La Commissione UE salva il carbone e affonda le rinnovabili

La Commissione europea ha pubblicato ieri un pacchetto di misure (“pacchetto d’inverno”) che minaccia di far fallire gli sforzi per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili, prolungando invece la dipendenza dal carbone. Insorgono le associazioni ambientaliste.9430-10168

«Le misure proposte ieri dalla Commissione Europea includono i cosiddetti capacity payments, cioè sussidi di cui beneficeranno carbone, gas e e nucleare, con il pretesto di tenere le centrali pronte per essere accese» spiega Tara Connolly, consulente politica di Greenpeace Europa. «Di qui al 2020 circa il 95% delle centrali a carbone avrebbe i requisiti per ricevere questo sussidio, stando alla proposta della Commissione che include un tetto massimo per la CO2 solo per le centrali a carbone di nuova costruzione. La Commissione ha anche proposto di far decadere una norma esistente che prevede che venga immessa in rete l’energia da fonti rinnovabili prima di quella da inquinanti centrali a carbone o nucleari. Questo porterà ad ancora più casi in cui gli impianti di rinnovabili verranno spenti, in particolare quando ci sarà eccesso di offerta, perché è più semplice ed economico spegnere l’energia del sole e del vento piuttosto che le centrali a carbone o nucleari, che sono estremamente poco flessibili. Queste misure avranno l’effetto di bloccare gli investimenti nel settore delle rinnovabili».

«Questo pacchetto di misure non fa altro che tirare il freno. Distribuisce soldi alle centrali a carbone e dà alle compagnie energetiche più potere di controllo sul sistema energetico, limitando il ruolo dei consumatori come produttori di energia rinnovabile» continua Connolly. Ma non è finita qui. La Commissione propone anche di limitare la grandezza delle cooperative mettendo ai progetti una soglia massima di 18 megawatts all’anno di media. «Le proposte della Commissione Ue non consentono all’Europa di accelerare la transizione verso un sistema energetico libero da fossili entro il 2050 e sono in piena contraddizione con gli impegni assunti a Parigi e ribaditi solo pochi giorni fa a Marrakech» spiega Legambiente. «Per poter contenere l’aumento della temperatura globale entro 1.5°C, secondo quanto previsto dall’Accordo di Parigi, serve un cambio di rotta per stare al passo con il resto del mondo accompagnato da obiettivi climatici ed energetici europei più ambiziosi, a partire da rinnovabili ed efficienza energetica, insieme a efficaci misure attuative a livello nazionale per dare fiducia a cittadini ed imprese sempre più interessati a investire nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica», così Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente. Il testo passerà ora al Parlamento europeo e ai governi nazionali. «Per le rinnovabili la Commissione fissa il target comunitario ad appena il 27%. Obiettivo fortemente inadeguato, se si tiene conto che il suo trend attuale è del 24% – prosegue l’associazione ambientalista – Ma soprattutto viene eliminata la priorità di dispacciamento delle rinnovabili (ad eccezione dei piccoli impianti), architrave dell’attuale politica europea che consente la priorità di accesso alla rete rispetto all’elettricità prodotta da fonte fossili, consentendone di fatto un loro rilancio. Proprio quando la transizione globale verso un sistema energetico efficiente e 100% rinnovabile sta vivendo una forte accelerazione».

«L’Europa – aggiunge Zanchini – rischia così di perdere il treno verso il futuro, rinunciando a tutti quei benefici che l’abbandono delle fonti fossili può portare alla nostra economia, all’occupazione e alla salute dei cittadini. Non sono più ammessi ritardi, serve dunque un segnale forte È in gioco lo sviluppo di un’economia libera finalmente dalle fonti fossili. La sola in grado di farci vincere la triplice sfida climatica, economica e sociale, creando nuove opportunità per l’occupazione e la competitività delle imprese europee. Una sfida che l’Europa e l’Italia non possono fallire».

