Aerobico o anaerobico? Proviamo a capire una querelle romana

Queste differenti modalità di trattamento dell’organico sono uno degli elementi di dibattito sulle soluzioni da adottare per risolvere le criticità di Roma.387470_1

Aerobico o anaerobico? Ma anche integrazione tra i due processi. Queste differenti modalità di trattamento dell’organico sono uno degli elementi di dibattito sulle soluzioni da adottare per risolvere le criticità di Roma nella gestione dei rifiuti.

Ai tempi della giunta Marino, era stata avanzata la proposta di creare degli “ecodistretti con impianti anaerobici dove i rifiuti si sarebbero trasformati in biogas” ricorda il quotidiano La Stampa. La nuova giunta guidata da Virginia Raggi,invece, così come indicato nel piano Ama per la gestione dei materiali post-consumo 2017 – 2021, prevede la costruzione di impianti per la valorizzazione della frazione organica con “l’individuazione di aree per la costruzione di impianti di compostaggio aerobico che possano trattare almeno 120.000 tonnellate di organico”.

Legambiente, che in un comunicato “ribadisce le 4 mosse per liberare la capitale dai rifiuti”, indica tra le misure da adottare, “la costruzione di 10/15 impianti anaerobici per la gestione dell’organico e la produzione di biometano. La frazione organica – sottolinea l’associazione – pesa per circa il 30% del totale dei rifiuti urbani e a Roma, al superamento del 65% di differenziata come previsto per legge, sarebbe di circa 500.000 tonnellate annue; per smaltirle sarebbero necessari 10/15 digestori anaerobici per il trattamento dell’organico e la produzione di biometano, impianti piccoli, a zero emissioni e miasmi. La giunta invece si era detta favorevole alla costruzione di 3 impianti aerobici, scelta che Legambiente ritiene sbagliata, pensando che non si possa condannare un territorio che ha sopportato già così tanto, a miasmi perenni provenienti da impianti i cui progetti sono ancora sconosciuti, la localizzazione altrettanto e le persone non coinvolte nelle scelte”.

C’è da ricordare, tuttavia, che recentemente l’attuale l’assessora alla Sostenibilità Ambientale di Roma, Giuseppina Montanari, i vertici di Ama e numerosi rappresentanti del Comune e dei Municipi di Roma, sono stati in visita al Polo Ecologico di Acea Pinerolese Industriale S.p.A., realtà all’avanguardia che integra un impianto di depurazione acque reflue, al trattamento anaeorobico dei rifiuti, al compostaggio aerobico e all’impianto di produzione di biometano. “Una visita molto utile” aveva affermato in quella occasione l’assessora Montanari “perché mi sembra ci sia un esempio virtuoso di valorizzazione dell’organico”.

Ma quali sono i principali vantaggi e svantaggi dei due processi? Riprendiamo a questo proposito un documento del Consorzio Italiano Compostatori: La digestione anaerobica produce energia rinnovabile (biogas) a fronte del compostaggio aerobico che consuma energia; gli impianti anaerobici sono in grado di trattare tutte le tipologie di rifiuti organici indipendentemente dalla loro umidità, a differenza del compostaggio che richiede un certo tenore di sostanza secca nella miscela di partenza; gli impianti anaerobici sono reattori chiusi e quindi non vi è rilascio di emissioni gassose maleodoranti in atmosfera, come può avvenire durante la prima fase termofila del compostaggio; nella digestione anaerobica si ha acqua di processo in eccesso che necessita di uno specifico trattamento, mentre nel compostaggio le eventuali acque di percolazione possono essere ricircolate come agente umidificante sui cumuli in fase termofila; gli impianti di digestione anaerobica richiedono investimenti iniziali maggiori rispetto a quelli di compostaggio la qualità del digerito, in uscita dalla digestione anaerobica, è più scadente di quella del compost aerobico.

