Commissione Ue: una proposta per il diritto all’informazione su durabilità e riparabilità dei prodotti

Previsto l’aggiornamento della direttiva sui diritti dei consumatori per renderli consapevoli della transizione verde nei propri acquisti. La proposta boccia l’informazione ingannevole e promuove prodotti con un ciclo di vita più lungo

foto Cashify

Arriva una proposta dalla Commissione europea per aggiornare la direttiva sui diritti dei consumatori e responsabilizzarli nella transizione verde. Con le nuove indicazioni, i consumatori potranno compiere scelte d’acquisto consapevoli e rispettose dell’ambiente e avranno il diritto di conoscere la durata prevista di un prodotto e come questo può essere riparato, laddove possibile. Inoltre le norme rafforzeranno la tutela dei consumatori da dichiarazioni ambientali inattendibili o false in quanto vietano il “greenwashing” e le pratiche ingannevoli sulla durabilità di un prodotto.

  • Durabilità: i consumatori devono essere informati della durabilità garantita dei prodotti. Se il produttore di un bene di consumo offre una garanzia commerciale di durabilità superiore a due anni, il venditore deve informarne il consumatore. Per i beni che consumano energia il venditore deve informare i consumatori anche quando il produttore non fornisce informazioni sull’esistenza di una garanzia commerciale di durabilità.
  • Riparazioni e aggiornamenti: il venditore deve fornire informazioni sulle riparazioni, come l’indice di riparabilità (se applicabile), o altre informazioni sulla riparazione messe a disposizione dal produttore, come la disponibilità di pezzi di ricambio o un manuale di riparazione. Per i dispositivi intelligenti e i contenuti e servizi digitali il consumatore deve essere informato anche in merito agli aggiornamenti del software forniti dal produttore.

I produttori e i venditori decideranno il modo più appropriato per fornire tali informazioni al consumatore, sia esso sull’imballaggio o nella descrizione del prodotto sul sito web. In ogni caso tali informazioni devono essere fornite prima dell’acquisto e in modo chiaro e comprensibile.

Divieto di greenwashing e obsolescenza programmata

La Commissione propone diverse modifiche della direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Anzitutto la proposta amplia l’elenco delle caratteristiche del prodotto in merito alle quali il professionista non può ingannare il consumatore per includere l’impatto ambientale o sociale, la durabilità e la riparabilità. Aggiunge inoltre nuove pratiche considerate ingannevoli in base a una valutazione delle circostanze del caso, come la formulazione di una dichiarazione ambientale relativa alle prestazioni ambientali future senza includere impegni e obiettivi chiari, oggettivi e verificabili e senza un sistema di monitoraggio indipendente.

Infine modifica la direttiva sulle pratiche commerciali sleali aggiungendo nuove pratiche all’attuale elenco di pratiche commerciali sleali vietate, la cosiddetta “lista nera”. Le nuove pratiche comprenderanno, tra l’altro:

  • omettere di informare i consumatori dell’esistenza di una caratteristica introdotta nel bene per limitarne la durabilità, come ad esempio un software che interrompe o degrada la funzionalità del bene dopo un determinato periodo di tempo;
  • formulare dichiarazioni ambientali generiche o vaghe laddove l’eccellenza delle prestazioni ambientali del prodotto o del professionista non sia dimostrabile. Esempi di dichiarazioni ambientali generiche sono “rispettoso dell’ambiente”, “eco” o “verde”, che suggeriscono o danno erroneamente l’impressione di un’eccellenza delle prestazioni ambientali;
  • formulare una dichiarazione ambientale concernente il prodotto nel suo complesso quando in realtà riguarda soltanto un determinato aspetto;
  • esibire un marchio di sostenibilità avente carattere volontario che non è basato su un sistema di verifica da parte di terzi o stabilito dalle autorità pubbliche;
  • omettere di informare che il bene dispone di una funzionalità limitata quando si utilizzano materiali di consumo, pezzi di ricambio o accessori non forniti dal produttore originale.

Le modifiche mirano a offrire certezza del diritto per i professionisti, ma anche ad agevolare l’applicazione delle norme nei casi relativi al greenwashing e all’obsolescenza precoce dei prodotti. Peraltro la garanzia che le dichiarazioni ambientali sono eque permetterà ai consumatori di scegliere prodotti che siano effettivamente migliori per l’ambiente rispetto ai propri concorrenti. Sarà così incoraggiata la concorrenza spingendo verso prodotti più ecosostenibili, con conseguente riduzione dell’impatto negativo sull’ambiente.