Molti governi hanno compreso che le fonti fossili non hanno futuro. A Marrakech 48 paesi in via di sviluppo, raggruppati nel Climate Vulnerable Forum, si sono impegnati a raggiungere il 100% di rinnovabili entro il 2050. «La Commissione Europea, invece, con queste proposte “strizza” ancora l’occhio ad alcuni governi che continuano a guardare al passato offrendo un salvagente ai dinosauri delle fonti fossili. E mentre nel resto del mondo gli investimenti nelle rinnovabili sono triplicati nel corso degli ultimi 10 anni, in Europa si sono ridotti per quattro anni di fila. Con queste proposte, l’Europa rischia di perdere la storica opportunità di invertire questo trend ed essere a capo della rivoluzione energetica dei prossimi anni, divenendo “numero uno al mondo” nelle rinnovabili, come promesso dal Presidente della Commissione Juncker al momento del suo insediamento».

Fonte: ilcambiamento.it

Austria verde: stop al nucleare e largo alle rinnovabili

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Stop al nucleare e sì alle energie rinnovabili: le politiche ambientali austriache sono note da anni, come nota da tempo è la direzione intrapresa dal paese europeo in materia energetica.

“Pensiamo che questo sia un esempio di come si possa smantellare un impianto nucleare e poi riconvertirlo. Bisogna attendere un anno perché si perda il pericolo di radioattività, poi un passo alla volta si può recuperare il sito” dice Stephan Zach, portavoce del gruppo EVN, ad Askanews in merito alla centrale di “Zwentendorf” alle porte di Vienna. Costruita negli anni ’70 la centrale non è mai stata operativa perché poco prima che si mettesse in funzione gli austriaci votarono contro il nucleare con un referendum nel ’78. Da quel momento il governo austriaco cominciò ad investire molto in fonti energetiche alternative: di recente Vienna ha annunciato di aver depositato una denuncia alla giustizia europea, contro le sovvenzioni pubbliche concesse dal governo inglese per la costruzione di un reattore nucleare a Hinkley Point, in Gran Bretagna, che potrebbe essere pericoloso.

Fonte: ecoblog.it

L’escalation nucleare dietro la retorica politica

Thalif Deen ha lavorato per le Nazioni Unite, ha scritto per l’Hongkong daily e il The Standard e ha partecipato, dal 1992 in poi, a tutte le principali conferenze Onu. Il suo punto di vista non è da sottovalutare e oggi afferma: «Ogni potenza nucleare sta spendendo milioni per ampliare il proprio arsenale».guerranucleare

Tra Stati Uniti e Russia si assiste ad una nuova guerra fredda e il pericolo nucleare sta conoscendo una preoccupante escalation, al di là di ogni retorica politica. Non ci sono più solo le cinque potenze nucleari che il mondo conosce da decenni: Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Cina e Russia. Ci sono altri regimi, altre nazioni, rampanti o affermate che siano, che si stanno guadagnando a morsi la loro fetta di follia. L’Economist ha dipinto di recente uno scenario pessimistico: «Un quarto di secolo dopo la fine della guerra fredda, il mondo fronteggia il crescente pericolo di un conflitto nucleare».