Tuttavia, si legge ancora nel documento, l’integrazione dei due processi può portare dei notevoli vantaggi, in particolare: si migliora nettamente il bilancio energetico dell’impianto, in quanto nella fase anaerobica si ha in genere la produzione di un surplus di energia rispetto al fabbisogno dell’intero impianto; si possono controllare meglio e con costi minori i problemi olfattivi; le fasi maggiormente odorigene sono gestite in reattore chiuso e le “arie esauste” sono rappresentate dal biogas (utilizzato e non immesso in atmosfera). Il digerito è già un materiale semi-stabilizzato e, quindi, il controllo degli impatti olfattivi durante il post-compostaggio aerobico risulta più agevole, si ha un minor impegno di superficie a parità di rifiuto trattato, pur tenendo conto delle superfici necessarie per il post-compostaggio aerobico, grazie alla maggior compattezza dell’impiantistica anaerobica; si riduce l’emissione di CO2 in atmosfera (Kubler and Rumphorst, 1999) da un minimo del 25% sino al 67% (nel caso di completo utilizzo dell’energia termica prodotta in cogenerazione); l’attenzione verso i trattamenti dei rifiuti a bassa emissione di gas serra è un fattore che assumerà sempre più importanza in futuro.

Foto: impianto biometano Acea Pinerolese

Fonte: ecodallecitta.it

 

Rifiuti urbani 2015 in leggero calo, ma crescono vetro e organico

Dai primi dati completi raccolti da Eco dalle Città, emerge che la produzione totale di Rsu è costante o in calo. Crescono vetro (+7,7% nel primo campione) e l’organico (+4%) anche a prescindere dall’estendersi del porta a portarifiuti

Il 2015 si è concluso e dai comuni italiani cominciano ad affluire i primi dati relativi alla produzione rifiuti. Per tentare di intercettare l’andamento stiamo raccogliendo i dati di alcune delle principali città italiane sparse su tutto lo stivale, dal Trentino alla Puglia. Un mix di città, virtuose e non, che rappresentino un campione significativo. La riduzione della produzione complessiva di rifiuti è un obiettivo indicato sia dall’Unione Europea che dal Ministero dell’Ambiente e, osservando i dati,  si nota innanzitutto che la produzione del 2015 non è aumentata rispetto al 2014, ma oscilla tra calo e stazionarietà. Sulle prime città prese in esame, in ben sette casi la produzione diminuisce, mentre nelle altre l’aumento va dal +0,14% di Napoli al +0,54 di Torino. Discorso a parte per Milano, dove non cala solo perché c’è stata Expo: si tratta del +1% rispetto al 2014 (sulle cifre provvisorie che abbiamo è +1,07%). Se invece si osservano le frazioni merceologiche relative alla raccolta differenziata, i dati più interessanti sono relativi a carta, vetro e organico. Quelli della carta fanno registrare un trend negativo omogeneo in tutte le città: siamo davanti ad un calo oramai fisiologico che va avanti da anni, legato soprattutto alla dematerializzazione di numerosi sistemi produttivi che hanno sostituito la carta con la digitalizzazione.  Invece l’organico e il vetro fanno registrare aumenti costanti in tutte le città. Ecco le cifre che abbiamo calcolato sulla base dei dati di Milano, Torino, Pisa, Trento e Pordenone: la frazione organica aumenta di poco più del 4%, mentre il vetro del 7,7%. Questi andamenti che si riferiscono solo a cinque città, dai nostri calcoli dovrebbero verificarsi mediamente su tutto il territorio nazionale, in attesa del riscontro con i dati definitivi di tutte le altre città italiane. Inoltre per meglio valutare questi spostamenti abbiamo calcolato, in base al campione preso in considerazione, che l’aumento medio della raccolta differenziata è stimabile intorno al 2%. L’aumento della frazione organica probabilmente è collegato al conclamato aumento dei consumi e probabilmente anche ad un conseguente spreco di cibo. Un dato che stupisce se lo si confronta con l’inchiesta Waste Watcher 2016, dalla quale emerge che la stragrande maggioranza degli italiani è sempre più sensibile al tema dello spreco alimentare e dichiara di modificare le proprie abitudini d’acquisto per prevenirlo.

