamenti diretti, che ormai si possono considerare una spina nel fianco sia dal punto di vista economico che da quello politico.

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La PAC assorbe infatti una quota davvero consistente del budget europeo: il 42,5% nel piano di spesa 2007-2013, ma negli anni precedenti il dato era anche superiore. L’enorme spesa, che nel periodo 2014-2020 dovrebbe aggirarsi intorno ai 383 miliardi di euro, può essere giustificata se si considera l’agricoltura come un’attività fondamentale per la sopravvivenza di tutti i cittadini europei, quindi un bene, o meglio servizio, comune. Se deve essere così però, non si spiega la grandi enfasi che anche con la nuova riforma viene posta sull’aspetto commerciale – “crescita” è sempre la parola chiave –, mentre il rigore che sarebbe servito nell’imporre pratiche realmente sostenibili non è stato adottato. Per esempio, scorporando il vecchio sistema del pagamento unico degli aiuti diretti, si sarebbe potuto eliminare, attraverso un processo graduale per non creare troppi scompensi, il pagamento di base, utilizzando come primo criterio quello del greening e facendo in modo che l’agricoltura sostenibile e biologica diventasse conveniente non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello economico. D’altronde  pur senza fare ‘di tutta l’erba un fascio, è irrealistico sperare che un’istituzione sopranazionale che in altri settori – tanto per fare un esempio, quello finanziario – sta facendo di tutto per privare i paesi membri di quel briciolo di autorità di cui sono ancora in possesso, in un ambito cruciale per l’autodeterminazione e la sovranità come quello alimentare si muova nella direzione opposta.

Fonte: il cambiamento

Che Cos'è l'Agricoltura Biologica
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Il futuro della PAC è meno ecologico del previsto

I ministri europei per l’Agricoltura alla fine hanno raggiunto un accordo per la PAC Politica agricola comunitaria che entrerà in vigore dal 2015. Ma le scelte fatte non sono poi così sostenibili come preventivato.

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In Italia la PAC è stata presentata come ecologica e equa, ma secondo Le Figaro in realtà i ministri seppur hanno approvato il principio di collegare il pagamento del 30% delle fatture dirette agli agricoltori in materia di misure ambientali, hanno fornito una maggiore flessibilità e deroghe a questo “greening”.

Ad esempio, se prima era a essere riservato il 7% della superficie di una azienda agricola a aree di interesse ecologico”, come stagni o siepi, questo è stato ridotto al 5%. Questa revisione spiega Michel Dantin deputato UMP:

permette alla PAC si essere più concreta e di corrispondere meglio alla realtà delle aziende agricole.

Peraltro c’è da sottolineare che circa l’ 80% degli aiuti in Europa sono attualmente destinati a grandi aziende e perciò i ministri hanno convenuto di mantenere i pagamenti accoppiati per alcune produzioni per sostenere industrie in difficoltà, come per latticini, frutta e verdura.

In proposito il ministro per l’Agricoltura Mario Catania ha dichiarato:

Nelle ultime settimane abbiamo fatto progressi importanti, ma ci sono questioni che richiedono ancora una discussione, come ad esempio il tema degli aiuti diretti. Ritengo che sul sistema di sostegno accoppiato dovremo avere una disposizione che si applichi a tutti i prodotti agricoli e non solo ad una short list. L’Italia, inoltre, sostiene la posizione di coloro che richiedono un livello più alto del 10% per erogare aiuti accoppiati.

La Germania è stata ferocemente contraria a tale misura, difesa dalla Francia, il principale beneficiario della PAC, che colpisce quasi il 17% del bilancio totale mentre si è espresso in maniera contraria il portoghese Luis Manuel Capoulas Santos (S & D, PT):

Il doppio finanziamento è assolutamente inaccettabile. Distrugge il potenziale del greening annacquando le esigenze ambientali concedendo un doppio pagamento per lo stesso scopo.

La forma finale della nuova politica agricola dell’UE sarà decisa dal Parlamento europeo, dai ministri europei dell’Agricoltura e dalla Commissione europea, durante i negoziati che inizieranno il prossimo 11 aprile.