Venticinque anni dopo il collasso sovietico, il mondo sta entrando in una nuova era nucleare. Shannon Kile, ricercatore e responsabile del Nuclear Weapons Project allo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), afferma che «sta emergendo un mondo nucleare multi-polare che ha sostituito l’ordine bipolare della guerra fredda». E non manca di sottolineare come le armi nucleari siano diventate l’elemento principale delle politiche di difesa e sicurezza nazionale dei paesi dell’Asia orientale e meridionale e del Medio Oriente, dove vanno a complicare le condizioni di instabilità che rendono imprevedibile qualsiasi scenario. Thalif Deen non manca poi di sottolineare «l’ossessione israeliana per il monopolio delle armi nucleari in tutto il Medio Oriente», il braccio di ferro tra gli Stati Uniti e l’Iran, il fatto che l’Arabia Saudita abbia sottoscritto con la Corea del Sud un accordo di cooperazione nucleare (forse per scopi di pace?) e la tendenza della Corea del Nord a mostrare i suoi “muscoli nucleari”. Qualche giorno fa Hyun Hak Bong, ambasciatore della Corea del Nord nel Regno Unito, è stato citato da Sky News per avere dichiarato che il suo paese sarebbe pronto a usare le armi nucleari in risposta ad un attacco nucleare da parte degli Usa. «Non sono certo gli Usa ad avere il monopolio» avrebbe detto Hyun. L’Economist ha scritto che ogni potenza nucleare sta spendendo denaro per aggiornare il proprio arsenale e il budget russo per la difesa è aumentato del 50% dal 2007, un terzo per le armi nucleari. La Cina sta investendo in sottomarini e batterie di missili mobili, mentre gli Usa stanno cercando di far passare al Congresso uno stanziamento di 350 miliardi dollari per la modernizzazione dell’arsenale, sempre nucleare. Kile ha poi spiegato che soni stati sviluppati nuovi sistemi missilistici di precisione che operano in sinergia con i satelliti, sistemi che starebbe usando anche l’India per individuare gli arsenali pakistani. Proviamo a pensare cosa può significare tutta questa potenza distruttiva in un mondo completamente instabile come quello di oggi.

Si ringraziano Thalif Deen e Inter Press Service

Fonte: ilcambiamento.it

A quando la prossima catastrofe nucleare?

Quando si parla di nucleare sembra che nemmeno la famosa pedagogia delle catastrofi di cui parla Serge Latouche abbia effetti tangibili. Semmai Hiroshima e Nagasaki non avessero aperto gli occhi, almeno dopo Chernobyl il mondo avrebbe dovuto capire che con la maledetta follia nucleare non si poteva più avere a che fare. Invece niente, si è andati avanti come se nulla fosse. Intanto, una settimana fa un altro incidente in Ucraina è passato inosservato.nucleare_incidente

Sono proseguiti gli incidenti (l’ultimo la settimana scorsa in Ucraina) e si è arrivati a Fukushima e nuovamente l’intero mondo ha tremato: catastrofe di dimensioni incalcolabili che non ha ancora avuto fine e le cui conseguenze drammatiche dureranno per tempi incredibili. Per qualche giorno in quel periodo si è parlato di moratoria a livello mondiale e poi con il passare del tempo tutto è stato dimenticato, il Giappone ha pure eletto un premier che era favorevole al nucleare; Cina, India e altri paesi vanno avanti con i loro programmi di costruire nuove centrali e via di questo passo. Non si capisce cosa debba succedere di ancora più catastrofico per chiudere per sempre questa strada di morte certa. Ci dovranno essere milioni di cadaveri per le strade, magari di un paese occidentale dove i media dell’horror sono più presenti, per far dire la parola basta? Il conto alla rovescia è di nuovo iniziato, questa tecnologia è così insicura, fragile e pericolosa che se non verrà fermata è purtroppo molto probabile che accada un prossimo incidente catastrofico e non si tratta di malaugurio ma di fredde statistiche. Gli esperti dicevano che incidenti come quelli di Chernobyl, Three Mile Island e Fukushima non sarebbero mai potuti accadere: ce ne sono stati tre nell’arco di trentacinque anni, senza contare le centinaia di incidenti cosiddetti minori. E due di questi sono avvenuti nei paesi più tecnologicamente avanzati come Stati Uniti e Giappone, senza contare che la Germania, altro paese super tecnologico, deve smantellare un importante deposito di scorie radioattive (senza sapere nemmeno bene come) perché non è sicuro come sembrava. Non sarà quindi il caso di chiudere tutte le centrali al mondo quanto prima anziché attendere una prossima catastrofe? E, a proposito: le scorie di cui si parla ultimamente da stoccare in Italia, eredità della nostra stagione nucleare e che non si sa dove posizionare, suggerisco di metterle in comode confezioni regalo nei garage e nelle case di coloro che hanno fortemente voluto le centrali. Visto che a loro piace tanto e che dicono che il nucleare è pulito e sicuro, di certo non avranno problemi ad ospitarle nelle loro dimore per i prossimi millenni cioè il tempo della loro vita radioattiva. E… il 3 dicembre si viene a sapere che cinque giorni prima si è verificato un incidente alla centrale nucleare di Zaporozhskaya in Ucraina