Ecco città per città uno sguardo sui dati del 2015.

Trento. Nel 2015 il capoluogo trentino ha prodotto 51.802,57 tonnellate di rifiuti, il -3,22% in meno rispetto al 2014. Con una raccolta differenziata che dal 79,28% del 2014 è salita all’80,36%. Se si osservano i dati delle singole frazioni, quelli più significativi sono la carta e cartone che cala del -5%, raccolta organico -1,06%, mentre il vetro aumenta del 4,71%.

Pordenone. Nell’anno appena trascorso la quantità di rifiuti prodotti è calata del -4,73% rispetto al 2015. Facendo registrare una percentuale di raccolta differenziata dell’82,4%. Solo la raccolta della carta ha registrato una contrazione significativa, pari ad un -2,68%. Organico -0,41%

Firenze. La produzione totale dei rifiuti è pressoché stabile, registrando solo un +0,17% sul 2014. Con una percentuale di raccolta differenziata che si attesta la 53,95%. Anche qui assistiamo ad un calo della carta -3,64%, e un significativo aumento della frazione organica raccolta +5,41%.

Milano. Per quanto riguarda il capoluogo lombardo l’analisi si è concentrata solo sul secondo semestre del 2014 e 2015, in quanto nella prima metà del 2014 il sistema di raccolta era differente a quello attuale, e quindi per avere dati confrontabili a parità di stema di raccolta ( in sostanza con l’umido porta a porta) saranno considerati solo i dati della seconda metà del 2014 e 2015. Mentre la percentuale di raccolta differenziata in tutto il 2015 è del 52,7%. Anche a Milano risulta in calo la carta (-1,8%), mentre a crescere significativamente sono organico (+5,69%) e vetro (+5,25%). Ripetiamo: sui secondi sei mesi quindi a parità di sistema di raccolta

Torino. Dal 2014 al 2015 la produzione dei rifiuti è aumentata di poco (+0,54%). La raccolta differenziata nel 2015 è al 40,5% (il dato non è definitivo perché mancano i rifiuti differenziati prodotti da “terzi”). Era – al netto dei terzi – del 40,4 nel 2014. Come in tutte le altre città cala la raccolta di carta e cartone (-4,65%), mentre aumentano vetro e lattine (+11,8%), plastica (+3,32%) e organico (+1,8%).

Pisa. Anche qui la produzione dei rifiuti diminuisce (-6,22%) e la raccolta differenziata si attesta al 41,37%. Nel dettaglio delle frazioni aumentano carta e cartone (+1,42%) e organico (+4%).

Puglia. A Lecce la produzione dei totale dei rifiuti cala (-1,83%) e la raccolta differenziata raggiunge il 22,27%. Anche nei tre città della BAT provincia la produzione generale dei rifiuti diminuisce: a Barletta del -9,4% con una raccolta differenziata al 71,55%; Andria -2,06% con una raccolta differenziata al 64,89%,; mentre a Trani il calo è del -4,5% con una raccolta differenziata che si attesta al 20,56%. Per le città pugliesi non è possibile analizzare i dati delle varie frazioni, non perché il dato non sia disponibile ma perché tra il 2014 e il 2015 le quattro città hanno cambiato il loro sistema di raccolta dei rifiuti e quindi non è possibile ottenere un dato certo.

Napoli. La produzione generale dei rifiuti è quasi invariata (+0,14%) e cresce la raccolta differenziata che si attesta al 29,5%. Per quanto riguarda le singole frazioni, i dati raccolti non possono essere messi a confronto con le altre città. Infatti dal 2014 al 2015 la città di Napoli sta via via estendendo il porta a porta su tutto il territorio. Riportiamo comunque i dati in quanto significativi, e rappresentativi di come il cambio di metodologia nel sistema di raccolta sia fondamentale per una gestione ottimale dei rifiuti: carta +7,11%, plastica e metalli +85%, vetro +9,45% e organico +25%.

Genova i rifiuti urbani raccolti nel Comune di Genova nell’anno 2015 sono stati circa 304.000 tonnellate. Un calo del 2% rispetto al 2014. Mentre la percentuale di raccolta differenziata su base annua è di circa il 35,5%.