Fonte: Le Figaro, Europarlament

 

SLOW FOOD: 14 punti per una nuova politica alimentare in Italia


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L’associazione Slow Food entra pienamente nella campagna elettorale con quattordici proposte per una nuova politica alimentare in Italia.

Per troppo tempo l’agricoltura è stata considerata solo come un settore produttivo marginale, ma ora finalmente sta diventando uno degli snodi centrali in tema di ecologia, salute pubblica, occupazione, tutela dei diritti e, più in generale, qualità della vita.

Slow Food parla in modo innovativo di politiche alimentari anziché di politiche agricole: ovvero di un insieme di interventi organici e interconnessi: ambiente, agricoltura, educazione, salute, economia, giustizia, sviluppo, industria, beni culturali. Non esiste confine: se si fa politica per il cibo e per l’agricoltura, si fa politica su tutto e per tutti.

Questi 14 punti sono il primo abbozzo per la definizione della sovranità alimentare nel nostro paese. Le proposte sono tanto semplici, quanto radicali.

  1. Difendere il suolo, il paesaggio e il territorio: salvaguardare i suoli fertili e recuperare i suoli agricoli abbandonati. Il suolo fertile è una risorsa fondamentale per il futuro del pianeta (prova ne sia il land grabbing). Il nuovo parlamento deve approvare il disegno di legge “salvasuoli“.
  2. Difendere la legalità nei sistemi di produzione del cibo, dalle mafie al lavoro nero, anche con rapporti più stretti tra produttori e consumatori.
  3. Contrastare il cambiamento climatico, con limiti ai biofuel e norme per l’autonomia energetica delle aziende agricole.
  4. Tutelare la biodiversità, dalle sementi di varietà tradizionali e le razze autoctone, ai prodotti frutto di trasformazioni e di saperi tradizionali.
  5. Liberare il sistema alimentare nazionale dagli OGM. Gli Ogm non servono alla nostra agricoltura, non ne risolvono i problemi, anzi sostengono un modello economico, produttivo, sociale e gastronomico che è antitetico alla nostra cultura e alle grandi opportunità di un sistema alimentare fondato sulla diversità e sulle risorse locali
  6. Fornire incentivi per le giovani generazioni. Contrastare l’invecchiamento degli agricoltori con misure che rendano la vita agricola non solo redditizia ma anche socialmente attrattiva.
  7. Tutelare le risorse idriche. Ottimizzare e ridurre gli sprechi, con una gestione pubblica e partecipativa dell’acqua.
  8. Tutelare le sapienze locali e di genere e incentivare l’imprenditoria ad esse connesse. Promuovere il sapere e il saper fare a livello locale.
  9. Promuovere programmi di riduzione degli sprechi, che rappresentano lo scandalo principale del sistema alimentare dominante.  Occorre promuovere politiche per favorire il recupero e il riutilizzo, per ridurre gli imballaggi, per penalizzare sistemi produttivi inefficienti
  10. Adottare politiche fiscali adeguate e attuare la semplificazione burocratica: politiche territoriali in grado di premiare imprese agricole diversificate, appoggio alla creazione dei gruppi d’acquisto solidale e di forme di partecipazione alla produzione sul modello della community supported agriculture;
  11. Tutelare e sostenere l’agricoltura di piccola e media scala e a basso impatto ambientale, e le economie locali, con maggiore attenzione all’agricoltura biologica, eccellenza italiana a basso impatto ambientale
  12. Sostenere una PAC (politica agricola comunitaria) verde, equa e giovane, con maggiore attenzione ai piccoli agricoltori.
  13. Utilizzare la cooperazione anche come strumento di sviluppo agricolo e alimentare. Promuovere e rilanciare la cooperazione internazionale allo sviluppo coinvolgendo direttamente agricoltori, pescatori, artigiani, educatori, cuochi e ricercatori.
  14. Tornare a investire sulla scuola. Il cibo e l’educazione alimentare e del gusto sono un’opportunità per sperimentare didattiche interdisciplinari, per rieducare le nuove generazioni a scegliere il proprio cibo, imparando il piacere della tavola e di
    un’alimentazione sana.

Fonte: ecoblog