Fonte: ilcambiamento.it

Sdoganati gli aiuti di Stato per il nucleare

La Commissione Ue uscente consentirà al governo Britannico di fornire aiuti di Stato per la costruzione di un nuovo reattore nucleare a Hinkley, assicurando alla Edf un prezzo garantito per un periodo di 35 anni, superiore a quello attualmente corrente nel Regno Unito.nucleare_impianto_inghilterra

La Commissione Europea uscente “regala” al colosso dell’energia francese un grande business mascherandolo da affare per i contribuenti. Ha infatti deciso che finanziare con soldi pubblici impianti nucleari non va contro le regole e quindi ha autorizzato aiuti di Stato per un impianto nucleare da 16 miliardi di sterline nel Somerset, a Hinkley. Alla Bbc il commissario europeo ha persino dichiarato che “in questo modo diminuiranno le bollette dei cittadini”, dimenticandosi di spiegare che i soldi dalle tasche dei cittadini verranno prelevati comunque, anche se in altre maniere, per garantire finanziamenti pubblici a Big Energy. “Considero la decisione della Commissione Ue del tutto inaccettabile – dichiara Monica Frassoni, coordinatrice di Green Italia e co-Presidente del Partito Verde Europeo – una scelta che va contro le stesse politiche decise da Bruxelles riguardanti gli aiuti di Stato per le imprese del settore energetico. Il nucleare dovrebbe essere escluso automaticamente dagli aiuti di Stato. Questa scelta evidenzia invece come la Commissione, sempre più indecisa, se non addirittura contraria, nel sostegno economico allo sviluppo delle energie rinnovabili, spalanca ora la porta a ingenti sussidi al nucleare. Allo stesso modo, lo sviluppo dell’efficienza energetica si vede sfavorito con un limite di aiuti di Stato al 60% sul costo totale degli investimenti, mentre non ci sono limiti per il CCS (Carbon Capture and Storage, tecnologia ancora non operativa e molto costosa). La decisione è un vero e proprio passo indietro sulla strada  della transizione energetica della quale ha bisogno l’Europa “.

Fonte: ilcambiamento.it

La chiusura del nucleare tedesco non porterà ad un aumento del carbone

Secondo uno studio della Böll Foundation, saranno le energie rinnovabili a prendere il posto del nucleare da qui al 2023

Il carbone non avrà un futuro in Germania; uno studio della Böll Foundation dimostra che saranno le fonti rinnovabili a prendere il posto dell’energia attualmente prodotta dalle centrali nucleari che verranno chiuse da qui al 2023. Come si vede dal grafico qui sotto, le rinnovabili sono passate da 46 a 152 TWh in 10 anni e dovrebbero aggiungere altri 100 TWh nel prossimo decennio, che compenseranno esattamente l’ attuale produzione delle centrali nucleari ancora in esercizio. Il carbone diminuirà del 20% da 286 a 228 TWh, sia per l’antracite di migliore qualità (hard coal) che per la lignite (brown coal). Per un vero phase out del carbone bisognerà purtroppo attendere oltre la metà degli anni venti. La Germania ha commesso un grave errore strategico, costruendo troppe centrali a carbone negli anni scorsi, che ora non possono lavorare a pieno ritmo, a causa dei prezzi spinti al ribasso dalle rinnovabili, mentre si sta fortunatamente rinunciando ad aprire nuove miniere.