 

Fonte: ecodallecitta.it

Organico, aumenta la raccolta e si consolida come componente principale dei rifiuti urbani in Italia. Il rapporto del Cic

Il Rapporto Rifiuti Organici 2014 del Consorzio Italiano Compostatori sul recupero delle frazioni organiche conferma la crescita del settore. La raccolta nel 2013 si attesta al 42%. A Milano il primato mondiale di metropoli con il maggior numero di abitanti serviti dalla raccolta dell’umido381003

Aumenta ancora la raccolta dell’organico. Con una crescita media nell’ultimo decennio di quasi il 10% l’anno, lo scarto organico si consolida come la componente principale dei rifiuti urbani raccolti in Italia, attestandosi al 42% nel 2013 (era il 37% nel 2012). Su un totale di 12,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani differenziati nel Paese, la raccolta della frazione organica (umido e scarto verde) è stata di 5,2 milioni, seguita dalla carta con 3 milioni di tonnellate e dal vetro con 1,6 milioni. Raccolta procapite. Dal Rapporto emerge che a livello nazionale vengono intercettati 86 kg procapite di rifiuto organico, con una maggiore intercettazione media nelle regioni del Nord (108 kg procapite), rispetto al Centro (77 kg) e al Sud (62 kg). Occorre tuttavia sottolineare che il dato è influenzato dalla diversa estensione delle raccolte nelle diverse realtà regionali: l’intercettazione calcolata sulla quota della popolazione effettivamente servita da circuiti di raccolta differenziata è decisamente superiore al Sud, con valori medi, secondo indagini CIC, che oscillano tra 110 e 130 kg procapite. Purezza del materiale. L’analisi del materiale raccolto avviene attraverso il campionamento di una quantità rappresentativa dello scarto organico da analizzare (analisi merceologiche). A livello complessivo nel 2013, si rileva un contenuto del 4,8% di materiali indesiderati e non-compostabili (MNC) in leggero aumento rispetto al 2012 (valore 4,5%) Le impurità sono costituite da plastica varia, sacchetti in plastica utilizzati impropriamente per il conferimento dell’organico o altri materiali non-compostabili messi nell’umido per errore o negligenza. I sacchetti in plastica rappresentano circa 1/3 del materiale indesiderato complessivamente riscontrato.
Il primato di Milano. Tra il 2012 e il 2013 il capoluogo lombardo ha completato l’estensione della raccolta differenziata della frazione organica a tutte le utenze domestiche del territorio cittadino. Da Giugno 2013, oltre 1,3 milioni di abitanti separano regolarmente lo scarto di cucina. Questo risultato consegna a Milano il primato mondiale di metropoli con il maggior numero di abitanti serviti dalla raccolta dell’umido, superando anche San Francisco che conta circa 830 mila abitanti. Risultati oltre le previsioni. In ciascuna delle zone di Milano il sistema di raccolta è andato a regime nell’arco di 3-4 settimane attestandosi tra i 90-92 kg di rifiuto raccolto per abitante all’anno, riuscendo ad avviare a recupero quasi 120.000 t/anno. Indagini merceologiche eseguite dalla struttura tecnica del CIC mostrano come la qualità media della frazione organica si attesti nell’ordine del 4-5% di impurità. Aumentano gli impianti di compostaggio. La crescita delle raccolte differenziate del rifiuto organico è strettamente correlata allo sviluppo dell’impiantistica di recupero. Nel giro di 20 anni (i primi circuiti di raccolta del rifiuto organico sono datati 1993) si è sviluppato e consolidato un sistema industriale dedicato alla trasformazione dello scarto organico che, nel 2013, conta 240 impianti di compostaggio, 130 dei quali di rilevanza industriale. Continua anche la crescita del numero di impianti di digestione anaerobica, che nel triennio 2011/2013 aumenta di quasi il 60% con un totale di 43 impianti operativi.

Per il rapporto integrale del Cic clicca qui.

