L’olio di canapa nell’alimentazione

Ricavato dalla spremitura a freddo dei semi della pianta di canapa, ha un alto valore nutrizionale e rappresenta un alimento basilare per il nostro organismo. È stato dimostrato che la somministrazione dell’olio di semi di canapa abbassa i livelli ematici di colesterolo e trigliceridi, diminuisce il grado di aggregazione piastrinica ed è protettivo dopo un danno al miocardio.

Si ringrazia la rivista Dolce Vita Online – Alternative Lifestyle Magazinecanapa_01

L’olio di semi di canapa è un alimento che si ricava dalla spremitura a freddo dei semi della pianta di canapa. Il seme di canapa è l’alimento vegetale con il più alto valore nutrizionale. Ha un contenuto di proteine pari al 20-25%: l’elevato contenuto di edestina, insieme con l’altra proteina globulare, l’albumina, fa in modo che tali proteine contengano tutti e nove gli amminoacidi essenziali in una combinazione proteica unica in tutto il mondo vegetale, fornendo così al nostro corpo la base sui cui creare altre proteine come le immunoglobuline. Queste sono gli anticorpi che respingono le infezioni prima ancora che arrivino i primi sintomi percepibili. Di grande rilievo anche il tenore dei carboidrati che gli conferiscono un valore energetico elevato (516 Kcal per 100 gr). Il seme di canapa presenta una frazione grassa (34-35%) di ottima qualità e di composizione equilibrata, costituita per il 70-75% da una miscela di acidi grassi polinsaturi come l’acido linoleico omega 6 e l’acido linoleico omega 3 ed il gammalinoleico (insostituibile nel processo di sintesi delle prostaglandine, sostanze che regolano l’attività di numerose ghiandole, dei muscoli e dei recettori nervosi). L’acido linoleico omega-6 e l’acido alfalinoleico omega-3 sono acidi grassi essenziali (Essential Fatty Acid – EFA): il nostro corpo non riesce a sintetizzarli da altre molecole. Questi acidi devono essere necessariamente presenti nella nostra dieta in quantità sufficiente per non sviluppare sintomi di carenza o, addirittura, malattie. In generale gli omega-6 e gli omega-3 dovrebbero essere assunti in una proporzione ideale di 3:1 fino a 5:1.canapa_02

L’alto valore nutritivo dell’olio di canapa risiede nel fatto che ci fornisce entrambi gli EFA in una proporzione benefica per l’uomo. Oggi sappiamo che gli acidi grassi essenziali agiscono attraverso vari meccanismi, svolgendo ruoli essenziali nel traffico metabolico, come metaboliti e messaggeri, sia agendo direttamente sui recettori nucleari per attivare e reprimere diverse vie metaboliche necessarie per la corretta risposta difensiva della cellula, sia permettendo all’organismo di formare le molecole eicosanoidi, che sono coinvolte nelle funzioni riproduttive, nella febbre, nelle infiammazioni e nel dolore associato a traumi o malattie, nella formazione dei coaguli di sangue, nella regolazione della pressione sanguigna, nella secrezione dell’acido gastrico e in molti altri processi importanti per la salute dell’uomo.
Lo spettro degli acidi grassi dell’olio di canapa è alla base dei suoi benefici nutritivi. Se paragonato ad altri oli commestibili non raffinati, l’olio di canapa ha alte percentuali di acidi grassi essenziali (in genere il 75%) per lo più in forma di acido linoleico omega-6. Una grande proporzione (dal 15 al 25%) è di acido alfa linoleico omega-3. Il 10-15% è composto di acido oleico monoinsaturo e il totale degli acidi grassi saturi è il 9-11% di tutti gli acidi grassi dell’olio di canapa. Inoltre contiene basse percentuali di molti acidi grassi polinsaturi che hanno un ruolo importante nel metabolismo umano, come l’acido gamma linoleico (GLA, omega-6) e l’acido stearidonico (omega-3). Il contenuto di questi grassi “minori” varia considerevolmente in dipendenza delle varietà e delle condizioni di crescita.

