Perdita di acque contaminate da fracking in north Dakota

Circa diecimila metri cubi di fanghi di salamoia utilizzati da fracking sono usciti dalle condutture contaminando il terreno. Circa diecimila metri cubi di acque contaminate da fracking si sono sversati sui terreni del North Dakota in seguito ad una perdita nelle condutture. Si tratta di salamoia, soluzione salina ad alta concentrazione che e’ fortemente tossica per la vegetazione. Le acque reflue del fracking possono contenere anche metalli pesanti e materiali radioattivi. La perdita e’ stata scoperta il 6 gennaio scorso, ma solo la scorsa settimana la compagnia Summit Midstream Partners che gestisce le condutture si e’ resa conto dell’ entita’ del disastro. Le acque contaminate si sono sversate in due torrenti, ma al momento per fortuna non minacciano la falda acquifera. La Midstream sta aspirando le acque contaminate, ma in questo modo e’ costretta a prelevare anche l’acqua dolce dei torrenti. Il portavoce della compagnia ha candidamente ammesso che loro svuotano, ma poi il torrente si riempie di nuovo… Questa perdita si aggiunge ai numerosi gravi problemi ambientali posti dalla contestatissima tecnica del fracking: terremotiperdite di metanospreco di acquacontaminazione delle falde,danni alla salute umana ed emissioni di gas serra. Il triste esempio della devastazione delle campagne della Pennsylvania dovrebbe essere un monito per tutti.North-Dakota-Brine-spill

Fonte: ecoblog.it

USA, 300 fuoriuscite di petrolio negli ultimi due anni in North Dakota mai rese pubbliche fino ad ora

Il boom del thight oil da fracking ha moltiplicato le trivellazioni e gli oleodotti, che hanno superato i 28000 km, aumentando le probabilità di incidente e contaminazione dell’ambienteDakota-oil-1-586x390

Trecento fuoriuscite di petrolio in meno di due anni nelle campagne del North Dakota: è il lato oscuro del boom petrolifero del tight oil da fracking. La Associated Press ha documentato circa 750 incidenti, finora sconosciuti al pubblico, avvenuti nella filiera del tight oil dal gennaio del 2012, tra cui 300 perdite dagli oleodotti. Questi dati preoccupanti sono venuti alla luce in seguito ad un incidente piuttosto grave che ha causato la fuoriuscita di oltre 20000 barili di greggio all’inizio del mese. Il tight oil è estratto dalla roccia compatta (e non porosa come nel caso del petrolio convenzionale), mediante la contestata tecnica del fracking. I giacimenti sono piccoli, per cui si deve trivellare molto di più, e si devono anche posare molti più km di oleodotti. In North Dakota ci sono oltre 28000 km di oleodotti, oltre il triplo della distanza Roma-Pechino e pari a circa 16 volte il perimetro dello stato americano, un tempo territorio Sioux: è come se ci fossero 150 metri di oleodotto su ogni singolo km² di territorio. Le perdite di petrolio non sono quindi casuali, ma imputabili all’incredibile lunghezza della rete e alla sua crescita tumultuosa (+14% lo scorso anno): la conseguenza inevitabile è una minore qualità delle installazioni e una più scarsa manutenzione. La stessa cosa accade con il gas: le perdite in North Dakota sono pari al 30%, in genere sotto forma di flaring, al punto da illuminare la notte più di una metropoli. Il Dakota Resource Council è un organizzazione ambientalista con una forte base sociale di agricoltori e allevatori molto preoccupati per l’impatto negativo del breve boom dell’olio sul benessere a lungo termine del territorio. Riusciranno a fermare, o almeno a rallentare la devastazione?

Fonte: ecoblog