Fonte: ecodallecitta.it

L’agricoltura biologica è cresciuta rapidamente, dice UE

organic food2

Il settore dell’agricoltura biologica è cresciuta rapidamente nel corso degli ultimi dieci anni, di circa 500.000 nuovi ettari ogni anno, secondo le statistiche comunitarie.

Sia il numero di aziende agricole biologiche e l’area è cresciuta di oltre la metà tra il 2003 e il 2010. Nel 2011, l’Unione europea ha avuto 9,6 milioni di ettari di terra biologica. L’anno prima, ci sono stati più di 186.000 di tali aziende registrate in tutta l’allora 27-paese blocco. L’agricoltura biologica è definita come la produzione di cibo che ha un impatto minimo sull’ambiente operando nel modo più naturale possibile. L’UE dispone di norme per l’agricoltura biologica, compreso l’uso di sostanze chimiche, in pesticidi, fertilizzanti e farmaci degli animali, nonché la tutela del benessere degli animali. Gli organismi geneticamente modificati non possono essere utilizzati in agricoltura biologica. I dati mostrano che gli agricoltori biologici sono generalmente più giovani di agricoltori convenzionali media UE. Nel 2010, alcuni 61,3% degli agricoltori biologici erano sotto 55, rispetto al 44,2% in agricoltura non biologica.

Altre aziende biologiche in più vecchie paesi dell’UE

La maggior parte delle aziende (83%) e la terra (78%) utilizzato per l’agricoltura biologica erano nei 15 “vecchi” Stati membri, quelli che hanno aderito all’Unione europea prima del 2004, come la Francia, l’Italia, la Germania, il Belgio e il Regno Unito. L’Unione europea attribuisce la maggiore quota di legislazione nazionale ed europea. I 12 paesi che hanno aderito all’UE dal 2004, escludendo la Croazia, che hanno aderito lo scorso anno, sono stati anche vedendo una crescita in agricoltura biologica, secondo l’esecutivo Ue. L’agricoltura biologica è cresciuto del 13% all’anno tra il 2002 e il 2011 e il numero di aziende agricole moltiplicato per dieci volte tra il 2003 e il 2010. Conti pascoli permanenti per la quota maggiore di tale agricoltura (45%), seguiti dai cereali (15%) e colture permanenti (13%). La produzione di animali per 1%. La Commissione europea ha pubblicato le proposte di ulteriori norme in materia di agricoltura biologica in marzo, volto a rafforzare e armonizzare la legislazione sul settore. “La Commissione è alla ricerca di più e meglio l’agricoltura biologica nell’Unione europea, consolidando la fiducia del consumatore nei prodotti biologici e rimuovere gli ostacoli allo sviluppo dell’agricoltura biologica”, ha dichiarato Dacian Cioloş, commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. I produttori possono richiedere per le etichette degli alimenti biologici dell’UE per i loro prodotti, in modo da informare i consumatori che il loro cibo è stato prodotto biologico. La Corte dei conti europea ha sollecitato per una maggiore applicazione delle norme di produzione dell’agricoltura biologica. I prodotti etichettati come tali sono stati trovati per contenere pesticidi, antibiotici o OGM. La Commissione afferma che il cibo biologico risponde alla crescente domanda dei consumatori “, mentre allo stesso tempo fornire beni pubblici in termini di protezione ambientale, benessere degli animali e allo sviluppo rurale”.

Fonte: EurActiv.com

Il compostaggio domestico senza giardino: “bastano undici vasi”

Pratica diffusa soprattutto fra chi vive in campagna e coltiva un orto o un giardino, molto meno fra chi ha a disposizione soltanto un piccolo balcone e abita in una grande città. Per queste persone il compostaggio domestico è destinato a rimanere un miraggio? Lo abbiamo chiesto a Alberto Confalonieri della Scuola Agraria del Parco di Monza375826