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Fonte: ecoblog.it

Nucleare, l’eredità e i pericoli del deposito di Saluggia

Là suta. La nostra eredità nucleare in un triangolo d’acqua di Cristina Monti, Paolo Rapalino e Daniele Gaglianone racconta Saluggia, il paese a 40 km a nord est di Torino dove sono conservate il 96% delle scorie radioattive prodotte nella stagione nucleare italiana

Saluggia, piccolo comune agricolo a 40 Km da Torino, è conservato il 96% delle scorie radioattive prodotte dalla stagione nucleare italiana. L’area si trova a ridosso del fiume Dora Baltea, tra i principali affluenti del Po, delimitata da canali irrigui che portano l’acqua alle risaie del vercellese e attraversata dalla falda acquifera che alimenta l’acquedotto del Monferrato. In questo triangolo d’acqua, a partire dal 1958, sono sorti un centro di ricerca nucleare, un reattore sperimentale ed un impianto di riprocessamento in cui si sono sviluppate – in ambito civile e militare – tecniche per recuperare uranio e plutonio dagli elementi di combustibile irraggiati. Sono così arrivate a Saluggia barre esaurite dalle centrali nucleari italiane (oltre alla vicina Trino Vercellese, anche Caorso, Latina e Garigliano) e da reattori di altre nazioni per essere sciolte e riprocessate all’interno del centro Eurex. Ancora oggi lì si trovano i residui liquidi del trattamento, le più pericolose tra le scorie, stoccati in serbatoi a pochi metri dal fiume. L’alluvione dell’autunno 2000 che causò l’esondazione della Dora Baltea e l’esondazione degli argini del canale Farini, portò a un allagamento dei siti nucleari del vercellese. Il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, all’epoca presidente ENEA, parlò di “catastrofe planetaria sfiorata”. Quattordici anni dopo e a quasi trent’anni dalla fine del nucleare in Italia, i rifiuti radioattivi sono ancora a Saluggia, dove si sta ultimando un nuovo deposito temporaneo di scorie il D2. Il Governo Italiano ha disatteso la legge 368 del 2003 che prevedeva, entro il dicembre 2008, la realizzazione di un Deposito Nazionale nel quale custodire in sicurezza i rifiuti radioattivi: non è ancora stato individuato alcun sito e la soluzione temporanea di Saluggia ha ormai assunto i connotati di un deposito permanente. Nelle scorse settimane i lavori per il deposito D2 – che sorgerà sulle rive della Dora Baltea – è stato travolto da uno scandalo tangenti. Secondo le indagini della magistratura sull’Expo l’imprenditore vincitore della gara per il Cemex, Enrico Maltauro, avrebbe ricevuto dalla cupola dell’Expo la richiesta dell’1,5% dell’appalto, vale a dire un milione 350mila euro di cui 600mila sarebbero stati effettivamente versati.

Là Suta. La nostra eredità nucleare in un triangolo d’acqua: parlano i registi

Alla storia del sito nucleare di Saluggia, dalla fine degli anni Cinquanta fino a oggi, i registi Cristina Monti, Paolo Rapalino e Daniele Gaglianone hanno dedicato Là Suta. La nostra eredità nucleare in un triangolo d’acqua, un documentario che è stato presentato a Cinemabiente, la manifestazione torinese che quest’oggi, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, si chiuderà con la consegna dei premi ai vincitori della diciassettesima edizione.

Apparentemente non c’è nulla di pericoloso. La catastrofe non è successa ed è probabile che non succederà. Quando abbiamo iniziato a lavorare a questo film ci chiedevano che senso aveva raccontare questa storia. A noi è parsa emblematica del nucleare italiano. Se voi avete in casa del materiale pericoloso e avete dei bambini che cosa fate lo lasciate a portata di mano, sparso per la casa oppure lo nascondete in un luogo sicuro? Ecco il deposito unico nazionale permetterebbe di mettere al sicuro queste scorie,

ha detto Paolo Rapalino. A lui ha fatto seguito Daniele Gaglianone:

Quello che mi ha affascinato in questa storia è stato il viaggio nel tempo, vedere come è cambiata la sensibilità rispetto all’ambiente, il modo in cui la società si racconta le cose. In una delle immagini di repertorio c’è una ripresa che nessuno, oggi, si sognerebbe mai di fare: un albero sradicato nel nome del progresso.