La maggior parte degli oli vegetali non contiene il rapporto ottimale di Omega-6/Omega-3 (3 a 1) e tende a promuovere l’accumulo di prodotti intermedi che ostacolano il metabolismo degli acidi grassi. L’olio di semi di canapa, al contrario, è correttamente equilibrato e non promuove l’accumulo di prodotti metabolici. Considerevole anche la dotazione di vitamine A, E (antiossidanti naturali), PP, C, e del gruppo B (esclusa la B12). Ricordiamo inoltre i fitosteroli e alcuni componenti della famiglia dei cannabinoidi come THC e CBD. Quest’ultimo non ha effetti psicoattivi ma agisce sul sistema delle anandamidi prodotte dal nostro organismo (cannabinoidi endogeni) che modulano le risposte dell’organismo nel sistema immunitario e agevolano le funzionalità cognitive e mentali attraverso l’attivazione di recettori specifici. Il livello di THC è molto basso, meno di una parte per milione e per avere effetti “tossici” da parte di questa sostanza bisognerebbe assumere dai 6 ai 9 litri di olio al giorno. L’olio di canapa rappresenta un alimento basilare, cioè un alimento che per sua natura può ottimizzare la risposta del sistema immunitario come prevenzione, ma anche nel trattamento delle malattie alla cui origine c’è la reazione infiammatoria. È stato dimostrato che la somministrazione dell’olio di semi di canapa abbassa i livelli ematici di colesterolo e trigliceridi, diminuisce il grado di aggregazione piastrinica ed è protettivo dopo un danno al miocardio. La maggior parte delle malattie cardiovascolari è causata dalla formazione di placche nelle arterie, cioè di depositi di grasso sulle pareti interne dei vasi sanguigni, che, con il passare del tempo, si induriscono e impediscono al sangue di circolare (arteriosclerosi). Questo processo potrebbe portare ad un completo blocco della circolazione, causando un colpo apoplettico o un attacco di cuore.canapa_03

È stato provato che l’assunzione quotidiana di acido linoleico e GLA (omega-6), equivalente a quattro/cinque cucchiaini di olio di canapa al giorno, fa diminuire rapidamente gli eccessivi livelli nel sangue di colesterolo LDL e di colesterolo totale, riducendo così il rischio di trombosi. Altri studi hanno dimostrato che gli acidi grassi omega-3 riducono significativamente il rischio di morte tra i sopravvissuti ad attacchi cardiaci. In questo modo l’olio di canapa può aiutare a ridurre il rischio di arteriosclerosi e di altre malattie cardiovascolari. Infine l’olio di canapa contiene anche piccole quantità di molte altre sostanze benefiche. I fitosteroli che ostacolano l’assorbimento del colesterolo, i fosfolipidi, conosciuti come lecitina, che sono essenziali per l’integrità delle membrane cellulari, aiutano a scindere i grassi ingeriti e migliorano il loro utilizzo da parte del fegato. I caroteni, che sono predecessori della vitamina A, necessari per la crescita e per la vista. E molti minerali tra i quali calcio, magnesio e potassio. L’olio di canapa può essere considerato un “vaccino” nutrizionale, nel senso che ha tutti gli effetti di un alimento protettivo, introdotto quotidianamente nella propria dieta. L’individuo sano deve assumere un cucchiaino da tè di olio di canapa al giorno, tutto l’anno, con l’eccezione dei mesi più caldi, nell’individuo malato la dose minima è di un cucchiaio da tavola al giorno tutto l’anno e si può salire fino a 3 cucchiai al giorno come terapia d’attacco.