Lorenzo Marinone

Tra le frazioni per cui è prevista la raccolta differenziata l’organico è quella che rende di meno ai Comuni. Carta, plastica, vetro e lattine raccolte separatamente vengono avviate a riciclo con un notevole recupero di materia. L’ organico diventa compost tramite gli impianti di compostaggio che producono anche energia , ma i costi di tutto questo lavoro, dalla raccolta in giù, superano i ricavi. Si può azzerare questa voce grazie alla pratica del compostaggio domestico. Pratica diffusa soprattutto fra chi vive in campagna e coltiva un orto o un giardino, molto meno fra chi ha a disposizione soltanto un piccolo balcone e abita in una grande città. Per queste persone il compostaggio domestico è destinato a rimanere un miraggio? Lo abbiamo chiesto a Alberto Confalonieri della Scuola Agraria del Parco di Monza.
Il compostaggio domestico è una pratica possibile anche per chi abita in una grande città e non ha a disposizione un giardino?

Tecnicamente sì, non ci sono controindicazioni né problemi insormontabili.

A Torino la produzione di organico compostabile pro capite raggiunge i 50-60 kg l’anno. Che possibilità ha una famiglia media (2,5 persone) di utilizzare il compost che ne ricava?

Facciamo due conti. 60 kg l’anno significa 150 kg in totale a famiglia. Considerando che nel corso del processo di decomposizione l’organico arriva a perdere fino al 70% del proprio peso in 12 mesi, a fine anno la nostra famiglia media ottiene circa 45 kg di compost puro (che occupano un volume minimo, adatto a balconi di qualsiasi dimensione). Compost che non può essere utilizzato così com’è, ma va diluito. Questo prodotto infatti ha un’elevata salinità, deve essere mescolato in parti uguali con il comune terriccio. Se poi il compost ottenuto non è perfettamente maturo (cioè “respira” ancora, come si dice in gergo) è possibile che entri in competizione con l’apparato radicale delle piante concimate: diluirlo riduce notevolmente questo rischio.

Per intenderci, a quanti vasi corrispondono questi 45 kg?

Prendiamo i vasi più comuni, quelli rettangolari di dimensioni 20x20x50 cm, quindi con un volume di 0,02 m3. Se la densità del compost è di 0,4 t / m3 allora ogni vaso potrà contenere 4 kg di compost e altrettanti di terra. Questo significa che a una famiglia media serviranno poco più di 11 di questi vasi per utilizzare tutto il compost prodotto; se consideriamo invece un nucleo familiare di 4 persone il numero di vasi sale a 18.

Quindi si produce più compost di quanto è ragionevolmente possibile utilizzare per le piante da balcone, a meno che non si abbia un terrazzo. Sempre che i vicini siano d’accordo. Per quanto riguarda possibili odori sgradevoli?
In realtà anche in questo caso si tratta di un falso problema. Non tutto l’organico è compostabile: bisogna evitare soprattutto gli scarti di origine animale (che possono invece essere conferiti nel bidone della raccolta differenziata dell’organico) perché rilasciano una quantità importante di ammoniaca, che può creare una situazione di disagio per la puzza. Altra regola fondamentale è fare in modo che la compostiera sia ben areata, in particolare rivoltandone regolarmente il contenuto. L’ammoniaca infatti viene rilasciata anche a fronte di un’ossigenazione insufficiente. Tutte operazioni semplici che chiunque può eseguire senza che si vengano a creare problemi per sé e per gli altri.

Fonte: eco dalle città

Torino, storia voci e bilancio del pranzone gratis di Piazza Vittorio

Secondo gli organizzatori sono stati distribuiti 2.800 pasti. Un record in Italia, nonostante non si sia registrato il tutto esaurito. Presente il Ministro dell’Ambiente, interventi di Don Ciotti e altre personalità coordinati da Patrizio Roversi. Da dove venivano e dove sono finiti i materiali “edibili”375142

video di Michele Dicanosa e Giuseppe Iasparra

articolo di Silvia Caprioglio:

