Olio, Confagricoltura: “Crescere grazie all’innovazione”

Imatin, :  A Palestinian worker throws olives into the stone wheels of an olive press in the Palestinian village of Imatin in the West Bank 14 November 2006. Several hundred Israeli volunteers are helping Palestinians all over the West Bank harvest their olives at the height of the season, in the belief that their presence deters the worst excesses of radical violence from militant right-wing settlers. Right-wing settlers have cut down and burnt groves, attacked farmers and stolen olives in recent years.  AFP PHOTO/MENAHEM KAHANA    .  (Photo credit should read MENAHEM KAHANA/AFP/Getty Images)

Indebolita dalla Xylella fastidiosa e da una stagione 2014 da dimenticare, l’olivicoltura nazionale punta al rilancio attraverso l’innovazione. A farsi capofila di questa riprogettazione del sistema olivicolo nazionale è Confagricoltura che sottolinea come il nostro Paese non sia più in grado di soddisfare il fabbisogno interno e debba attingere agli altri Paesi europei produttori di olio. Secondo Mario Guidi, presidente di Confagricoltura,

oggi l’Italia ha bisogno di più olio e di più olio di qualità. Abbiamo un piano olivicolo nazionale che destina risorse ancorché limitate, significative. Il tutto deve essere coordinato assieme ai piani di sviluppo rurale per puntare su un’olivicoltura anche intensiva che possa affiancare la nostra olivicoltura nazionale. Quella capacità produttiva che ci può rendere competitivi nei confronti dei nostri colleghi spagnoli che stanno facendo in questi anni un gran lavoro. Già, la Spagna, con gli immensi oliveti dell’Andalusia, è diventato il principale bacino di approvvigionamento dell’industria italiana. L’olio, specialmente quello di qualità è un pilastro della dieta mediterranea, come spiega Sara Farinetti, specialista in Medicina interna, nutrizione funzionale e metabolismo:

Considerare l’olio un vero e proprio alimento e non un condimento è il primo sistema e può essere una strategia e poi soprattutto cerchiamo di non contingentare l’utilizzo dell’olio, smettiamola di pensare che proprio il grasso ingrassa. Pensiamo invece che quest’olio è un elemento funzionale. Dobbiamo consumarlo in modo consapevole ad ogni pasto, naturalmente non più con il contagocce, ma andare in cerca, piuttosto che delle calorie, dell’olio di qualità.

Nel corso dell’incontro che si è svolto ieri, a Roma, a Palazzo della Valle, ‘L’olio italiano e le sue qualità. Innovare per competere: un settore a confronto con la modernizzazione’, sono state esaminate le prospettive dell’olivicoltura intensiva e superintensiva e analizzati i punti di forza e di debolezza.

Fra le criticità vi è il preferibile utilizzo di varietà non autoctone, che sembrerebbero più idonee a questo tipo di organizzazione dell’oliveto, ma che non toglierebbero nulla alla qualità che si basa soprattutto sul solido know-how dei nostri produttori e sulle caratteristiche pedo-climatiche delle coltivazioni. Anche l’esame di alcune Dop e Igp ha dimostrato che vi sono alcune varietà autoctone adatte alla coltura superintensiva.

Fonte: ecoblog.it

Olio extravergine di oliva: quando può definirsi commestibile e salutare?

Negli ultimi 30 anni è radicalmente cambiato il modo di produrre l’olio extravergine di oliva, uno dei prodotti più rappresentativi dell’agricoltura italiana. Soltanto un olio extravergine di oliva biologico o biodinamico può essere considerato commestibile e assolutamente privo di tracce di insetticidi e altri veleni.olio9_

Insieme al vino e al frumento l’Olio extravergine di oliva è il prodotto più importante e più rappresentativo dell’agricoltura italiana. Poche sono le aziende agricole che non lo producono e moltissime sono le famiglie contadine che ne traggono un reddito indispensabile. Il modo di produrre Olio dalle olive è radicalmente cambiato negli ultimi 30 anni, con l’inserimento ormai generalizzato della macinatura meccanica, in sostituzione delle vecchie macine a pietra che avevano il difetto di ossidare eccessivamente il prodotto della spremitura naturale delle olive. Partiamo come al solito dal campo. Troviamo oliveti in pianura, sul mare, sui laghi, in collina, in alta collina e persino in montagna fino a 800 metri sul livello del mare. Il mantenimento della fertilità del suolo da osservare, per definire un prodotto genuino è delegato oltre che all’uso di letame maturo, anche al sovescio di leguminose o di opportuni miscugli di piante adatte ad essere incorporate nel terreno per apportare con l’aiuto di microrganismi ed insetti utili i 30 elementi chimici che compongono ogni singola oliva. Le concimazioni chimiche che mettono a disposizione delle piante solo azoto, fosforo e potassio servono invece a squilibrare e a rendere suscettibili alle più disparate malattie queste piante così longeve, favorendo solo l’uso di rimedi “curativi” altamente tossici per le varie patologie che di conseguenza si manifestano. Molto importanti risultano infine le consociazioni e le naturalizzazioni degli uliveti, si è visto infatti che all’interno di un contesto ricco di biodiversità naturale gli antagonisti delle avversità viventi sono molteplici e ben equilibrati, mentre nelle monocolture intensive e molto estese sono praticamente assenti. Di solito l’altitudine influisce notevolmente sugli attacchi del parassita più temuto: la mosca olearia che, deponendo un semplice uovo nella piccola oliva acerba, permette alla larva che ne fuoriesce di cibarsene (in simbiosi con un batterio) deturparla e sporcarla causando notevoli danni al prodotto finale.pesticidi9_