Dott. Antonella Chiechi

Specialista in endocrinologia e malattie del ricambio

Fonte: ilcambiamento.it

Olio, Confagricoltura: “Crescere grazie all’innovazione”

Imatin, :  A Palestinian worker throws olives into the stone wheels of an olive press in the Palestinian village of Imatin in the West Bank 14 November 2006. Several hundred Israeli volunteers are helping Palestinians all over the West Bank harvest their olives at the height of the season, in the belief that their presence deters the worst excesses of radical violence from militant right-wing settlers. Right-wing settlers have cut down and burnt groves, attacked farmers and stolen olives in recent years.  AFP PHOTO/MENAHEM KAHANA    .  (Photo credit should read MENAHEM KAHANA/AFP/Getty Images)

Indebolita dalla Xylella fastidiosa e da una stagione 2014 da dimenticare, l’olivicoltura nazionale punta al rilancio attraverso l’innovazione. A farsi capofila di questa riprogettazione del sistema olivicolo nazionale è Confagricoltura che sottolinea come il nostro Paese non sia più in grado di soddisfare il fabbisogno interno e debba attingere agli altri Paesi europei produttori di olio. Secondo Mario Guidi, presidente di Confagricoltura,

oggi l’Italia ha bisogno di più olio e di più olio di qualità. Abbiamo un piano olivicolo nazionale che destina risorse ancorché limitate, significative. Il tutto deve essere coordinato assieme ai piani di sviluppo rurale per puntare su un’olivicoltura anche intensiva che possa affiancare la nostra olivicoltura nazionale. Quella capacità produttiva che ci può rendere competitivi nei confronti dei nostri colleghi spagnoli che stanno facendo in questi anni un gran lavoro. Già, la Spagna, con gli immensi oliveti dell’Andalusia, è diventato il principale bacino di approvvigionamento dell’industria italiana. L’olio, specialmente quello di qualità è un pilastro della dieta mediterranea, come spiega Sara Farinetti, specialista in Medicina interna, nutrizione funzionale e metabolismo:

Considerare l’olio un vero e proprio alimento e non un condimento è il primo sistema e può essere una strategia e poi soprattutto cerchiamo di non contingentare l’utilizzo dell’olio, smettiamola di pensare che proprio il grasso ingrassa. Pensiamo invece che quest’olio è un elemento funzionale. Dobbiamo consumarlo in modo consapevole ad ogni pasto, naturalmente non più con il contagocce, ma andare in cerca, piuttosto che delle calorie, dell’olio di qualità.

Nel corso dell’incontro che si è svolto ieri, a Roma, a Palazzo della Valle, ‘L’olio italiano e le sue qualità. Innovare per competere: un settore a confronto con la modernizzazione’, sono state esaminate le prospettive dell’olivicoltura intensiva e superintensiva e analizzati i punti di forza e di debolezza.

Fra le criticità vi è il preferibile utilizzo di varietà non autoctone, che sembrerebbero più idonee a questo tipo di organizzazione dell’oliveto, ma che non toglierebbero nulla alla qualità che si basa soprattutto sul solido know-how dei nostri produttori e sulle caratteristiche pedo-climatiche delle coltivazioni. Anche l’esame di alcune Dop e Igp ha dimostrato che vi sono alcune varietà autoctone adatte alla coltura superintensiva.

Fonte: ecoblog.it

Treno Verde 2015. Il meglio della Puglia verso Expo Milano

A bordo del Treno Verde gli Ambasciatori del territorio . Dal grano, all’olio, alla burrata e ai pomodori: ecco le realtà che valorizzano i territori. Vendola firma il Manifesto della Nuova Agricoltura. Legambiente: “L’Italia è il primo Paese in Europa per prodotti tipici certificati.382108