Eating City, non c’è stato il caos che qualcuno paventava….non tutta la città si fa attirare dal pasto gratuito: e quindi “Eating City – La città che mangia”, grande pranzo collettivo gratuito in piazza Vittorio, realizzato con prodotti di scarto recuperati dalla grande distribuzione e destinato a 3000 persone, per sensibilizzare sulla lotta agli sprechi alimentari si è svolto senza concitazione. I pasti serviti, secondo gli organizzatori, sono stati 2800, solo 200 in meno di quelli preparati

 

 

Complice il tempo estivo, che a dispetto della crisi deve aver spinto più d’uno alla gita fuori porta, o una comunicazione meno capillare del necessario, o…chissà… abbiamo un sondaggio in proposito… alla fine si è persino avanzato qualcosa. La lusinga del pasto gratis ha attirato 2800 persone, a fronte dei 3000 pasti preparati, sufficienti, in caso di maxi affluenza, anche per 3700 persone. Sotto un solleone che ha sfiorato i 30 gradi, si è tenuto in piazza Vittorio “Eating City – La città che mangia”, un grande pranzo collettivo gratuito preparato con cibo di recupero dalle eccedenze della grande distribuzione della provincia di Torino. Un’iniziativa nell’ambito del programma degli Smart City Days organizzata da Risteco, azienda impegnata nella logistica della ristorazione, con il patrocinio di Fao Onu, per sensibilizzare sul tema della lotta agli sprechi alimentari. Una missione non così facile da conseguire. “Pur se con fatica – spiega Andrea Segrè, animatore dell’evento, professore ordinario di Politica agraria e presidente di Last Minute Market –, sta aumentando la sensibilità contro lo spreco, anche “grazie” alla crisi, che rende sempre più difficoltoso per le famiglie riuscire ad arrivare alla fine del mese”. Missione compiuta per Gaetano Capizzi, direttore artistico di Smart City Days. “È stato il più grande evento di questo tipo in Italia. L’obiettivo era proporre un’azione politica contro gli sprechi per mettere in evidenza un problema reale. La campagna di informazione mirava ad attirare circa 3000 persone, e la risposta della gente non si è fatta attendere. Era importante anche solo supportare l’idea alla base del progetto con la propria presenza, decidendo poi di pranzare altrove come molti hanno fatto”. Ecco dunque i numeri della manifestazione: il menù – caponata, tortino di verdure e una pesca – è stato realizzato con l’impiego di 2 tonnellate di materia prima, 1,5 tonnellate di verdure e mezza tonnellata di frutta. Sono stati 2800, secondo Maurizio Mariani, presidente di Risteco, i pasti serviti; 200 dunque quelli avanzati, destinati, secondo l’impegno dichiarato, alle associazioni di volontariato del territorio, contattate una volta che si è verificato che i pasti preparati non sono stati tutti distribuiti. La materia prima di recupero per più della metà era di “quarta gamma”, recuperata dalla produzione industriale, e per la restante parte – le verdure per la caponata – recuperando l’invenduto dei mercati generali, quindi dal circuito all’ingrosso. I rifiuti prodotti, compresi vassoi e posate biodegradabili, nelle intenzioni dovevano essere tutti di tipo organico; rifiuti urbani differenziabili, raccolti dall’Amiat. Dunque, a monte c’è stato un recupero iniziale di frutta e verdura destinate a diventare “rifiuti speciali” (i rifiuti dell’industria e della grande distribuzione), per i quali vige un sistema di smaltimento ad hoc, e diventati poi , alla fine, rifiuti urbani (tipicamente quelli domestici e della piccola distribuzione). Raccolti quasi tutti come Organico. “Per grandi eventi come Eating City – sostiene Mariani – è difficile andare a ridurre i rifiuti urbani raccogliendo la materia prima di scarto dai piccoli negozi. Il problema è logistico: si rischia che l’inquinamento prodotto per raccogliere gli scarti tra tanti piccoli commercianti sia maggiore del vantaggio riconducibile alla riduzione degli scarti stessi”. Alcune pecche sono inoltre da segnalare nella raccolta dei rifiuti prodotti in seguito all’evento: un bidone non aveva indicata la tipologia di rifiuti da conferire; cumuli di carta sporca sono stati gettati nel bidone della carta invece che in quello dell’organico; i bicchieri, apparentemente di plastica ma in realtà compostabili, sono stati in un paio di casi gettati nella plastica invece che nell’organico. Ma in generale tutto è filato liscio perché attorno ai tavoli dove si è mangiato c’era un solo tipo di contenitore. Le dichiarazioni del ministro dell’Ambiente Andrea Orlando nel corso di Eating City: “L’articolo 9 della Costituzione parla di tutela del paesaggio – ai tempi non si parlava ancora di “ambiente” –; l’articolo 3 allude a una redistribuzione del reddito. Un evento come Eating City è un modo per raccogliere questi stimoli e sperimentare un modello alternativo di sviluppo. A lungo l’ambiente è stato visto come un vincolo e non come un’opportunità, anche economica, ad esempio di turismo. Occorrerebbe ripensare tutti i ministeri tenendo in considerazione le ripercussioni sull’ambiente. Porterò in Consiglio dei ministri una legge sul consumo del suolo; vorrei riuscire nel corso del mio mandato a far sì che sia introdotto nel Codice penale il reato di delitto ambientale, e che venisse approvata una legge sull’acqua come bene pubblico. Mi piacerebbe lasciare il ministero con meno procedure di infrazione a carico dell’Italia da parte dell’Europa: attualmente, su un centinaio di procedure, oltre 30 sono su questioni ambientali”. Come la sera precedente, anche in occasione del pranzo ci sono state delle proteste dal contenuto ambientalista (riportiamo in allegato il volantino). La sera precedente al Cinema Ambiente era soprattutto una protesta Notav. In questo caso il volantino contestava le aziende della distribuzione alimentare, accusandole di creare in settimana lo spreco che affermano di contrastare in questa estemporanea iniziativa domenicale.