Salto a piè pari tutto lo scibile scontato dei danni provocati dagli oli di semi estratti con solventi chimici e dalle margarine proposte dagli anni 60 alle nostre massaie e ancora presenti come grassi deidrogenati in molteplici prodotti industriali, causa principale di obesità e disparate disfunzioni. Solo un Olio extravergine di oliva biologico o biodinamico risulta davvero commestibile e assolutamente privo di tracce e cocktail di insetticidi e anticrittogamici, mentre non è escluso che negli olii extravergini, anche IGP e DOP senza distinzione, possano ritrovarsi veleni, normalmente in tracce ammesse, ma comunque consistenti. Oggi sistemi collaudati basati sull’esperienza dell’agricoltore, la raccolta precoce, l’uso di trappole e prodotti che creano confusione sessuale consentono a questo prodotto di essere coltivato senza uso di veleni anche in pianura, rendendo l’olivicoltura convenzionale ormai obsoleta ed inutile. Per avere un prodotto perfetto servono comunque ancora tante attenzioni. Esistono aziende che portano in frangitura le olive il giorno stesso della raccolta. Esistono frantoi che non superano i 28 gradi di temperatura nelle operazioni di spremitura e non vanno oltre i 90 minuti nelle operazioni di separazione dell’olio dalla pasta ottenuta. Queste cure seguite: dall’evitare assolutamente il contatto con la plastica così detta “alimentare” spesso usata a bidoni e puntualmente corrosa e diluita da alcuni dei molteplici acidi presenti soprattutto nei primi giorni di olio nuovo, dal mantenimento dell’olio in bottiglie scure, dall’evitare il più possibile il contatto con l’aria, permettono di ottenere dei prodotti davvero speciali. Esistono infine olii monocultivar con sapori ben chiari e diversificati: favolosa Olivastra seggianese, olii saporiti di solo Olivo Frantoiano, olii indefinibili di Leccino o Moraiolo, Ogliarola barese o Cima di Bitonto, tutti adatti a restituire al nostro palato la capacità di sentire, degustare, osservatore con tutti i sensi quel condimento che previene le malattie, cura da sempre i più svariati squilibri e dona alle pietanze della nostra dieta un sapore che lo rendono insostituibile. Che non senso miscelarlo col falso, rettificarlo, contaminarlo chimicamente, squilibrarlo con fertilizzanti costosi ed inutili! Un prodotto così importante non può essere valutato in base al costo o alla semplice acidità che ne determina l’attuale classificazione in rancido, lampante (buono solo per le lampade ad olio) rettificato (manipolazione chimica e fisica), olio di sansa di oliva, olio d’oliva (un rettificato con 1% di vergine) , vergine (max 2% acidità libera) ed extravergine (max 0,8% acidità libera). Un buon olio si definisce in base agli aromi, ai profumi, alla presenza indispensabile di acidi grassi insaturi, di antiossidanti naturali, di clorofilla e di vitamina E, di enzimi e di vitamine B e C. Così come non ha senso valutarlo in base al costo unitario, molto più sensato calcolarne invece il costo giornaliero pro capite per rendersi conto che bastano pochi centesimi ben spesi per vigilare sulla salute di tutta la famiglia o sulla reale qualità della propria ristorazione. A voi questa volta il compito di riscoprirlo direttamente tra le aziende agricole bio più vicine, nelle molteplici individualità che lo producono, lo accarezzano, lo confezionano per non farlo mai mancare sulle tavole imbandite, dalle minestre dei bambini alle zuppe dei più anziani, dalle ricette dei grandi chef alle pietanze delle più anonime massaie, dai consigli dei nutrizionisti fino ai rimedi dei monaci camaldolesi, che da sempre in tutto il Mediterraneo non c’è miglior aiuto per far partire dalla cucina la salute di ognuno.

Fonte: il cambiamento