Legambiente: “L’Italia è il primo Paese in Europa per prodotti tipici certificati. Con questa iniziativa vogliamo valorizzare tutte quelle esperienze che rappresentano un modello vincente e concreto di economia sostenibile. Auspichiamo che la Regione Puglia elimini ogni ostacolo per l’attuazione immediata della legge che favorisce l’accesso dei giovani all’agricoltura” Dall’olio degli olivi secolari pugliesi, ai legumi tradizionali dell’Alta Murgia, grano duro e cerali, pomodori e cetrioli e ancora una grande varietà di formaggi tra cui il Pallone di Gravina e la burrata di Andria. Tutto coltivato e prodotto con metodi biologici e da aziende che hanno scelto di innovare il loro processo di produzione e trasformazione rispettando la biodiversità dei luoghi, l’ambiente e la qualità delle materie prime. Il vero fiore all’occhiello della Puglia.
Sono queste alcune delle eccellenze dell’agricoltura di qualità pugliese consegnate al Treno Verde dagli Ambasciatori del Territorio che questa mattina hanno inaugurato la tappa di Bari del convoglio ambientalista (in sosta al binario 1 ovest della stazione centrale fino a domani, martedì 3 marzo). Prodotti ed esperienze che accompagneranno il viaggio 2015 della storica campagna nazionale di Legambiente e Gruppo Ferrovie dello Stato dedicato all’agricoltura e all’alimentazione in vista di Expo Milano, l’esposizione universale su alimentazione e nutrizione in programma dal primo maggio nel capoluogo lombardo. Gli Ambasciatori del Territorio, iniziativa promossa da Legambiente e Alce Nero, ha avuto per protagonisti i primi agricoltori e realtà agricole che producono nel rispetto del patrimonio ambientale, sociale e culturale dei loro territori. Insieme a loro Legambiente ha presentato il suo Manifesto della Nuova Agricoltura, sottoscritto a bordo del Treno anche da Nichi Vendola, presidente Regione Puglia, Fabrizio Nardoni, assessore all’Agricoltura della Regione Puglia; Cesare Veronico, presidente Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Con loro Legambiente ha, inoltre, lanciato il “Progetto Conversione”, una sfida che si pone come obiettivo quello di aumentare le produzioni biologiche in Italia nei prossimi 6 anni, estendendole dal 10% al 20% della superficie agricola entro il 2020.
“L’Italia è il primo Paese in Europa per prodotti tipici certificati. Con l’iniziativa di oggi vogliamo valorizzare gli ambasciatori del territorio pugliesi, ossia agricoltori e aziende agricole, che producono nel rispetto del patrimonio ambientale sociale e culturale dei loro territori. Esperienze che rappresentano un modello vincente e concreto di economia sostenibile” – commenta Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – A proposito di esperienze concrete auspichiamo che la Regione Puglia elimini ogni ostacolo per l’attuazione immediata della legge che favorisce l’accesso dei giovani all’agricoltura e contrasti l’abbandono e il consumo dei nostri suoli agricoli rilanciando nel contempo l’occupazione”.
“L’agricoltura oggi può essere il più importante alleato per le attuali sfide ambientali e per lo sviluppo dell’economia verde. Una nuova agricoltura, che delineiamo nel nostro Manifesto, già all’opera, praticata da molti agricoltori italiani ed europei, attenti ai processi naturali e alla complessità e specificità locale degli ecosistemi e capaci di innovare, sperimentando nuove tecnologie e anche attingendo agli antichi saperi della cultura rurale – dichiara Davide Sabbadin, portavoce del Treno Verde – Un’agricoltura che può destare impegno professionale e passione nei giovani, riportandoli a questo antico mestiere, che richiede professionalità e cultura adeguata all’altezza delle sfide e che può garantisce cibo buono e salute, tutela delle risorse naturali e della varietà genetica, tutela dei saperi e dei sapori che rendono unico e irripetibile ogni territorio italiano, ospitalità, bellezza del paesaggio”.