Un aspetto importante: l’organizzazione dei rifiuti al pranzone

Rassegna stampa

Il “menù degli sprechi” è servito Tremila a pranzo in piazza Vittorio – da La Stampa del 03.06.2012

Tutti in coda per il pranzo degli avanzi – da La Repubblica del 03.06.2013

Fonte: ecodallecittà

 

Bari Torre a mare: per i ristoranti raccolta porta a porta (per umido e vetro)

Al via il 18 marzo servizio di raccolta di organico e vetro negli esercizi di ristorazione. I mezzi Amiu effettueranno la raccolta presso ciascun esercizio di ristorazione dalle ore 23 alle 03, secondo il seguente calendario. Il calendario374210

Nell’ambito delle iniziative predisposte dall’amministrazione comunale e dall’Amiu al fine di incrementare la raccolta differenziata su tutto il territorio cittadino, a partire da lunedì 18 marzo sarà potenziato il servizio relativo alle frazioni organiche e al vetro nei ristoranti, pub e pizzerie di Torre a Mare. I mezzi Amiu effettueranno la raccolta presso ciascun esercizio di ristorazione dalle ore 23 alle 03, secondo il seguente calendario:

– organico: martedì, giovedì, sabato e domenica

– vetro: lunedì, mercoledì e venerdì.

I ristoranti potranno esporre i bidoni prima della raccolta. Per informazioni e chiarimenti è possibile contattare il numero verde 800 011 558. Per quanto riguarda RACCOLTA ORGANICO

Nei bidoni marroni dovranno essere conferiti solamente avanzi di cibo. Ovviamente tutte le altre frazioni (ad esempio carta, plastica, barattoli, vetro, lattine, vaschette) dovranno essere conferiti presso gli appositi bidoni stradali)
Per quanto riguarda la RACCOLTA del VETRO Nei bidoni verdi potranno essere recuperate solamente bottiglie e barattoli in vetro privi dei coperchi o tappi metallici (che vanno nel cassonetto stradali con coperchio giallo). Non è considerato vetro: le pirofile in pirex, gli oggetti in cristallo e ceramica, lampade di ogni tipo, neon e lampadine (tutti questi oggetti elencati vanno portati nei centri di raccolta o pressi i negozi specializzati)

Fonte. Eco dalle città