Il film ha suscitato un lungo dibattito al quale hanno preso parte anche Gian Piero Godio e Rossana Vallino, due ambientalisti che da alcuni decenni si battono per portare alla luce le problematiche connesse al sito di Saluggia.Immagine32-620x396

Foto | Là Suta. La nostra eredità nucleare in un triangolo d’acqua

Fonte: ecoblog.it

Nucleare sempre più caro in Francia nonostante gli sforzi di Ségolène

La Corte dei Conti francese prevede che il costo del nucleare, che rappresenta i tre quarti dell’energia elettrica nazionale, aumenterà fortemente a causa degli investimenti per la manutenzione del vecchio parco dei reattori.

Non si tratta certo di una buona notizia per la Francia che ha messo quasi tutte le sue uova (75%) nel paniere nucleare. Secondo la Corte dei Conti francese (lo riporta Le Figaro, non certo sospettabile di simpatie ambientaliste) il costo dell’energia prodotta dall’Uranio dovrà aumentare fortemente a causa degli importanti investimenti ormai necessari sul vecchio parco reattori: 33 su 58 hanno più di trent’anni (fonte database PRIS).
Il costo medio è già cresciuto del 20% tra il 2010 e il 2013, da 50 a 60 euro al MWh. Nonostante le promesse del nuovo ministro dell’ambiente Ségolène Royal di voler stabilizzare il prezzo dell’energia nei prossimi tre anni, la Corte ritiene che l’aumento sarà dovuto soprattutto (+118%) ai massicci investimenti necessari per prolungare la vita dei reattori attuali oltre lo standard di 40 anni; si parla di qualcosa come 90 miliardi di € da qui al 2030, quindi assai più dei 55 stimati da Electricité de France. E’ da notare che con questa cifra si potrebbero installare  circa 90 GW di eolico che potrebbe sopperire a circa un terzo dell’attuale produzione di energia elettrica (1). Un peso minore, ma non trascurabile è dato dall’aumento dei costi dell’Uranio, del personale, della logistica ecc. La nuova centrale EPR in costruzione a Flamanville sta viaggiando con 4 anni di ritardo e finirà con il costare 8,5 miliardi di €, cioè il triplo del budget iniziale.FRANCE-NUCLEAR-ENVIRONMENT-ENERGY-EDF-GREENPEACE

(1)  Il costo indicativo dell’eolico è di circa 1€ al watt.Con 90 GW si potrebbero produrre indicativamente 180 TWh ogni anno; si tratta di uno scenario realistico, dal momento che il potenziale eolico francese è pari a circa 560 TWh/anno

 

Fonte: ecoblog.it

© Foto Getty Images –

Effetto rinnovabili in Germania: prezzi dell’energia elettrica sempre più bassi

La crescita dell’energia eolica e fotovoltaica in Germania ha raggiunto nel primo trimestre il 19% della domanda, spingendo i prezzi verso il basso e rendendo sempre meno competitivo il carbone e il nucleare.