Prossime tappe

Le proposte della Commissione saranno ora discusse dal Consiglio e dal Parlamento europeo. Una volta adottate e recepite nella legislazione nazionale degli Stati membri, garantiranno ai consumatori il diritto a rimedi in caso di violazioni, anche attraverso la procedura di ricorso collettivo di cui alla direttiva relativa alle azioni rappresentative.

Contesto

La revisione della normativa era stata annunciata nella nuova agenda dei consumatori e nel piano d’azione per l’economia circolare, con l’obiettivo di sostenere i cambiamenti del comportamento dei consumatori necessari per conseguire gli obiettivi climatici e ambientali del Green Deal europeo. Per elaborare la proposta, la Commissione ha consultato oltre 12.000 consumatori nonché imprese, esperti in materia di consumatori e autorità nazionali. Una delle maggiori criticità per la transizione verde sollevata nell’indagine riguarda soprattutto la verifica dell’attendibilità delle dichiarazioni ambientali sui prodotti. Inoltre, circa la metà delle risposte ha indicato la disponibilità a pagare un extra per un prodotto che duri più a lungo senza dover subire riparazioni.

Le ricerche dimostrano che i consumatori si trovano di fronte a pratiche commerciali sleali che impediscono loro attivamente di compiere scelte sostenibili. L’obsolescenza precoce dei beni, le dichiarazioni ambientali ingannevoli (“greenwashing”), i marchi di sostenibilità o gli strumenti di informazione sulla sostenibilità non trasparenti e non credibili sono pratiche comuni. La proposta rientra nel più ampio obiettivo della Commissione europea di fare dell’Unione il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. La proposta sarà integrata da altre iniziative, tra cui l’iniziativa sui prodotti sostenibili (anch’essa adottata il 30 marzo) e le prossime iniziative volte a dimostrare la veridicità delle dichiarazioni di ecocompatibilità e sul diritto alla riparazione (per cui è aperta una consultazione pubblica fino al 5 aprile 2022). L’imminente iniziativa sul diritto alla riparazione si concentrerà sulla promozione della riparazione dei beni dopo l’acquisto, mentre l’iniziativa odierna sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde impone l’obbligo di fornire informazioni sulla riparabilità prima dell’acquisto e tutela dalle pratiche sleali legate all’obsolescenza precoce. Il 23 febbraio 2022 la Commissione europea ha adottato la proposta sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, che stabilisce norme chiare ed equilibrate affinché le imprese rispettino i diritti umani e l’ambiente e tengano una condotta sostenibile e responsabile. Parallelamente la Commissione si adopera per sostenere le imprese attraverso la transizione verde, anche con iniziative di carattere volontario come l’impegno per un consumo sostenibile.

Fonte: ecodallecitta.it

Economia circolare, Costa: nei prossimi 5 anni 1,6 milioni di lavoratori necessari al settore riparazione

Il ministro dell’Ambiente, intervenuto al webinar ‘2021 anno del diritto alla riparazione’, fa una stima alla luce dei cambiamenti che riguardano il passaggio dall’economia lineare all’economia circolare

Secondo alcune stime “sono oltre 230mila le posizioni di lavoro che ora occorrerebbero per i cosiddetti riparatori”, in un più vasto “cambio di paradigma, dall’economia lineare all’economia circolare, che nel prossimo quinquennio si stima necessiti di oltre 1,6 milioni di nuovi lavoratori green nel settore”, cioè “circa il 60% oltre la richiesta lavoro esistente”. Così il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, intervenuto al webinar organizzato dal Movimento 5 Stelle dal titolo ‘2021 anno del diritto alla riparazione’. Insomma, “non è più banale parlare di economia circolare – dice Costa – va magnificato il tema che è emerso”.

“Sul tema della riparazione, all’esame del Senato c’è una proposta di legge per il contrasto all’obsolescenza programmata dei beni di consumo, mentre alla Camera ce n’è un’altra basata sul concetto di bene nella gestione del rifiuto. Sono proposte di legge che segnano questa sensibilità – aggiunge il ministro – oggi che ci sono le condizioni culturali, politiche e governative, si può fare ed è necessario fare questo salto di qualità”. 

“Il diritto alla riparazione si fonde ad altri diritti nell’ambito dell’economia circolare che cambiano il paradigma produttivo”, spiega Costa, “una visione nella quale nel resto della legislatura vogliamo costruire questo sistema”.

l ministro ha ricordato che nel 2018, poco dopo il suo insediamento al ministero dell’Ambiente, è stata assegnata al suo dicastero la competenza sull’economia circolare, insieme al ministero dello Sviluppo economico. Inoltre, nel 2020 è stata creata la Direzione generale per l’economia circolare. “Questo va di pari passo – ha osservato – con il quadro Ue”, al quale ha fatto riferimento la direttrice generale del ministero Laura D’Aprile. 