Fonte:  ecodallecitta.it

Olive “sotto scorta”: furti in tutta Italia e gli olivicoltori si organizzano

La scarsità dei raccolti ha fatto alzare la quotazione dell’olio e si moltiplicano, dalla Liguria alla Puglia, i furti delle olive e dell’olio. Tanto che in molte zone i coltivatori si stanno organizzando per monitorare il territorio. La scarsità del raccolto ha fatto esplodere le quotazioni dell’olio e ha provocato un vero e proprio boom di furti nelle campagne, dove i ladri assaltano cascine e fattorie a caccia di olive o di fusti di olio. È la stessa Coldiretti a denunciare il fenomeno dei raid di squadre organizzate che riescono a compiere dei blitz e a raccogliere, all’insaputa dei legittimi proprietari, un quintale di olive. Anche le cisterne d’olio sono un vero e proprio tesoro che può arrivare a un valore massimo di 200mila euro a botte. In pochi giorni le forze dell’ordine hanno effettuato decine di arresti, ma i tentativi di furti sono continuati tanto che gli agricoltori hanno dovuto organizzare delle ronde, mentre altri si affidano alle scorte della polizia. Nel foggiano una banda composta da cittadini bulgari è stata fermata dalle forze dell’ordine dopo che si era organizzata per ripulire gli uliveti della zona di Cerignola, altre squadre composte da romeni agivano poco distante. Nel Barese e nei pressi di Barletta sono finiti in manette 5 italiani che con due colpi avevano sottratto al raccolto dei legittimi proprietari 5 quintali di olive. Altri colpi sono stati tentati o realizzati nel Trapanese (dove 8 persone hanno tentato il furto in un terreno confiscato alla mafia), in Liguria (dove gli olivicoltori si stanno trasformando in vigilantes) e nel Maceratese dove due persone sono state arrestate dopo avere rubato 50 chilogrammi di olio. Coldiretti ha chiesto alle prefetture delle zone più a rischio un pattugliamento delle strade più sensibili, ma si sta pensando di installare videocamere negli uliveti.72551783-586x387

Fonte: Coldiretti

© Foto Getty Images

Olio extravergine di oliva: quando può definirsi commestibile e salutare?

Negli ultimi 30 anni è radicalmente cambiato il modo di produrre l’olio extravergine di oliva, uno dei prodotti più rappresentativi dell’agricoltura italiana. Soltanto un olio extravergine di oliva biologico o biodinamico può essere considerato commestibile e assolutamente privo di tracce di insetticidi e altri veleni.olio9_

Insieme al vino e al frumento l’Olio extravergine di oliva è il prodotto più importante e più rappresentativo dell’agricoltura italiana. Poche sono le aziende agricole che non lo producono e moltissime sono le famiglie contadine che ne traggono un reddito indispensabile. Il modo di produrre Olio dalle olive è radicalmente cambiato negli ultimi 30 anni, con l’inserimento ormai generalizzato della macinatura meccanica, in sostituzione delle vecchie macine a pietra che avevano il difetto di ossidare eccessivamente il prodotto della spremitura naturale delle olive. Partiamo come al solito dal campo. Troviamo oliveti in pianura, sul mare, sui laghi, in collina, in alta collina e persino in montagna fino a 800 metri sul livello del mare. Il mantenimento della fertilità del suolo da osservare, per definire un prodotto genuino è delegato oltre che all’uso di letame maturo, anche al sovescio di leguminose o di opportuni miscugli di piante adatte ad essere incorporate nel terreno per apportare con l’aiuto di microrganismi ed insetti utili i 30 elementi chimici che compongono ogni singola oliva. Le concimazioni chimiche che mettono a disposizione delle piante solo azoto, fosforo e potassio servono invece a squilibrare e a rendere suscettibili alle più disparate malattie queste piante così longeve, favorendo solo l’uso di rimedi “curativi” altamente tossici per le varie patologie che di conseguenza si manifestano. Molto importanti risultano infine le consociazioni e le naturalizzazioni degli uliveti, si è visto infatti che all’interno di un contesto ricco di biodiversità naturale gli antagonisti delle avversità viventi sono molteplici e ben equilibrati, mentre nelle monocolture intensive e molto estese sono praticamente assenti. Di solito l’altitudine influisce notevolmente sugli attacchi del parassita più temuto: la mosca olearia che, deponendo un semplice uovo nella piccola oliva acerba, permette alla larva che ne fuoriesce di cibarsene (in simbiosi con un batterio) deturparla e sporcarla causando notevoli danni al prodotto finale.pesticidi9_