Se fossimo meno anglofili e più mitteleuropei, inizieremmo ad usare anche in Italia la parola tedesca Energiewende, che significa transizione energetica dal nucleare/fossile alle rinnovabili. In questa primavera come mai prima d’ora, la transizione inizia a dare i suoi effetti: in 14 dei primi 18 giorni di aprile il prezzo dell’energia elettrica è rimasto sotto i 4 centesimi al kWh, la soglia al di sotto della quale gli impianti nucleari e a carbone non sono più competitivi. Secondo il Fraunhofer Institute, i prezzi nel primo trimestre dell’anno sono in calo costante dal 2011 e in termini reali sono scesi al livello del 2002. Senza volerlo e senza averlo programmato, le rinnovabili stanno mettendo in crisi le energie tradizionali con la più temibile arma dell’economia di mercato: il prezzo. Come si può vedere dal primo grafico qui sotto, in un giorno feriale il prezzo è rimasto sotto i 3 centesimi, mentre domenica 13 aprile è persino sceso a 0,85,  facendo fermare una buona fetta di impianti convenzionali per ben 15,7 GW di potenza. Il secondo grafico mostra invece il trend decrescente del prezzo dell’energia al crescere della quota prodotta mediante le fonti rinnovabili. Vento e sole stanno rendendo non competitiva l’energia tradizionale non solo in Germania e Austria, ma anche nelle vicine Francia e Svizzera, mentre la Repubblica Ceca annuncia che i bassi prezzi sono la causa della cancellazione di due reattori nucleari in progetto presso il sito di Temelìn. Gli operatori del settore fossile/nucleare hanno ora davanti una scelta molto netta: continuare una battaglia di retroguardia per conservare il loro feudo sempre più indifendibile, oppure gettarsi anima e corpo a sostenere la Energiewende, sviluppando ciò che ancora manca, in particolare sistemi di accumulo e smart grids.Costo-energia-Germania

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Fonte: ecoblog.it

Ermani: “Il nucleare una follia criminale a scopo di lucro”

A tre anni dalla tragedia di Fukushima, è più acceso che mai il dibattito relativo all’utilizzo dell’energia nucleare, ma certezze ancora non ce ne sono. Radio Colonia radio tedesca in lingua italiana, ha intervistato Paolo Ermani, presidente dell’associazione Paea (Progetti Alternativi per l’Energia e l’Ambiente) ed editorialista de Il Cambiamento.nucleare_ermani

Sono passati tre anni dalla catastrofe che colpì il Giappone, l’11 marzo 2011, quando un terremoto di magnitudo 9 provocò un’onda anomala di 11 metri che spazzò via tutto e portò alla distruzione della centrale nucleare di Fukushima. 18mila tra morti e dispersi, migliaia gli edifici distrutti, 160mila gli sfollati e la terra contaminata dalle radiazioni nel raggio di 30 chilometri dalla centrale. Cosa ha insegnato questa terribile esperienza? I sostenitori delle energie alternative e rinnovabili propongono con sempre maggior vigore e convinzione la necessità di intraprendere nuove vie per rispondere al fabbisogno energetico di una civiltà in continua crescita. Ne parla a Francesca Montinaro Paolo Ermani, presidente dell’associazione PAEA, Progetti Alternativi per l’Energia e l’Ambiente, sottolineando come sia necessario prima di tutto decentralizzare gli impianti. “Il nucleare è una follia criminale a scopo di lucro, lascia un’eredità di morte per le prossime generazioni, quindi non ha nessun senso da nessun punto di vista – ha detto Ermani – Per non avere più alcun bisogno del nucleare basterebbe fare tre passi. Innanzi tutto il risparmio energetico, poi l’efficienza energetica e l’utilizzo delle energie rinnovabili. Non ci sarebbe nemmeno bisogno delle tantissime centrali che inquinano utilizzando carbone e oli combustibili. La fusione nucleare? Non abbiamo bisogno di queste tecnologie incontrollabili, abbiamo bisogno di cose che abbiano senso. Le energie rinnovabili sono autogestibili, alla portata di tutti e creano autosufficienza energetica e decentralizzazione. Il fatto che la richiesta di energia aumenti è un’altra assurdità, non possiamo crescere all’infinito su un pianeta dalle risorse finite. I consumi attuali sono folli, viviamo in una società dello spreco”. La giornalista ha dato la parola anche a Giuseppe Mazzitelli dell’ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.

Clicca qui per ascoltare l’intervista integrale a Paolo Ermani.

Fonte: il cambiamento.it

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