USA, 300 fuoriuscite di petrolio negli ultimi due anni in North Dakota mai rese pubbliche fino ad ora

Il boom del thight oil da fracking ha moltiplicato le trivellazioni e gli oleodotti, che hanno superato i 28000 km, aumentando le probabilità di incidente e contaminazione dell’ambienteDakota-oil-1-586x390

Trecento fuoriuscite di petrolio in meno di due anni nelle campagne del North Dakota: è il lato oscuro del boom petrolifero del tight oil da fracking. La Associated Press ha documentato circa 750 incidenti, finora sconosciuti al pubblico, avvenuti nella filiera del tight oil dal gennaio del 2012, tra cui 300 perdite dagli oleodotti. Questi dati preoccupanti sono venuti alla luce in seguito ad un incidente piuttosto grave che ha causato la fuoriuscita di oltre 20000 barili di greggio all’inizio del mese. Il tight oil è estratto dalla roccia compatta (e non porosa come nel caso del petrolio convenzionale), mediante la contestata tecnica del fracking. I giacimenti sono piccoli, per cui si deve trivellare molto di più, e si devono anche posare molti più km di oleodotti. In North Dakota ci sono oltre 28000 km di oleodotti, oltre il triplo della distanza Roma-Pechino e pari a circa 16 volte il perimetro dello stato americano, un tempo territorio Sioux: è come se ci fossero 150 metri di oleodotto su ogni singolo km² di territorio. Le perdite di petrolio non sono quindi casuali, ma imputabili all’incredibile lunghezza della rete e alla sua crescita tumultuosa (+14% lo scorso anno): la conseguenza inevitabile è una minore qualità delle installazioni e una più scarsa manutenzione. La stessa cosa accade con il gas: le perdite in North Dakota sono pari al 30%, in genere sotto forma di flaring, al punto da illuminare la notte più di una metropoli. Il Dakota Resource Council è un organizzazione ambientalista con una forte base sociale di agricoltori e allevatori molto preoccupati per l’impatto negativo del breve boom dell’olio sul benessere a lungo termine del territorio. Riusciranno a fermare, o almeno a rallentare la devastazione?

Fonte: ecoblog

Canada, cresce la protesta contro gli oleodotti per le tar sands verso l’Atlantico

La ferma opposizione delle comunità locali ha bloccato una stazione di pompaggio per un oleodotto per portare il petrolio da tar sands verso l’Atlantico e in tutto il paese cresce la protesta verso l’energia sporca delle sabbie bituminose

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Cresce in Canada la protesta contro i mega progetti di oleodotti per trasportare il petrolio da tar sands estratto nell’Alberta verso il mare, e riesce anche a ottenere i primi successi. Dopo aver bloccato l’oleodotto verso il Pacifico, ora è la volta dell’oleodotto Atlantico. I baroni delle sabbie vorrebbero invertire il flusso del vecchio oleodotto Portland (Maine) – Montreal (Quebec); costruito nel dopoguerra per portare greggio dal mare al Canada,  invece ora secondo le intenzioni dei petrolieri dovrebbe portare il combustibile ottenuto dalle sabbie bituminose agli affamati mercati americani (vedi mappa in fondo al post). Grazie all’opposizione dei residenti della piccola città di Dunham, dopo cinque anni di battaglie legali è stata finalmente bloccata la costruzione di una stazione intermedia di pompaggio essenziale alla costruzione dell’oleodotto. E’ un’importante vittoria dei cittadini contro colossi multinazionali quali Suncor e Shell. I cittadini del Quebec si stanno anche opponendo ad un progetto alternativo,l’oleodotto Energy East (mappa in fondo) che dovrebbe portare il petrolio verso il mare seguendo una direttrice più a nord, verso il New Brunswick. Il Quebec non vuole più vedere disastri civili e ambientali come quello recente di Lac Megantic, dove il deragliamento di un treno che trasportava 10000 tonnellate di shale oil USA per le raffinerie canadesi ha provocato 47 morti, la distruzione di oltre 30 edifici e danni per 200 milioni di $. L’incidente è il più grave disastro ferroviario canadese dal 1864 ed è avvenuto per cause ancora più stupide dell’incidente di Viareggio, visto che il convoglio di 74 vagoni non era stato ben frenato. Essendo lontani dalla coste, i baroni canadesi del petrolio hanno un bisogno disperato degli oleodotti per ridurre i costi di estrazione e spuntare prezzi più alti sul mercato mondiale. Questo potrebbe portare ad un aumento del costo dell’energia per gli stessi canadesi. Se uniamo questa possibilità al fatto che i colmata 40000 posti di lavoro creati dagli oleodotti si ridurrebbero solo a qualche migliaio di impieghi temporanei, non possiamo dare torto al Guardian quando dice che “gli oleodotti non serviranno a costruire una nazione, perché sono una grande truffa“.Energy-east-pipeline

Fonte: ecoblog