Costa ha ricordato che “nell’ambito del regolamento Ue sulla tassonomia, abbiamo costruito gli indici della green finance, tra cui l’indice della circolarità della materia: coloro che vi investono hanno un indice di rischio più basso. Siamo i primi in Europa ad applicare tutto questo in via sperimentale”.

Fonte: ecodallecitta.it

La Francia verso il bando dell’obsolescenza programmata

L’Assemblea Nazionale francese ha approvato un emendamento che ha lo scopo di impedire l’obsolescenza programmata, cioè l’insieme di tutte le strategie adottate dai produttori e finalizzate a ridurre il ciclo vitale di un prodotto. La durata di vita di un apparecchio di uso comune, cioè, viene intenzionalmente accorciata in modo da rendere il prodotto inservibile o “fuori moda” in breve tempo e spingere così le vendite di nuovi articoli.

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Rispetto al passato, ad esempio, le apparecchiature elettriche ed elettroniche in commercio hanno un ciclo vitale molto breve, talmente breve da far sorgere il legittimo sospetto che i produttori ne abbiano programmato scientificamente la “fine prematura” per massimizzando i profitti. È capitato a tutti che apparecchiature semi-nuove siano diventate improvvisamente inutilizzabili (in genere succede a due anni dall’acquisto, cioè dopo la scadenza del periodo di garanzia) oppure che i pezzi di ricambio non siano più in commercio o siano talmente costosi che conviene comperare un dispositivo nuovo piuttosto di riparare quello vecchio. Tutto ciò costringe i consumatori a gettare prodotti quasi nuovi, ma inutilizzabili, nella spazzatura e ad acquistarne altri. Questa abitudine, però, ha impatti negativi sul bilancio delle famiglie e conseguenze nefaste sull’ambiente: l’usura precoce e pianificata a tavolino provoca uno spreco inutile di risorse naturali e di tutti i metalli preziosi presenti nei RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), un aumento esponenziale di rifiuti nelle discariche, l’inquinamento delle falde acquifere e dei suoli, con costi enormi a carico della collettività. In un interessante report dello scorso anno, due esperti tedeschi di obsolescenza programmata – Stefan Schridde e Christian Kreiss – hanno calcolato l’entità dei “danni economici” causati dall’obsolescenza pianificata nella sola Germania. Secondo gli esperti, se i consumatori tedeschi non fossero “costretti” a comprare continuamente nuovi apparecchi, si potrebbero risparmiare 100 miliardi di euro all’anno.Obsolescenza2

Per questi motivi, in Francia alcuni parlamentari hanno presentato un importante emendamento al Progetto di Legge sulla Transizione Energetica promosso dall’attuale Ministro dell’Ecologia, dello Sviluppo Sostenibile e dell’Energia, Ségolène Royal. L’emendamento prevede che l’obsolescenza programmata venga considerata una vera e propria frode a danno dei consumatori. Secondo il diritto francese dei consumatori, il reato di frode consiste nell’aver “ingannato o tentato di ingannare” il cliente sulla natura, quantità o idoneità all’utilizzo di un prodotto. Se la frode viene dimostrata, il produttore è punibile con pene detentive fino a due anni di reclusione e multe fino a 300.000 euro. E le sanzioni possono anche essere inasprite, se le conseguenze della frode sono particolarmente gravi per i consumatori. Attualmente, però, la frode riguarda la natura, quantità o idoneità all’utilizzo di un prodotto, ma non il suo ciclo vitale. Da qui la richiesta dei parlamentari Eric Alauzet, Denis Baupin et Cécile Duflot di inserire un nuovo comma relativo al reato di frode che abbia come oggetto “la durata di vita di un prodotto (che sia stata) intenzionalmente ridotta in fase di progettazione”. “Troppo spesso – si legge nella presentazione dell’emendamento – i prodotti di uso comune vengono progettati dai produttori per smettere di funzionare dopo che sono stati utilizzati un determinato numero di volte. Queste pratiche sono nefaste per l’ambiente e pesano sul potere d’acquisto delle famiglie. Al momento, il Codice dei consumatori non cita esplicitamente la riduzione della durata di vita di un prodotto tra gli elementi che concorrono alla definizione di frode ai danni dei consumatori, ma è essenziale che questa venga esplicitata, in modo da poter fermare l’obsolescenza programmata”.Obsolescenza4