Salto a piè pari tutto lo scibile scontato dei danni provocati dagli oli di semi estratti con solventi chimici e dalle margarine proposte dagli anni 60 alle nostre massaie e ancora presenti come grassi deidrogenati in molteplici prodotti industriali, causa principale di obesità e disparate disfunzioni. Solo un Olio extravergine di oliva biologico o biodinamico risulta davvero commestibile e assolutamente privo di tracce e cocktail di insetticidi e anticrittogamici, mentre non è escluso che negli olii extravergini, anche IGP e DOP senza distinzione, possano ritrovarsi veleni, normalmente in tracce ammesse, ma comunque consistenti. Oggi sistemi collaudati basati sull’esperienza dell’agricoltore, la raccolta precoce, l’uso di trappole e prodotti che creano confusione sessuale consentono a questo prodotto di essere coltivato senza uso di veleni anche in pianura, rendendo l’olivicoltura convenzionale ormai obsoleta ed inutile. Per avere un prodotto perfetto servono comunque ancora tante attenzioni. Esistono aziende che portano in frangitura le olive il giorno stesso della raccolta. Esistono frantoi che non superano i 28 gradi di temperatura nelle operazioni di spremitura e non vanno oltre i 90 minuti nelle operazioni di separazione dell’olio dalla pasta ottenuta. Queste cure seguite: dall’evitare assolutamente il contatto con la plastica così detta “alimentare” spesso usata a bidoni e puntualmente corrosa e diluita da alcuni dei molteplici acidi presenti soprattutto nei primi giorni di olio nuovo, dal mantenimento dell’olio in bottiglie scure, dall’evitare il più possibile il contatto con l’aria, permettono di ottenere dei prodotti davvero speciali. Esistono infine olii monocultivar con sapori ben chiari e diversificati: favolosa Olivastra seggianese, olii saporiti di solo Olivo Frantoiano, olii indefinibili di Leccino o Moraiolo, Ogliarola barese o Cima di Bitonto, tutti adatti a restituire al nostro palato la capacità di sentire, degustare, osservatore con tutti i sensi quel condimento che previene le malattie, cura da sempre i più svariati squilibri e dona alle pietanze della nostra dieta un sapore che lo rendono insostituibile. Che non senso miscelarlo col falso, rettificarlo, contaminarlo chimicamente, squilibrarlo con fertilizzanti costosi ed inutili! Un prodotto così importante non può essere valutato in base al costo o alla semplice acidità che ne determina l’attuale classificazione in rancido, lampante (buono solo per le lampade ad olio) rettificato (manipolazione chimica e fisica), olio di sansa di oliva, olio d’oliva (un rettificato con 1% di vergine) , vergine (max 2% acidità libera) ed extravergine (max 0,8% acidità libera). Un buon olio si definisce in base agli aromi, ai profumi, alla presenza indispensabile di acidi grassi insaturi, di antiossidanti naturali, di clorofilla e di vitamina E, di enzimi e di vitamine B e C. Così come non ha senso valutarlo in base al costo unitario, molto più sensato calcolarne invece il costo giornaliero pro capite per rendersi conto che bastano pochi centesimi ben spesi per vigilare sulla salute di tutta la famiglia o sulla reale qualità della propria ristorazione. A voi questa volta il compito di riscoprirlo direttamente tra le aziende agricole bio più vicine, nelle molteplici individualità che lo producono, lo accarezzano, lo confezionano per non farlo mai mancare sulle tavole imbandite, dalle minestre dei bambini alle zuppe dei più anziani, dalle ricette dei grandi chef alle pietanze delle più anonime massaie, dai consigli dei nutrizionisti fino ai rimedi dei monaci camaldolesi, che da sempre in tutto il Mediterraneo non c’è miglior aiuto per far partire dalla cucina la salute di ognuno.

Fonte: il cambiamento