L’emendamento è stato approvato dall’Assemblea Nazionale a fine settembre ed ora è in attesa di votazione da parte del Senato francese. E qui sta il nocciolo della questione: anche nel caso in cui l’emendamento venga approvato in via definitiva, per il produttore che si avvale dell’obsolescenza programmata non si apriranno automaticamente le porte del carcere, ma la frode sul ciclo vitale del prodotto dovrà essere prima dimostrata. Se, ad esempio, un consumatore francese volesse citare in giudizio un produttore perché la lavatrice, la stampante o lo smartphone sono durati solo pochi mesi o anni, dovrebbe convocare una serie di esperti e provare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il costruttore ha intenzionalmente accorciato la durata di vita del prodotto già in fase di progettazione. “Questo è un ottimo emendamento a livello teorico, ma la sua attuazione rischia di non esserlo”, ha commentato Olivier Iteanu, avvocato della Corte d’Appello di Parigi. “I singoli consumatori e i magistrati potrebbero decidere che non vale la pena spendere tempo e soldi per questo tipo di cause. Potrebbe funzionare, invece, in circostanze particolari – ad esempio in caso di sinistri o di class action collettive”. Ma ciò non toglie che l’emendamento votato dall’Assemblea nazionale francese costituisca una buona notizia: il problema dell’obsolescenza programmata non è più solo un tema per l’opinione pubblica, ma oggetto di dibattito anche a livello normativo. Segno che i cittadini – non solo francesi ma anche europei – sono sempre più consapevoli che la produzione di beni effimeri va fermata in favore di prodotti eco-sostenibili e di qualità, di un’economia circolare basata sulla facilità di riparazione, riuso e riciclo dei prodotti, e sull’efficienza nell’uso delle risorse. Perché l’usura pianificata a tavolino fa male a tutti: ai singoli cittadini, alla collettività e all’ambiente.

 

Fonte:  italiachecambia.org

Basta a elettrodomestici e elettronica che si rompono dopo due anni, la legge in Francia

Il 18 marzo in Francia il gruppo degli ecologisti al Senato ha presentato un disegno di legge contro l’obsolescenza programmata di elettrodomestici e elettronica

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Al Senato francese il gruppo degli ecologisti ha presentato lo scorso 18 marzo un disegno per vietare l’obsolescenza programmata degli elettrodomestici e di tutti i device elettronici. In breve: le aziende produttrici per tenere in piedi i consumi del mercato programmano entro due anni dal loro uso la fine degli elettrodomestici e degli apparecchi elettronici. In pratica è un sistema per sostenere i consumi usa e getta il che ci sta portando sia a impoverire le risorse naturali che non sono infinite. D’altronde l’obsolescenza programmata l’abbiamo sperimentata tutti: dopo due o tre anni la lavatrice si rompe (ma com’è che fino a 10 anni fa duravano una vita?) e se provate a richiedere dopo la scadenza dell’assistenza che dura due anni (apposta si rompe sempre dopo) la riparazione vi costa talmente tanto che vi convincono a acquistare un nuovo elettrodomestico o computer. Dunque se passa la legge in Francia il sistema di invecchiamento programmato potrebbe diventare illegale e punito da una multa di 37,500 euro e da due anni di arresto.
Il testo di legge presentato propone di estendere la durata legale di conformità (ossia anche la garanzia) a 3 anni dal 2014; a 5 anni dal 2016 contro i 2 attuali. Le associazioni consultate il mese scorso per la redazione della proposta di legge vorrebbero portare la durata finale a 10 anni ma come ha spiegato Jean-Vincent Placé uno degli autori del testo di legge:

Vogliamo trovare un compromesso. la maggior parte dei prodotti sarebbero destinati a durare 5 anni e dunque i fabbricanti non dovrebbero essere particolarmente penalizzati e anzi potrebbe essere una forma di concorrenza. Ad esempio la Kia ha fatto della sua garanzia di 7 anni un sostanzioso argomento di marketing. La legge propone anche la possibilità che i pezzi di ricambio indispensabili alla riparazione di un prodotto siano detassati per 10 anni così da sostenere le riparazioni. Spiega ancora Placé:

L’incentivo consiste nel prendere pezzi di ricambio che non siano tassati sopratutto per quegli oggetti usati collettivamente e se la riparazione non è possibile si può pensare a prodotti riparati dello stesso tipo. La sfida nella discussione al Senato che si terrà il prossimo 23 aprile sarà certamente sostenere il minor sfruttamento delle risorse e la minor produzione di rifiuti ma anche convincere i produttori a guardare al mercato dei ricambi e delle riparazioni.

Fonte: Actu-Environment